Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 23 novembre 2018, n. 6650.
La massima estrapolata:
Va escluso che la disciplina di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 trovi applicazione nel procedimento riguardante il riconoscimento della dipendenza dalla causa di servizio di infermità, regolato dal D.P.R. n. 461 del 2001, e ciò in considerazione della natura vincolante del parere reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, di cui all’art. 14 del suddetto D.P.R.; infatti la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità del provvedimento finale, in quanto l’art. 10-bis cit. va interpretato alla luce del successivo art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990, il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla sua legittimità sostanziale rende irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell’atto allorché il contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Sentenza 23 novembre 2018, n. 6650
Data udienza 18 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 7668 del 2018, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Am. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Il Ministero della Giustizia ed altri, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r per la Puglia – Sede di Bari, sez. prima – n. 68 del 2018, resa tra le parti, concernente un diniego di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Ministero della Difesa e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. Giuseppa Carluccio e udito l’avvocato Lu. Ro. Pe., su delega dell’avvocato Am. Ma.;
Sentita la parte ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor -OMISSIS-, già dipendente dell’amministrazione penitenziaria ed in congedo permanente per infermità dal 2005, con il ricorso n. 322 del 2013 ha impugnato dinanzi al T.a.r. per la Puglia, Sede di Bari, il decreto dell’amministrazione (del novembre 2012), con il quale è stata dichiarata non dipendente da causa di servizio la infermità consistente nella “documentata lieve deflessione dell’umore di natura reattiva in assenza di altra obiettività clinica psichiatrica significativa”, nonché la presupposta delibera del Comitato di verifica per le cause di servizio (del maggio 2012).
2. Il primo giudice ha rigettato il ricorso con la sentenza indicata in epigrafe.
3. Il signor -OMISSIS- ha proposto appello avverso la suddetta sentenza, affidato a due motivi, riproponendo le censure avanzate in primo grado.
L’amministrazione si è costituita nel corso del secondo grado del giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
4. All’esito della camera di consiglio, fissata per la trattazione della domanda cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite le parti, ritiene che il giudizio può essere definito in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata.
5. Con il primo motivo, si deduce l’erroneità della sentenza per non aver ritenuto il procedimento viziato dal mancato rispetto dell’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990.
5.1. Ritiene la Sezione che il T.a.r. ha fatto corretta applicazione del principio consolidato, nella giurisprudenza di questo Consiglio, secondo cui va escluso che la disciplina di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 trovi applicazione nel procedimento riguardante il riconoscimento della dipendenza dalla causa di servizio di infermità, regolato dal d.P.R. n. 461 del 2001, e ciò in considerazione della natura vincolante del parere reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, di cui all’art. 14 del suddetto d.P.R.
Si è, infatti, affermato che la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità del provvedimento finale, in quanto l’art. 10-bis cit. va interpretato alla luce del successivo art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990, il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla sua legittimità sostanziale rende irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell’atto allorché il contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (ex multis Cons. Stato, sez. III, n. 5086 del 2017)
5.2. Nella fattispecie, il provvedimento non sarebbe potuto essere diverso, poiché deriva dal recepimento del parere emesso dal Commissione di verifica delle cause di servizio (d’ora in poi CVCS) nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica.
6. Con il secondo motivo, si sostiene l’erroneità della decisione gravata per non aver ravvisato il difetto di motivazione del provvedimento dell’amministrazione e il lamentato eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto da parte del Comitato.
A tal fine, si deduce che:
– la patologia risulta accertata dalla Commissione Medica Ospedaliera (d’ora in poi CMO) del dipartimento di medicina Legale di Bari (il 26 novembre 2009) e, prima, dalla CMO di Palermo, ed è alla base della cessazione del servizio per congedo sin dal 2005;
– la patologia sarebbe riconducibile ad una rivolta nel carcere di Palermo, quando il signor -OMISSIS- fu preso in ostaggio;
– col tempo si è aggravata, come riconosciuto dal perito di parte e da una consulenza tecnica espletata nel giudizio civile per la pensione di inabilità, riconosciuta al 100% con sentenza n. 4156 del 2011 del Tribunale civile di Trani;
– tali risultanze costituirebbero almeno indizi dell’abnorme esercizio della discrezionalità tecnica da parte del CVCS;
– il decreto dell’amministrazione sarebbe privo di specifica motivazione rispetto a tali risultanze.
6.1. La giurisprudenza di questo Consiglio (ex multis sez. IV, n. 4160 del 2018; sez. IV n. 5067 del 2018; sez. III, n. 1212 del 2018; sez. III n. 6175 del 2017; sez. IV n. 493 del 2017; sez. IV, n. 4266 del 2017; sez. IV n. 5194 del 2017; sez. IV, n. 4619 del 2017; sez. IV n. 1435 del 2017; sez. III, n. 3878 del 2015), affermatasi a partire dalla riforma operata in materia dal d.P.R. n. 461 del 2001 e da considerarsi oramai diritto vivente, ha ritenuto che:
– il CVCS è chiamato ad esprimere un parere conclusivo sulla dipendenza da cause di servizio, mentre la CMO si pronuncia sulla sussistenza dell’infermità ; il primo accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità, con la verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità logica e razionale, della valenza del servizio prestato quale fattore eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi della patologia; invece, alla seconda compete la diagnosi dell’infermità o lesione e l’individuazione delle conseguenze sull’integrità fisica, psichica o sensoriale e sull’idoneità al servizio;
– il CVCS è l’organo tecnico munito di speciale competenza tecnica, di variegata composizione professionale, al quale ai sensi degli artt. 10 e 11, d.P.R. n. 461 del 2001 esprime la valutazione sul piano medico-legale circa il carattere professionale della patologia denunciata dal pubblico dipendente ai fini dell’ottenimento dell’equo indennizzo o della pensione privilegiata, in posizione di autonomia rispetto alle valutazioni espresse da altri organi tecnici, compresa la C.M.O., in quanto momento di sintesi volto all’accertamento definitivo della effettività e fondatezza della richiesta, con conseguente non configurabilità di una contraddizione tra il giudizio della CMO e quello del CVCS;
– nel procedimento di concessione dell’equo indennizzo, non sono previsti pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, ma è affidato al CVCS il compito di esprimere la valutazione conclusiva, di sintesi di quelle precedenti;
– Il parere favorevole espresso dalla CMO sull’infermità denunciata dal pubblico dipendente non riveste alcun valore nel riconoscimento della sua dipendenza da causa di servizio, trattandosi di verifica esclusivamente demandata dalla legge vigente al giudizio tecnico-discrezionale del Comitato di verifica;
– l’amministrazione è tenuta a conformarsi, salva soltanto la facoltà di richiedere, motivatamente, un ulteriore parere allo stesso Comitato, al quale è poi tenuta comunque ad adeguarsi;
– il Comitato non è tenuto a motivare specificamente in ordine alle ragioni che lo inducono a disattendere le diverse conclusioni raggiunte dal consulente medico nominato dalla parte;
– la valutazione compiuta dal Comitato, risolvendosi nell’esercizio di discrezionalità tecnica, è sindacabile in sede giurisdizionale solo per assenza di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, violazione delle regole procedurali;
– il decreto ministeriale conclusivo del relativo procedimento è adeguatamente motivato attraverso il richiamo al parere negativo del Comitato, che abbia preso in considerazione le patologie riscontrate, esprimendosi sulla sussistenza o meno del nesso di causalità o di concausalità determinante.
6.2. Il T.a.r. ha fatto corretta applicazione di tutti i suddetti principi, ripercorrendoli in riferimento alla fattispecie concreta, mettendo in evidenza che:
– il parere demandato al Comitato in riferimento al nesso di causa con la patologia è strutturalmente diverso dall’accertamento della patologia da parte delle commissioni mediche;
– nessun rilievo poteva assumere il riconoscimento della pensione di inabilità per la stessa patologia;
– nessun vizio sindacabile era riscontrabile nel parere del Comitato;
– il provvedimento dell’amministrazione non necessitava di ulteriore motivazione.
L’appellante si limita a riprodurre in questa sede le censure esplicate in primo grado, affermando la riconducibilità della patologia all’episodio presso il carcere e all’aggravamento successivo, dando rilievo alle valutazioni delle commissioni mediche e al riconoscimento della pensione di inabilità .
Di contro, il Comitato – con adeguata motivazione – ha escluso il nesso causale, trattandosi di “forma di nevrosi che si estrinseca con disturbi di somatizzazione attraverso canali neuro-vegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta”, non ha rinvenuto “documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne la sviluppo”e, conseguentemente, ha escluso la riconducibilità dell’infermità all’evento evocato anche sotto il profilo della concausa.
7. In conclusione l’appello deve rigettarsi.
8. In ragione della peculiarità della materia trattata, sussistono giusti motivi per la integrale compensazione delle spese processuali del secondo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, rigetta l’appello.
Compensa integralmente le spese processuali del secondo grado del giudizio.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply