Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 26029.
Per l’omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice
Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia
Ordinanza|| n. 26029. Per l’omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice
Data udienza 22 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Contenzioso fiscale – Pretesa fiscale – Incompatibilità con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia – Statuizione implicita di rigetto – Art. 86 dpr 602/1973
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. ROSSELLO Carmelo C. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18534/2020 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate in persona del legale rappresentante pro tempore, Agenzia delle Entrate – Riscossione (gia’ (OMISSIS) Spa) in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui e’ rappresentata e difesa;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 5037/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2023 dal Consigliere Pasquale Gianniti.
Per l’omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice
FATTI DI CAUSA
1.In data 9 luglio 2004 la (OMISSIS) s.p.a. (ora Agenzia delle Entrate Riscossioni), nella sua qualita’ di Concessionario del Servizio di Riscossione dei Tributi per la provincia di Caserta, aveva notificato, ai sensi dell’articolo 86 Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, un preavviso di fermo amministrativo su due automezzi di proprieta’ di (OMISSIS) per il mancato pagamento della cartella esattoriale n. 02066901791, che allo stesso era stata notificata il 15 ottobre 1999, per l’importo complessivo di Euro 10.706,46 (di cui Euro 7.385,12 di tributo residuo).
Perdurando l’inadempimento, la medesima concessionaria aveva notificato in data 29 giugno 2005 comunicazione di avvenuta iscrizione di ipoteca sugli immobili di proprieta’ del (OMISSIS) in forza della suddetta cartella e per un importo di Euro 11.371,30 (di cui Euro 7.385,12 di tributo residuo).
La cartella esattoriale era stata annullata per effetto della sentenza n. 608/15/00 della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta.
2. Il (OMISSIS) conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Nola la concessionaria per sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni subiti per la illegittima attivita’ di recupero crediti da essa intrapresa nei suoi confronti.
La concessionaria si costituiva in giudizio e chiedeva disporsi la chiamata in causa ex articolo 107 c.p.c. della Agenzia delle Entrate di Caserta, quale ente creditore della cartella per cui e’ processo.
L’Agenzia delle Entrate, chiamata in causa, si costituiva in giudizio.
Il Tribunale di Nola con sentenza n. 3848/2014 rigettava la domanda, condannando il (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva impugnazione il (OMISSIS), chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, accertata l’inesistenza della cartella esattoriale per cui e’ processo, entrambi gli appellati fossero condannati in solido al risarcimento dei danni, da lui subiti, oltre alla rifusione delle spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio.
Non si costituiva (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.), che veniva dichiarata contumace.
Si costituiva invece l’Agenzia delle Entrate, contestando l’impugnazione avversaria e chiedendo la conferma della gravata sentenza.
La Corte di appello di Napoli con sentenza n. 5956 del 2019, rigettando l’impugnazione, confermava integralmente la sentenza di primo grado, condannando il (OMISSIS) alla rifusione in favore della Agenzia delle Entrate delle spese processuali relative al giudizio di secondo grado.
3. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il (OMISSIS)
Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Nessuna attivita’ e’ stata svolta dalla concessionaria, pur intimata.
Non risultano depositate memorie.
Per l’omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorso del (OMISSIS) e’ affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 2043 e 2059 c.c. nella parte in cui la corte territoriale, argomentando sugli esiti della espletata ctu, ha ritenuto che l’appellante non avesse provato i fatti costitutivi del suo diritto al risarcimento del danno non patrimoniale.
Sottolinea che la societa’ concessionaria e l’Agenzia, pur avendo piena conoscenza della inesistenza della cartella in esame e del credito con essa azionato (avendo partecipato al giudizio davanti alla Commissione tributaria), avevano provveduto alla iscrizione delle formalita’ sui suoi beni mobili ed immobili.
Sostiene che il danno non patrimoniale va inteso come mezzo per colmare le lacune presenti nella tutela risarcitoria della persona, cosi’ da intendersi composto oltre che dal danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando vi sia una lesione all’integrita’ psico fisica della persona secondo i canoni fissati dalla scienza medica), dal danno esistenziale (costituito da tutti quei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purche’ costituenti conseguenza della lesione di un interesse di rango costituzionale relativo alla persona) nonche’ del danno morale soggettivo, tradizionalmente inteso, il cui ambito resta esclusivamente quello della sofferenza psichica e del patema d’animo.
Aggiunge che il pregiudizio da lui lamentato quale cittadino contribuente vessato dal comportamento illecito della PA, e’ fatto idoneo a superare la soglia di sufficiente gravita’ e compromissione individuata in sede interpretativa dalle Sezioni Unite nel 2008 quale limite imprescindibile al risarcimento del danno non patrimoniale.
Richiama il principio affermato da questa Corte con sentenza n. 14977 del 2006 e le risultanze della espletata ctu medico legale.
Osserva che il danno esistenziale ed il danno morale, quali componenti della piu’ ampia categoria del danno non patrimoniale, vanno liquidati anche in assenza di danno biologico, trattandosi di voci ontologicamente autonome.
1.2. Con il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso nella parte in cui la corte territoriale, avendo pronunciato sentenza in omaggio al criterio della ragione piu’ liquida, non si e’ pronunciato su nessuno dei due motivi di appello che erano stati da lui proposti avverso la sentenza di primo grado (e cioe’ in relazione alla errata qualificazione della domanda giudiziale come opposizione ex articoli 615 e 617 c.p.c.; nonche’ in relazione alla errata valutazione degli elementi di prova in punto di coincidenza fra la cartella, oggetto delle procedure intentate nei suoi confronti, di preavviso di fermo amministrativo e di iscrizione di ipoteca) e la cartella, oggetto della pronuncia della Commissione Provinciale Tributaria.
Sostiene che la Corte, se avesse scrutinato i suoi motivi di impugnazione, avrebbe dovuto ritenere non provato il credito posto a base delle iscrizioni pregiudizievoli.
1.3. Con il terzo motivo denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nella parte in cui la corte territoriale, giudicando in omaggio al principio della ragione piu’ liquida, ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento che lui aveva proposto ai sensi dell’articolo 96 c.p.c. gia’ con memoria del 16 giugno 2007 e che aveva successivamente ripetutamente riproposto (da ultimo anche in sede di atto di appello).
Sostiene che la corte territoriale, in accoglimento del gravame, avrebbe dovuto condannare entrambi gli appellati al risarcimento del danno per responsabilita’ aggravata, per aver resistito in giudizio e per aver iscritto fermo amministrativo su due suoi veicoli ed ipoteca su tre suoi beni immobili, pur essendo consapevoli dell’assenza di qualunque valido titolo.
Osserva che la corte territoriale, pur facendo uso del principio della ragione liquida, avrebbe dovuto pronunciarsi sulla domanda di risarcimento danni per responsabilita’ aggravata, essendo questa completamente disancorata dall’attivita’ di ricerca di un danno non patrimoniale risarcibile.
1.4. Ad esito dell’illustrazione dei motivi, il ricorrente, ai fini della valutazione di ammissibilita’ del ricorso ex articolo 360 bis c.p.c., richiama alcuni principi di diritto affermati da questa Corte (nn. 8516 e 28407 del 2008; nonche’ nn. 2788 e 27354 del 2019)
Per l’omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice
2. Il ricorso e’ inammissibile.
2.1. Inammissibile e’ il motivo primo.
Al riguardo occorre ricordare che questa Corte ha piu’ volte affermato il principio, secondo il quale “in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimita’” se non nei limiti del vizio di motivazione come indicato dall’articolo 360, comma, n. 5, c.p.c., nel testo riformulato dall’articolo 54 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Cass. 24155/2017; 195/2016; 26110/2015).
Occorre qui ribadire che la erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale, deputata a dettarne la disciplina, postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso. Pertanto, risulta del tutto estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale (ricostruzione che, come e’ noto, e’ riservata al sindacato del giudice di merito).
Orbene, nel motivo in esame parte ricorrente, come sopra rilevato, denuncia violazione degli articoli 2043 e 2059 c.c. nella parte in cui la corte territoriale, argomentando sugli esiti della espletata ctu, ha ritenuto che non avesse provato i fatti costitutivi del suo diritto al risarcimento del danno non patrimoniale: tanto fa inammissibilmente, in quanto detta valutazione comporta non un giudizio di diritto, ma un giudizio di fatto, da impugnarsi, se del caso, sotto il profilo del vizio di motivazione.
Al rilievo che precede, di per se’ risolutivo, si aggiunge il fatto che parte ricorrente: da una parte, non indica quale parte della sentenza impugnata avrebbe violato le disposizioni indicate; dall’altra, riporta il contenuto di atti e documenti di causa, rilevanti per la decisione, in modo non idoneo a consentire a questa Corte di provvedere alla verifica della sussistenza della dedotta violazione di legge sulla base del solo ricorso.
Per l’omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice
2.2. Inammissibile e’ anche il secondo motivo.
E’ principio consolidato di questa Corte che il paradigma di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella nuova formulazione adottata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 17 ottobre 2019) consente (v. Cass. sez. un. 8053 del 2014) di denunciare in cassazione – oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (e cioe’, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione) – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).
Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non gia’ una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. n. 27415 del 2018; Cass. n. 29883 del 2017; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. sez. un. 5745 del 2015; Cass. n. 21152 del 2014; Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 5133 del 2014).
Per l’omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice
Al contrario, non costituiscono “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, oltre agli elementi istruttori:
a) le argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2014);
b) una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. n. 21439 del 2015);
c) le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello, i quali costituiscono i fatti costitutivi della “domanda” in sede di gravame.
E’ quindi inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 per sostenere (come nella specie) l’omessa pronuncia sui motivi di appello, in quanto questi non costituiscono ne’ fatti principali ne’ fatti secondari, ma la specifica domanda, che era sottesa alla proposizione dell’appello.
In definitiva, cosi’ come articolate, le censure svolte nel motivo si risolvono, in ultima analisi, nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso del procedimento e come argomentate dalla parte, cosi’ mostrando parte ricorrente di anelare ad una impropria trasformazione del giudizio di legittimita’ in un nuovo, non consentito, giudizio di merito.
2.3. Inammissibile e’ anche il terzo motivo.
La giurisprudenza di legittimita’, con orientamento consolidato dal quale questo collegio non intende discostarsi, ha affermato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma e’ necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: cio’ non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. Cass., ord. n. 24155/2017; sent. n. 20311/2011).
Nel caso di specie la corte territoriale ha rigettato l’appello sul presupposto che non era risultato provato il danno lamentato ed ha dichiarato l’assorbimento di ogni altra domanda, confermando la sentenza di primo grado. Cosi’ pronunciandosi, la corte di merito ha implicitamente rigettato la domanda formulata dall’odierna parte ricorrente ex articolo 96 c.p.c., in quanto detta disposizione presuppone la soccombenza in giudizio della parte alla quale viene attribuito l’illecito processuale.
3. Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonche’ la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in Euro 3200 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply