Per le societa’ e’ decisiva l’indicazione delle attivita’ rappresentate nell’oggetto sociale

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 11 marzo 2019, n. 6968.

La massima estrapolata:

Per le societa’, costituite in una delle c.d. forme commerciali, e’ decisiva l’indicazione delle attivita’ rappresentate nell’oggetto sociale, di cui allo statuto pubblicato nel registro delle imprese. Senza che abbia rilievo l’effettivo esercizio delle relative attivita’.

Ordinanza 11 marzo 2019, n. 6968

Data udienza 11 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21505-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) SPA, in persona dei curatori, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) C/O lo STUDIO LEGALE (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 186/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTO E DIRITTO

1.- Con sentenza datata 12 gennaio 2017, il Tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato il fallimento della s.p.a. (OMISSIS), su istanza presentata dalla stessa societa’, a mezzo del suo amministratore giudiziario.
Contro la pronuncia ha proposto reclamo L. Fall., ex articolo 18, (OMISSIS), socio DELLA (OMISSIS) e titolare di una partecipazione pari al 34,33% del capitale sociale.
Con sentenza depositata il 23 agosto 2017, la Corte di Appello di Napoli ha respinto il reclamo.
2.- A fronte dei rilevi sollevati dal reclamante – intesi a contestare la sussistenza del requisito soggettivo, come pure di quello oggettivo – la Corte campana ha osservato, prima di tutto, che la “qualificazione di imprenditore commerciale”, per le societa’ che assumono una delle correlate forme giuridiche, va desunta dall'”oggetto sociale enunciato nell’atto costitutivo o nello statuto”, come pubblicato nel registro delle imprese; e che nella specie, lo statuto enunciava, tra le altre, “l’attivita’ di produzione di paste alimentari, attivita’ la cui connotazione commerciale non e’ seriamente revocabile in dubbio”.
Ha poi aggiunto, per il requisito costituito dallo stato di insolvenza, che “nella fattispecie risulta acclarata la situazione di insolvenza in termini di squilibrio funzionale/finanziario dall’amministratore giudiziario posta a fondamento nel ricorso per autofallimento”.
Come indicano – ha precisato – “ricavi derivanti dalla locazione dell’immobile di proprieta’ strutturalmente inferiori ai costi; flussi finanziari insufficienti al pagamento delle imposte correnti; proventi degli anni 2015 e 2016 oggetto di pignoramento da parte di (OMISSIS); contratti di locazione non rinnovati alla scadenza naturale nelle more sopraggiunta; condizioni generali dell’immobile (necessitanti di significativi interventi di manutenzione straordinaria e di interventi strutturali) tali da non consentire una nuova locazione”. Pure rilevando che “neanche e’ prevedibile la possibilita’ di immediata alienazione dell’immobile sociale e, comunque, la realizzazione attraverso detta alienazione di un introito sufficiente a garantire l’effettivo ripianamento delle perdite (attesa anche la negativa congiuntura economica generale)”.
3.- Avverso la pronuncia della Corte campana ricorre (OMISSIS), dispiegando due motivi di cassazione.
Resiste, con controricorso, il Fallimento.
Il ricorrente ha anche depositato memoria.
4.- Il primo motivo di ricorso assume “violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 1, articolo 2082 c.c., articolo 115 c.p.c., e articolo 2697 c.c., (in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.
Sostiene in proposito il ricorrente che, ai sensi della normativa vigente, la procedura fallimentare puo’ riguardare solo gli “imprenditori che esercitano” ancora “attivita’ commerciale”. Per contro, la s.p.a. (OMISSIS) “ormai da tempo non esercita alcuna attivita’ di impresa”, essendo anzi “inattiva”: le stesse scritture contabili evidenziano come gli amministratori da tempo si siano limitati a “gestire l’immobile di proprieta’”.
5.- Il motivo non puo’ essere accolto.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, per le societa’, costituite in una delle c.d. forme commerciali, e’ decisiva l’indicazione delle attivita’ rappresentate nell’oggetto sociale, di cui allo statuto pubblicato nel registro delle imprese. Senza che abbia rilievo l’effettivo esercizio delle relative attivita’.
Il detto orientamento e’ stato ancora una volta ribadito, negli ultimi tempi, dalla pronuncia di Cass., 26 settembre 2018, n. 23157.
Il Collegio ritiene di dovere senz’altro dare ancora continuita’ a detto orientamento.
6.- Il secondo motivo censura “violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 5, articolo 115 c.p.c., e articolo 2697 c.c., (in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.
Ad avviso del ricorrente, la Corte ha errato nel “prendere in considerazione il conto dei debiti e dei crediti indicati dall’amministratore giudiziario”, “mentre in nessun modo ha valutato la situazione patrimoniale risultante dall’ultimo bilancio approvato dalla societa’, dal quale risulta un immobile dal valore di Euro 6.317.603,00”.
La vendita, “anche solo in parte”, di tale immobile avrebbe potuto rappresentare un'”ipotesi utile a superare la crisi della societa’”, pure considerando che le varie voci di debito presenti andavano sostanzialmente ridimensionate.
D’altro canto – rileva ancora il ricorrente – i criteri ritenuti determinanti dalla Corte campana (e riportati sopra, nel n. 3) non risultano tali da comportare l’insolvenza richiesta dalla normativa fallimentare, posto che in questo contesto a contare e’ unicamente la crisi di ordine irreversibile.
7.- Il motivo non puo’ essere accolto.
Lo stesso, infatti, viene a chiedere a questa Corte una nuova valutazione dei fatti e del materiale probatorio prodotto in causa. Che e’, per contro, apprezzamento riservato al giudice del merito e non sindacabile da parte di questa Corte.
D’altro canto, la motivazione svolta, in punto di insolvenza, dalla Corte territoriale appare ragionevole e pienamente plausibile. Sotto questo profilo e’ da segnalare, in modo particolare, la puntuale considerazione che la sentenza fa del valore dell’immobile sociale: come agganciata alla prevedibilita’ di un suo realizzo effettivo ed effettivamente utile ai creditori (anche sotto il profilo del tempo necessario per giungere alla liquidazione) e non gia’ ancorata a una valutazione che rimanga astratta da ogni ipotesi liquidatoria, secondo quanto pare invece proporre il ricorrente.
8.- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella somma di Euro 5.200, 00 (di cui Euro 200,00 per esborsi). Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto dell’articolo 13, comma 1 bis.

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