Posizione di affidamento legittimo in capo al privato

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 19 novembre 2018, n. 6487.

La massima estrapolata:

La non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole, non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo.

Sentenza 19 novembre 2018, n. 6487

Data udienza 4 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 10474 del 2015, proposto dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Or. Ab., con domicilio eletto presso lo studio degli avvocati Tr. e Ti. in Roma, via (…);
contro
La signora -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minorenni Fe. e -OMISSIS- Ga., rappresentati e difesi dall’avvocato Lu. Ad., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Be. in Roma, via (…);
nei confronti
Il Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 4333/2015, resa tra le parti, concernente annullamento del permesso di costruire.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2018 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Ab. e Ad.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La controversia riguarda l’azione proposta dalla signora -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori -OMISSIS- e -OMISSIS-, per l’annullamento del permesso di costruire n. 130 del 7 luglio 2012 rilasciato dal comune di (omissis) in favore dei signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, per la realizzazione di un intervento di consolidamento statico e risanamento conservativo con annesso cambio di destinazione d’uso, nonché -quale atto presupposto- del verbale n. 1 del 16 giugno 2011 avente ad oggetto la procedibilità dell’intervento medesimo.
2. Il T.a.r. per la Campania, Napoli, Sezione Ottava, con la sentenza n. 4333 del 4 settembre 2015, ha:
a) respinto la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire sollevata dai controinteressati;
b) respinto l’eccezione, anche questa formulata dai controinteressati, di inammissibilità della disposta verificazione, in luogo della consulenza tecnica d’ufficio;
c) ritenuto, invece, fondata l’eccezione di inammissibilità della memoria di replica del 24 giugno 2015 di parte ricorrente, sollevata in udienza pubblica dal comune resistente, limitatamente alla parte in cui è stato dedotto per la prima volta un ulteriore motivo di illegittimità dell’atto impugnato (violazione della normativa antisismica);
d) accolto, nel merito, il motivo di ricorso incentrato sull’eccesso di potere per l’inesatta configurazione della realtà e sulla violazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (il titolo edilizio è stato rilasciato in base ad una rappresentazione dello stato dei luoghi non fedele alla realtà, in quanto le opere murarie riportate nel progetto sono state abbattute nel lontano 2005) e, per l’effetto, annullato l’atto impugnato;
e) assorbito le ulteriori censure proposte;
f) condannato il comune di (omissis) e i signori -OMISSIS—OMISSIS-, in ragione della metà ciascuno, al pagamento delle spese di verificazione liquidate in complessivi euro 1.800,00 oltre accessori di legge;
g) condannato il comune di (omissis) e i signori -OMISSIS—OMISSIS- al pagamento (ciascuna parte) delle spese di lite liquidate in euro 1.500,00 oltre spese generali, iva e cpa come per legge.
3. I signori -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno appellato la sentenza deducendo un unico, complesso motivo:
3.1. “Violazione dell’art. 100 del c.p.c. – Violazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 – Errore nei presupposti”.
Assumono l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso che l’intervento potesse qualificarsi come risanamento conservativo, a cagione dell’abbattimento di parti strutturali dell’edificio nell’anno 2005, giacché :
a) il permesso è stato richiesto appena cinque anni dopo il crollo;
b) l’intervento sostitutivo ha riguardato il solo 20% dell’intera cubatura.
Deducono, altresì, la carenza di interesse dei ricorrenti a contestare la corretta qualificazione dell’intervento, comunque autorizzabile come intervento di demolizione e successiva ricostruzione.
4. Si è costituita la signora -OMISSIS-, anche in questo grado del giudizio in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minorenni -OMISSIS- e -OMISSIS-, chiedendo il rigetto dell’avverso gravame e riproponendo espressamente i motivi di ricorso assorbiti nel primo grado del giudizio.
5. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive mediante il deposito di documenti (in particolare, la sentenza penale n. 748/2018 del Tribunale di (omissis)); di memorie integrative e di replica.
6. In sede di deposito della memoria di replica, gli appellanti hanno chiesto il rinvio della discussione fino alla pronuncia definitiva del giudice penale, essendo pendente l’appello dagli stessi proposto avverso la sentenza di primo grado.
7. All’udienza pubblica del 4 ottobre 2018, la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio in decisione.
8. In via del tutto preliminare, va esaminata la richiesta, formulata dalla parte appellante, di rinvio della discussione della causa.
8.1. La richiesta non può essere accolta, attesa, per un verso, l’insussistenza di un nesso di presupposizione logico-giuridica tra l’ambito cognitorio rimesso al giudice penale e quello di competenza del giudice amministrativo e, per un altro verso, l’efficacia esecutiva della sentenza penale di condanna di prime cure.
9. Nel merito, l’appello è destituito di fondamento.
9.1. I signori -OMISSIS—OMISSIS- censurano la decisione assunta dal giudice di prime cure sotto due diversi e concorrenti profili:
a) per un verso, la possibilità di qualificare l’intervento edilizio come risanamento conservativo in ragione del breve lasso di tempo trascorso tra la richiesta del titolo edilizio e il crollo di parti strutturali dell’edificio (5 anni) e della limitatezza -in termini percentuali- della parte interessata dal crollo medesimo (il 20%);
b) per un altro verso, anche a volere ammettere che non si tratti di risanamento conservativo, l’intervento sarebbe astrattamente autorizzabile quale demolizione e ricostruzione.
9.2. Entrambi i profili non meritano positivo apprezzamento, giacché :
a) l’accoglimento del ricorso si è fondato sull’accertamento della falsa rappresentazione dello stato dei luoghi all’atto della presentazione del permesso di costruire;
b) avverso tale ricostruzione dei fatti, gli appellanti non hanno prospettato alcuna situazione tale da incidere sul definitivo raggiungimento della prova in ordine all’effettivo abbattimento delle opere murarie riportate nel progetto, già nel lontano 2005;
c) rispetto a tale accertamento di fatto, si configurano come del tutto opinabili e, soprattutto, non decisive rispetto al thema decidendum (falsa rappresentazione dello stato di fatto), le allegazioni prospettate dagli appellanti in ordine alla (da loro, ritenuta) brevità del tempo trascorso tra il crollo delle dette opere murarie (cinque anni) ed esiguità della percentuale volumetrica da ricostruire (20%);
d) secondo la pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato, da ultimo ribadita anche nel recente arresto reso dall’Adunanza Plenaria (n. 8 del 17 ottobre 2017), la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole, non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo;
e) in materia di annullamento d’ufficio del titolo edilizio rilasciato, ciò comporta la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte;
f) rispetto alla posizione soggettiva dei terzi controinteressati, invece, ciò implica la sussistenza del loro interesse concreto, personale e attuale a vedere annullato l’avverso titolo senza che, in sede giurisdizionale, possano essere valutate ad opera del giudice ulteriori o diverse circostanze di fatto (come, nella specie, la brevità del tempo trascorso rispetto al crollo, la misura percentuale delle opere da ricostruire, l’assentibilità dell’intervento ad altro titolo) il cui apprezzamento rientra certamente nei compiti di amministrazione attiva dell’ente preposto, tramite la necessaria verifica del rispetto della normativa urbanistica vigente al momento del rilascio del provvedimento abitativo.
10. In definitiva, pertanto, l’appello va respinto.
11. La regolazione delle spese di lite del presente grado tra le parti costituite, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.
12. Nulla sulle spese, invece, nei riguardi del comune intimato, in ragione della sua mancata costituzione in giudizio

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna gli appellanti, in ragione della metà ciascuno, al pagamento delle spese di lite in favore degli appellati, liquidate in complessivi euro 4.000,00 oltre spese generali i.v.a. e c.p.a., se dovute come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1,2 e 5 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di riproduzione in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la potestà genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare il medesimo interessato riportato sulla sentenza o provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente FF
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *