Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 ottobre 2022| n. 30185.
Per la operatività dell’articolo 2955 c.c. ed ai fini della liberazione del fideiussore
Per la operatività dell’articolo 2955 del codice civile – ai fini della liberazione del fideiussore – è richiesto il concretizzarsi della perdita dal diritto, e non già la mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del debitore.
Ordinanza|14 ottobre 2022| n. 30185. Per la operatività dell’articolo 2955 c.c. ed ai fini della liberazione del fideiussore
Data udienza 10 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: FIDEIUSSIONE – Estinzione – Liberazione del fideiussore ex art. 2955 Cc – Condizioni – Maggiore difficoltà di attuare il diritto – Irrilevanza. (Cc, 1949, 1950, 1955 e 1957)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26448/2019 proposto da:
(OMISSIS) SpA, in persona del procuratore Sig. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. Prof. (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in (OMISSIS), Pec: (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) AG, in persona dei suoi procuratori e legali rappresentanti sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avv. prof. (OMISSIS), e dall’avvocato (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in (OMISSIS), Pec: (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2285/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/05/2022 dal Cons. MOSCARINI ANNA.
Per la operatività dell’articolo 2955 c.c. ed ai fini della liberazione del fideiussore
CONSIDERATO IN FATTO
che:
1. Il (OMISSIS) rilascio’, nell’interesse della societa’ immobiliare (OMISSIS) srl, finanziata da (OMISSIS) (poi (OMISSIS)) ed in favore della medesima, una garanzia autonoma fino alla concorrenza dell’importo di un milione di Euro a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte dalla immobiliare con la sottoscrizione del contratto di finanziamento nei confronti della banca tedesca. La garanzia prevedeva un termine di scadenza del 1 settembre 2010 con effetto liberatorio del garante a partire da quella data.
La Banca garantita escusse la garanzia con lettera del 25 marzo 2009 ma si senti’ opporre che la richiesta era contraria a buona fede se non abusiva. In data 4 ottobre 2010 la societa’ immobiliare finanziata e la Banca Tedesca stipularono una transazione con la quale si prevedeva che, nell’ipotesi in cui l’immobiliare non avesse ottenuto un rifinanziamento entro il termine del 31 luglio 2010, la garanzia a prima richiesta sarebbe stata escussa. Verificatasi tale condizione, al momento dell’escussione della garanzia la banca garantita si senti’ eccepire che la garanzia autonoma si era estinta in data 1 settembre 2010 con la conseguente decadenza di (OMISSIS) dal diritto di escussione. La banca garantita sostenne, invece, di non essere incorsa in alcuna decadenza anche perche’ la garanzia era stata gia’ escussa, del tutto tempestivamente, una prima volta in data 25 marzo 2009.
2. Inizio’ allora un giudizio davanti al Tribunale di Milano per ottenere il riconoscimento del diritto all’escussione ed il giudice adito ritenne che la seconda escussione della garanzia, avvenuta in data 29 novembre 2010, fosse tardiva con la conseguente decadenza della banca tedesca dal diritto di escussione.
3. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 30 gennaio 2015, ribalto’ la decisione, ritenendo che l’escussione fosse stata tempestivamente e validamente effettuata in data 25 marzo 2009 e che la novazione del rapporto sottostante, intercorsa tra il creditore e il debitore, non avesse prodotto effetti sulla validita’ della garanzia.
Per la operatività dell’articolo 2955 c.c. ed ai fini della liberazione del fideiussore
4.Tale sentenza fu cassata da questa Corte con ordinanza n. 8342 del 31 marzo 2017 con la quale si affermo’ il principio che l’effetto novativo della transazione riverbera sulla garanzia accessoria nel senso della estinzione della garanzia per difetto di causa, con la conseguente rimessione al giudice del rinvio del compito di accertare se la garanzia dovesse ritenersi estinta, non avendo la garante acconsentito all’eventuale mantenimento della stessa al fine di garantire le nuove obbligazioni nascenti dal contratto di transazione.
5. La Corte d’Appello di Milano, pronunciando in sede di rinvio, ha escluso l’effetto novativo della transazione essendo la prestazione oggetto di obbligazione sempre connessa e derivante dal contratto di finanziamento; ha ritenuto che il termine del 1 settembre 2010 fosse quello di efficacia della garanzia e non anche un termine decadenziale con la conseguente tempestivita’ della escussione del 29/11/2010; ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 1955 c.c., per non avere l’appellante provato l’impossibilita’ di esercitare il diritto di surrogazione; ha riconosciuto la decorrenza degli interessi sulla somma oggetto di escussione dal momento dell’inadempimento della debitrice principale ed ha dichiarato dovuta da (OMISSIS) SpA a (OMISSIS) AG la somma di Euro 1.000.000, oltre interessi legali dal 1/9/2010.
6. Avverso la sentenza il (OMISSIS) SpA ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Ha resistito la (OMISSIS) AG con controricorso.
La causa e’ stata assegnata per la trattazione in adunanza camerale, sussistendo le condizioni di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in vista della quale anche parte resistente ha depositato memoria. Ritenuto che:
1.Con il primo motivo – denunziando nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere erroneamente escluso la natura decadenziale del termine previsto nella garanzia per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1367 e 2965 c.c. – la ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia interpretato il termine dedotto in contratto del 1 settembre 2010 quale termine di efficacia della garanzia e non quale termine di decadenza laddove sarebbe emerso in modo lampante che il termine aveva natura decadenziale, non potendo farsi conseguire sulla garanzia gli effetti dell’accordo dedotto nella transazione. Questo esito interpretativo, ad avviso della ricorrente, si imporrebbe, non solo in relazione al tenore delle espressioni utilizzate, ma anche con riguardo alla previsione di una possibile cessazione anticipata della polizza in data anteriore al 1 settembre 2010; in secondo luogo la tesi sostenuta dall’impugnata sentenza, basata anche sul contenuto della transazione, non reggerebbe a fronte dei criteri di interpretazione del contratto.
Per la operatività dell’articolo 2955 c.c. ed ai fini della liberazione del fideiussore
1.1 Il motivo e’ infondato. Come e’ noto in presenza di un contratto autonomo di garanzia bisogna distinguere il termine di scadenza della garanzia da quello decadenziale per la sua escussione: il garante copre il rischio di inadempimento del debitore principale da quando la garanzia inizia ad avere efficacia fino al termine di scadenza che delimita l’arco temporale dell’obbligazione del garante. Oltre al termine di scadenza e’ possibile che le parti prevedano un termine di decadenza il quale indica, invece, la data ultima in cui il beneficiario puo’ avvalersi del diritto di escussione della garanzia nei confronti del garante. Se il termine non e’ espressamente qualificato come termine di decadenza, deve risultare in modo chiaro ed univoco dal contratto l’effetto decadenziale collegato a tale termine: in caso contrario non si e’ in presenza di una decadenza. Nel caso di specie, in applicazione di tutti i criteri e canoni interpretativi indicati nell’epigrafe del motivo, la sentenza impugnata, in relazione al termine del 1 settembre 2010, ha analizzato le espressioni letterali contenute nel contratto che non attribuivano espressamente natura decadenziale; ha verificato il comportamento successivo tenuto dalle parti valorizzando la transazione che prevedeva il termine del 31 luglio 2010 entro cui l’ATI avrebbe dovuto ottenere un finanziamento con un nuovo istituto di credito sicche’ solo successivamente si sarebbe potuto verificare l’inadempimento, concludendo nel senso che il termine del 1 settembre era quello entro il quale l’inadempimento poteva verificarsi e dunque il termine di efficacia della garanzia; inoltre, utilizzando il criterio della causa del contratto e dell’interpretazione utile, la corte di merito ha affermato che la previsione di efficacia al 1 settembre era nell’interesse del Banco perche’ in tal modo aumentavano le possibilita’ per ATI di estinguere il debito verso (OMISSIS) e si riduceva il rischio per il Banco di dover pagare la garanzia autonoma e che l’alternativa prevista dalle parti di accertare l’inadempimento fino alla data del 1 settembre o in una data anteriore riguardava soltanto le possibili modalita’ di liberazione del garante ma non anche interferiva con il diverso problema di stabilire se la data finale coincidesse con quella entro cui doveva essere escussa la garanzia autonoma.
Non vi e’ stata alcuna violazione delle regole di ermeneutica contrattuale ma una decisione pienamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte: premesso che la volonta’ delle parti – di prevedere contrattualmente un termine di decadenza dal diritto di escussione della garanzia – deve risultare in modo chiaro ed inequivocabile dovendosi sempre distinguere, in presenza di un contratto autonomo di garanzia, il termine di scadenza della garanzia da quello decadenziale per la sua escussione (Cass., 3, n. 4661 del 28/2/2007), la corte di merito ha scrutinato la volonta’ delle parti sulla base del criterio letterale e del comportamento successivo alla conclusione del contratto, cosi’ come secondo l’interpretazione funzionale o della causa del contratto e dell’interpretazione utile.
La corte di merito si e’, dunque, conformata alla giurisprudenza di questa Corte la quale, pur valorizzando, in primis, i criteri cd. soggettivi di interpretazione del contratto ed in particolare quello dell’interpretazione letterale (Cass., 28/8/2007 n. 828; Cass., 22/12/2005 n. 28479; Cass., 16/672003 n. 9626) ha superato il principio del cd. gradualismo (Cass., S.U. 8/3/2019, n. 6882, Cass., 30/8/2019 n. 21840; Cass., 10/6/2020 n. 11092; Cass., 19/1/2021 n. 743; Cass., 19/2/2021 n. 4571) ed ha, conseguentemente, riletto il criterio dell’interpretazione letterale, come gli altri criteri di interpretazione soggettiva, alla luce degli ulteriori criteri, cd. di interpretazione oggettiva e dunque alla luce dell’interpretazione cd. funzionale, o secondo la causa concreta del contratto (articolo 1369 c.c.) e della cd. interpretazione utile (articolo 1367 c.c.). Si vedano in tal senso le pronunce Cass., 23/5/2011 n. 11295 e Cass., S.U. 8/3/2019 n. 6882, Cass., 20/10/2021 n. 28996; Cass., n. 13342 del 2022 relative all’interpretazione cd. funzionale o secondo la causa concreta del contratto e Cass., 5, n. 1787 del 23/1/2019 relativa all’interpretazione utile secondo la quale il giudice deve interpretare le espressioni utilizzate nel contratto nel senso in cui possano avere qualche effetto, anziche’ in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denunzia nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c. comma 1, n. 3, per violazione dell’articolo 1955 c.c., per aver erroneamente escluso che la garanzia si fosse estinta per effetto della rinuncia al pegno da parte di (OMISSIS), nonche’ dell’articolo 2967 c.c., per aver operato la predetta esclusione sulla base dell’erroneo presupposto per cui (OMISSIS) non avrebbe assolto all’onere di provare gli elementi costitutivi della propria pretesa estintiva.
Assume che, con la perdita per rinuncia da parte di (OMISSIS) del diritto di surrogarsi nel pegno per Euro 3.000.000, la Corte d’Appello avrebbe dovuto ritenere l’operativita’ dell’articolo 1955 c.c., e dunque il diritto del garantito di far valere l’estinzione della fideiussione ex articolo 1955 c.c., essendosi visto sottratta la possibilita’ di surrogarsi al diritto rinunciato. Eventualmente il fatto impeditivo dell’estinzione della polizza – consistente nella eventuale capienza delle garanzie ipotecarie – avrebbe dovuto essere provato da (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 2697 c.c..
2.1 Il motivo e’ infondato.
La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che l’appellante non avesse provato l’impossibilita’ di esercitare il diritto di surrogazione, in quanto la rinuncia parziale al pegno poteva aver reso piu’ difficoltoso l’esercizio del diritto ma non lo aveva certamente precluso. La Corte di merito ha, pertanto, correttamente applicato il principio enunziato nella consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, per l’operativita’ dell’articolo 1955 c.c., e’ richiesto il concretizzarsi della perdita del diritto, e non gia’ la mera maggiore difficolta’ di attuarlo per le diminuite capacita’ satisfattive del patrimonio del debitore (Cass., n. 28838 del 5/12/2008; Cass., n. 4175 del 19/2/2020).
3. Conclusivamente il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
Si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato, pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare, in favore della parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 15.000 (oltre Euro 200 per esborsi), oltre ad accessori di legge e spese generali al 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
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