Punto a favore del contribuente quando il Fisco non prova anche in via presuntiva il maggiore prezzo versato dal privato per l’acquisto dell’immobile

Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Ordinanza 4 settembre 2020, n. 18385.

Punto a favore del contribuente quando il Fisco non prova anche in via presuntiva il maggiore prezzo versato dal privato per l’acquisto dell’immobile. In questo caso nemmeno il contribuente è tenuto a fornire la prova rigorosa di quale fosse la somma effettivamente pagata

Ordinanza 4 settembre 2020, n. 18385

Data udienza 19 dicembre 2019

Tag/parola chiave: Contenzioso fiscale – Fisco – Prova in via presuntiva il maggiore prezzo versato dal privato per l’acquisto dell’immobile – Carenza – Vantaggio per il contribuente – Contribuente – Prova rigorosa di quale fosse la somma effettivamente pagata – Necessità – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere

Dott. GILOTTA Bruno – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
la sentenza n. 751, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma il 22.11.2011, e pubblicata il 30.11.2011;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consiglier Paolo Di Marzio;
la Corte osserva.

FATTI DI CAUSA

l’Agenzia delle Entrate, mediante gli avvisi di accertamento nn. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) provvedeva alla rettifica delle dichiarazioni dei redditi presentate da (OMISSIS), in relazione agli anni 1999, 2000, 2001 e 2002, conseguendone maggiori imposte ai fini Irpef. La vicenda traeva origine dall’acquisto di un immobile da parte della contribuente, che quest’ultima affermava essere stato pagato, in minima parte, mediante versamento da conto corrente cointestato con il marito e, per il rimanente, mediante accensione di un mutuo ipotecario, oltre che con assegni circolari “pagati dalla suocera” (sent. CTR, p. 2).
In sostanza l’Agenzia riteneva che il prezzo di acquisto dell’immobile indicato nell’atto notarile di compravendita, pari ad Euro 671.394,00, fosse stato in realta’ annotato in misura inferiore al reale, e reputava a tal fine attendibile, per determinare il reale valore di acquisto del bene, l’importo in relazione al quale l’Istituto di credito finanziatore aveva iscritto ipoteca, pertanto Euro 825.000,00. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, riuniti i ricorsi introdotti dalla contribuente, li accoglieva con sentenza n. 75 del 24.10.2010.
Avverso la decisione adottata dalla CTP l’Amministrazione finanziaria proponeva gravame innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, contestando che all’epoca della compravendita “era consuetudine consolidata quella di dichiarare in atto pubblico un prezzo di gran lunga inferiore a quello effettivamente corrisposto, potendo in tal modo ottenere un notevole risparmio fiscale” (cfr. ric., p. 3), e lamentava pure che la contribuente non aveva provato la provenienza delle somme erogate, “ne’ il pagamento di Euro 215.000,00, a mezzo degli assegni circolari, emessi all’ordine della signora (OMISSIS), suocera della (OMISSIS), era stato dimostrato” (ric., p. 3). La CTR rigettava l’appello introdotto dall’Ente impositore.
Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi d’impugnazione. La contribuente riceveva notifica il 30.1.2013, ma non si costituiva tempestivamente, depositando poi nomina del difensore e memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente osservarsi che la contribuente non si e’ costituita tempestivamente nel presente giudizio di legittimita’, introdotto nell’anno 2013, provvedendo solo, nell’anno 2019, a depositare procura di nomina di un difensore, il quale ha peraltro depositato un atto denominato “memoria autorizzata”, che neppure risulta essere stato portato a conoscenza della controparte. Deve pertanto ritenersi che (OMISSIS) non abbia svolto valide difese nel corso del giudizio di cassazione.
Tanto premesso,
1.1. – mediante il suo primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente Amministrazione finanziaria contesta la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, comma 5, per non avere l’impugnata CTR affatto verificato se, a fronte della prova presuntiva offerta da esso Ente impositore, la contribuente abbia fornito idonea prova contraria.
1.2. – Con il secondo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Agenzia delle Entrate lamenta il vizio di motivazione in cui e’ incorsa la CTR non avendo affatto spiegato perche’ abbia ritenuto provata dalla contribuente la provenienza delle somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile.
2.1. – 2.2. – I motivi di gravame introdotti dall’Agenzia delle Entrate possono essere trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione, attenendo entrambi alla contestazione, in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, che la CTR ha confermato l’accoglimento delle ragioni della contribuente, ma se a assicurarsi che la stessa avesse fornito la prova in ordine alla provenienza delle somme utilizzate per effettuare l’investimento immobiliare per cui e’ causa.
Le censure proposte dall’Ente impositore appaiono in parte inammissibili, e per il resto sono da valutarsi infondate.
Nella stessa ricostruzione del giudizio proposta dall’Avvocatura dello Stato si legge che “la sig.ra (OMISSIS) proponeva distinti ricorsi, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, avverso ciascun avviso di accertamento, sostanzialmente sostenendo che: 1) l’immobile era stato acquistato per Euro 671.394,00, dei quali Euro 35.000,00 pagati mediante assegno bancario, tratto sul conto corrente cointestato al marito; Euro 215.000,00 mediante assegni circolari ordinati e pagati dalla propria suocera (OMISSIS); ed Euro 421.394,00 mediante quota parte del mutuo di Euro 550.000,00 richiesto alla ” (OMISSIS) Spa”. L’Ufficio si costituiva, in ciascuno dei giudizi, deducendo: 1) legittimita’ di ogni accertamento contestato, in quanto il valore di Euro 825.000,00 doveva essere considerato come il prezzo effettivamente pagato per l’acquisto dell’immobile, da parte della signora (OMISSIS)”, e basta. Questo vuol dire che l’Amministrazione finanziaria riconosce di non aver contestato, nel primo grado del giudizio, la provenienza delle somme indicate dalla contribuente come utilizzate per acquistare l’appartamento, avendo contestato solo il preteso maggior prezzo pagato: Euro 825.000,00 (valore dell’iscrizione ipotecaria), in luogo di Euro 671.394,00 (valore indicato nell’atto di compravendita). La contestazione relativa alla provenienza dei fondi, proposta nel corso del secondo grado del giudizio, risulta pertanto tardiva.
L’Agenzia delle Entrate, peraltro, insiste ad affermare di aver provato, sia pure in via presuntiva, il maggior importo della compravendita, mentre la controparte non avrebbe fornito la prova contraria. Gli elementi addotti dall’impugnante per ritenere provato il maggior prezzo d’acquisto pagato sono: la consuetudine delle parti contraenti a dichiarare un prezzo minore in sede di stipula delle compravendite immobiliari, per conseguire un vantaggio fiscale; l’iscrizione di ipoteca per un importo maggiore rispetto al prezzo di acquisto dell’immobile indicato nell’atto di compravendita. Invero la CTR ha ragionevolmente motivato che gli Istituti bancari iscrivono di regola ipoteca per un valore superiore a quello del mutuo concesso al fine di assicurarsi di rientrare, in caso di attivazione della procedura esecutiva, anche delle spese sostenute. In definitiva la CTR ha ritenuto che l’Amministrazione finanziaria non avesse assolto al proprio compito di provare, anche in via presuntiva, il maggior prezzo pagato per l’acquisto dell’immobile, e pertanto neppure il contribuente era tenuto ad assicurare la prova rigorosa di quale fosse la somma effettivamente pagata. Tuttavia, ha ritenuto la CTR che la contribuente abbia comunque “puntualmente contestato la fondatezza delle risultanze astratte dell’Ufficio procedendo a documentare le proprie osservazioni e contestazioni della documentazione attestante che il valore del bene oggetto dell’acquisto e’ di Euro 671.394,00 e che il valore e’ stato corrisposto mediante l’accensione di un mutuo ed il resto e’ stato corrisposto dalla suocera e dagli stessi acquirenti” (sent. CTR, p. 3).
La ricorrente Agenzia non si confronta con la decisione adottata dalla CTR, e si limita a riproporre le proprie doglianze, senza criticare le ragioni per cui non sono state accolte, cosi’ come esposte dal giudice dell’appello. Non chiarisce perche’ ritiene che la documentazione prodotta dalla contribuente risulti inidonea ad assicurare prova della provenienza dei fondi utilizzati per l’acquisto dell’immobile, come invece espressamente ritenuto dalla CTR.
I motivi di ricorso devono pertanto essere rigettati.
Il ricorso proposto dall’Ente impositore deve essere quindi respinto. Nulla deve provvedersi in materia di spese di lite, stante la soccombenza della ricorrente ed il mancato svolgimento di valide difese da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di (OMISSIS).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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