Nel processo amministrativo il rimedio della revocazione ha natura straordinaria

Consiglio di Stato, Sentenza|14 aprile 2021| n. 3068.

Nel processo amministrativo il rimedio della revocazione ha natura straordinaria e l’errore di fatto – idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 106 del c.p.a. e 395 n. 4 del c.p.c. – deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa.

Sentenza|14 aprile 2021| n. 3068

Data udienza 25 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Impugnazioni straordinarie – Revocazione – Natura – Requisiti di ammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8243 del 2020, proposto da
Istituto Ne. It. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda Sanitaria Locale Roma 6, in persona del direttore generale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato St. Me., con domicilio eletto presso lo studio An. Br. in Roma, piazza (…);
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4480/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale Roma 6;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021 il Cons. Giulio Veltri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’I.N.I. Istituto Ne. It. S.p.A. chiede la revocazione della sentenza n. 4480/2019 del 13 luglio 2020 con la quale la Sezione ha respinto l’appello avverso la sentenza TAR Lazio (8572 del 2/7/2019) che aveva dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo.
2. Tale ricorso era diretto ad ottenere la corretta esecuzione del giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo n. 810/2006 con il quale il Tribunale di Velletri – Sezione distaccata di Albano Laziale, aveva ordinato alla A.S.L. Roma H di corrispondere alla Si. S.r.l. (mandataria nonché cessionaria della ricorrente) la somma di Euro 22.889.187,93, oltre interessi.
3. La Sezione ha confermato la declaratoria di inammissibilità, chiarendo che: a) l’INI al 03.02.05 non vantava più alcuna titolarità in ordine ai crediti per cui è causa ed ai relativi diritti, avendoli tutti ceduti “pro soluto” alla Si. S.r.l.; b) la Si. S.r.l. aveva azionato tali crediti con il D.I. n. 810/06 (Rgac 915/06), opposto dalla Asl Rm H (opposizione Rgn 40122/2006); c) la medesima Si. S.r.l., in data 11.07.08 aveva transatto con la Regione Lazio e la Asl Rm6 (all’epoca Asl Rm H), ogni e qualsiasi vertenza relativa al citato decreto ingiuntivo.
3.1. Da tali premesse la Sezione ha poi tratto la seguente conclusione: “Correttamente, quindi, il TAR ha ritenuto che, una volta stipulata la transazione emessa sulla base di atti formali non impugnati o contestati in sede giurisdizionale, la società INI non disponeva della legittimazione (e anche dell’interesse) ad agire in giudizio in sede di ottemperanza per ottenere l’esecuzione di un titolo giuridico – il decreto ingiuntivo – ormai venuto meno per effetto dell’atto di transazione; altrettanto correttamente il primo giudice ha aggiunto che ove la società Si. S.r.l. avesse agito eccedendo dai limiti del potere che essa stessa le aveva conferito, la società appellante avrebbe dovuto rivalersi nei confronti della mandataria, non potendo pretendere di agire nei confronti della Azienda Sanitaria che aveva legittimamente stipulato con la Si. l’atto di transazione che aveva comportato l’estinzione dell’obbligazione.
– conseguentemente il predetto giudizio di opposizione Rgn 40122/2006 era stato abbandonato concordemente tra le parti in lite, e la Si. S.r.l. vi aveva espressamente rinunciato;
– conseguentemente, ogni obbligazione relativa alle partite creditorie di cui al D.I. n. 810/06 (Rgac 915/06), si era estinta per intervenuta transazione “inter partes”, sia per sorte che per interessi, come da atto transattivo sottoscritto in data 11.07.18.
4. L’INI agisce ora in revocazione.
4.1. Con il primo motivo deduce, a supporto del rescindente, che la transazione relativa al D.I. n. 810/2006 non sarebbe configurabile come tale, e comunque non sarebbe opponibile ad essa ricorrente, posto che la Si. S.r.l. rivestiva il ruolo di mandataria all’incasso. La mancata presenza della IN. S.p.A. alla sopra citata transazione ne inficerebbe la natura di atto transattivo e, sotto il profilo processuale, priverebbe di legittimazione attiva la Si. S.r.l. (secondo motivo), profilo, quest’ultimo, erroneamente non rilevato dal giudicante.
4.2. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la mancanza di “reciprocità nelle concessioni” intervenute tra Asl Rm6 e Si. S.r.l., con conseguente nullità del preteso atto transattivo.
5. Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile.
6. Giova ricostruire le coordinate normative e giurisprudenziali predicabili in tema di revocazione, alle quali ci si atterrà nello scrutinio della res iudicanda.
6.1. Com’è noto, l’art. 106 del c.p.a. prevede che “salvo quanto previsto dal comma 3, le sentenze dei Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile”.
A sua volta, il citato art. 395 c.p.c., prevede, tra i casi di revocazione, quello in cui (n. 4), “la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
6.2. La giurisprudenza amministrativa ha da tempo perimetrato i presupposti che identificano l’errore di fatto “revocatorio”, distinguendolo dall’errore di diritto che, come tale, non dà luogo ad esito positivo della fase rescindente del giudizio di revocazione, evidenziando, in apice, che l’istituto della revocazione è rimedio eccezionale, che non può convertirsi in un terzo grado di giudizio.
6.3. Orbene, l’orientamento costante di questo Consiglio è nel senso che “Nel processo amministrativo il rimedio della revocazione ha natura straordinaria e l’errore di fatto – idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 106 del c.p.a. e 395 n. 4 del c.p.c. – deve rispondere a tre requisiti:
a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato;
b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa.
6.4. Inoltre, l’errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche; esso è configurabile nell’attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento.
7. Nel caso di specie la prima considerazione che depone per l’inammissibilità del ricorso azionato è l’insussistenza del requisito di cui alla precedente lett. b) del paragrafo che precede (attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato).
7.1. La questione oggi sollevata infatti è relativa ad un tema controverso – la legittimazione attiva della Si. S.r.l. – sulla quale il Collegio decidente, giusto quanto ricavabile dai passaggi argomentativi in premessa riportati, ha ampiamente motivato, respingendo le tesi dell’appellante. Tesi sulle quali non può indugiarsi oltre, se non sconfinando nell’ambito di un terzo, inammissibile, grado di giudizio.
8. Anche gli altri profili sollevati dal ricorrente costituiscono ictu oculi questioni puramente giuridiche, del tutto eterogenee rispetto all’errore di fatto inteso quale abbaglio del giudicante derivante da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio. Così è senz’altro per il preteso errore consistito nell’omessa rilevazione della nullità della transazione per mancata reciprocità delle concessioni.
9. Il ricorso dev’essere pertanto dichiarato inammissibile.
10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dall’Azienda Sanitaria Locale Roma 6 per la presente fase di giudizio, forfettariamente liquidate in Euro. 3.500, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Michele Corradino – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere

 

 

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