Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 giugno 2022| n. 19933.
Mediazione ed il diritto alla provvigione
In tema di mediazione, il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice anche se non è richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente, che il mediatore – pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa e anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso e articolato nel tempo – abbia messo in relazione le stesse, sì da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata. Non rileva, quindi, se l’affare si sia concluso tra le medesime parti o tra parti diverse da quelle cui è stato proposto, allorché vi sia un legame, anche se non necessariamente di rappresentanza, tra la parte alla quale il contratto fu originariamente proposto e quella con la quale è stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell’ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell’affare su un altro soggetto.
Nel caso in cui la domanda attorea sia stata parzialmente accolta in primo grado, ed in appello, la parte vittoriosa, in base all’esito complessivo del giudizio resta pur sempre l’attore, il giudice di appello potrà compensare, in tutto o in parte, le spese del grado di appello e, solo se vi sia stata impugnazione sul punto, anche quelle del giudizio di primo grado, ma non porle, anche in parte, a carico della parte risultata comunque vittoriosa (Nel caso di specie, relativo ad una controversia avente ad oggetto la domanda di pagamento della provvigione per l’attività di intermediazione svolta dalla società ricorrente nella compravendita di un bene immobile, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso di quest’ultima, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata: nella circostanza, infatti, parte ricorrente, parzialmente vittoriosa in entrambi i gradi di merito, non poteva essere condannata dalla corte territoriale al pagamento dei tre quarti delle spese di lite del giudizio di primo grado, le quali erano state interamente compensate dal giudice di prime cure, in assenza di appello incidentale proposti dalla controricorrente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 24 ottobre 2018, n. 26918; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 28 settembre 2015, n. 19122; Cassazione, sezione civile I, sentenza 5 agosto 2011, n. 17031).
Ordinanza|21 giugno 2022| n. 19933.Mediazione ed il diritto alla provvigione
Data udienza 15 dicembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Spese processuali – Domanda attorea parzialmente accolta in primo grado – Appello – Parte vittoriosa – Esito complessivo del giudizio – Qualità di attore – Permanenza – Giudice di appello – Compensazione delle spese – Impugnazione sul punto – Compensazione anche in primo grado – Art. 92 cpc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4622/2017 proposto da:
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
e contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 4380/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
Mediazione ed il diritto alla provvigione
FATTI DI CAUSA
La societa’ (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma (OMISSIS) e (OMISSIS) per sentirli condannare al pagamento della somma di Euro 38.400,00, a titolo di clausola penale o, in subordine, a titolo di provvigione per l’attivita’ di mediazione svolta in loro favore, oltre al rimborso delle spese, pari ad Euro 679,80.
L’attrice dedusse di aver ricevuto dai convenuti un incarico di mediazione per la vendita di un immobile sito in (OMISSIS), con scadenza in data 31.7.2005.
Il contratto prevedeva che la provvigione fosse dovuta anche nell’ipotesi in cui “la vendita fosse effettuata direttamente o tramite terzi anche dopo la scadenza dell’incarico e a condizioni diverse a persone o enti che la vostra agenzia ha contattato durante la validita’ dell’incarico”.
L’attrice dedusse che in data 29.7.2005 era pervenuta una proposta di acquisto da parte di (OMISSIS) ma l’affare non si era concluso perche’ l’immobile risultava gravato da trascrizioni pregiudizievoli.
Successivamente, in data 31.1.2006, quando era gia’ scaduto il termine previsto dal contratto di mediazione, la (OMISSIS) aveva acquistato l’appartamento dai convenuti.
(OMISSIS) e (OMISSIS) si costituirono per resistere alla domanda e proposero domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento del mediatore; dedussero che il contratto di compravendita dell’immobile era stato concluso con l’intermediazione di un’altra societa’ di mediazione, la (OMISSIS) s.r.l..
La domanda della (OMISSIS) s.r.l. venne rigettata.
Il Tribunale accerto’ che l’attivita’ di intermediazione era stata svolta dalla (OMISSIS) s.r.l. e l’attrice non aveva provato i rapporti di collaborazione con detta societa’; venne, invece, accolta la domanda dell’attrice di rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento dell’incarico, pari ad Euro 187,00.
Mediazione ed il diritto alla provvigione
Le spese di lite furono interamente compensate.
Propose appello la (OMISSIS) s.r.l., contestando l’erronea valutazione delle prove da parte del giudice di prime cure, in considerazione del fatto che la (OMISSIS) risultava inserita nella lista dei clienti contattati per la vendita dell’immobile ed aveva formulato una proposta di acquisto nella vigenza dell’incarico; l’appellante contesto’ anche il capo della domanda relativa all’entita’ del rimborso delle spese sostenul:e per lo svolgimento dell’incarico di mediazione.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza dell’8.7.2016, accolse parzialmente l’appello in relazione alla determinazione dell’importo delle spese di pubblicita’ sostenute per lo svolgimento dell’incarico di mediazione.
Riguardo alla richiesta di provvigione, la Corte di merito ritenne che l’inserimento della (OMISSIS) nella lista dei clienti c:ontattati in relazione alla vendita dell’immobile, oggetto dell’incarico di mediazione, non era idoneo a provare che l’affare si fosse concluso per il tramite dell’attivita’ del mediatore, sia perche’ si trattava di documento formato dalla stessa parte attrice, sia perche’ da esso non poteva desumersi il tipo di attivita’ svolto dalla societa’ attrice; in particolare non era stato provato se la (OMISSIS) fosse stata solamente contattata o se avesse anche visitato l’immobile.
La lettera di comunicazione del 29.5.2006, relativa alla proposta di acquisto dell’immobile da parte della (OMISSIS) era avvenuta per il tramite di altra societa’, la Global Service s.r.l, alla quale erano intestate le proposte di acquisto, ne’ la (OMISSIS) s.r.l. aveva provato l’esistenza di un rapporto di collaborazione con la (OMISSIS).
In considerazione del parziale accoglimento dell’appello, la Corte distrettuale compenso’ le spese di lite del doppio grado di giudizio, ponendole per i tre quarti a carico della (OMISSIS) e di un quarto a carico di (OMISSIS).
Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposito ricorso la (OMISSIS) s.r.l. sulla base di quattro motivi.
Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
Non ha svolto attivita’ difensiva (OMISSIS).
E’ stata fissata l’udienza camerale del 15.12.2021; il collegio e’ stato nuovamente riconvocato in data 21.12.2021.
Mediazione ed il diritto alla provvigione
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito omesso ogni indagine in ordine all’effettiva volonta’ dei contraenti, con particolare riferimento alla clausola con cui si prevedeva che la provvigione fosse dovuta anche “nel caso che la vendita fosse effettuata direttamente o tramite terzi anche dopo la scadenza dell’incarico e a condizioni diverse a persone o enti che la vostra agenzia ha contattato durante la validita’ dell’incarico, dei quali mi fornirete dettagliato elenco”. Nell’interpretazione di detta clausola, la Corte distrettuale avrebbe dovuto tener conto dell’altra disposizione contrattuale, con la quale la (OMISSIS) aveva autorizzato la societa’ mediatrice a pubblicizzare l’appartamento e ad avvalersi di banche dati e di altri agenti immobiliari esterni all’organizzazione della mediatrice. Secondo la ricorrente, la trasmissione dell’elenco attestante che la societa’ mediatrice aveva contattato il cliente era idonea a far sorgere il diritto alla provvigione tanto piu’ che l’elenco non era stato contestato dalla (OMISSIS). Inoltre, nell’interpretazione complessiva delle clausole, sarebbe rilevante la previsione dell’obbligo della cliente di corrispondere la provvigione in caso di vendita dopo la scadenza del contratto di mediazione, circostanza che, nel caso di specie, si sarebbe realizzata.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., per erronea interpretazione dell’articolo 8 dell’incarico di mediazione, il quale prevedeva l’autorizzazione, da parte della (OMISSIS), in favore della societa’ mediatrice a pubblicizzare l’appartamento e ad avvalersi di banche dati e di altri agenti immobiliari esterni alla sua organizzazione. La Corte di merito avrebbe dovuto attribuire rilievo probatorio alla lettera ritirata dalla figlia della (OMISSIS), prima della scadenza dell’incarico, con la quale si dava atto che era stata formulata una proposta di acquisto dalla (OMISSIS), per il tramite della (OMISSIS) s.r.l..
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente – in quanto con essi si censura l’interpretazione del contratto- sono infondati.
Va, in questa sede, ribadito il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui l’interpretazione di un atto negoziale e’ tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di errneneutica contrattuale, di cui all’articolo 1362 c.c. e segg..
Nell’interpretazione del contratto, il primo strumento da utilizzare e’ il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate e, solo se esso risulti ambiguo puo’ farsi ricorso ai canoni strettamente interpretativi contemplati dall’articolo 1362 all’articolo 1365 c.c. e, in caso di loro insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dagli articoli 1366 e 1371 c.c., (Cassazione civile sez. IL 11/11/2021, n. 33451).
Mediazione ed il diritto alla provvigione
L’interpretazione letterale deve, in ogni caso, tener conto dell’integrale contesto negoziale, ai sensi dell’articolo 1362 c.c., e dei i criteri di interpretazione soggettiva, di cui agli articoli 1368 e 1363 c.c., rispettivamente volti a consentire l’accertamento del significato dell’accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta del contratto; ne deriva che l’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, deve ricostruire in base ad essa l’intenzione dei contraenti e verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell’accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi (Cassazione civile sez. lav., 14/09/2021, n. 24699; Cassazione civile sez. lav., 25/02/2021, n. 5234).
Per far valere una violazione in sede di legittimita’, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma deve altresi’ essere precisato in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato con la conseguenza dell’inammissibilita’ del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realta’, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass., 28 novembre 2017, n. 28319; Cass., 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
D’altra parte, l’interpretazione data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 7500/2007; 24539/2009).
Nel caso di specie, l’interpretazione del contratto fornita dalla Corte di merito e’ plausibile e non viola i canoni di interpretazione, ne’ quello letterale ne’ quello sistematico.
La Corte distrettuale non ha errato nell’interpretazione della clausola contrattuale, che prevedeva il diritto al compenso del mediatore anche per l’attivita’ svolta tramite terzi ed ha tenuto conto dell’inserimento della (OMISSIS) nella lista dei clienti contattati per la vendita dell’immobile di proprieta’ dei convenuti, ma ha ritenuto che il documento, proveniente dalla stessa parte, non indicava il tipo di attivita’ svolto dalla societa’ di mediazione; in esso non era specificato se l’acquirente dell’immobile fosse stata solamente contattata dalla mediatrice, se avesse visionato l’immobile e se la societa’ ricorrente avesse prestato la propria attivita’ nella formulazione della proposta.
La Corte di merito ha anche valutato il comportamento tenuto dalle parti dopo la conclusione del contratto, facendo riferimento alla lettera di comunicazione del 29.5.2.006, con cui la societa’ (OMISSIS) s.r.l. dava atto della proposta di acquisto dell’immobile, rilevando che detta proposta era stata ricevuta da altro mediatore, la (OMISSIS) s.r.l., senza provare un rapporto di collaborazione con detta societa’.
La clausola secondo cui la provvigione fosse dovuta anche nell’ipotesi in cui la vendita fosse stata effettuata direttamente o tramite terzi, dopo la scadenza dell’incarico e a condizioni diverse, e’ stata interpretata dalla corte di merito nel senso che non fosse sufficiente un elenco unilateralmente predisposto dalla ricorrente e che, pur essendovi la prova dell’attivita’ di pubblicizzazione della vendita, il diritto al compenso doveva essere collegato allo svolgimento concreto dell’attivita’ di mediazione.
Mediazione ed il diritto alla provvigione
Non bastava l’inserimento nella lista dei clienti ma era necessaria la prova dell’attivita’ concretamente svolta dal mediatore, anche per il tramite dii terzi, che, secondo l’apprezzamento della Corte distrettuale, non era stata fornita nel giudizio di merito.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1755 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte di merito riconosciuto il diritto al compenso del mediatore nonostante (OMISSIS) s.r.l. avesse messo in contatto le parti, come risulterebbe dalle varie proposte di acquisto effettuate dalla (OMISSIS) e dalla lettera ricevuta dalla figlia, in cui si clava atto del rifiuto della proposta formulata per il tramite del a (OMISSIS) s.r.l., a nulla rilevando che l’affare fosse stato concluso dopo la scadenza del contratto di mediazione.
Il motivo va rigettato.
Il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attivita’ intermediatrice anche se non e’ richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attivita’ del mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente, che il mediatore – pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa e anche in presenza di un processo di formazione della volonta’ delle parti complesso e articolato nel tempo – abbia messo in relazione le stesse, si’ da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalita’ adeguata. Non rileva, quindi, se l’affare si sia concluso tra le medesime parti o tra parti diverse da quelle cui
e’ stato proposto, allorche’ vi sia un legame, anche se non necessariamente di rappresentanza, tra la parte alla quale il contratto fu originariamente proposto e quella con la quale e’ stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell’ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell’affare su un altro soggetto (Cassazione civile sez. VI, 19/02/2021, n. 4644).
A tale principio di diritto la Corte distrettuale si e’ uniformata, ritenendo che mancasse la prova dell’attivita’ di messa in contatto tra le parti che avevano concluso l’affare, non essendo sufficiente il mero inserimento della (OMISSIS) nell’elenco delle persone contattate, considerando che la proposta di acquisto era stata formulata per il tramite di altro mediatore, privo del potere di rappresentanza conferitogli dalla (OMISSIS) s.r.l. e neanche legato alla societa’ ricorrente da un rapporto di collaborazione.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 92, 112 e 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito compensato le spese del doppio grado nonostante la sua domanda fosse stata parzialmente accolta in primo grado ed in appello e fosse stata rigettata la domanda riconvenzionale della (OMISSIS), che non aveva proposto appello incidentale in relazione al capo relativo alla regolamentazione delle spese di lite.
Mediazione ed il diritto alla provvigione
Il motivo e’ fondato.
La Corte d’appello era chiamata a regolare le spese di un giudizio all’esito del quale la domanda attorea risulto’ parzialmente fondata.
Ai fini della regolamentazione delle spese, la soccombenza deve essere valutata in base all’esito complessivo del giudizio, tenendo conto non dell’esito dei singoli gradi in cui il processo si sia articolato, ma del risultato finale conseguito dall’attore. Corollario di questo principio e’ che in caso di accoglimento solo parziale della domanda il giudice puo’ disporre la totale o parziale compensazione delle spese, ma non mai condannare l’attore, pur sempre parzialmente vittorioso, al pagamento di parte delle spese sostenute dal convenuto (Sez. 3 -, Ordinanza n. 26918 del 24/10/2018, Rv. 651332 – 01).
Pertanto nel caso in cui la domanda attorea sia stata parzialmente accolta in primo grado, ed in appello, la parte vittoriosa in base “all’esito complessivo” del giudizio resta pur sempre l’attore, il giudice di appello potra’ compensare, in tutto o in parte, le spese del grado di appello e, se vi sia stata impugnazione sul punto, anche quelle del giudizio di primo grado ma non anche porle anche in parte a carico della parte risultata comunque vittoriosa (ex multis, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19122 del 28/09/2015, Rv. 636950 – 01).
Incorre quindi nella violazione dell’articolo 112 c.p.c., il giudice che, in accoglimento dell’appello della parte parzialmente soccombente disponga la riduzione delle spese processuali poste – dalla sentenza impugnata – a carico dell’altra parte che non abbia al riguardo proposto alcuna impugnazione (Cass. civile sez. I, 05/08/2011, n. 17031)
Nel caso di specie, la (OMISSIS) s.r.l. era parzialmente vittoriosa in primo grado ed il Tribunale aveva compensato integralmente le spese di lite.
Anche in grado d’appello, la (OMISSIS) era parzialmente vittoriosa in relazione al capo di domanda concernente la determinazione delle spese di pubblicita’, sicche’, non poteva essere condannata al pagamento dei tre quarti delle spese di lite del giudizio di primo grado, che erano state interamente compensate, in assenza di appello incidentale da parte della (OMISSIS).
Vi e’ stata, quindi, una violazione degli articolo 112 c.p.c. e dell’articolo 92 c.p.c. in quanto la parte appellante, nonostante l’accoglimento dell’appello, e’ stata condannata a sostenere in parte le spese di lite del convenuto.
Va quindi ribadito il principio, affermato da questa Corte, secondo cui nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’articolo 91 c.p.c., dalla L. n. 69 del 2009, in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice puo’, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non puo’ essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poiche’ tale condanna e’ consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (Cassazione civile sez. III, 2:3/01/2018, n. 1572).
Non rileva che la (OMISSIS), come dedotto nel controricorso, fosse stata ammessa al gratuito patrocinio e, per mero errore abbia chiesto la distrazione delle spese, in quanto, anche nell’ipotesi in cui la parte sia stata ammessa al gratuito patrocinio, il giudice deve regolamentare le spese di lite sulla base del principio della soccombenza, disponendo la compensazione nei casi previsti dall’articolo 92 c.p.c..
Il giudice civile, pero’, diversamente da quello penale, non e’ tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 133, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articoli 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarita’ che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato articolo 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalita’ (Cassazione civile sez. Il, 11/09/2018, n. 22017).
Mediazione ed il diritto alla provvigione
Il quarto motivo di ricorso va, pertanto, accolto.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimita’ alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che si atterra’ al seguente principio di diritto:
“Nel caso in cui la domanda attorea sia stata parzialmente accolta in primo grado, ed in appello, la parte vittoriosa, in base all’esito complessivo del giudizio resta pur sempre l’attore, con la conseguenza che il giudice di appello potra’ compensare, in tutto o in parte, le spese del grado di appello e, solo se vi sia stata impugnazione sul punto, anche quelle del giudizio di primo grado ma non porle, anche in parte, a carico della parte risultata comunque vittoriosa”.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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