Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 12379.
Opposizione d.i. emesso per la riscossione di contributi condominiali il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio
Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, cod. civ., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione.
Ordinanza|| n. 12379. Opposizione d.i. emesso per la riscossione di contributi condominiali il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio
Data udienza 21 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – CONDOMINIO – SPESE CONDOMINIALI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al ricorso dall’Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS) in (OMISSIS).
– Ricorrente –
contro
Condominio di (OMISSIS), in persona dell’amministratore rag. (OMISSIS), rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso dagli Avvocati (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS).
– Controricorrente –
avverso la sentenza n. 1415/2017 della Corte di appello di Genova, depositata l’8.11.2017.
Udita la relazione sulla causa svolta dal consigliere Mario Bertuzzi nella camera di consiglio del 21.3.2023.
Opposizione d.i. emesso per la riscossione di contributi condominiali il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1415 dell’8.11.2017 la Corte di appello di Genova rigetto’ l’appello proposto da (OMISSIS) per la riforma della decisione del Tribunale che, decidendo sull’opposizione a decreto ingiuntivo che gli intimava di pagare al condominio di (OMISSIS) la somma di Euro 13.731,32 per spese di gestione ordinaria e straordinaria, aveva respinto i motivi di opposizione e, dato atto che nel corso del giudizio (OMISSIS), condebitrice solidale con l’opponente, aveva versato parte della somma richiesta, aveva revocato il decreto ingiuntivo e condannato lo (OMISSIS) al pagamento del residuo debito di Euro 6.195,93.
In sede di opposizione l’attore aveva dedotto la nullita’ della Delib. di approvazione delle spese di gestione posta a base del decreto ingiuntivo per avere essa ripartito le spese relative ai lavori della terrazza in violazione dei criteri stabiliti dalla legge e per avere approvato la spesa per la manutenzione di uno spazio, utilizzato per i cassonetti della spazzatura, non di proprieta’ condominiale; aveva altresi’ eccepito il proprio difetto di titolarita’ passiva, riferendosi il credito vantato dal condominio a tre unita’ immobiliari di cui una sola era di sua proprieta’, essendo le altre della sorella (OMISSIS).
Decidendo sui motivi di appello la Corte distrettuale dichiaro’ infondata l’eccezione di nullita’ della Delib., affermando, in relazione alle spese per i lavori straordinari sulla terrazza, che la erronea applicazione dei criteri di riparto di una spesa costituisce un motivo di annullabilita’ e non di nullita’ della Delib. condominiale, non risultando la volonta’ dell’assemblea di introdurre, anche per il futuro, nuovi criteri di riparto, e, con riguardo alle spese di manutenzione dello spazio destinato al posizionamento dei cassonetti, che la competenza a provvedere dell’assemblea trovava causa nel fatto che tale area era nella disponibilita’ del condominio, che ne sosteneva i costi di manutenzione. Dichiaro’ inoltre che il fatto che l’opponente in corso di causa avesse dismesso la proprieta’ di alcuni immobili, per effetto della divisione intervenuta con la sorella, non eliminava il suo debito nei confronti del condominio sorto anteriormente alla divisione.
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 19.12.2017, con atto notificato il 19.2.2018, ha proposto ricorso (OMISSIS), affidandosi a tre motivi.
Il condominio di (OMISSIS) ha notificato controricorso.
La causa e’ stata avviata in decisione in camera di consiglio.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione dell’articolo 63 disp. att. c.c., degli articoli 633, 634, 645 e 112 c.p.c. e degli articoli 1137 e 1421 c.c., lamentando che la Corte territoriale non abbia esaminato il primo motivo di appello che censurava l’affermazione della sentenza di primo grado secondo cui, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di contributi condominiale, l’opponente non puo’ dedurre vizi di nullita’ della Delib. che ha approvato la relativa spesa, in contrasto con il principio che la nullita’ della Delib. puo’ essere eccepita e rilevata senza limiti.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di rilevanza.
La considerazione che la Corte di appello non abbia preso posizione in merito alla censura risulta invero superata dalla circostanza che il giudice ha comunque esaminato la questione se il vizio denunziato integrasse un caso di annullabilita’ o di nullita’ della Delib.. Ne discende che la parte non ha interesse a dolersi del mancato pronunciamento sulla questione, necessariamente preliminare a quella poi affrontata, se, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, il condomino possa eccepire, per contestare il suo debito, la nullita’ della Delib. di approvazione della spesa posta a base della pretesa fatta valere nei suoi confronti.
Il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione degli articoli 1123, 1126, 1135, 1136, 1137, 2051, 1418 e 1421 c.c., censura la sentenza impugnata per avere escluso che il vizio della Delib. denunciato desse luogo a nullita’ della stessa. Si sostiene al riguardo che sul punto la Corte di appello e’ caduta in un erroneo apprezzamento dei fatti di causa, in quanto con la Delib. de qua l’assemblea, nel provvedere sulla spesa per i lavori di riparazione della terrazza, non ha solo disposto di ripartire la spesa in difformita’ dai criteri di legge, disapplicando la regola posta dall’articolo 1126 c.c., ma ha consapevolmente adottato un criterio nuovo, derogando a quello legale, esprimendo cosi’ la volonta’ di modificarlo sostituendolo con uno diverso. Si assume al riguardo che tale volonta’ modificativa emergeva dall’esame della stessa Delib., in particolare dal differente criterio con cui aveva ripartito la spesa relativamente alla terrazza del ricorrente rispetto ad altra terrazza della condomina Cattini. Per tale ragione la Delib. avrebbe dovuto essere dichiarata nulla, in forza della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui la volonta’ dell’assemblea, espressa a maggioranza, di adottare un criterio di ripartizione della spesa difforme da quello legale o convenzionale e’ radicalmente nulla.
La nullita’, aggiunge il ricorso, avrebbe dovuto essere rilevata anche per la parte del deliberato che aveva approvato le spese di gestione dell’area esterna al condominio, non di proprieta’ comune, nei cui confronti l’assemblea non aveva competenza a provvedere, in assenza di qualsiasi indizio sul fatto che il condominio ne avesse da tempo la disponibilita’ e ne avesse sopportato le spese di manutenzione.
Il motivo e’ infondato ed anche, in parte, inammissibile.
La Corte di appello ha escluso che il vizio denunziato, consistente nel fatto che la delibera posta a base del credito del condominio avrebbe applicato un criterio di riparto della spesa difforme da quello legale, potesse essere qualificato come motivo di nullita’ del deliberato, rilevando che la ripartizione erronea delle spese condominiali costituisce motivo di annullabilita’ e non di nullita’ delle relative delibere e precisando sul punto che non emergevano elementi tali da far ritenere che l’assemblea, con la Delib. adottata, avesse voluto modificare i criteri generali di riparto stabiliti dalla legge.
La soluzione appare giuridicamente corretta ed in linea con l’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di ripartizione delle spese di condominio, sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine di cui all’articolo 1137 c.c., u.c., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’articolo 1135 c.c., nn. 2 e 3, determini in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformita’ dai criteri di legge, mentre sono affette da nullita’, che puo’ essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformita’ da quanto previsto dall’articolo 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini (Cass. S.U. n. 9839 del 2021; Cass. n. 6714 del 2010; Cass. n. 17101 del 2006; Cass. n. 1793 del 2006; Cass. S.U. n. 4806 del 2006).
Sulla base di tale principio, cui la sentenza si e’ conformata, l’affermazione della Corte di appello secondo cui non risultavano elementi tali da portare a ritenere che con l’adozione della Delib. de qua la maggioranza dell’assemblea avesse voluto modificare i criteri stabiliti dalla legge, proiettando cosi’ il criterio adottato anche per il futuro, integra un apprezzamento di fatto non suscettibile di sindacato in sede di giudizio di legittimita’. In parte qua la censura e’ quindi inammissibile.
Il principio di diritto seguito dalla Corte di appello appare inoltre in linea con l’orientamento di questa Corte, secondo cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice puo’ sindacare l’annullabilita’ di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., comma 2, nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione (Cass. S.U. n. 9839 del 2021).
Il medesimo epilogo di inammissibilita’ si configura anche in relazione alla parte della Delib. che ha approvato le spese di manutenzione dell’area esterna al condominio, nei cui confronti la Corte distrettuale non ha ravvisato il difetto di competenza dell’assemblea a provvedere, trattandosi di area utilizzata dal condominio per la collocazione dei cassonetti dell’immondizia e quindi rientrante nella disponibilita’ dello stesso, con conseguente obbligo di sostenerne i costi. Anche in questo caso la censura rivolta dal ricorrente, motivata dalla mancanza di elementi di prova dimostranti tale utilizzazione, si infrange contro il rilievo che l’accertamento sul punto condotto dal giudice a quo ha natura fattuale, come tale non sindacabile in sede di giudizio di legittimita’.
Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione dell’articolo 1123 c.c., dell’articolo 63 disp. att. c.c. e dell’articolo 757 c.c., lamentando che la sentenza impugnata abbia ritenuto fondata la pretesa del condominio anche in ordine alle unita’ immobiliari di cui l’odierno ricorrente non era piu’ proprietario, trascurando di considerare che esse erano state assegnate in sede di divisione alla sorella (OMISSIS) e che il negozio divisionale, ai sensi dell’articolo 757 c.c., ha effetti retroattivi, con la conseguenza che l’esponente non risultava mai esserne stato proprietario.
Il motivo e’ inammissibile ed anche infondato.
Sotto il primo profilo in quanto, come emerge dalla sentenza impugnata, risulta che i contributi gravanti sugli immobili di cui si discute sono stati pagati, in corso di causa, da (OMISSIS), e quindi espunti dalla somma al cui pagamento il ricorrente, revocato il decreto ingiuntivo, e’ stato condannato con la sentenza. In ogni caso, laddove si rilevi che la censura conservi rilevanza ai fini dell’accertamento della soccombenza in giudizio e quindi della regolamentazione delle spese di lite, il mezzo e’ infondato, in quanto il principio posto dall’articolo 757 c.c. per la divisione ereditaria trova applicazione solo con riguardo alla titolarita’ del bene ed ai rapporti giuridici ad esso relativi, ma non comporta anche il venir meno dei frutti separati o dei debiti scaturenti dalla titolarita’ e dal godimento del bene antecedenti la divisione. Merita aggiungere che, in materia di condominio, la cessione del bene non libera il precedente proprietario dalla responsabilita’ per i contributi maturati in data anteriore non solo all’atto di cessione, ma anche alla trasmissione all’amministratore della copia autentica del titolo della cessione, ai sensi dell’articolo 63 disp. att. c.c., comma 5 disposizione che, per identita’ di situazioni, e’ da reputarsi applicabile anche ai negozi di divisione. Ora, la circostanza che la divisione sia intervenuta in corso di causa, esclude di per se’ che tale adempimento sia stato eseguito con riguardo agli oneri condominiali di cui si discute.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e spese generali.
Da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
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