Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 21 aprile 2020, n. 12613.
Massima estrapolata:
E’ illegittimo il provvedimento con il quale il giudice, nell’ambito del cosiddetto concordato in appello, si limita ad applicare la pena nella misura concordata, senza riconoscere la sospensione condizionale alla quale è subordinato l’accordo delle parti. Il recepimento “parziale” di quanto concordato rende prive di effetto le richieste e le rinunce ai motivi espresse dalle parti. Gli atti devono così tornare alla corte d’Appello per un giudizio che rimetta le parti nella condizione precedente la richiesta del concordato.
Sentenza 21 aprile 2020, n. 12613
Data udienza 5 marzo 2020
Tag – parola chiave: Processo penale – Nuovo codice di rito penale – Concordato in appello – Pena – Sospensione condizionale – Legittimità – Recepimento “parziale” – Effetti – Legittimità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISCUOLO Anna – Presidente
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere
Dott. ROSATI Martino – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/09/2019 della Corte di appello di Napoli;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Martino Rosati;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dr. Lori Perla, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza con rinvio.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. (OMISSIS), per il tramite del suo difensore, impugna la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 26 settembre scorso, a norma dell’articolo 599-bis c.p.p., con cui, in relazione ai reati di cui agli articoli 570 e 572 c.p., gli e’ stata applicata la pena da lui concordata con il Procuratore Generale distrettuale nella misura di un anno e nove mesi di reclusione, previa rinuncia ai restanti motivi di gravame.
Il ricorrente denuncia l’illegittima difformita’ della decisione rispetto all’accordo raggiunto tra le parti, la’ dove la Corte distrettuale ha negato la sospensione condizionale della pena, pur avendone le parti concordato la concessione.
Inoltre, tale diniego, in quanto giustificato per il sol fatto che l’imputato avesse gia’ goduto di tale beneficio in occasione di precedente condanna, violerebbe il disposto dell’articolo 164 c.p., comma 4, poiche’ la pena precedentemente sospesa (due mesi e venti giorni di reclusione), cumulata a quella oggetto della presente condanna, non supererebbe i limiti di cui al precedente articolo 163.
2. Il motivo di ricorso e’ fondato.
Come si evince dalla lettura del verbale d’udienza – consentita alla Corte di legittimita’ per la natura processuale della questione devoluta – le parti processuali hanno effettivamente concordato la misura della pena e la concessione della sospensione condizionale della relativa esecuzione.
In presenza di un siffatto accordo, il giudice d’appello – secondo il chiaro disposto dell’articolo 602 c.p.p., comma 1-bis, non per caso inserito dalla stessa L. 23 giugno 2017, n. 103, che ha reintrodotto l’istituto del c.d. “concordato in appello” – si trova davanti all’alternativa o di accogliere la richiesta nella sua interezza oppure di respingerla: se decide in modo difforme dall’accordo, infatti, la richiesta e la rinuncia ai motivi, espresse dalle parti con lo stesso, non hanno effetto.
In particolare, e’ illegittima la decisione del giudice di appello che si limiti ad applicare la pena nella misura concordata, rigettando la richiesta della relativa sospensione condizionale (od anche omettendo di pronunciarsi su di essa), alla quale sia subordinato l’accordo delle parti: quel beneficio, infatti, si pone come elemento determinante nel processo di formazione della volonta’ negoziale della parte, rappresentando, quindi, una componente costitutiva della piattaforma negoziale, sulla quale si e’ perfezionato il suddetto accordo (Sez. 3, n. 25994 del 06/03/2019, Ziparo, Rv. 276012).
Ne’ puo’ condurre a diverse determinazioni, nel caso specifico, la circostanza per cui la concessione della sospensione condizionale della pena non sia stata richiesta dall’imputato gia’ con l’atto di gravame. Trattandosi, infatti, di determinazione adottabile dal giudice di appello anche d’ufficio, a norma dell’articolo 597 c.p.p., comma 5, la relativa richiesta puo’ essere legittimamente avanzata dalla parte anche all’atto di rassegnare le proprie conclusioni in dibattimento.
3. La sentenza impugnata, dunque, e’ viziata da violazione di legge processuale e dev’essere percio’ annullata senza rinvio, a norma dell’articolo 620 c.p.p., lettera l).
Gli atti debbono essere conseguentemente rimessi alla Corte di appello emittente, per il prosieguo del giudizio, restituendo le parti nella situazione anteriore alla formulazione della loro richiesta di cui al citato articolo 599-bis.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Napoli per il giudizio.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.
Si da’ atto che il presente provvedimento, redatto dal Consigliere Dr. Rosati Martino, viene sottoscritto dal solo Presidente del Collegio, per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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