Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 28 novembre 2018, n. 6737.
La massima estrapolata:
Il procedimento di infrazione, anche nella sua fase precontenziosa, è un procedimento avente del tutto natura comunitaria, sotto la responsabilità della Commissione europea, rispetto al quale lo Stato, nelle sue articolazioni interne a questi fini non rilevanti, è solo destinatario delle azioni della Commissione stessa.
Sentenza 28 novembre 2018, n. 6737
Data udienza 8 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3212 del 2016, proposto dalla Sy. S.p.A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Lo. Ac. e St. Gr., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato St. Gr. in Roma, piazza (…);
contro
il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II Bis, n. 519 del 19 gennaio 2016.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2018 il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti l’avvocato Gi. Ac., su delega dell’avvocato Lo. Ac., e l’avvocato dello Stato Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante espone che il sito ex-ACNA di Cengio, ubicato in parte nel Comune di (omissis) (SV) ed in parte nel Comune di (omissis) (CN), è stato destinato ad attività industriale, da parte di società non riconducibili al gruppo ENI, sin dalla fine del’800, in particolare per produzione di vernici e coloranti.
Soggiunge, tra l’altro, che detto sito è pervenuto al gruppo EN. nel 1990, che nessun illecito è stato mai accertato nei confronti di En. (oggi Sy.) da quando è subentrata nella gestione del sito e che Sy. ha avviato l’iter di bonifica del sito di Cengio nella qualità di proprietaria “incolpevole” nell’ambito ed in esecuzione di uno specifico accordo di programma stipulato con le amministrazioni nazionali e locali interessate oltre che con enti rappresentativi del territorio e sulla base di progetti autorizzati secondo le norme applicabili e all’epoca vigenti.
Rappresenta altresì che le attività di messa in sicurezza permanente, realizzate e in corso di realizzazione, presso l’Area A1 del Sito di Interesse Nazionale ex-ACNA di Cengio sono oggetto esclusivo della procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea n. 2009/4426.
In particolare, la procedura si baserebbe sulla tesi che gli interventi sono stati autorizzati senza procedere a valutazione di impatto ambientale, ai sensi della direttiva VIA, e senza la dovuta informazione al pubblico interessato.
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con comunicazione del 1° agosto 2014 ha informato la Sy. dell’invio, da parte della Commissione Europea, della nota del 10 luglio 2014 recante la lettera di messa in mora complementare indirizzata alla Repubblica italiana a titolo dell’art. 258 del TFUE per la violazione della Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e della direttiva 99/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti.
La Sy., inoltre, è stata convocata presso il Ministero per acquisire le informazioni e la documentazione in suo possesso in relazione a tale attività .
La Società – ritenendo di avere un qualificato interesse a conoscere gli atti della procedura di infrazione, atteso che tale procedura potrebbe porre in discussione le scelte progettuali adottate, e pressoché interamente realizzate, e, quindi, potrebbe incidere su Sy. quale soggetto che si è fatto carico del ripristino ambientale del sito – ha indirizzato due distinte istanze di accesso agli atti della procedura di infrazione.
La prima, inoltrata alla Commissione europea, è stata respinta con nota del 16 giugno 2015.
La seconda, indirizzata al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ed alla Presidenza del Consiglio, è stata respinta da quest’ultima con nota del 4 giugno 2015, mentre il Ministero dell’Ambiente è rimasto silente.
La Sy. S.p.a., pertanto, ha proposto ricorso al T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, chiedendo:
l’annullamento del provvedimento del 4 giugno 2015 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Politiche Comunitarie, con cui è stata comunicata la reiezione dell’istanza di accesso agli atti avanzata in data 6 maggio 2015;
l’accertamento
del diritto di Sy. ad accedere e conoscere la documentazione relativa procedura di infrazione n. 2009/4426, alla luce del coinvolgimento di aree di sua proprietà nella procedura medesima;
nonché la dichiarazione
di illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare sulla medesima istanza del 6 maggio 2015 volta ad ottenere l’accesso agli atti e documenti relativi alla procedura di infrazione n. 2009/4426
e con conseguente ordine di esibizione
degli atti e documenti richiesti nella citata istanza ed, in particolare:
gli atti e documenti contenuti nel fascicolo relativo alla procedura di infrazione n. 2009/4426 istruito dal Governo italiano;
dei documenti trasmessi dal Ministero dell’Ambiente alla Commissione europea;
della lettera di messa in mora del 9 ottobre 2009;
della risposta del Governo italiano del 15 dicembre 2009 alla lettera di messa in mora del 9 ottobre 2009;
della risposta del Governo italiano alla messa in mora complementare del l0 luglio 2014 e del parere motivato complementare del 26 marzo 2015.
Il T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Seconda Bis, con sentenza n. 519 del 19 gennaio 2016, ha dichiarato inammissibile il ricorso, evidenziando che sulla decisione di accesso è unicamente competente la Commissione europea, che nella specie ha denegato l’ostensione, e che le eventuali determinazioni sono impugnabili esclusivamente dinanzi al Tribunale dell’Unione.
L’appellante ha così sintetizzato i motivi di doglianza:
Erroneità della sentenza di primo grado per la parte in cui qualifica la Commissione europea come esclusivamente competente a decidere sull’istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente.
L’accoglimento dell’eccezione relativa al difetto assoluto di giurisdizione del Giudice italiano risulterebbe privo di motivazione e fondato su giurisprudenza isolata ed inconferente in relazione alla presente controversia. Sussisterebbe la piena competenza del giudice amministrativo a decidere in ordine alla legittimità del diniego di accesso agli atti opposto alla ricorrente dalle Autorità italiane.
La sentenza impugnata ha ritenuto di opporre il difetto di giurisdizione del giudice di primo grado sulla base dell’esclusiva competenza della Commissione europea a decidere in materia di accesso agli atti relativi ad una procedura di infrazione, pur riconoscendo che tale competenza era di fatto già stata esercitata dallo Stato italiano con il coinvolgimento di Sy. nelle prime fasi istruttorie delle difese italiane.
In relazione al caso di specie, la sentenza impugnata si limiterebbe a fare esclusivo riferimento all’applicazione del regolamento (CE) n. 1049/2001, senza fornire alcuna forma di motivazione in ordine al rapporto di tale disciplina con le norme previste dall’ordinamento italiano a tutela del diritto di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione di cui alla legge n. 241 del 1990 e, in particolare, al d.lgs. n. 195 del 2005, omettendo di definire le norme applicabili al caso di specie e alla denunciata violazione dei diritti di partecipazione della ricorrente.
Erroneità della sentenza di primo grado per la parte in cui ritiene applicabile al caso di specie la regola espressa dall’art. 4, par. 2, del regolamento n. 1049 del 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione.
La decisione impugnata interpreterebbe erroneamente i principi e le regole espresse dall’art. 4, par. 2, del regolamento CE relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, con particolare riferimento alle ragioni di tutela delle attività di indagine della Commissione e agli interessi prevalenti alla divulgazione che vi si oppongono.
La sentenza di primo grado, limitandosi a prendere in esame la presunzione di non divulgazione di cui all’art. 4, par. 2, del Reg. (CE) n. 1049/2001 ha dimostrato di aver escluso, senza congrua motivazione, l’applicabilità delle norme interne ed eurounitarie in tema di accesso all’informazione ambientale, pur invocate dalla ricorrente a sostegno delle proprie istanze di accesso agli atti.
Erroneità della sentenza di primo grado per la parte in cui omette di considerare gli interessi sottesi alla procedura di infrazione di cui alla richiesta di accesso agli atti proposta da Sy., nonché i diritti ad essa collegati.
La sentenza del T.a.r. per il Lazio, nell’esaminare esclusivamente i profili di competenza relativi alla domanda di accesso agli atti proposta da Sy., non avrebbe tenuto conto dei diritti e degli obiettivi di tutela ad essa collegati. La Società, in quanto, di fatto, destinataria degli effetti ultimi della procedura di infrazione che interessa il sito di Cengio, avrebbe diritto a partecipare alla sua fase istruttoria e a fornire elementi volti a supportare la corretta applicazione delle norme e dei principi, anche proprio di declinazione comunitaria, in materia di risanamento ambientale e sostenibilità negli interventi di bonifica di siti impattati da contaminazione derivante dal caso di specie. Data l’oggettiva impostazione della procedura di infrazione n. 2009/4426, inoltre, è evidente l’impossibilità di circoscriverne il rapporto come unicamente bilaterale e come tale riservato alle Autorità europee ed italiane, fatta salva una diversa lettura della procedura stessa che escluda un diritto di Sy. in quanto esclusa è la Società da qualunque conseguenza derivante dagli esiti della procedura di cui trattasi.
Con la decisione impugnata, il giudice di primo grado ha segnato la completa estromissione della Società dalla valutazione del procedimento di bonifica del sito di cui la stessa è titolare e responsabile non solo nei confronti delle Amministrazioni ma anche degli enti di controllo, con conseguente impossibilità per la ricorrente di far valere le proprie ragioni in relazione alle iniziative che la Commissione, o la stessa Amministrazione, decideranno di adottare all’esito dell’indagine. Una simile decisione non potrebbe che essere supportata da una esplicita valenza di qualunque esito della procedura a mero livello nazionale e di rapporti tra le due Autorità, comunitarie e italiane, con esclusione di qualunque possibile impatto sulla Società ricorrente. Rimarrebbe poi ferma sullo sfondo la necessità di applicare al caso di specie la prassi prevista in analoghi contesti ove sono riconosciuti diritti di partecipazione ed intervento di soggetti diversi da quelli originariamente legittimati, e tuttavia potenzialmente lesi dalla condotta di cui si controverte.
L’Avvocatura generale dello Stato ha analiticamente contestato le doglianze dedotte.
La Sy. ha depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle proprie difese.
Alla camera di consiglio dell’8 novembre 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. L’appello è infondato e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto anziché dichiarato inammissibile.
3. La Società, con note in data 6 maggio 2015 – nel premettere in ambedue i casi che:
– è pendente presso la Corte di Giustizia Europea la procedura di infrazione comunitaria sito Acna di Cengio (procedura di infrazione 2009/4429) per possibile omessa applicazione della direttiva 99/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 alla messa in sicurezza permanente dell’area A1 del detto sito e conseguente possibile omessa sottoposizione dei progetti di intervento a valutazione di impatto ambientale;
– è proprietaria dell’area considerata nonché titolare degli interventi di messa in sicurezza permanente, in avanzato stato di esecuzione a propria cura e costi, oggetto della procedura di infrazione sulla base di progetto approvato dalle autorità italiane competenti anche a seguito della sottoscrizione nel 2000 di apposito accordo di programma;
– è stata in passato coinvolta dagli enti ministeriali nazionali per fornire informazioni e documentazione sui progetti ed interventi ambientali del sito considerato;
– riveste pertanto un interesse qualificato ad avere piena contezza della documentazione e corrispondenza intercorsa tra le parti nel corso della procedura di infrazione e comunque a partecipare a momenti informativi ad essa relativi –
ha chiesto, con una nota, alla Commissione Europea di accedere ed estrarre copia degli atti relativi alla procedura di infrazione in discorso nonché di poter avere un incontro al fine di porre a fattor comune le informazioni disponibili e meglio comprendere lo stato attuale della procedura pendente a valle della lettera di costituzione in mora complementare ex art. 258 TFUE del 10 luglio 2014 e, con l’altra nota, al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ed al Dipartimento Politiche Europee presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990, di accedere ed estrarre copia degli atti relativi alla procedura di infrazione e di poter avere un incontro al fine di porre a fattor comune le informazioni disponibili e meglio comprendere lo stato attuale della procedura pendente a valle della lettera di messa in mora ricevuta ad agosto 2014.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Politiche Europee, con nota del 4 giugno 2015, ha svolto considerazioni per evidenziare, per un verso, che l’organo competente a conoscere della pretesa d’accesso alla documentazione inerente a tale procedimento è la Commissione europea e, per altro verso, che l’accesso è regolato dal corpus normativo composto dall’insieme delle regole comunitarie relative al diritto di accesso, con particolare riferimento al Regolamento CE n. 1049/2001.
Pertanto, ha concluso che la domanda di accesso alla procedura di infrazione in discorso deve essere rivolta alla Commissione europea ai sensi del Regolamento CE n. 1049/2001.
La Commissione Europea, con nota del 16 giugno 2015, ha negato l’accesso “poiché i documenti richiesti, essendo relativi ad una procedura di infrazione ancora in corso, sono coperti dall’eccezione prevista dall’art. 4, comma 2, del regolamento 1049/2001”.
La Commissione europea, tra l’altro, ha rappresentato che “la diffusione di documenti concernenti la procedura in oggetto comprometterebbe il corretto svolgimento della procedura stessa e il dia tra la Commissione e lo Stato membro” e che “questo dia spesso permette di risolvere le infrazioni prima di adire la Corte di Giustizia”, per cui “il fine di salvaguardare tale obiettivo giustifica il diniego di accesso al documento richiesto”.
La Commissione ha anche soggiunto che “non è stato possibile individuare, in questo caso, l’esistenza di un interesse pubblico prevalente che potrebbe giustificare la divulgazione dei documenti” e che “consentire un accesso parziale non è possibile, trattandosi di documenti relativi ad una procedura di infrazione ancora in corso, integralmente coperta dall’eccezione prevista dall’articolo 4, comma 2, del regolamento 1049/2001”.
Inoltre, la Commissione ha informato la richiedente che “questi servizi non ritengono opportuno un incontro con l’impresa… in quanto le procedure d’infrazione costituiscono un dia riservato tra la Commissione europea e le autorità dello Stato membro interessato” ed ha invitato “a fornire tutte le informazioni” ritenute pertinenti “alle autorità italiane, le quali ne terranno conto ai fini dei loro contatti con la Commissione europea nell’ambito della procedura d’infrazione 2009/4426”, specificando che “le autorità italiane hanno già fornito alla Commissione informazioni assai dettagliate nell’ambito di tale procedura di infrazione”.
4. L’interesse differenziato e qualificato alla proposizione dell’azione senz’altro sussiste.
L’appellante ha posto in rilievo che, ove la procedura d’infrazione ponesse in discussione le scelte progettuali adottate e già pressoché realizzate, inciderebbe direttamente sulla sua posizione giuridica, quale soggetto che si è fatto carico del ripristino ambientale del sito.
In particolare, la Società ha evidenziato che un conto sarebbe risolvere la procedura di infrazione senza ulteriori indagini a carico dello Stato italiano, altro conto sarebbe rivolgere a carico della proprietaria e della popolazione interessata al risanamento dell’ex area Cengio ogni aggravamento di tale attività in grado di scaturire da alcune delle soluzioni ipotizzate dagli Enti, come l’esperimento di una procedura di valutazione ambientale postuma.
In altri termini, la Sy. presume che se le proprie informazioni fossero state efficacemente illustrate dallo Stato nelle proprie osservazioni scritte alla Commissione, la procedura sarebbe stata archiviata, per cui occorre ritenere che, secondo la prospettazione fornita, l’interesse dedotto in giudizio consiste nella possibilità di accedere agli atti per poter partecipare attivamente al procedimento, formulando autonome deduzioni, non mediate dallo Stato italiano, al fine di evitare, al termine della procedura, consistenti aggravamenti delle attività alle quali la Società è tenuta come soggetto che si è fatto carico del ripristino ambientale del sito.
L’interesse a contestare il diniego all’accesso della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il silenzio sulla stessa richiesta di accesso del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, quindi, è chiaramente percepibile ed è sicuramente differenziato e qualificato.
Di talché, il ricorso di primo grado è ammissibile.
5. Nel merito, lo stesso si rivela infondato in ragione dell’insussistenza di un obbligo di procedere e provvedere in capo alle Autorità italiane per l’esclusiva competenza della Commissione europea a decidere sull’istanza di accesso agli atti presentata dalla Sy..
Infatti, come correttamente posto in rilievo dall’Avvocatura generale dello Stato nella propria memoria difensiva, il procedimento di infrazione comunitaria, in ogni sua fase e, quindi, anche con riferimento alla fase precontenziosa, è da considerarsi un procedimento integralmente comunitario, facente capo alla Commissione europea, sola Istituzione da ritenere competente a conoscere della richiesta di accesso agli atti in conformità alle disposizioni del Regolamento CE 30 maggio 2001, n. 1049.
In proposito, la giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. V, 14 maggio 2012, n. 2747), da cui non si hanno ragioni per discostarsi, ha chiarito che:
“il procedimento di infrazione, anche nella sua fase precontenziosa, è un procedimento avente del tutto natura comunitaria, sotto la responsabilità della Commissione europea, rispetto al quale lo Stato, nelle sue articolazioni interne a questi fini non rilevanti, è solo destinatario delle azioni della Commissione stessa”;
– soltanto la Commissione dell’Unione europea “quanto alla valutazione della richiesta di accesso, può essere l’Autorità cui compete pronunciarsi”;
– “l’art. 4 del predetto Regolamento stabilisce inequivocabilmente, al comma 2, che le predette istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive e di indagine a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione”, per cui è evidente “che soltanto la Commissione dell’Unione Europea, cui, come detto, spetta l’indagine in esame, può valutare la sussistenza di tale divieto ovvero l’interesse pubblico prevalente alla divulgazione; con la conseguenza, anche in base a tale argomentazione, che solo a tale Istituzione comunitaria può essere rivolta la presente istanza di accesso”;
– “si tratta, quindi, di un procedimento comunitario tout court e non di un procedimento misto o complesso, nazionale e comunitario (cd. procedimenti top-down o bottom-up)”;
– “questo non significa che tali documenti siano inaccessibili… ma che l’accesso è regolato da una diverso corpus normativo, composto dall’insieme delle regole comunitarie in ordine al diritto di accesso, con particolare riferimento al Regolamento CE n. 1049/2001 citato”.
L’art. 4, comma 2, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2001 – relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione – stabilisce che le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:
– gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale;
– le procedure giurisdizionali e la consulenza legale;
– gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,
a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.
La Commissione europea, nell’esercizio della propria competenza esclusiva, sindacabile solo nelle sedi sovranazionali, ha denegato l’ostensione degli atti con la detta nota del 16 giugno 2015, atteso che “dopo avere esaminato attentamente la richiesta alla luce dell’articolo 4, comma 2 del regolamento 1049/2001 e dell’art. 6 (1) del regolamento 1367/2006, non è stato possibile individuare, in questo caso, l’esistenza di un interesse pubblico prevalente che potrebbe giustificare la divulgazione dei documenti” e ritenuto, pertanto, “che la diffusione dei documenti richiesti comprometterebbe il dia tra la Commissione e lo Stato membro, nonché l’obbiettivo di trovare una soluzione al caso prima che lo stesso sia portato dinanzi alla Corte di Giustizia”.
La Commissione, con lo stesso atto, ha anche informato l’interessata del diritto di rivolgersi per iscritto al Segretario Generale della Commissione Europea per confermare la richiesta di accesso e chiedere una revisione della decisione.
L’Avvocatura generale dello Stato, nella propria memoria, ha evidenziato come, con lettera del 3 agosto 2015, la Commissione ha confermato il diniego di accesso ai documenti contenuti nel fascicolo della procedura d’infrazione 2009/4426 in base all’eccezione di cui all’art. 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001; la decisione di diniego di ostensione, secondo quanto indicato dalla stessa appellante, è stata confermata sia dal Tribunale di I grado che dalla Corte di Giustizia.
Né, può assumere rilievo la considerazione che la sentenza impugnata non terrebbe in adeguato conto che nella presente sede si controverte sul diritto dello Stato a condividere gli atti del fascicolo difensivo da questi istruito e non di atti esclusivamente provenienti dalla Commissione.
Gli atti del fascicolo italiano, infatti, afferiscono comunque alla procedura di infrazione comunitaria relativamente alla quale la Commissione europea è amministrazione procedente, con conseguente applicazione del corpus normativo sovranazionale.
Né è condivisibile quanto affermato dall’appellante, secondo cui le Autorità europee avrebbero invitato la Società a rivolgersi alle Autorità italiane ai fini dell’accesso ai documenti richiesti, atteso che la Commissione europea, nella nota di diniego del 16 giugno 2015, come già in precedenza esposto, si è limitata ad invitare l’interessata a fornire tutte le informazioni ritenute pertinenti alle Autorità italiane, le quali ne avrebbero tenuto conto ai fini dei loro contatti con la Commissione europea nell’ambito della procedura.
Le informazioni ritenute pertinenti, peraltro, sono state trasmesse, per cui la Società ha partecipato, sia pure sotto tale profilo, al procedimento, ma tale circostanza non abilita affatto ad accedere agli atti della procedura in assenza dell’intervento positivo dell’unico organo competente, la Commissione europea.
In conclusione, non sussistendo in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare alcuna competenza in materia e, quindi, alcun obbligo di procedere e provvedere sull’istanza di accesso proposta dalla Sy., non si rivela illegittimo né l’atto con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha invitato l’interessata a rivolgersi alla Commissione europea ai sensi del regolamento CE n. 1049/2001, né il silenzio serbato dal Ministero.
6. L’appello, quindi, deve essere rigettato e, in riforma della sentenza impugnata, che ne aveva dichiarato l’inammissibilità, il ricorso di primo grado deve essere respinto.
7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, sono poste a carico dell’appellante ed a favore, in parti uguali, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio, liquidate complessivamente in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, in favore, in parti uguali, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Raffaele Greco – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere, Estensore
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