Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 20076.
Notificazione presso la cancelleria civile della Corte d’Appello in mancanza dell’indicazione di un indirizzo PEC
L’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte territoriale, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall’art. 25 della l. n. 183 del 2011, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del cit. art. 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.
Sentenza|| n. 20076. Notificazione presso la cancelleria civile della Corte d’Appello in mancanza dell’indicazione di un indirizzo PEC
Data udienza 24 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Sentenza d’appello – Notificazione presso la cancelleria civile della Corte d’Appello in mancanza dell’indicazione di un indirizzo PEC – Termine breve di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione – Tardività in caso di inosservanza – Inammissibilità
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere
Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 02497/2018) proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 1077/2017, pubblicata il 14 giugno 2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il P.G., in persona del Sostituto procuratore generale Aldo Ceniccola, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avv.ti (OMISSIS) (per delega), nell’interesse del ricorrente, e (OMISSIS) (per delega), nell’interesse dei controricorrenti.
Notificazione presso la cancelleria civile della Corte d’Appello in mancanza dell’indicazione di un indirizzo PEC
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 23/2011, il Tribunale di Teramo – Sezione distaccata di Giulianova rigettava la domanda di esecuzione in forma specifica, ex articolo 2932 c.c., del contratto definitivo di compravendita immobiliare di bene in comunione formulata da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ di (OMISSIS); riteneva, invece, fondata l’eccezione di inadempimento proposta da questi ultimi, non avendo l’attore ne’ allegato ne’ provato di aver adempiuto, entro il termine previsto per la stipula del contratto definitivo, agli obblighi assunti con la scrittura privata del 23 dicembre 1995, ed, in particolare, all’obbligazione di mettere a disposizione dei convenuti le somme necessarie per estinguere il mutuo a favore di (OMISSIS) (obbligo di estinzione previsto al punto F della menzionata scrittura).
Pertanto, in accoglimento della domanda riconvenzionale dei convenuti, dichiarava la risoluzione del contratto preliminare basata sul ravvisato inadempimento, condannando l’attore al pagamento della somma di Euro 8.700,00, respingendo, nel contempo, la domanda di restituzione della somma di Euro 38.734,26 versata dai convenuti (OMISSIS) ad estinzione del mutuo concesso dal citato istituto di credito.
Con la stessa sentenza, il Tribunale adito condannava sempre l’attore a pagare ai (OMISSIS) l’ulteriore importo di Euro 2.000,00, a titolo di risarcimento danni per il discredito subito per la pubblicazione, mediante affissione, degli atti esecutivi.
2. Decidendo sul gravame interposto dal (OMISSIS) e nella resistenza di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ di (OMISSIS), la quale ultima proponeva anche appello incidentale, la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1077/2017, rigettava entrambi gli appelli.
La Corte abruzzese – esaminando prioritariamente il gravame principale – rilevava, innanzitutto, che l’azione promossa dal (OMISSIS) non avrebbe dovuto essere dichiarata prescritta.
Quindi, riqualificando il contratto posto a fondamento dell’azione come contratto definitivo (stante il tenore della relativa scrittura privata con la quale i (OMISSIS) avevano dichiarato di retrocedere l’immobile), la Corte di appello rilevava la correttezza della statuizione del primo giudice circa l’inadempimento rispetto a quanto previsto al punto “F” dello stesso contratto, che aveva costituito il presupposto per l’accoglimento della domanda riconvenzionale di risoluzione avanzata dagli appellati.
Inoltre, sulla base delle vicende fattuali succedutesi, si sarebbe dovuto presumere, in difetto di diversa pattuizione, che le parti avevano inteso riaccollare al (OMISSIS) l’intero debito.
La Corte di appello di L’Aquila rilevava anche l’infondatezza del gravame incidentale proposto dall’ (OMISSIS), ravvisando la correttezza della pronuncia di prime cure che aveva basato la disposta parziale compensazione delle spese giudiziali “in ragione della natura della decisione”, respingendo, altresi’, per difetto di prova, la domanda di condanna di cui all’articolo 96 c.p.c..
3. Avverso la citata sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, il (OMISSIS), resistito con un congiunto controricorso da (OMISSIS), Placido (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte.
Entrambi i difensori delle parti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
CONSIDERATO IN GIUDIZIO
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce – ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3 – la violazione degli articoli 1470 e ss. c.c., nonche’ dell’articolo 2652 c.c., comma 1, n. 3, e – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione fra le parti, relativamente alla circostanza che le obbligazioni di accollo e di estinzione risultanti dalla scrittura privata rappresentante il contratto preliminare non potevano inficiare la comune volonta’ di vendita del bene dietro il prezzo pattuito e regolarmente incassato dai venditori.
2. Con la seconda censura, il ricorrente denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, – la violazione degli articoli 1256 e 1273 c.c., nonche’ dell’articolo 112 c.p.c., la nullita’ della sentenza e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, riferito all’impossibilita’ di eseguire l’accollo con conseguente vizio della scrittura privata per impossibilita’ della condizione eseguita.
3. Con la terza doglianza, il ricorrente lamenta – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1359 e 1456 c.c., nonche’ la nullita’ della sentenza e del procedimento per vizio di ultrapetizione.
In particolare, il (OMISSIS) ritiene erronea l’impugnata sentenza di appello nella parte in cui ha stabilito l’inefficacia del trasferimento della proprieta’ ex articolo 2932 c.c. per mancato avveramento della condizione (accollo del mutuo), decidendo ultra petita, senza farsi carico di verificare e motivare l’ipotesi di cui all’articolo 1359 c.c. per la quale “la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa”.
4. Con il quarto mezzo, il ricorrente deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di risoluzione del contratto ex articoli 1453 e 1358 c.c., avuto riguardo al mancato accollo del mutuo che era stato estinto dai (OMISSIS) nel 2001 e, quindi, non piu’ accollabile ad esso (OMISSIS).
5. Con la quinta ed ultima doglianza, il ricorrente denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione di norme di diritto e la nullita’ della sentenza o del procedimento per omessa ammissione della c.t.u., al fine di quantificare le somme incassate a titolo di pigione per gli affitti dopo il 23 dicembre 1995.
6. Osserva il collegio che bisogna esaminare, in via preliminare, l’eccezione pregiudiziale di inammissibilita’ per asserita tardivita’ della
proposizione del ricorso formulata dai controricorrenti, basata sull’assunto presupposto che la stessa sarebbe avvenuta oltre il termine breve di decadenza, ai sensi dell’articolo 325 c.p.c., comma 2, e articolo 326 c.p.c., comma 1.
L’eccezione e’ fondata e, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Secondo la prospettazione dei controricorrenti, la sentenza di appello (pubblicata il 14 giugno 2017) sarebbe stata dagli stessi legittimamente notificata, in data 30 giugno 2017, presso il domicilio “ex lege” della cancelleria civile della Corte di appello di L’Aquila, in difetto di alcuna indicazione idonea, nell’atto di appello del (OMISSIS) (odierno ricorrente), di apposita elezione di domicilio nell’ambito del circondario di L’Aquila e/o dell’indicazione di indirizzo di posta elettronica certificata del difensore costituito (tale avv. (OMISSIS), con studio in (OMISSIS), con dichiarazione di elezione di domicilio presso l’avv. (OMISSIS), con studio in (OMISSIS) ed iscritto al COA di Teramo).
Va constatato che il ricorso risulta, poi, notificato a mezzo pec il 4 gennaio 2018, data rispetto alla quale il ricorso sarebbe tempestivo ove si applicasse il c.d. termine lungo, ivi computato il periodo di sospensione feriale.
Senonche’ – alla stregua dei riscontri documentali effettuabili in relazione alla natura processuale dell’eccezione in esame (con particolare riguardo al contenuto dell’atto di appello e, specificamente, della procura speciale apposta a margine dello stesso, nonche’ degli estremi della relata della notificazione della sentenza di secondo grado effettuata dai due appellati (OMISSIS)) – emerge che, effettivamente, il (OMISSIS) aveva conferito mandato in appello all’avv. (OMISSIS), con studio in (OMISSIS) (via (OMISSIS)) e con elezione di domicilio in (OMISSIS) (presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), nell’ambito del Circondario del Tribunale di Teramo) ma senza alcuna indicazione di indirizzo pec, cui era conseguita la notificazione della sentenza di appello – proprio in considerazione di tale inidonea elezione di domicilio – presso la cancelleria civile della Corte di appello di L’Aquila il 30 giugno 2017, alla quale e’ succeduta la proposizione, da parte del (OMISSIS), del ricorso per cassazione con notifica ed accettazione telematica, ai sensi della L. n. 53 del 1994, in data 4 gennaio 2018.
Orbene, poiche’ l’atto di citazione in appello era stato notificato il 34 marzo 2011 (e, quindi, anteriormente all’entrata in vigore della L. 12 novembre 2011, n. 183, che ha regolato la materia processuale attraverso la disciplina del c.d. “domicilio telematico” e delle notificazioni a mezzo pec), il ricorso deve considerarsi tardivamente proposto, perche’ si sarebbe dovuto osservare il termine breve di sessanta giorni (oltre al computo dell’eventuale periodo di sospensione dei termini, in questo caso da calcolare), a fronte – come evidenziato – di una rituale notificazione della sentenza di appello (con esclusione, quindi, del diritto a poter proporre ricorso contro detta sentenza nel c.d. termine lungo).
Deve, infatti, in questa sede trovare applicazione il principio – enunciato dalle SU con la sentenza n. 10143/2012 – secondo cui il Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 82 – in base al quale gli avvocati, che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorita’ giudiziaria presso la quale il giudizio e’ in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorita’ giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attivita’ forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorche’ appartenente allo stesso distretto di quest’ultima.
Si e’ aggiunto con la citata sentenza che, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli articoli 125 e 366 c.p.c., apportate dalla richiamata L. 12 novembre 2011, n. 183, articolo 25 esigenze di coerenza sistematica e di interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria dell’autorita’ giudiziaria, innanzi alla quale e’ in corso il giudizio, ai sensi del Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 82 consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’articolo 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’articolo 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio Ordine (v. in seguito, fra le altre, Cass. n. 21335/2017).
E poiche’, nel caso di specie, oltre alla inidonea elezione di domicilio ordinaria, difetta nell’atto di appello del (OMISSIS) anche l’indicazione di un indirizzo pec, la notificazione della sentenza di secondo grado operata nell’interesse degli appellati (OMISSIS) all’odierno ricorrente e’ stata legittimamente eseguita presso la cancelleria civile della Corte di appello di L’Aquila il 30 giugno 2017, “dies a quo” dal quale computare (ai sensi dell’articolo 326 c.p.c., comma 1) il termine breve di sessanta giorni (oltre al periodo feriale, qui computabile) per la proposizione del ricorso per cassazione, ragion per cui l’invio telematico del ricorso per cassazione in data 4 gennaio 2018 e’ – in relazione alla necessaria osservanza di tale termine (non applicandosi quello lungo) – da qualificarsi tardivo (con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di appello).
7. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per tardivita’ (cosi’ restando precluso l’esame dei motivi), con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e c.p.a. nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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