Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 27 luglio 2020, n. 4780.
La massima estrapolata:
Nei Comuni fino a 15.000 abitanti è da ritenere sempre valido il voto con cui l’elettore indichi senza dubbio il candidato sindaco prescelto ed il di lui contrassegno, perché ciò inequivocabilmente lascia individuare la forza politica cui esso si riferisce, anche nel caso in cui l’elettore, dopo aver votato per il candidato sindaco e per la lista a lui collegata, esprima pure una preferenza per un candidato consigliere appartenente ad una lista non collegata, mentre il voto a quest’ultimo è nullo, per l’evidente ragione di non poter legittimamente considerare sullo stesso piano giuridico i due tipi di voto: il voto accordato alla lista ha maggiore e determinante spessore politico, diversamente da quanto ha assunto il primo giudice, nella formazione delle maggioranze consiliari.
Sentenza 27 luglio 2020, n. 4780
Data udienza 9 luglio 2020
Tag – parola chiave: Elezioni – Operazioni elettorali – Ballottaggio – Apposizione del crocesegno – Principio del favor voti – Validità del voto – Deve essere ammessa tutte le volte in cui si può desumere la volontà effettiva dell’elettore
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10620 del 2019, proposto da Wa. Mo., ed altri, rappresentati e difesi dall’Avvocato Gi. Mo. e dall’Avvocato Al. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Al. Ce. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Re. Gr. e dall’Avvocato Do. Ia., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Do. Ia. in Roma, corso (…);
Ufficio Elettorale del Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
nei confronti
An. Ge., ed altri, rappresentati e difesi dall’Avvocato Ma. Sa. e dall’Avvocato Fa. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio Ma. Sa. in Roma, viale (…);
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Ufficio Territoriale del Governo di Livorno, in persona del Prefetto pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza n. 1692 del 12 dicembre 2019 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. II, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento delle operazioni elettorali svoltesi il 26 maggio 2019.per l’elezione del Sindaco e per il rinnovo del Consiglio comunale del Comune di (omissis) (LI).
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune (omissis), di An. Ge. e di Ru. Ba. e di An. Co. e di Lo. Zi. e di St. Ba. e di Vi. Ug. Mo. e di Ga. Pu. e di An. Cr. e di Ga. Ro. e di It. An. Sa. nonché dell’Ufficio Territoriale del Governo Livorno e del Ministero dell’Interno;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza del giorno 9 luglio 2020 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi da remoto, per gli odierni appellanti Wa. Mo., ed altri, l’Avvocato Al. Ce., per il Comune di (omissis) l’Avvocato Re. Gr. e l’Avvocato Do. Ia. e per i controinteressati, An. Ge., ed altri, l’Avvocato Ma. Sa. e l’Avvocato Fa. Vi.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Viene impugnata avanti al Consiglio di Stato la sentenza n. 1692 del 12 dicembre 2019 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, che ha respinto il ricorso elettorale degli odierni appellanti.
1.1. Il 26 maggio 2019 si sono infatti svolte nel Comune di (omissis), comune con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale e del Sindaco.
1.2. Alla competizione elettorale hanno partecipato solo due liste: la n. 1 – “Competenze e Valori per (omissis)” di cui Mo. Walter era il candidato sindaco, la n. 2 – “(omissis) Bene Comune” con candidato sindaco An. Ge..
1.3. Entrambi i candidati ottenevano al primo turno 1148 voti e a seguito del ballottaggio è stato eletto Sindaco An. Ge. con 1227 voti, mentre Wa. Mo. ha ottenuto, invece, 1206 voti.
2. Con il ricorso di primo grado, proposto avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Wa. Mo., nella sua qualità di candidato sindaco per la lista “Competenze e valori per (omissis)”, e i candidati della medesima lista Le. Ca., Gi. Ca., Gi. Ba. e Gi. Li., elettore nel Comune di (omissis), hanno impugnato il risultato delle operazioni elettorali contestando il risultato di parità emerso dopo il primo turno elettorale e conseguentemente chiedono di invalidare il risultato del successivo turno di ballottaggio.
2.1. In via principale hanno dedotto l’illegittimo annullamento di almeno 7 schede contenenti voti che avrebbero dovuto essere attribuiti alla lista n. 1, escludendo così il ballottaggio.
2.2. In via subordinata, i ricorrenti hanno contestato l’attribuzione di quattro voti alla lista numero 2 poiché si tratterebbe di voti nulli e il riconoscimento di tale nullità sortirebbe il medesimo effetto sulla proclamazione del signor Mo. al sindaco al primo turno.
2.3. In via subordinata, i ricorrenti hanno dedotto poi che nella sezione n. 1 vi sarebbe un errore nel numero complessivo dei votanti, ma tale errore, che avrebbe determinato la mancanza di una scheda e di un voto, inficerebbe l’intera competizione che dovrebbe essere rinnovata.
2.4. In via ulteriormente subordinata, infine, hanno contestato l’esito del ballottaggio per irregolarità procedurali che determinerebbero incertezza nel conteggio delle schede bianche e nulle e quindi necessità di ripetere il ballottaggio.
2.5. Il Comune di (omissis) si è costituito nel primo grado del giudizio e ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, per genericità dei motivi e mancanza di concretezza in ordine alle istanze istruttorie dedotte, ha contestato nel merito le violazioni dedotte e chiesto la reiezione del ricorso.
2.6. All’udienza del 17 settembre 2019, fissata per la discussione con decreto presidenziale n. 292 del 27 giugno 2019, il Collegio di prime cure, con l’ordinanza collegiale n. 1255, ha disposto di acquisire:
a) relativamente alla sezione 1 e alle operazioni elettorali del primo turno di votazione, la scheda contestata e non attribuita di cui al paragrafo 27 del verbale delle operazioni elettorali della sezione e inserita nella busta n. 5-ter allegata al medesimo verbale;
b) relativamente alla sezione 2 la busta 5-ter allegata al verbale delle operazioni elettorali di sezione contenente le schede nulle.
2.7. Il giorno 7 ottobre 2019, alla presenza dei difensori delle parti, si è proceduto all’apertura del plico contenente le suindicate schede e alla acquisizione al fascicolo in copia in formato digitale.
2.8. In data 28 ottobre 2019 si sono costituiti in giudizio i controinteressati.
2.9. I ricorrenti nella memoria depositata il 21 novembre 2019 ne hanno eccepito la tardività.
3. Infine, all’esito del giudizio, la sentenza qui impugnata, come detto, ha respinto tutti i motivi di ricorso.
4. Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana è passato ad esaminare le schede acquisite al fascicolo a seguito dell’istruttoria svolta e ha esaminato il primo motivo con cui i ricorrenti, invocando il principio del favor voti e l’inesistenza di cause di nullità del voto, deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 71 del d.lgs. n. 267 del 2000, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 54, 57, 64 e 69 del d.P.R. n. 570 del 16 maggio 1960, la violazione di legge e/o eccesso di potere per violazione delle istruzioni ministeriali per le operazioni degli uffici delle sezioni elettorali, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.
4.1. La prima scheda in esame è quella contestata e non assegnata nella sezione 1, contenente crocesegno sia nel riquadro della lista n. 1 che in quello della lista n. 2: il crocesegno posto sulla lista n. 2 appare sovrascritto con l’intento di cancellarlo, mentre il crocesegno apposto sulla lista n. 1 appare più volte rimarcato e a fianco del riquadro della lista 1 è scritto a caratteri maiuscoli “SI”.
4.2. Il Collegio di prime cure, pur consapevole che in base al c.d. principio del favor voti la validità del voto deve essere ammessa tutte le volte in cui si può desumere la volontà effettiva dell’elettore (e non appare irragionevole ritenere che, nella specie, l’elettore avesse voluto esprimere il proprio voto a favore del candidato Sindaco Wa. Mo. e della lista n. 1 a lui collegata), ha rilevato che nella scheda all’esame l’apposizione del segno “SI” a fianco del riquadro della lista sia indicativa di un ripensamento dell’elettore, espresso in maniera tale da integrare un segno di riconoscimento e un’insanabile violazione della modalità di voto prescritta, posto che l’elettore, nel caso di errore materiale come quello in ispecie, aveva l’obbligo di rivolgersi all’ufficio elettorale e chiedere la sostituzione della scheda al fine di eliminare l’errore ed apporre un’indicazione chiara e valida di voto.
4.3. Invero, ha osservato il primo giudice, a norma dell’art. 64, comma 2, n. 2), del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 sono nulli i voti contenuti in schede, “che presentano scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l’elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto”.
4.4. Il Collegio di prime cure ha quindi concluso che la scheda all’esame, con l’uso di una espressione (“SI”) a fianco dell’area del segno sul contrassegno, rappresenta un’ipotesi di allontanamento volontario dalla modalità di voto prescritta, che non si può spiegare ragionevolmente come frutto di un errore materiale.
5. Fra le schede annullate nella sezione 2 si prende innanzitutto in esame quella contenente crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e voto di preferenza espresso tanto nel riquadro della lista n. 1 quanto nel riquadro della lista n. 2 per il candidato “BE.” appartenente alla lista n. 1.
5.1. Secondo il giudice di prime cure, la scheda è stata legittimamente annullata in quanto, per le medesime considerazioni sopra svolte, il voto espresso dall’elettore non solo non consente di individuarne con certezza la volontà, ma rende nulla la scheda rinvenendosi nella specie un caso tipico di riconoscibilità del voto e la violazione delle norme che regolano la modalità di espressione del voto.
5.2. Anche in questo caso, infatti, il crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e l’indicazione del voto di preferenza per il candidato Be. (candidato appartenente alla lista 1) tanto nel riquadro della lista n. 1, quanto nel riquadro della lista n. 2 rappresenterebbe una condotta dell’elettore lesiva del dovere comportamentale sancito dall’art. 71 del d.lgs. n. 267 del 2000 e, quindi, un invalida manifestazione del consenso elettorale.
5.3. Un’altra scheda annullata nella sezione 2 contiene crocesegno a cavallo fra il simbolo della lista 1 e il nome del candidato sindaco “Wa. Mo.”, nonché espressione del voto di preferenza nel riquadro della medesima lista per “Vi.”.
5.4. Il Tribunale ha anzitutto rilevato che in nessuna delle due liste esiste un candidato di nome o di cognome “Vi.”.
5.5. Trattasi, dunque, all’evidenza di scheda nella quale l’elettore scrivendo il nome Vi. nella riga delle preferenze nel medesimo riquadro della lista contrassegnata ha reso riconoscibile il suo voto rendendo nulla la scheda.
5.6. Per la loro identità si esaminano congiuntamente le altre schede annullate e acquisite al fascicolo, tutte contenenti crocesegno sul simbolo della lista n. 1 ed espressione del voto di preferenza nel riquadro della medesima lista per un candidato appartenente alla lista n. 2: si tratta di 3 schede con preferenza al candidato “Ro.” – “Ro. Ga.” – “Ga. Ro.”; e di 2 schede, l’una con preferenza al candidato “Pu.”, l’altra con preferenza al candidato “Ba.”.
5.7. In queste schede, a parere del Collegio di prime cure, non è possibile riscontrare “la volontà effettiva dell’elettore” e ciò in quanto appare molto più plausibile ritenere che in un Comune piccolo con popolazione di 4000 abitanti, quale è (omissis), l’elettore – colpevolmente o meno o incurante delle regole per le modalità di espressione del voto – indicando specificamente la preferenza intendesse far eleggere alla carica di consigliere comunale quel candidato da lui conosciuto e di fiducia.
5.8. L’attribuzione del voto alla lista contrassegnata non sarebbe perciò rispettosa della volontà dell’elettore.
6. Invero, ha osservato la sentenza impugnata, nei Comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti la volontà dell’elettore si manifesta più efficacemente esprimendo il voto di preferenza che nelle Comunità meno numerose riflette la conoscenza del candidato prescelto.
6.1. Il voto alla lista, che ha indubbiamente maggiore e determinante spessore politico nella formazione della maggioranza consiliare, invece assumerebbe particolare rilievo nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti ove è ammesso il voto disgiunto e conseguentemente la validità del voto di lista per le elezioni a Sindaco, a norma dell’articolo 57 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, che espressamente sancisce l’inefficacia della preferenza espressa per un candidato diverso dalla lista votata facendo comunque salvo il voto di lista.
6.2. Tale disposizione, contrariamente quanto sostenuto dai ricorrenti, non potrebbe essere invocata nel caso di specie, ad avviso del primo giudice.
6.3. Il Collegio di prime cure ha infatti ritenuto che nelle votazioni in Comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, ancorché le istruzioni ministeriali (pp. 104-105) annoverano fra i casi di schede contenenti voti di preferenza nulli proprio l’ipotesi in esame specificando che “la nullità dei voti di preferenza non comporta necessariamente la nullità delle altre espressioni di voto contenute nella sceda, le quali, se non sono nulle per altre cause, rimangono valide per il voto di lista”, non può che darsi rilievo alle modalità di espressione del voto e alle specifiche disposizioni in materia.
6.4. In particolare, l’articolo 71 del d.lgs. n. 267 del 2000, che detta le norme per l’elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale nei comuni sino a 15000 abitanti, al comma 5 dispone che “ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando il relativo contrassegno” e “può altresì esprimere un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga stampata sotto il medesimo contrassegno […]”.
6.5. Tale norma, riprende esattamente quanto stabilito l’articolo 5, comma 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81, che aveva sostituito l’articolo 55 del d.P.R. n. 570 del 1960 (che prevedeva la possibilità di voto disgiunto ammettendo l’espressione di voto a favore di una lista e a favore di candidati appartenenti ad altre liste) e introdotto per l’elezione dei consiglieri comunali il sistema maggioritario contestualmente all’elezione del Sindaco.
6.6. La giurisprudenza consolidatasi quando vigeva l’art. 5 della legge n. 81 del 1993 ha fermamente affermato che l’articolo 5 citato, “per il suo carattere di specialità prevale sull’art. 57, co. 2, D.P.R. n. 570 del 1960 secondo cui sono comunque efficaci le preferenze espresse nominativamente in uno spazio diverso da quello posto a fianco del contrassegno votato che si riferiscono a candidati della lista votata” (cfr. Cons. St., sez. V, 21 novembre 2007, n. 5913; Cons. St., sez. V, 14 novembre 2000, n. 6104; Cons. St., sez. V, 18 agosto 1997, n. 923) e conseguentemente, “qualora l’elettore si sia limitato a scrivere il cognome del candidato nella riga stampata sotto un contrassegno di lista diverso, non è legittimo interpretare la sua volontà attribuendo la preferenza al contrassegno di lista e la scheda va considerata nulla perché intrinsecamente contraddittoria” e “non è infatti possibile considerare il voto attribuito al candidato perché apposto nella riga stampata sotto una lista diversa da quella per cui si è presentato né è possibile attribuire il voto alla lista per la quale il candidato si era presentato essendo stata comunque indicata una lista diversa”.
6.7. Ecco perché, secondo il primo giudice, in un Comune con popolazione inferiore ai 5000 abitanti non può ritenersi applicabile il principio del favor voti come risultante dalla lettura combinata degli articolo 57 e 64 del d.P.R. n. 570 citato, con la conseguenza di considerare inefficace l’espressione di preferenza e valido il voto di lista non salvaguarderebbe la volontà dell’elettore.
6.8. Tanto basta a ritenere, secondo la sentenza impugnata, l’infondatezza delle censure dedotte e la legittimità dello scrutinio delle schede votate nella prima e seconda sezione.
7. Il Collegio di prime cure ha quindi esaminato le censure dedotte, in via subordinata e per l’ipotesi che sia stato confermato il risultato di parità fra i candidati Sindaci per essere state respinte le censure rivolte avverso la nullità dei voti espressi a favore della lista 1 nelle schede sopra esaminate.
7.1. I ricorrenti hanno affermato che nella sezione 3 sarebbero state ritenute valide almeno 4 schede attribuite alla lista n. 2 contenenti crocesegno sul simbolo della lista n. 2 ed espressione del voto di preferenza a favore di Da. Sa. non presente fra i candidati della lista n. 2 né tanto meno nella lista n. 1.
7.2. Essi sostengono, quindi, che per le stesse ragioni che hanno determinato il Collegio a respingere le censure dedotte in via principale devono essere dichiarati nulli i voti espressi a favore della lista n. 2 nelle schede sopra illustrate trattandosi di fattispecie identica a quella di cui alle 5 schede della sezione 2 con il voto al Sindaco Mo. e preferenza a candidati dell’altra lista.
7.3. In proposito il Collegio di prime cure ha osservato che non si tratta di fattispecie identica atteso che le schede della sezione 3 in contestazione, come da dichiarazione sostitutiva del Presidente di seggio della terza sezione elettorale (v. doc. n. 24 ricorrenti), conterrebbero la croce sul simbolo della lista “(omissis) Bene comune” e preferenza a Sa. Da., nominativo di persona conosciuta, vicepresidente del comitato promotore della lista (omissis) Bene Comune, ma non candidata in nessuna delle due liste.
7.4. In questo caso è del tutto evidente e indubbio che l’elettore abbia inteso votare per la lista n. 2 e il suo candidato Sindaco.
7.5. La preferenza espressa non può costituire motivo di nullità del voto, secondo la sentenza impugnata, per le seguenti ragioni:
a) Sa. è la vicepresidentessa del comitato promotore della lista votata;
b) nell’elenco dei candidati consiglieri in lista con “(omissis) Bene comune” compare Italo Sapere;
c) anche se la circostanza non vale a sanare l’inefficacia del voto di preferenza, è del tutto ragionevole ritenere che l’elettore, in questo caso, abbia fatto confusione fra il candidato Italo Sapere e la vicepresidente del comitato promotore della lista;
d) conseguentemente, nella specifica fattispecie, l’erronea indicazione del nome di battesimo del candidato alla carica di consigliere non giustifica dubbi di incertezza circa la volontà effettiva dell’elettore di votare la lista n. 2.
7.6. Tanto basta a ritenere l’infondatezza della istanza subordinata e la piena correttezza del risultato elettorale del primo turno.
8. Con il motivo di ricorso rubricato sub n. 3, dedotto peraltro in via gradatamente subordinata, il primo giudice ha respinto la censura secondo cui tutto lo scrutinio del primo turno elettorale e, per illegittimità derivata e conseguente, del turno di ballottaggio sarebbero viziati in quanto la somma complessiva dei votanti nella prima sezione ammonterebbe a n. 601 e non a n. 600, come invece riportato in tutti i documenti e i verbali redatti fino al verbale dell’Adunanza dei Presidenti del 27 giugno 2019.
8.1. Il vizio denunciato è stato ritenuto del tutto privo di pregio.
8.2. La sentenza impugnata ha stigmatizzato l’assoluta genericità e l’assenza di alcun supporto probatorio a sostegno della denunciata non corrispondenza “del numero totale delle schede al numero dei votanti”.
8.3. I ricorrenti, nel tentativo di invalidare le operazioni elettorali, vorrebbero trasformare una mera irregolarità nella compilazione del verbale della sezione n. 1 in un vizio invalidante le votazioni di quella sezione, nella quale, a loro dire, non sarebbe stata scrutinata ovvero non conteggiata una scheda elettorale: quella del seicentounesimo votante.
8.4. Una semplice e oggettiva lettura del verbale delle operazioni elettorali, al contrario, evidenzia che trattasi di errore materiale compiuto nella compilazione del verbale all’atto di riportare il dato frazionato e quello finale del numero delle elettrici e degli elettori votanti.
8.5. La reiezione di tutte le doglianze fin qui esaminate impone di esaminare anche il motivo rubricato sub n. 4, dedotto in via ulteriormente subordinata per il caso di mancato accoglimento anche nel motivo n. 3, con il quale i ricorrenti contestano le operazioni di ballottaggio e in particolare il completamento delle operazioni non ultimate dell’ufficio elettorale della sezione n. 1 del Comune di (omissis) a seguito del turno di ballottaggio operato dall’Adunanza dei Presidenti di Sezione in violazione dell’articolo 67 del d.P.R. n. 570 del 1960 che stabilisce espressamente che il Presidente dell’Adunanza dei Presidenti di sezione: “riassume i risultati degli scrutini delle varie sezioni senza poterne modificare il risultato”.
8.6. Il motivo è stato ritenuto dal primo giudice totalmente privo di fondamento e del tutto pretestuoso.
8.7. Tutte le affermazioni poste a fondamento del motivo all’esame sono ictu oculi smentite dall’analisi della documentazione in atti.
8.8. In particolare i verbali dell’Adunanza dei Presidenti dimessi in atti dalla parte ricorrente e il verbale della I Sezione elettorale depositato dal Comune di (omissis) dimostrano inequivocabilmente che da parte dell’Adunanza dei Presidenti non vi è stato alcun completamento delle operazioni elettorali non ultimate dall’Ufficio elettorale della prima sezione, né alcuna manipolazione dei risultati elettorali.
8.9. Al riguardo è sufficiente rilevare che nella I sezione, come risulta al § 24 – Schede bianche del verbale relativo alle operazioni elettorali del turno di ballottaggio, le schede bianche scrutinate sono cinque e non diciassette.
9. La sentenza del Tribunale, qui impugnata, ha così respinto, in sintesi, il ricorso proposto dagli odierni appellanti.
10. Avverso tale sentenza hanno proposto gli odierni appellanti, articolando quattro distinti motivi che di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente annullamento delle operazioni elettorali, nella parte in cui non hanno attribuito loro alcuni voti, e la correzione dei risultati, con l’assegnazione alla lista n. 1 “Competenze e Valori per (omissis)” di n. 1154 voti validi e alla lista n. 2 “(omissis) Bene Comune” di n. 1148 voti validi e, conseguentemente, con la proclamazione della lista n. 1 vincitrice delle elezioni e l’elezione di Wa. Mo. a Sindaco di (omissis) (LI).
10.1. Si sono costituiti il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Livorno, il Comune di (omissis) e i controinteressati per chiedere la reiezione del ricorso.
10.2. Nell’udienza del 9 luglio 2020, fissata ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020, conv. in l. n. 57 del 2020, il Collegio, sentiti i difensori delle parti da remoto, ha trattenuto la causa in decisione.
11. L’appello è in parte fondato, per le ragioni che si esporranno.
11.1. Devono essere disattese in limine litis tutte le eccezioni riassorbite o non esaminate, riproposte dal Comune appellato ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., con le quali esso ha dedotto l’inammissibilità del ricorso in primo grado e, ora, dell’appello per l’assenza di un principio di prova in ordine alle contestazioni degli odierni appellanti, che si fonderebbero solo sulle dichiarazioni sostitutive degli atti di notorietà ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000.
11.2. L’Adunanza plenaria di questo Consiglio ha tuttavia già respinto la tesi, riproposta qui dal Comune appellato, secondo cui la dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, prodotta a sostegno di un ricorso elettorale, non possa considerarsi principio di prova idoneo a legittimare la richiesta al giudice di disporre acquisizioni istruttorie.
11.3. Per la peculiarità del contenzioso elettorale, quando, come nella specie, si richieda l’accertamento giudiziale delle illegittimità eventualmente commesse dalla sezione elettorale nella attribuzione dei suffragi o nella valutazione di validità o invalidità dei voti espressi, non potrà mai compiersi attribuendo valore dirimente alla prova testimoniale, senza procedere alla acquisizione e verifica diretta del materiale in contestazione da parte del giudice, come ha fatto correttamente il primo giudice nel disporre la verificazione delle schede contestate.
11.4. Ove, infatti, sia materialmente possibile l’accesso del giudice al fatto, ossia al documento che contiene la vera prova dell’errore, non è consentito al giudice pervenire ad un legittimo convincimento sulla base di una rappresentazione indiretta del fatto medesimo.
11.5. Ne consegue che, nei casi anzidetti, la testimonianza scritta, acquisita nelle forme prescritte dal codice di procedura civile, non può assolvere al ruolo, che le sarebbe proprio, di mezzo di prova, sulla base del quale definire il giudizio sulla fondatezza della doglianza, ma regredisce a mero principio di prova idoneo soltanto a legittimare l’esercizio dei poteri istruttori del giudice (Cons. St., Ad. plen., 20 novembre 2014, n. 32, alle cui motivazioni tutte qui si rimanda per l’obbligo di sintesi prescritto dall’art. 3, comma 2, c.p.a.).
11.6. Legittimamente, pertanto, il primo giudice ha attivato i propri poteri istruttori e ha ammesso la verificazione, dalla quale si è acquisita effettiva prova delle schede contestate nel presente giudizio.
12. Ritiene il Collegio, ciò premesso, che abbia efficacia decisiva, con assorbimento di tutte le restanti questioni, la censura – pp. 23-36 del ricorso – con cui gli odierni appellanti lamentano che sia stato sottratto alla loro lista il voto espresso dall’elettore, nella sezione n. 2, con croce apposta sul simbolo della lista n. 1 e preferenza assegnata al candidato della medesima lista n. 1, Be., sia nel riquadro della lista n. 1 che nel riquadro della lista n. 2, sia i tre voti, sempre nella sezione n. 2, nei quali l’elettore ha tracciato la croce sul simbolo della lista n. 1 ed espresso le preferenze per i candidati della lista n. 2 (Ro. o Pu.).
12.1. Quanto al primo dei quattro voti in questione, il ragionamento del primo giudice è palesemente errato perché l’art. 57, comma 2, del d.P.R. n. 570 del 1960 prevede che siano inefficaci le preferenze espresse in uno spazio diverso da quello posto a fianco del contrassegno votato, che si riferiscano a candidati della lista votata.
12.2. Nel caso di specie la scheda, lungi dal palesare qualsivoglia segno di riconoscimento, ha solo inteso esprimere due volte la medesima preferenza per il candidato della lista votata non solo nell’apposito riquadro della lista, ma anche in quello dell’altra lista, con la conseguenza che è inefficace il voto di preferenza, peraltro pacificamente riconducibile comunque alla lista n. 1 e “doppiato”, per mero errore, anche nel riquadro della lista n. 2, ciò che rende inefficace, ai sensi dell’art. 57, comma 2, del d.P.R. n. 570 del 1960, la preferenza per il candidato della lista n. 1, stante l’incertezza del doppio voto di preferenza espresso anche nel riquadro della lista n. 2, ma non certo nullo il voto chiaramente espresso per la lista n. 1 senza che detto errore manifesti incertezza nell’attribuzione del voto alla lista n. 1 o integri in alcun modo volontà, da parte dell’elettore di farsi riconoscere.
12.3. Con riferimento alle tre schede elettorali, nella sezione n. 2, nelle quali l’elettore ha tracciato la croce sul simbolo della lista n. 1 ed espresso le preferenze per i candidati della lista n. 2, deve trovare applicazione la pacifica, consolidata, giurisprudenza di questo Consiglio (v., in particolare, Cons. St., sez. V, 13 aprile 2016, n. 1477; Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2087), secondo cui nei Comuni fino a 15.000 abitanti, ai sensi dell’art. 57, comma 7, del d.P.R. n. 570 del 1960 espressivo del principio del favor voti, il voto di lista rimane salvo, mentre è inefficace soltanto la preferenza espressa per il candidato di altra lista.
12.4. Del tutto apodittico, e contrastante con le chiare previsioni della legge, è l’assunto del primo giudice, secondo cui nei Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti l’elettore attribuirebbe maggiore importanza al voto di preferenza, in quanto diretto al candidato con una spiccata connotazione personalistica, con la conseguenza che sarebbe interamente nulla la scheda nella quale l’elettore, dopo avere contrassegnato la lista n. 1, ha espresso la preferenza per i candidati della lista n. 2.
12.5. Al contrario, proprio nei Comuni più piccoli, dove è vietato il voto disgiunto (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 8 maggio 2020, n. 2911), rileva il voto di lista, manifestando esso la consapevolezza, da parte dell’elettore, di volere preferire una certa compagine politica, rispetto alla quale le preferenze assegnate ai singoli perdono di rilievo.
13. Questo Consiglio ha già avuto modo di precisare in numerose pronunce, tra le quali, ad esempio, la sentenza n. 4474 del 9 settembre 2013 e la sentenza n. 1477 del 13 aprile 2016 alle cui motivazioni tutte si rimanda per l’obbligo di sintesi prescritto dal codice di rito (art. 3, comma 2, c.p.a.), che nei Comuni fino a 15.000 abitanti l’art. 71, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, che consente a ciascun elettore di votare per un candidato alla carica di Sindaco segnando il relativo contrassegno, ha introdotto un nuovo sistema elettorale maggioritario che, più che in passato, è finalizzato alla attribuzione di stabilità di governo all’ente locale e induce l’elettore a ponderare la scelta della forza politica cui affidare l’amministrazione dell’ente stesso.
13.1. Pertanto, è, in detti Comuni, da ritenere sempre valido il voto con cui l’elettore indichi senza dubbio il candidato sindaco prescelto ed il di lui contrassegno, perché ciò inequivocabilmente lascia individuare la forza politica cui esso si riferisce, anche nel caso in cui l’elettore, dopo aver votato per il candidato sindaco e per la lista a lui collegata, esprima pure una preferenza per un candidato consigliere appartenente ad una lista non collegata, mentre il voto a quest’ultimo è nullo, per l’evidente ragione di non poter legittimamente considerare sullo stesso piano giuridico i due tipi di voto (Cons. St., sez. V, 9 febbraio 1996, n. 158): il voto accordato alla lista ha maggiore e determinante spessore politico, diversamente da quanto ha assunto il primo giudice, nella formazione delle maggioranze consiliari (Cons. St., sez. V, 26 settembre 2006, n. 5643).
13.2. Le tre schede nelle quali l’elettore ha apposto la croce sul simbolo della lista n. 1 e ha espresso la preferenza al candidato Ro. e al candidato Pu., della lista n. 2, sono dunque sicuramente valide, a differenza di quanto ha ritenuto il primo giudice, mentre sono inefficaci le preferenze espresse per detti candidati.
14. Devono essere in sintesi respinti, solo per completezza motivazionale e stante la sufficienza degli argomenti esposti a sorreggere la riforma della sentenza e la correzione del risultato elettorale, gli ulteriori motivi di censura, in quanto:
a) l’apposizione della parola “Sì” a fianco del riquadro della lista contrassegnata (v., sul punto, Cons. St., sez. V, 7 novembre 2007, n. 5777) può costituire segno di riconoscimento, come ha ben evidenziato il primo giudice, con la conseguente nullità del voto espresso, inficiato per la sua intrinseca contraddittorietà e incertezza peraltro, e irrimediabilmente, dal fatto che l’elettore ha apposto due croci su entrambe le liste e ha poi effettuato delle cancellazioni, apponendo infine la dicitura “Sì” accanto alla lista n. 1, sul lato destro della stessa;
b) l’indicazione del solo nome “”, senza ulteriori specificazioni, implica segno di riconoscimento perché non è sicura la riconducibilità di tale indicazione al candidato Vi. Morosi della lista n. 2;
c) al contrario, l’indicazione di Da. Sa., pur determinando l’inefficacia della preferenza che doveva essere espressa per Italo Sapere, non genera incertezza in ordine all’attribuzione del voto di lista alla lista n. 2, alla quale appartiene anche il candidato Italo Sapere e la stessa Da. Sa., evidentemente confusa dall’elettore con il candidato, per essere peraltro la stessa Da. Sa., come ha correttamente ritenuto la sentenza impugnata, vicepresidentessa del comitato promotore della lista votata, la n. 2, dovendosi qui ricordare che l’erronea indicazione del prenome del candidato, in assenza di candidati di altre liste aventi lo stesso cognome, non implica di per sé alcuna incertezza in ordine alla volontà dell’elettore né configura un mezzo di riconoscimento, perché tale errore ben può essere un mero difetto mnemonico, non improbabile in quanto il voto di preferenza non necessariamente riflette una conoscenza diretta del candidato prescelto (v., sul punto, Cons. St., sez. III, 9 aprile 2019, n. 2322).
15. Anche prescindendo dalle ultime contestazioni ora in sintesi esaminate che sono infondate, comunque, appare evidente che l’illegittima sottrazione di almeno quattro voti nella sezione n. 2 alla lista appellante, per le ragioni predette, ha inficiato il risultato elettorale perché è certo che, sommando detti voti a quelli ottenuti e non contestati (1148), la lista n. 1 sarebbe risultata vincitrice e Wa. Mo. sarebbe divenuto Sindaco, senza la necessità di ricorrere al ballottaggio, ai sensi dell’art. 71, comma 6, del d.lgs. n. 267 del 2000, in quanto alla lista n. 1 dovevano essere riconosciuti 1152 voti e non 1148, pari a quelli riconosciuti alla lista n. 2, ciò che ha determinato, erroneamente, il ricorso al ballottaggio.
16. Deve essere di conseguenza accolto anche il secondo motivo di appello (pp. 41-42 del ricorso) e, conseguentemente, deve essere dichiarato illegittimo l’intero procedimento di ballottaggio, avvenuto in violazione dell’art. 71, comma 6, del T.U.E.L.
17. Rimangono assorbite per la loro superfluità tutte le singole censure inerenti al procedimento di ballottaggio, proposte solo in via subordinata rispetto al mancato accoglimento dei motivi sopra esaminati (pp. 42-52 del ricorso).
18. Discende da quanto statuito che, in parziale riforma della sentenza impugnata, debbano essere corretti i risultati del turno elettorale delle elezioni amministrative svoltesi il 26 maggio 2019 nel Comune di (omissis), con le conseguenti statuizioni ai sensi dell’art. 130, comma 9, e dell’art. 131, comma 3, c.p.a.:
a) la lista n. 1 “Competenze e Valori per (omissis)” ha riportato n. 1152 voti validi (1148 + 4);
b) la lista n. 2 “(omissis) Bene Comune” ha riportato 1148 voti validi.
19. La lista n. 1, quindi, deve essere quindi dichiarata vincitrice delle elezioni amministrative del 26 maggio 2019 del Comune di (omissis) e Wa. Mo. deve essere dichiarato eletto alla carica del Sindaco del Comune di (omissis).
20. Devono essere eletti alla carica di consiglieri comunali gli 8 candidati della lista n. 1, che hanno ottenuto i maggiori voti di preferenza, secondo la graduatoria redatta in base alla cifra individuale di cui alla p. 12 del doc. 1 e, cioè, i seguenti otto candidati: Le. Ca., Gi. Ca., Da. Lu., Do. Ro., Al. Be., La. Di Fa., Ni. Ce. e Gi. Ba..
21. Risultano consiglieri comunali eletti nella lista n. 2 An. Ge. e, avendo dato le dimissioni il primo degli eletti Ru. Ba., An. Co., Lo. Zi. e St. Ba..
22. Le spese del doppio grado del giudizio, per la complessità del contenzioso e il non integrale accoglimento dell’appello, possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da Wa. Mo., Le. Ca., Gi. Ca., Gi. Ba. e Gi. Li., lo accoglie in parte e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, proclama vincitrice delle elezioni amministrative svoltesi il 26 maggio 2019 in (omissis) (LI) la lista n. 1 “Competenze e valori per (omissis)” nonché Sindaco del predetto Comune Wa. Mo. e, per l’effetto, dispone la correzione del risultato elettorale, siccome precisato ai §§ 18.-21. della motivazione, ai sensi dell’art. 130, comma 9, e dell’art. 131, comma 3, c.p.a.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e immediatamente trasmessa al Sindaco di (omissis) e al Prefetto di Livorno per le incombenze previste dall’art. 130, comma 9, e dall’art. 131, comma 3, c.p.a.
Così deciso in modalità da remoto, nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2020, con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Antonio Massimo Marra – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply