Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 20330.
Nel giudizio avente ad oggetto il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento
Nel giudizio avente ad oggetto il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento di cui all’art. 34 legge 27 luglio 1978, n. 392, qualora l’attività del conduttore comportante contatti diretti con il pubblico sia stata autorizzata dalla pubblica amministrazione con la previsione di prescrizioni da osservarsi nello svolgimento (nella specie, si trattava della prescrizione di utilizzare per l’accesso della clientela un vano piuttosto che un altro, che era contenuta nel nulla osta sanitario rilasciato in relazione a segnalazione certificata di inizio attività), la circostanza che il conduttore abbia svolto l’attività senza il rispetto di quelle prescrizioni non può essere dedotta dal locatore come ragione per escludere la spettanza della detta indennità, sul presupposto che lo svolgimento dell’attività non fosse lecito, essendo tale valutazione riservata alla competente autorità amministrativa e non potendo il giudice civile considerarla, in mancanza di un provvedimento di detta autorità che l’abbia constatata e sanzionata
Ordinanza|| n. 20330. Nel giudizio avente ad oggetto il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento
Data udienza 8 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Contratti – Locazione – Immobili urbani adibiti ad uso diverso dall’abitazione – Indennità per la perdita dell’avviamento -Attività commerciali implicanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori – Violazione prescrizioni previste dalla autorizzazione amministrativa – Diritto all’indennità – Permanenza – Fondamento
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele G.A. – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 9570/2019 proposto da:
(OMISSIS) titolare della Ditta individuale (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) in (OMISSIS);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1411/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/06/2023 dal consigliere ENRICO SCODITTI.
Nel giudizio avente ad oggetto il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento
Rilevato che
(OMISSIS) propose opposizione innanzi al Tribunale di Venezia avverso il decreto ingiuntivo emesso per l’importo di Euro 11.250,00 a favore di (OMISSIS) a titolo di indennita’ per la perdita di avviamento commerciale in relazione alla sublocazione, all’interno di un immobile dalla (OMISSIS) locato per l’attivita’ di centro estetico, di un locale per l’esercizio di attivita’ di parrucchiere, proponendo altresi’ domanda riconvenzionale di condanna al rimborso di esborsi sostenuti. Il Tribunale adito, previa revoca del decreto ingiuntivo, condanno’ la (OMISSIS) al pagamento della somma di cui al decreto previa detrazione dell’importo di Euro 102,87. Osservo’ il Tribunale, per quanto qui rileva, che non era provato che al (OMISSIS) fosse stata preclusa l’attivita’ con diretto contatto con il pubblico perche’ i testi avevano dichiarato che i clienti accedevano al locale parrucchiere non solo dall’ingresso, ma anche da una porta laterale che dava sulla strada, e che non rilevava che il (OMISSIS) avesse esercitato l’attivita’ in violazione delle prescrizioni presenti nel nulla osta ottenuto dall’autorita’ amministrativa, facendo entrare i clienti senza farli passare dall’ingresso comune, poiche’ si trattava di questione riguardante solo il rapporto con l’Amministrazione.
Avverso detta sentenza propose appello (OMISSIS). Con sentenza di data 24 settembre 2018 la Corte d’appello di Venezia rigetto’ l’appello. Per quanto qui rileva, la corte territoriale osservo’ quanto segue in ordine al primo motivo di appello, secondo cui non spettava il diritto all’indennita’ per la perdita dell’avviamento a causa dell’esercizio abusivo dell’attivita’ perche’ in base al nulla osta amministrativo il (OMISSIS) era autorizzato all’esercizio della sua attivita’ esclusivamente utilizzando l’accesso comune al centro di estetica, laddove invece i clienti accedevano al suo locale anche attraverso una porta laterale. Premesso che non poteva essere riconosciuta l’indennita’ nel caso di esercizio dell’attivita’ commerciale in mancanza delle prescritte autorizzazioni amministrative, l’appellato era autorizzato allo svolgimento dell’attivita’ in forza di nulla osta rilasciato dall’Amministrazione “ed il solo fatto che lo stesso, in (pretesa) violazione del provvedimento suddetto, la esercitasse utilizzando anche la porta aperta direttamente sulla strada e non quella che consentiva l’ingresso anche al centro di estetica della (OMISSIS), non implica(va) di per se’ il venir meno o la caducazione dell’autorizzazione. A tal fine sarebbe stato necessario un apposito provvedimento dell’U.L.S.S. di revoca del nulla osta per motivi igienico-sanitari, che l’Amministrazione avrebbe potuto adottare nell’ambito della propria discrezionalita’ amministrativa. Non (poteva) escludersi inoltre che l’Autorita’ Sanitaria, anche in presenza del secondo accesso, potesse confermare l’autorizzazione sulla scorta di una valutazione complessiva della situazione e comunque, sulla base del principio di ripartizione della giurisdizione fra giudice amministrativo e giudice ordinario, non spetta a quest’ultimo il potere di compiere, o anche solo prospettare incidentalmente, una tale valutazione. In assenza del provvedimento di revoca, dunque, l’appellato era autorizzato alla continuazione della sua attivita’ commerciale, sicche’ per questo aspetto va confermato il suo diritto al pagamento dell’indennita’ per la perdita dell’avviamento”.
Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria dalla parte resistente.
Nel giudizio avente ad oggetto il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento
Considerato che
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 34 e 35 l. n. 392 del 1978, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Premette la parte ricorrente che il nulla osta era stato rilasciato all’intimato in deroga alla prescrizione di ricavare un secondo servizio igienico all’interno del locale destinato all’attivita’ di acconciatore, in quanto attivita’ che usufruiva “dei locali ingresso/attesa e servizio igienico utilizzati anche dalla signora (OMISSIS) esercente l’attivita’ di estetica”, e che in base all’articolo 10 del regolamento comunale ogni modifica sostanziale dei locali rispetto a quanto dichiarato e risultante dal certificato di conformita’ igienico-sanitaria comportava la necessita’ di acquisire un nuovo certificato da richiedere direttamente all’U.L.S.S.. Osserva quindi che l’esercizio dell’attivita’ in difformita’ dell’autorizzazione, nella specie l’esercizio dell’attivita’ utilizzando la porta secondaria comunicante direttamente con l’esterno e diversa dall’ingresso principale comunicante con la sala di attesa, e’ equivalente all’attivita’ in mancanza dell’autorizzazione, per cui deve essere negata la tutela dell’avviamento.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2 l. n. 1 del 1990, 2 e 6 l. Veneto n. 29 del 1991, 2 e 4 l. Veneto n. 28 del 2009, 8, 10, 15 e 16 del regolamento del Comune di Jesolo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che risulta violata la normativa, primaria e secondaria, che regola, condizionandone la liceita’, l’esercizio delle attivita’ congiunte di estetista e acconciatore.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2, 3 e 4 l. n. 2248 del 1865, all.to E e articoli 24, 103 e 113 Cost., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice ordinario puo’ accertare in via incidentale in controversia fra privati la liceita’ dell’attivita’ svolta del conduttore senza che cio’ implichi esercizio di un potere riservato all’Amministrazione.
Con il quarto motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che il giudice del merito ha omesso di esaminare le seguenti circostanze decisive: 1) l’utilizzo da parte del subconduttore della porta secondaria per l’accesso dei clienti, come emerso dalle testimonianze di cui ha dato conto il Tribunale,; 2) il nulla osta igienico-sanitario di data 22 ottobre 2012, rilasciato all’intimato in deroga alla prescrizione di ricavare un secondo servizio igienico all’interno del locale destinato all’attivita’ di acconciatore, in quanto attivita’ che usufruiva “dei locali ingresso/attesa e servizio igienico utilizzati anche dalla signora (OMISSIS) esercente l’attivita’ di estetica” ed in presenza di “box doccia a servizio della copresente attivita’ di estetista, svincolato dal servizio igienico esistente”.
I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
Secondo la risalente giurisprudenza di questa Corte, la tutela dell’avviamento commerciale, apprestata dall’articolo 34 della L. 27 luglio 1978, n. 392, per gli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, utilizzati per un’attivita’ commerciale comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non puo’ essere riconosciuta al conduttore che eserciti quell’attivita’ senza le prescritte autorizzazioni, poiche’ il presupposto della tutela risiede nella liceita’ dell’esercizio dell’attivita’ medesima, in quanto si fornirebbe altrimenti protezione a situazioni abusive (frustrando l’applicazione di norme imperative che regolano le attivita’ economiche) e lo stesso scopo premiale della disciplina posta a fondamento della predetta legge, che, quanto all’avviamento, consiste nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate (Cass., n. 7501 del 2007). Al conduttore che senza le prescritte autorizzazioni amministrative, esercita nell’immobile locato per uso diverso dall’abitativo un’attivita’ commerciale, che implichi contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non puo’ essere riconosciuta l’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale, dovendosi negare tutela giuridica a chi versi in situazione illecita; il giudice adito e’ tenuto, anche d’ufficio, alla verifica di tale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’ottenimento della suddetta indennita’, costituendo essa un requisito di fondatezza della domanda avanti a lui proposta (Cass. n. 636 del 2007).
La questione posta dall’odierno ricorso e’ se, alla luce della giurisprudenza relativa all’attivita’ commerciale svolta in carenza di autorizzazione amministrativa, alle medesime conclusioni si debba pervenire quando quella attivita’ sia svolta in difformita’ delle prescrizioni previste dalla autorizzazione a suo tempo rilasciata dall’autorita’ amministrativa.
Nel giudizio avente ad oggetto il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento
Nel caso di specie l’attivita’ e’ soggetta a segnalazione certificata di inizio attivita’ e la problematica evidenziata viene comunque in rilievo in considerazione della presenza di un atto amministrativo legittimante l’attivita’ amministrativa, ed in particolare il nulla osta rilasciato dall’autorita’ sanitaria, trattandosi di SCIA condizionata all’acquisizione del parere di quest’ultima autorita’, secondo quanto nella specie accertato dal giudice del merito.
Ritiene il Collegio che al quesito sopra indicato debba darsi risposta negativa.
La carenza di autorizzazione amministrativa e’ un presupposto di fatto del rapporto dedotto in giudizio rispetto al quale ricorre il potere/dovere di accertamento da parte del giudice perche’ si tratta di prescrizione prevista dalla legge. L’esercizio di attivita’ commerciale in mancanza della prescritta autorizzazione viola direttamente la legge e dunque una sfera di ordinamento il cui rispetto compete al giudice di accertare. L’esercizio dell’attivita’ commerciale autorizzata in violazione, invece, di taluna delle prescrizioni previste dalla concessa autorizzazione amministrativa (che ha integrato il presupposto richiesto dalla norma impositiva dell’autorizzazione) e’ un comportamento inottemperante non direttamente all’ordinamento legislativo, ma ad una prescrizione imposta dall’autorita’ amministrativa nell’esercizio del potere conferitole dalla norma. In questo caso, la valutazione di conformita’ della condotta dei singoli alle prescrizioni fissate dall’autorita’ amministrativa e’ riservata a quest’ultima appunto perche’ si tratta di sfera dell’ordinamento sottoposta alla potesta’ della pubblica amministrativa, cui compete la constatazione e la reazione contro l’inosservanza delle sue prescrizioni, sebbene adottata in base ad una previsione normativa di conferimento del relativo potere.
Se la regola di diritto della fattispecie, avente ad oggetto la prescrizione del comportamento, e’ fissata dalla pubblica amministrazione e non dalla legge, soltanto l’autorita’ amministrativa, e non anche quella giurisdizionale, ha il potere di accertamento del rispetto di quella regola e lo esercitera’ secondo le modalita’ previste dalla norma attributiva del potere, se del caso, alla luce di quest’ultima, anche mediante una nuova valutazione discrezionale che possa pervenire al mantenimento del nulla osta rilasciato all’attivita’ del privato. Il potere/dovere di accertamento da parte del giudice del rispetto della prescrizione amministrativa ricorre quando sia la legge civile a recepire tale prescrizione, la quale diventa cosi’ previsione dell’ordinamento legalistico e norma legislativa della fattispecie di cui il giudice e’ chiamato a fare applicazione in sede di controversia fra privati. E’ il caso, ad esempio, della disciplina sulle distanze nelle costruzioni di cui all’articolo 873 c.c., nella parte in cui si prescrive la distanza fra costruzioni maggiore di tre metri se stabilita nei regolamenti locali. In mancanza della recezione legislativa della prescrizione amministrativa, la valutazione del rispetto della prescrizione contenuta nel provvedimento e’ riservata all’iniziativa dell’autorita’ amministrativa.
L’inottemperanza alla prescrizione prevista dall’autorizzazione amministrativa puo’ pertanto avere rilevanza nella controversia fra privati a condizione che sia stata accertata dall’autorita’ amministrativa, con il conseguenziale provvedimento di sospensione o decadenza dalla possibilita’ dell’esercizio dell’attivita’ autorizzata. Solo venendo in rilievo nell’ordinamento speciale amministrativo attraverso l’esercizio del potere amministrativo, la violazione della condizione della prescrizione autorizzatoria acquista rilevanza giuridica ai fini dell’accertamento di liceita’ dell’attivita’ del privato che il giudice deve svolgere in presenza di specifica controversia sul punto (nella specie l’esercizio lecito di attivita’ commerciale da parte del conduttore di immobile locato ad uso diverso dall’abitazione).
Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto:
“nel giudizio avente ad oggetto il diritto all’indennita’ per la perdita dell’avviamento di cui all’articolo 34 L. 27 luglio 1978, n. 392, qualora l’attivita’ del conduttore comportante contatti diretti con il pubblico sia stata autorizzata dalla pubblica amministrazione con la previsione di prescrizioni da osservarsi nello svolgimento (nella specie si trattava della prescrizione di utilizzare per l’accesso della clientela un vano piuttosto che un altro, che era contenuta nel nulla osta sanitario rilasciato in relazione a segnalazione certificata di inizio attivita’), la circostanza che il conduttore abbia svolto l’attivita’ senza il rispetto di quelle prescrizioni non puo’ essere dedotta dal locatore come ragione per escludere la spettanza della detta indennita’, sul presupposto che lo svolgimento dell’attivita’ non fosse lecito, essendo tale valutazione riservata alla competente autorita’ amministrativa e non potendo il giudice civile considerarla, in mancanza di un provvedimento di detta autorita’ che l’abbia constatata e sanzionata”.
La novita’ della questione posta dal ricorso costituisce ragione di compensazione delle spese processuali.
Poiche’ il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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