Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 5 marzo 2020, n. 1604.
La massima estrapolata:
In materia di procedura di affidamento di gare pubbliche i chiarimenti sono ammissibili se contribuiscono, con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato e la ratio, ma non quando, mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire a una disposizione del bando un significato e una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost.
Sentenza 5 marzo 2020, n. 1604
Data udienza 28 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4781 del 2019, proposto da
Co. s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo consorzio ordinario con Ma. So. Am. s.r.l. a socio unico ed altri, rappresentata e difesa dagli avvocati Ri. Mo., Cr. Ro. e Gu. Fr. Ro., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Pa. Ro. e Ca. Ce., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Da. Co. St. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda associazione temporanea di imprese con Is. s.r.l. ed altri, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. An. e Ma. Sa., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Valle D’Aosta n. 22/2019, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Da. Co. St. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 28 novembre 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Cr. Ro., Ca. Ce. e Da. An.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di (omissis) bandiva il 4 maggio 2018 gara per l’affidamento degli interventi di bonifica e messa in sicurezza permanente delle ex cave e delle discariche di amianto nel territorio comunale, che aggiudicava con atto n. 2/2019 al costituendo consorzio ordinario tra le imprese di cui in epigrafe, capeggiato da Co. s.p.a. (di seguito, Co.).
La seconda classificata, associazione temporanea tra le imprese pure indicata in epigrafe, avente come capogruppo mandataria Da. Co. St. s.r.l. (di seguito, Da.), impugnava l’ammissione di Co., l’aggiudicazione e tutti gli atti presupposti con ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Valle D’Aosta; sosteneva, tra altro, che il costituendo Consorzio aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura perché privo del requisito dell’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali nella misura richiesta dal disciplinare di gara.
L’adito giudice, nella resistenza del Comune di (omissis) e di Co., accoglieva il ricorso con sentenza n. 22/2019 e annullava gli atti gravati, condannando la stazione appaltante ad aggiudicare la gara all’ATI Co. e a stipulare con essa il relativo contratto, previa positiva verifica del possesso dei richiesti requisiti; condannava le parti resistenti alle spese del giudizio.
Nel giungere alle predette conclusioni la sentenza, in sintesi:
– riteneva infondata l’eccezione svolta da entrambe le parti resistenti di tardività dell’atto introduttivo del giudizio, diretto avverso il provvedimento di ammissione alla gara di Co.. Esponeva al riguardo che l’eccezione faceva erroneamente decorrere il termine del rito c.d. “superaccelerato” di cui all’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm., applicabile ratione temporis, dalla data in cui era avvenuta la pubblicazione sul profilo del committente del verbale della seduta recante esclusioni e ammissioni, e non dal momento, stabilito dall’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016, sempre nella formulazione applicabile ratione temporis, in cui era stata resa disponibile la sottesa motivazione e documentazione, che ragguagliava alla data, successiva alla predetta pubblicazione, in cui la ricorrente aveva avuto conoscenza della documentazione richiesta mediante esperimento dell’accesso agli atti di gara;
– nel merito, rilevava che “Il disciplinare di gara (cfr. articolo 5.1 e 5.2) è […] testuale nello stabilire che in caso di consorzio: “a) ogni componente deve possedere l’iscrizione sia alla categoria 9 sia alla categoria 10B; b) come chiarito da ANAC nella Delibera 498 del 10/5/2017 appare consentito alle imprese associate procedere al cumulo delle classi di iscrizione al fine di soddisfare i requisiti di esecuzione richiesti nel bando, in ragione dell’importo dei lavori che ciascuna di esse deve eseguire all’interno della categoria OG 12″”;
– rilevava altresì che poiché “Co. si è impegnata a eseguire il 77,5% delle opere della categoria OG12 per un importo di euro 6.182.339,41” è chiaro che “la classifica C (che copre lavori fino a euro 2.500.000) non è sufficiente occorrendo almeno la classifica B (che copre lavori sino a euro 9.000.000) e ciò sia per la categoria 9 che per la categoria 10B dell’albo dei gestori ambientali”, mentre “Co. relativamente alla categoria 9 possiede solo la classe C”;
– riteneva al contempo l’illegittimità, perché contrastante con la lex specialis di gara, del chiarimento n. 23 reso sul punto dalla stazione appaltante, sul quale si era fondata l’ammissione di Co.;
– a questo punto assorbiva le restanti censure di Da., “in quanto il loro accoglimento implicherebbe la rinnovazione totale o parziale delle operazioni di gara a partire dalla valutazione dell’offerta tecnica, laddove l’accertamento della illegittimità della mancata esclusione del consorzio Co. dalla gara è pienamente satisfattivo dell’interesse della ricorrente, poiché, se si procede a ricalcolo dei punteggi dell’offerta tecnica ed economica senza considerare l’offerta del consorzio Co. risulta che la ricorrente sarebbe risultata aggiudicataria”;
– rilevava comunque che “la stessa ricorrente chiede che sia accertato che, ove il consorzio Co. fosse stato escluso, la sua offerta sarebbe risultata la migliore e che quindi le sarebbe stata aggiudicata la gara”;
– riteneva possibile un siffatto accertamento senza violare il principio secondo cui il giudice amministrativo non può statuire su poteri non esercitati e il divieto di sostituzione del giudice nel compimento di un’attività discrezionale, in quanto si trattava di “un’operazione di mero calcolo o meglio ricalcolo di coefficienti e medie, utilizzando i dati che si ritrovano nei verbali di gara; in particolare, per l’offerta tecnica nel verbale del 30 ottobre 2018 si ritrovano i risultati del confronto a coppie tra le varie offerte per cui per ricavare quale sarebbe stato il punteggio attribuito a ciascun concorrente se il consorzio Co. fosse stato escluso è sufficiente eliminare i punteggi relativi al confronto tra l’offerta Co. e le offerte rimaste in gara per poi rideterminare i coefficienti da moltiplicare per il peso attribuito a ciascun criterio o subcriterio per ricavare il punteggio; per l’offerta economica, invece, si tratta semplicemente di rideterminare sulla base dei ribassi offerti dai concorrenti (che si trovano indicati nel verbale del 20 novembre 2018) la media aritmetica dei ribassi offerti al fine di poter determinare sulla base della formula del disciplinare di gara il coefficiente da attribuire a ciascuna offerta rimasta in gara e quindi il relativo punteggio”; .
– rilevava che “i risultati di questa operazione si ritrovano in una tabella allegata al ricorso (cfr. allegato n. 8) che risultano sostanzialmente corretti (le minime differenze riscontrate nel ricalcolo non influiscono sul risultato finale che vede comunque il raggruppamento della ricorrente collocarsi al primo posto) e che comunque non è stata puntualmente contestata dai resistenti”.
Co. ha appellato la predetta sentenza deducendo: 1) Error in iudicando, violazione di norme costituzionali, art. 113, comma 3, della Costituzione, violazione dell’art. 34, comma 1, del Cod. proc. amm., violazione dei principi fondamentali vigenti nel nostro ordinamento di giustizia amministrativa, e in particolare del principio di separazione dei poteri, violazione dei principi fondamentali vigenti in tema di pubbliche gare, e in particolare dei principi di correttezza e di affidamento dei concorrenti, eccesso di potere giurisdizionale, illogicità e ingiustizia manifesta; 2) Error in iudicando, violazione di legge, art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm., art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016, errore di motivazione, illogicità manifesta; 3) Error in iudicando, violazione di legge, artt. 48, comma 6, e 83, commi 2 e 8, d.lgs. n. 50 del 2016, violazione dei princì pi fondamentali vigenti in materia di pubbliche gare, e in particolare dei princì pi di proporzionalità e massima partecipazione di cui all’art. 30, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, errore e difetto di motivazione, illogicità manifesta; 4) Error in iudicando, violazione di legge, artt. 48, comma 6, e 83, commi 2 e 8, d.lgs. n. 50 del 2016, violazione dei princì pi fondamentali vigenti in materia di pubbliche gare, e in particolare dei princì pi di proporzionalità e massima partecipazione di cui all’art. 30, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, errore e difetto di motivazione, illogicità manifesta; 5) Error in iudicando, violazione di norme costituzionali, art. 113, terzo comma, Cost., violazione dell’art. 34, comma 1, Cod. proc. amm., violazione dei principi fondamentali vigenti nel nostro ordinamento di giustizia amministrativa, e in particolare del principio di separazione dei poteri, eccesso di potere giurisdizionale, illogicità e ingiustizia manifesta. Ha concluso per l’annullamento della gravata sentenza e la declaratoria della legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado.
Da., costituitasi in resistenza, ha eccepito la tardività dell’appello di Co., ha riproposto i motivi di ricorso assorbiti in primo grado ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. e le domande demolitorie e risarcitorie ivi formulate, avanzando altresì una istanza istruttoria volta a conoscere l’offerta tecnica di Co. nella sua versione integrale. Con successiva memoria ha confutato la fondatezza dell’appello, concludendo per il suo rigetto.
Il Comune di (omissis), parimenti costituito in giudizio, preliminarmente affermato che il suo interesse era di addivenire a una rapida decisione della controversia, al fine di avviare le opere di bonifica, ha sostenuto la correttezza della procedura, esponendo la tardività e l’infondatezza nel merito dell’impugnativa di Da., rimettendosi comunque a giustizia.
Con ordinanza n. 3696/2019 questa V Sezione ha dichiarato l’improcedibilità dell’istanza cautelare formulata da Co. nell’atto di appello e dalla medesima successivamente rinunziata.
Nel prosieguo, tutte le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive e la confutazione delle tesi avverse.
In tale ambito, con memoria depositata l’11 novembre 2019, il Comune di (omissis) ha precisato di aver convocato dopo l’adozione della predetta ordinanza n. 3696/2019 seduta pubblica, nella quale ha dato esecuzione alla sentenza appellata, escludendo il Consorzio Co. dalla matrice del confronto a coppie e individuando quale migliore offerente il RTI Da., e di aver avviato successivamente il procedimento di verifica di congruità dell’offerta di quest’ultima, ancora in corso.
La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 28 novembre 2019, nel corso della quale il Comune di (omissis) ha dichiarato di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza, che è stato pertanto pubblicato il 29 novembre 2019, con il n. 8165.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
Restano pertanto assorbiti i motivi non esaminati in primo grado e qui riproposti da Da. ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. e l’eccezione di tardività dell’appello di Co. spiegata dalla stessa Da..
2. Tutte le censure di cui si compone il primo mezzo sono infondate e vanno respinte.
2.1. Non è fondata l’affermazione di Co. che il primo giudice è pervenuto all’annullamento della sua ammissione alla gara de qua sulla base di una disciplina di gara diversa o comunque “manipolata” rispetto a quella configurata dalla stazione appaltante: all’opposto, come meglio in seguito, la sentenza appellata ha fatto puntuale applicazione delle norme previste dalla lex specialis della procedura, e, proprio a tal uopo, ha rilevato l’illegittimità del chiarimento n. 23 reso dall’Amministrazione e oggetto di puntuale impugnativa di Da., che con essa si poneva palesemente in contrasto.
Per la stessa ragione va escluso che il primo giudice, come pure sostenuto da Co., si sia sostituito all’Amministrazione configurando una diversa disciplina di gara.
2.2. E’ destituita di fondamento l’affermazione di Co. che Da. non avrebbe potuto impugnare il predetto chiarimento senza estendere l’impugnazione alla correlata disciplina della lex specialis in quanto la commissione di gara non avrebbe potuto discostarsi dal complesso di regole così predisposto.
Si rammenta al riguardo il consolidato principio per cui l’amministrazione, a mezzo di chiarimenti auto-interpretativi, non può modificare o integrare la disciplina di gara pervenendo alla sua sostanziale disapplicazione.
I chiarimenti sono infatti ammissibili se contribuiscono, con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato e la ratio, ma non quando, mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire a una disposizione del bando un significato e una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost. (ex multis Cons. Stato, III, 20 aprile 2015, n. 1993; V, 29 settembre 2015, n. 4441; VI, 15 dicembre 2014, n. 6154). Indi, i chiarimenti integrativi della lex specialis nei sensi sopra detti non sono vincolanti per la commissione giudicatrice (da ultimo, Cons. Stato, V, 2 settembre 2019, n. 6026; 17 gennaio 2018, n. 279).
Ne consegue che laddove si sostenga, come nella fattispecie, l’illegittimità del chiarimento per contrasto con la legge di gara, non sussiste una pregiudizialità che impone a chi agisce in giudizio di impugnare contestualmente anche quest’ultima, in quanto essa, in ipotesi di accertamento dell’illegittimità del chiarimento, si riespande nella sua pienezza, recuperando l’ordinaria capacità, propria di una lex specialis, di regolare in autonomia lo svolgimento della procedura.
2.4. Il concorrente che sia stato ammesso alla gara, come nel caso in esame, sulla base di un chiarimento contra legem, perché modificativo dei requisiti di ammissione alla procedura, non può invocare il principio del legittimo affidamento sulla validità della sua partecipazione alla gara nei confronti del concorrente che abbia fatto valere in giudizio tale illegittimità, poi accertata dal giudice amministrativo. Infatti, pur in disparte ogni altra questione, la tutela sostanziata da tale principio non può andare a detrimento del soggetto che non solo non ha in alcun modo contribuito a originare la condizione di apparenza di conformità a legge su cui fonda il legittimo affidamento, ma vieppiù l’ha anche subita, con effetti negativi sull’integrità della propria posizione giuridica per il cui ripristino ha azionato la tutela giudiziale.
Merita comunque accennare che ove il chiarimento fornito dalla stazione appaltante confligga inequivocabilmente con la legge, l’affidamento eventualmente suscitato nei concorrenti non potrebbe essere reputato meritevole di tutela, poiché di natura colposa (Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5454).
E’ dunque privo di rilievo che Co., invocando il predetto principio, lamenti di essere stata condannata alle spese del giudizio di primo grado, statuizione che tra altro si profila in linea con l’applicazione del principio della soccombenza.
3. E’ infondato e va respinto il secondo mezzo, con cui Co. imputa al primo giudice di non essersi avveduto della tardività dell’atto introduttivo del giudizio rivolto all’ammissione di Co. alla gara perché proposto da Da. oltre il termine, applicabile ratione temporis, di cui all’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm., reputato decorrente dall’8 agosto 2918, data in cui è stato pubblicato sul portale trasparenza, sezione avvisi, il verbale di ammissione alla gara dei concorrenti.
La questione della tardività del ricorso di primo grado viene nuovamente sollevata anche dalle difese dell’Amministrazione.
Rammenta il Collegio che il rito c.d. “super-accelerato”, “super-speciale” o “specialissimo” o “sulle ammissioni ed esclusioni” invocato dalla società è stato poi abrogato dall’art. 1, comma 22, lett. a) d.-l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla l. 14 giugno 2019, n. 55. Lo stesso art. 1 ha peraltro disposto al comma 23 che l’abrogazione si applica ai processi iniziati dopo l’entrata in vigore della legge di conversione (18 giugno 2019). In tale novero non rientra l’impugnativa in esame, proposta antecedentemente a tale data (17 gennaio 2019), che, pertanto, era astrattamente soggetta al rito in esame.
Ciò posto, nella vigenza del rito, orientato a dare certezze definitive e preventive circa la platea dei concorrenti (Cons. Stato, Ad plen., 26 aprile 2018, n. 4), è sorta la questione della compiuta conoscenza dell’ammissione o dell’esclusione da impugnare nei trenta giorni: dunque della precisa individuazione per gli interessati del dies a quo del breve termine per ricorrere in giustizia ivi previsto. Sulla questione ha statuito l’art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016, sia nella versione originaria che in quella recata dal decreto legislativo integrativo e correttivo (d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56), a seguito del quale la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato si è prevalentemente orientata per escludere l’applicabilità del rito super-accelerato in difetto della pubblicazione degli atti di ammissione od esclusione nelle forme previste dall’art. 29, sola formalità atta a fare decorrere quel breve termine decadenziale: conoscenza insuscettibile di essere supplita dalla conoscenza aliunde degli stessi provvedimenti (da ultimo, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2019, n. 7187; III, 17 giugno 2019, n. 4025; V, 15 maggio 2019, n. 3151; 22 marzo 2019, n. 1923; III, 25 febbraio 2019, n. 1312; V, 11 febbraio 2019, n. 985; V, 21 novembre 2018, n. 6574). Alcune decisioni hanno anche assunto che le modifiche apportate all’art. 29 dal d.lgs. n. 56 del 2017 sono state solo esplicative dell’interdipendenza originaria tra l’adempimento da parte della stazione appaltante delle previste formalità pubblicitarie e il rito super-accelerato (espressamente, Cons. Stato, III, 29 marzo 2019, n. 2079; implicitamente, V, 8 gennaio 2019, n. 173).
Costituiscono corollari di tale principio:
a) l’esclusione della possibilità, precedentemente non pacifica in giurisprudenza, di ritenere equipollente alla pubblicazione la presenza di un rappresentante dell’impresa concorrente alla seduta di gara in cui l’ammissione è stata disposta (da ultimo, Cons. Stato, III, 17 giugno 2019, n. 4025; 25 febbraio 2019, n. 1312; V, 15 maggio 2019, n. 3151; 5 aprile 2019, n. 2243; 11 febbraio 2019, n. 985; 27 dicembre 2018, n. 7256; 7 novembre 2018, n. 6292; 22 ottobre 2018, n. 6005);
b) la necessità che i provvedimenti emessi nella fase delle ammissioni siano accompagnati dall’esposizione dei motivi pertinenti, così da garantire la conoscenza da parte degli interessati dei vizi di legittimità eventualmente verificatisi nella stessa fase (per tutte, Corte di Giustizia, ordinanza 14 febbraio 2019 resa nella causa C-54/18).
La sentenza qui appellata, nel respingere l’eccezione di tardività spiegata dal Comune di (omissis) e da Co., ha fatto corretta applicazione di tali principi, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, computando il termine di decadenza per Da. dell’ammissione di Co. non dalla data della pubblicazione sul profilo del committente del verbale della seduta delle ammissioni, che era priva dei sottesi elementi documentali, bensì dalla data, posteriore, stabilita dal novellato art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016, “in cui gli atti […] sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione”: coincidente con il momento in cui, a seguito dell’accesso agli di gara, Da. è stata in grado di comprendere le ragioni dell’illegittimità dell’ammissione.
L’appellante non può, pertanto essere seguita sia quando avanza nuovamente la pretesa di far decorrere il breve termine dalla mera pubblicazione del verbale della seduta di gara del 7 agosto 2018, sia quando evidenzia che a tale seduta era presente un delegato di Da.. Nemmeno convince il richiamo alla pubblicità dei dati riferiti all’iscrizione nell’Albo gestori ambientali, attesa la non significatività di tali dati senza la conoscenza delle concrete condizioni di partecipazione del Consorzio capeggiato da Co. e segnatamente delle quote di suddivisione dei lavori nell’ambito del Consorzio Co..
4. E’ infondato e va respinto il terzo mezzo, con cui Co. sostiene l’erroneità della valutazione del primo giudice nel ritenere l’illegittimità dell’ammissione alla gara di Co..
L’iter argomentativo della sentenza è lineare e le conclusioni appaiono corrette e condivisibili.
4.1. L’appellata sentenza ha censurato che, nell’ambito del modello organizzativo con cui il Consorzio capeggiato da Co. ha preso parte alla gara, quest’ultima abbia assunto l’esecuzione di lavori nella categoria OG12 per l’importo di Euro 6.182.339,41, a fronte del possesso di un certificato di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali nella categoria 9 per la classe C, che copre l’esecuzione di lavorazioni fino ad Euro 2.500.000,00.
Tale modello non risulta effettivamente conforme alla legge di gara.
4.2. Vale osservare che questa stabiliva che:
– l’importo per le attività di bonifica e messa in sicurezza era pari a Euro 7.488.987,14, corrispondenti alle attività nell’ambito della categoria OG 12, comprensive di oneri per la sicurezza;
– ogni concorrente dovesse possedere sia l’iscrizione alla categoria 9 sia alla categoria 10B;
– per le imprese associate, la mandataria dovesse assumere “l’esecuzione delle prestazioni in misura maggioritaria rispetto alle mandanti;
– sempre per le imprese associate, quanto alle possibilità di “cumulo delle classi di iscrizione al fine di soddisfare i requisiti di esecuzione richiesti nel bando, in ragione dell’importo dei lavori che ciascuna di esse deve eseguire all’intero della categoria OG12” si richiamava la delibera ANAC n. 498/2017, disponendosi, in particolare, che “appare consentito alle imprese associate procedere al cumulo delle classi di iscrizione al fine di soddisfare i requisiti di esecuzione richiesti nel bando, in ragione dell’importo dei lavori che ciascuna di esse deve eseguire all’interno della categoria OG 12”.
Il disciplinare di gara era pertanto chiaro nel richiedere, per i concorrenti associati, il possesso in capo a ciascun partecipante dell’iscrizione all’ANGA per la classe adeguata alla quota parte di lavorazioni OG12 da esso assunta.
Il requisito era in tal modo confermato nel chiarimento n. 1 della stazione appaltante: “Come previsto dall’art. 5.2. del disciplinare di gara, il requisito dell’iscrizione deve essere posseduto dai soggetti che assumono l’esecuzione delle opere in OG 12. Nella sostanza laddove le lavorazioni nella OG 12 siano assunte da più soggetti, questi devono possedere (IN MISURA PROPORZIONALE ALLA PARTECIPAZIONE) le iscrizioni alle categorie 9 e 10 B”.
Di contro, il chiarimento n. 23 ha esplicitato:
– che non era “possibile coprire i requisiti richiesti con la sola categoria 9C e 10B. La scelta di chiedere l’iscrizione nelle categorie 9B e 10B è stata determinata dall’esigenza di qualificare operatori idonei nell’ambito di entrambi i settori di attività che, nel caso di specie, si sovrappongono in diverse operazioni previste in progetto. Come precisato nel disciplinare di gara, al fine di soddisfare i requisiti di esecuzione richiesti nel bando, le imprese in ATI possono cumulare le classi di iscrizione all’Albo in ragione dell’importo dei lavori che ciascuna di esse deve eseguire all’interno della categoria OG12. Pertanto il soggetto che eventualmente possiede i requisiti indicati nel quesito (cat. 10B e 9C) potrà assumere la veste di capogruppo, purché nel RTI le mandanti coprano il requisito mancante in ordine alla categoria 9B”, aggiungendo che “Se l’impresa capogruppo esegue, a mero titolo esemplificativo, il 60% dell’importo delle lavorazioni (Euro 7.488.987,14 x 0,60 = Euro 4.493.392,28), dovrà possedere una iscrizione che nel complesso (categoria 9 + categoria 10) sia pari ad almeno a tale importo ed una iscrizione alla categoria OG 12 sufficiente. Il tutto purché i restanti requisiti siano coperti dalle mandanti”.
4.3. Nel descritto contesto, bene l’appellata sentenza ha rilevato come il chiarimento n. 23 si era discostato dai principi di cui alla ridetta delibera Anac n. 498/2017, richiamata nel bando, con particolare riferimento all’esempio ivi riportato.
Si rammenta che tale delibera: ha rilevato che l’iscrizione all’ANGA costituisce un requisito di natura soggettiva, che va posseduto da tutte le imprese in ATI quanto alle classi e categorie di iscrizione richieste nel bando; ha osservato che per la disciplina di riferimento (art. 212 d.lgs. n. 152 del 2006 e d.m. n. 140 del 2010), l’iscrizione al detto Albo è articolata in “categorie” corrispondenti al settore di attività dell’impresa, e “classi” relative alla popolazione complessivamente servita, alle tonnellate annue di rifiuti gestiti, all’importo dei lavori di bonifica cantierabili (art. 8, d.m.), fondate su requisiti di moralità (art. 10 d.m.) e su requisiti di idoneità tecnica e finanziaria (art. 11 d.m.) inerenti la capacità di svolgere l’affidamento in ordine ai suindicati criteri di assegnazione delle “classi”; infine “pur confermando la necessità che tutti i componenti del raggruppamento debbano essere in possesso dell’iscrizione all’Albo, quale requisito di natura soggettiva”, ha ritenuto coerente con le caratteristiche e le finalità dell’istituto del RTI che le imprese associate procedano “al cumulo delle “classi” di iscrizione al fine di soddisfare i requisiti di esecuzione richiesi nel bando, in ragione dell’importo dei lavori che ciascuna di esse deve eseguire all’interno della categoria OG12. Tale interpretazione è conforme anche al principio del favor partecipationis, poiché di fatto consente una maggiore partecipazione alle gare d’appalto da parte delle piccole e medie imprese iscritte all’Albo ed operanti nel settore”.
La sentenza ha anche rilevato che tale conclusione assurge a criterio generale, alla luce della sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 27 marzo 2019, n. 6 che, affrontando analoga questione in relazione all’attestazione SOA, ha affermato il principio per cui in caso di raggruppamento temporaneo di imprese ogni componente del raggruppamento deve “coprire” con la propria attestazione la quota di lavori che si è impegnata a eseguire.
4.3. I rilievi di Co. non consentono di rilevare errori nel detto percorso argomentativo.
Non se ne ravvisano, in particolare, nella giurisprudenza invocata da Co., che ammette che la risposta alla richiesta di chiarimenti possa dirimere le clausole della lex specialis che si prestino a incertezze interpretative. Queste infatti nella specie erano insussistenti. Non è vero, in particolare, che le previsioni del disciplinare non specificavano le modalità con cui il cumulo delle classi di iscrizione sarebbe stato ritenuto ammissibile, atteso l’espresso richiamo alla deliberazione ANAC, volta a chiarire ogni dubbio al riguardo.
Neanche può dirsi che le prescrizioni del disciplinare, se interpretate alla luce del loro tenore e tenendo conto di quanto pure previsto dalla delibera ANAC n. 498/2017, potessero ledere il principio della massima partecipazione: il quale è salvaguardato dall’appena detta delibera, senza con ciò andare a detrimento dei requisiti di idoneità tecnica.
Del resto, la conferma che il chiarimento n. 23 in parola fosse un’indebita “correzione” dei requisiti previsti dal disciplinare è attestato proprio dall’affermazione di Co. che la previsione di gara fosse, quanto agli stessi requisiti, “sovrabbondante”, ritenendosi palesemente “sproporzionato richiedere a ciascun componente il raggruppamento o consorzio le medesime classi di iscrizione previste per il concorrente singolo” (pag. 20); nel prosieguo, Co. si spinge addirittura ad affermare che le richieste in parola (i requisiti, cioè, del disciplinare) avessero “funzione cautelativa” (pag. 21).
È facile evidenziare come tali notazioni facciano emergere una visione della legge di gara che non può trovare ingresso nell’odierno giudizio di legittimità, obliterando i canoni fondanti cui la legislazione di settore affida la declinazione del principio di buona amministrazione nelle gare pubbliche (tra cui, principalmente, il carattere formale del bando e l’immutabilità delle relative prescrizioni in sede di attuazione della procedura, derivante dalla natura del bando di lex specialis; i principi di par condicio, trasparenza e concorrenza). E’ poi infruttuoso il tentativo di travolgere tali canoni con il richiamo al principio del favor partecipationis, che trova un limite naturale nell’esigenza che la stazione appaltante sia posta in effettivo grado di verificare l’effettiva sussistenza in capo ai concorrenti dei requisiti di partecipazione che essa stessa ha ritenuto di richiedere in ragione della tipologia dell’affidamento posto a gara.
Può ancora aggiungersi che laddove la stazione appaltante avesse effettivamente ritenuto la “sovrabbondanza” dei requisiti richiesti dalla lex specialis, bene avrebbe potuto far ricorso all’autotutela, anziché rendere chiarimenti illegittimi.
Tali sono, infatti, quelli, che, come il chiarimento n. 23, consentono la modifica delle regole di gara nel corso della procedura (ex plurimis, Cons. Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7248; 17 maggio 2018, n. 2952; III, 5 febbraio 2018, n. 695; V, 4 dicembre 2017, n. 5690), al cospetto del consolidato principio per cui le prescrizioni stabilite nella lex specialis vincolano non solo i concorrenti, ma anche la stessa amministrazione, che non conserva margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle, neppure quando alcune di queste regole risultino inopportune o incongrue o comunque superate, fatta salva naturalmente la possibilità di procedere all’annullamento del bando nell’esercizio del potere di autotutela (tra tante, Cons. Stato, V, 28 aprile 2014, n. 2201; 30 settembre 2010, n. 7217; 22 marzo 2010, n. 1652).
Queste conclusioni assorbono ogni questione dedotta dall’appellante in sull’asserita estraneità alla fattispecie dei principi affermati dalla sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 27 marzo 2019, n. 6 e alla pure asserita insuscettibilità della delibera Anac n. 498/2018 di dirimere le questioni poste nella fattispecie dal cumulo delle iscrizioni per le concorrenti associate.
5. Per simili ragioni è infondato e va respinto il quarto mezzo, con cui l’appellante, sul presupposto, esplicito, della “irragionevolezza” dei relativi requisiti siccome specificamente previsti dalla lex specialis e, implicito, della legittimità del chiarimento n. 23, sostiene che la sua partecipazione alla gara avrebbe dovuto essere considerata legittima.
Ad abundantiam, si osserva che si tratta di contestazione preclusa in questa sede, non essendo stata sollevata da Co. in primo grado mediante ricorso incidentale.
E’ poi irrilevante che Co. possedesse, nel complesso, una qualificazione pari a Euro 11.500.00, che supera la quota assunta di lavori della categoria OG12 (Euro 6.182.339,41), atteso che trattasi di lavorazioni come visto divise in categorie e per classi, sicché la valutazione complessiva pretesa dalla società non trova ragione.
6. Confermato, come sopra, che l’appellante avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, l’ultimo mezzo, con cui la medesima afferma l’illegittimità della sentenza appellata nella parte in cui ha individuato il nuovo aggiudicatario, non si rivela sostenuto da un corrispondente interesse alla sua proposizione.
7. Nulla aggiungono alle questioni come sin qui trattate le argomentazioni svolte nelle memorie difensive depositate dalle parti.
8. Per tutto quanto precede, l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio del grado seguono in parte la soccombenza e in parte vengono compensate, sussistendo i giusti motivi presupposti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna Co. s.p.a. alla refusione in favore di Da. Co. St. s.r.l. delle spese di giudizio del grado, che liquida nell’importo complessivo pari a Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre oneri di legge. Compensate le altre.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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