Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Sentenza 15 luglio 2020, n. 14981.
La massima estrapolata:
Nell’accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore assume rilievo centrale l’obbligatorietà del contradditorio endoprocedimentale, che consente l’adeguamento degli “standards” alla concreta realtà economica del contribuente; l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità delle elaborazioni statistiche al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone delle più ampie facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa: in tal caso, però, egli assume le conseguenze della propria inerzia, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito.
Sentenza 15 luglio 2020, n. 14981
Data udienza 26 novembre 2019
Tag – parola chiave: ACCERTAMENTO, RISCOSSIONE E CONTENZIOSO – PARAMETRI E STUDI DI SETTORE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 26081 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. (OMISSIS), col quale elettivamente si domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 14 aprile 2015, n. 3429/28/15;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 26 novembre 2019 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale de Renzis Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA.
Si legge nella narrativa della sentenza impugnata che l’Agenzia delle entrate rettifico’ i ricavi del contribuente facendo leva sugli studi di settore applicabili in relazione all’anno 2007 e recupero’ maggiore materia imponibile ai fini dell’iva, dell’irpef e dell’irap.
(OMISSIS) impugno’ il relativo avviso di accertamento, senza successo in primo grado.
La Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato il successivo appello. Ha sul punto osservato che il contribuente, non aderendo al contraddittorio che comunque era stato promosso, non ha smentito le incongruenze emerse e, in particolare, la durata delle scorte, comunque superiore a quella che si registra in media per imprese del medesimo settore, unitamente al significativo incremento delle rimanenze; sicche’ ha ravvisato presunzioni gravi, precise e concordanti a sostegno della pretesa impositiva.
Contro questa sentenza propone ricorso il contribuente per ottenerne la cassazione, che articola in quattro motivi, cui l’Agenzia non replica con difese scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE.
1.- Inammissibile e’ il primo motivo del ricorso, col quale il contribuente lamenta l’insufficiente e omessa motivazione in ordine al fatto costituito dalla regolarita’ dell’invito al contraddittorio inviato dall’Agenzia, sia perche’ il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, al regime del quale e’ soggetta ratione temporis l’impugnazione della sentenza in questione, inibisce il vaglio di sufficienza della motivazione, sia perche’ col motivo in esame si censura in realta’ l’insufficienza della motivazione in diritto, di per se’ estranea rispetto ai confini dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2.- Infondato e’ il secondo motivo di ricorso, col quale il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d), e del Decreto Legge n. 331 del 1993, articolo 62-sexies, la’ dove il giudice d’appello ha trascurato che gli studi di settore costituiscono una presunzione semplice.
Consolidato e’ l’orientamento di questa Corte (Cass., sez. un., nn. 26635, 26636, 26637 e 26638/09), secondo cui il procedimento di accertamento standardizzato trova il proprio punto centrale nell’obbligatorieta’ del contraddittorio endoprocedimentale, che consente l’adeguamento degli standard alla concreta realta’ economica del contribuente, determinando il passaggio dalla fase statica (gli standard come frutto dell’elaborazione statistica) alla fase dinamica dell’accertamento (l’applicazione degli standard al singolo destinatario dell’attivita’ accertativa).
2.1.- L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilita’ dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilita’ degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non e’ vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della piu’ ampia facolta’, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa: in tal caso, pero’, egli ne assume le conseguenze, in quando l’ufficio puo’ motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standard, dando conto dell’impossibilita’ di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice puo’ valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (Cass. 12 aprile 2017, n. 9484).
E, nel caso in esame, in ordine all’attivazione del contraddittorio procedimentale v’e’ accertamento di fatto nella sentenza impugnata ormai irretrattabile.
3.- Il metodo di accertamento in questione ha d’altronde superato il vaglio della giurisprudenza unionale, la quale ha stabilito stabilito che la Dir. 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, nonche’ i principi di neutralita’ fiscale e di proporzionalita’ devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta all’Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorrere ad un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d’affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale con imposizione di una maggiorazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), a condizione che tale normativa e la sua applicazione permettano al contribuente stesso, nel rispetto dei principi di neutralita’ fiscale, di proporzionalita’ nonche’ del diritto di difesa, di contestare, sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, le risultanze derivanti da tale metodo e di esercitare il proprio diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo X della Dir. 2006/112, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (Corte giust. 21 novembre 2018, causa C-648/16, Fontana; ne fanno applicazione, da ultimo, Cass. 29 marzo 2019, n. 8854; 22 maggio 2019, n. 13769 e 18 settembre 2019, n. 23252).
4.- Le considerazioni che precedono determinano l’assorbimento del terzo motivo di ricorso, col quale il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legge n. 331 del 1993, articolo 62-sexies, la’ dove l’Agenzia non ha confrontato e supportato il risultato dato dall’applicazione dello studio di settore con presunzioni gravi, precise e concordanti, nonche’ del quarto motivo, col quale il ricorrente si duole della violazione della L. n. 212 del 2000, articolo 7, perche’ il giudice d’appello ha indicato le ragioni che supportano i calcoli compiuti.
5.- Il ricorso va quindi rigettato.
Nulla per le spese, in mancanza di attivita’ difensive.
Sussistono i presupposti processuali per l’applicazione, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, del raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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