Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 28 settembre 2018, n. 23445.
La massima estrapolata:
Nel caso in cui, nel giudizio d’appello, la parte, dopo essersi costituita, ritiri il fascicolo di parte ed ometta di depositarlo nuovamente dopo la precisazione delle conclusioni, incorre in una mera irregolarità che il giudice di merito può fronteggiare attraverso una prudente valutazione delle veline a sua disposizione o, nel dubbio, attraverso la rimessione della causa sul ruolo
Ordinanza 28 settembre 2018, n. 23445
Data udienza 17 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20435-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 936/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 13/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/05/2018 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Dalla lettura sia del ricorso, sia della sentenza impugnata, questa Corte rileva che nel 2001 la curatela del fallimento della societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” propose azione di responsabilita’ nei confronti degli amministratori della societa’ fallita, ascrivendo loro di averne provocato il dissesto e chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da questo conseguiti.
Fra i convenuti vi erano (OMISSIS), nella sua qualita’ di erede dell’amministratore (OMISSIS), deceduto nelle more, e (OMISSIS).
In corso di causa, (OMISSIS) concluse una transazione col fallimento, pagando alla curatela 60.000 Euro.
Il Fallimento rinuncio’ alla domanda nei confronti di tutti i convenuti, e (OMISSIS) dichiaro’ di accettare la rinuncia.
2. Nel 2007 (OMISSIS) chiese ed ottenne dal Tribunale di Ancona un decreto ingiuntivo nei confronti di (OMISSIS), per l’importo di 15.000 Euro.
A fondamento del ricorso monitorio dedusse che:
-) gli amministratori convenuti erano tutti obbligati in solido al risarcimento del danno nei confronti del fallimento,
-) la transazione da lei stipulata aveva avuto ad oggetto non la propria quota dell’obbligazione solidale, ma l’intera obbligazione solidale;
-) (OMISSIS) aveva manifestato la volonta’ di aderire alla transazione, ai sensi dell’articolo 1304 c.c.;
-) per effetto di tale adesione essa ricorrente, in quanto coobbligata che aveva pagato l’intero, aveva diritto di regresso, nei limiti della singola quota su di lui gravante, nei confronti di (OMISSIS);
-) tale quota era pari ad un quarto dell’importo pagato al fallimento, sicche’, avendo la (OMISSIS) pagato al fallimento la somma di Euro 60.000, aveva diritto di ripetere da (OMISSIS), ex articolo 1298 c.c., la somma di Euro 15.000.
3. (OMISSIS) propose opposizione al decreto ingiuntivo.
Con sentenza 2 settembre 2008, n. 1036, il Tribunale di Ancona rigetto’ l’opposizione.
La Corte d’appello di Ancona, adita dal soccombente, con sentenza 13 agosto 2015 n. 936 rigetto’ il gravame.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne che:
-) poiche’ il fallimento aveva invocato la responsabilita’ di tutti i convenuti per fatti avvenuti durante l’intero periodo di attivita’ della societa’ fallita, “tutti gli amministratori avvicendatisi nel tempo avrebbero potuto esserne responsabili”;
-) di conseguenza, (OMISSIS) doveva ritenersi coobbligato solidale, nei confronti del fallimento, insieme a (OMISSIS);
-) tuttavia “l’accertamento del grado di incidenza causale della condotta di (OMISSIS) nel dissesto della societa’ e’ precluso dalla transazione intervenuta”;
-) pertanto, per effetto della transazione, non era piu’ possibile accertare la responsabilita’, ne’ tantomeno la quota di essa gravante su ciascun coobbligato, responsabilita’ che pertanto doveva ripartirsi in parti uguali fra i condebitori;
-) (OMISSIS), accettando la rinuncia alla domanda da parte del fallimento, compi’ “una dichiarazione tacita di voler profittare della transazione intervenuta fra il creditore e un altro condebitore solidale, avente ad oggetto l’intero credito”.
4. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS), con ricorso fondato su due motivi.
La parte intimata non si e’ difesa in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sia affetta sia dal vizio di legge, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, (lamenta, in particolare, la violazione degli articoli 1298 e 2392 c.c.); sia dal vizio di omesso esame di un fatto decisivo, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Sotto il primo profilo (violazione di legge), il ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che (OMISSIS) e il fallimento avessero stipulato una transazione relativa all’intero credito vantato dalla curatela nei confronti degli amministratori.
Deduce che in realta’ la transazione stipulata tra (OMISSIS) e il fallimento riguardava solo il debito gravante sulla prima, e che cio’ si sarebbe dovuto desumere:
-) dal testo della transazione, nel quale non si faceva alcuna menzione di (OMISSIS), ne’ era da questi sottoscritto;
-) dalla circostanza che nella transazione (OMISSIS) non si era riservata alcun diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori;
-) dalla circostanza che (OMISSIS), dopo avere stipulato la transazione col fallimento, pago’ spontaneamente a (OMISSIS) un debito contratto dal proprio defunto marito, dell’importo di Euro 8.000, pagamento che, sostiene il ricorrente, sarebbe inspiegabile se davvero (OMISSIS) fosse stata titolare di un credito in via di regresso nei confronti di (OMISSIS).
Sotto il secondo profilo (omesso esame d’un fatto decisivo), lamenta l’omesso esame della gia’ ricordata circostanza che Paola (OMISSIS), dopo aver transatto la lite, pago’ spontaneamente un debito del proprio marito nei confronti di (OMISSIS), senza minimamente opporre in compensazione il proprio preteso controcredito derivante dal diritto di regresso.
1.2. Il motivo e’ inammissibile, e per piu’ d’un motivo.
In primo luogo, il ricorso e’ molto carente nell’esposizione dei fatti di causa, in violazione del precetto richiesto dall’articolo 366 c.p.c., n. 3, a pena d’inammissibilita’.
Nelle pp. 2-5 del ricorso, infatti, non si dice quali fatti (OMISSIS) pose a fondamento del ricorso monitorio; ne’ quali furono le ragioni dedotte dall’odierno ricorrente con l’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo; non si espongono nemmeno sommariamente le ragioni della decisione di primo grado, ne’ il contenuto dell’atto d’appello, ovviamente con limitato riferimento alle questioni ancora rilevanti in questa sede.
1.3. In secondo luogo, il ricorso e’ inammissibile per violazione del precetto di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6.
Il ricorrente infatti, lamenta in sostanza che la Corte d’appello abbia malamente interpretato la transazione stipulata tra (OMISSIS), o quanto meno che ne abbia erroneamente individuato le conseguenze giuridiche.
Ci troviamo dunque dinanzi ad un ricorso che si fonda su un documento: il contratto di transazione.
Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilita’ (articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e di allegarli al ricorso (articolo 369 c.p.c.). “Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Di questi tre oneri, il ricorrente ha assolto solo il primo e solo in parte, omettendo di indicare i termini e gli elementi essenziali del contratto di transazione (del quale ha riportato solo un brevissimo passo a p. 8 del ricorso, ovviamente insufficiente per valutare il contratto nel suo complesso).
Ne’ puo’ dirsi assolto l’onere di allegazione di cui all’articolo 369 c.p.c., prescritto a pena di improcedibilita’: e’ il ricorrente stesso, infatti, a dedurre che il contratto di transazione venne prodotto da (OMISSIS), e si trovava inserito nel fascicolo di parte di quest’ultima, depositato nel primo grado del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, fascicolo che, attesa la indefensio della intimata, non e’ disponibile in questa sede.
Ne’ il ricorrente ha mai dedotto, ancora in violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, di avere provveduto egli a ridepositare il suddetto documento in grado di appello od in questa sede, come invece avrebbe dovuto fare, in virtu’ del principio stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui colui il quale propone l’impugnazione, ove prospetti l’erronea valutazione, da parte della sentenza impugnata, di documenti prodotti dalla controparte, ha l’onere di estrarne copia ai sensi dell’articolo 76 disp. att. c.p.c. e di produrli in sede di impugnazione (Sez. U, Sentenza n. 3033 del 08/02/2013, Rv. 625141 – 01; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 11797 del 09/06/2016, Rv. 640106 – 01).
1.4. In terzo luogo, il ricorso e’ inammissibile perche’ sollecita una nuova e diversa interpretazione del contratto di transazione, senza nemmeno formalmente censurare la violazione di uno dei canoni legali di ermeneutica di cui agli articoli 1362 c.c. e ss.
Ma una censura siffatta cozza contro varii principii, ripetutamente affermati da questa Corte: ovvero che l’interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito e’ sindacabile in sede di legittimita’ quando siano state violate le regole legali di ermeneutica di cui agli articoli 1362 c.c. e ss.; che tale violazione non puo’ dirsi sussistente sol perche’ il testo contrattuale consentiva in teoria altre e diverse interpretazioni, rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata; che l’interpretazione del contratto prescelta dal giudice di merito puo’ condurre alla cassazione della sentenza impugnata quando sia grammaticalmente, sistematicamente o logicamente scorretta, ma non quando costituisca una non implausibile interpretazione, preferita tra altre non implausibili interpretazioni (ex multis, in tal senso, Sez. 3 -, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014; Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006, Rv. 589465 – 01).
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 1304 e 2727 c.c..
Anche in questo caso il motivo, se pur formalmente unitario, contiene due censure.
Con una prima censura il ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che (OMISSIS) ed il fallimento stipularono una transazione per l’intero debito.
Sostiene che nel testo della transazione si diceva espressamente che il fallimento era stato autorizzato “a definire il predetto giudizio di responsabilita’ nei confronti di (OMISSIS) con il pagamento da parte dell’unica erede (OMISSIS) della somma di Euro 60.000”.
Deduce che, a fronte di tale cristallina lettera del contratto, erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto che (OMISSIS), nello stipulare la transazione, avrebbe coinvolto la posizione anche degli altri convenuti.
Con una seconda censura il ricorrente lamenta che, in ogni caso, la circostanza che egli avesse accettato la rinuncia agli atti da parte del fallimento non comportava di per se’ una implicita manifestazione della volonta’ di aderir alla transazione ai sensi dell’articolo 1304 c.c.
Spiega che la rinuncia e l’accettazione erano state richieste dal fallimento anche agli altri convenuti per evitare che costoro, coltivando la domanda, potessero ottenerne il rigetto, con conseguente condanna della curatela alla rifusione delle spese di lite.
Deduce che, pertanto, l’accettazione della rinuncia alla domanda proposta dal fallimento costitui’ per lui un sacrificio, non un vantaggio, e non poteva affatto ritenersi una tacita manifestazione della volonta’ di profittare della transazione.
2.2. Anche questo motivo di ricorso, fondandosi pur esso sulla difettosa interpretazione da parte della Corte d’appello del contratto di transazione stipulato tra Paola (OMISSIS) ed il fallimento, e’ inammissibile per le medesime ragioni gia’ indicate nella confutazione del primo motivo di ricorso.
3. Le spese.
3.1. Non e’ luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’intimata.
3.2. L’inammissibilita’ del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dfel Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
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