Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 agosto 2022| n. 23904.
Manleva proposta dal convenuto acquirente dell’immobile oggetto di rivendica
La domanda di manleva proposta dal convenuto, acquirente dell’immobile oggetto dell’azione di rivendica, nei confronti del proprio alienante va qualificata come di garanzia propria, sicché il nesso che si instaura tra la stessa e la domanda principale giustifica, in linea di principio, la conservazione del litisconsorzio instaurato in primo grado, ai sensi dell’art. 331 c.p.c. che si applica anche alle cause tra loro dipendenti. Ne consegue, in tema di spese legali, che se è accolta la domanda di garanzia proposta dal convenuto acquirente nei confronti del terzo alienante, il giudice dovrà condannare quest’ultimo a rifondere le spese di lite sia in favore dell’attore che del convenuto.
Ordinanza|2 agosto 2022| n. 23904. Manleva proposta dal convenuto acquirente dell’immobile oggetto di rivendica
Data udienza 18 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Proprietà – Servitù – Actio negatoria servitutis – Valore della controversia – Determinazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere
Dott. LA BATTAGLIA Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 24024/2017) proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
e
(OMISSIS), S.r.l. (P.IVA: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso n. 666/2016, pubblicata il 15 dicembre 2016, notificata il 25 gennaio 2017, la cui impugnazione in sede di appello e’ stata dichiarata inammissibile, ai sensi dell’articolo 348-bis c.p.c., con ordinanza della Corte d’appello di Campobasso n. 8/2017, cron. 1000/2017, pubblicata il 13 luglio 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 maggio 2022 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano;
lette le memorie depositate dai controricorrenti ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.
Manleva proposta dal convenuto acquirente dell’immobile oggetto di rivendica
FATTI DI CAUSA
1.- (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano, davanti al Tribunale di Campobasso, la (OMISSIS) S.r.l., chiedendo che fosse accertato il loro diritto di comproprieta’ sulla fascia di terreno larga metri 10,40 e lunga metri 28,00, posta a valle del fabbricato di (OMISSIS), con la contestuale dichiarazione di inesistenza di qualunque diritto dominicale della convenuta su tale bene e con l’ordine di trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari.
Al riguardo, esponevano: che avevano ereditato da (OMISSIS) che, a sua volta, aveva ereditato dal padre (OMISSIS) – la quota di 1/5 della fascia di terreno posta a valle del fabbricato sito in (OMISSIS), destinata ad area di servizio per i garage del fabbricato realizzato da (OMISSIS) sul terreno acquistato il 21 giugno 1965 dai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) e identificato dalla particella n. (OMISSIS); che avevano utilizzato tale fascia di terreno sin dal 1966, abitando in uno degli appartamenti del fabbricato realizzato; che la fascia di terreno in questione era stata successivamente inglobata nelle particelle nn. (OMISSIS), poi vendute il 27 giugno 2005 da (OMISSIS), rispettivamente in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., in favore della convenuta.
Si costituiva in giudizio la (OMISSIS) S.r.l., la quale resisteva alla domanda, facendo preliminare istanza di chiamata in causa di (OMISSIS), quale alienante in proprio e in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., e rilevando, nel merito, che negli atti di acquisto le particelle nn. (OMISSIS) risultavano non frazionate e non accatastate, con l’effetto che la societa’ acquirente era in perfetta buona fede, risultando le particelle indicate nella loro integrale estensione, senza alcun riferimento a fasce di terreno escluse.
All’esito dello spostamento dell’udienza, si costituivano in giudizio i chiamati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
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Nel corso del giudizio erano espletate piu’ consulenze tecniche d’ufficio.
Il Tribunale adito, con la sentenza n. 666/2016, depositata il 15 dicembre 2016, di cui in epigrafe, accoglieva la domanda di negatoria servitutis e, per l’effetto, dichiarava l’inesistenza di alcun diritto reale in capo alla (OMISSIS) S.r.l. sulla fascia di terreno di mq. 159,20, compresa nelle particelle nn. (OMISSIS) del foglio n. (OMISSIS) del Comune di Campobasso; rigettava le ulteriori domande proposte e condannava la (OMISSIS) S.r.l. nonche’ (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Nella motivazione della sentenza si specificava: 1) che, dalle perizie redatte in corso di causa, era emerso che, allorquando il dante causa degli attori aveva acquistato la particella n. (OMISSIS) del foglio n. (OMISSIS) da (OMISSIS), nell’anno 1965, tale terreno era stato indicato come suolo edificatorio in (OMISSIS), esteso mq. 886,00; 2) che al rogito, prodotto dagli attori era allegata una planimetria, sub lettera B, nella quale era individuato il suolo oggetto di vendita ed era indicata la lunghezza dei due lati del suolo, rispettivamente per ml. 31,00 e per ml. 28,60; 3) che nel catasto degli anni âEuroËœ70 il foglio n. (OMISSIS) era stato variato nel foglio n. (OMISSIS) e la particella n. (OMISSIS), acquistata dal (OMISSIS), aveva acquisito la nuova numerazione di particella n. (OMISSIS); 4) che, nell’anno 1973, la (OMISSIS) aveva venduto a (OMISSIS) la particella n. (OMISSIS), dell’estensione di ettari 5.24.52; 5) che sul terreno acquistato dal (OMISSIS) era stato costruito un fabbricato traslato di ml. 4,00 verso monte, con l’occupazione di una superficie di mq. 393,50 e con una residua superficie, detratto lo spazio per la realizzazione della strada di (OMISSIS) e per la realizzazione di due strade private, di mq. 148,70; 6) che, nell’anno 2005, con due distinti atti, (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., aveva alienato alla (OMISSIS) S.r.l. le particelle nn. (OMISSIS); 7) che dalle indagini peritali era emerso che dall’area contraddistinta dal riferimento alla particella n. 20 del foglio n. (OMISSIS) erano derivate, a seguito di ulteriori frazionamenti, le particelle nn. (OMISSIS), che avevano inglobato la superficie di mq. 159,20, corrispondente all’area antistante ai garage e rivendicata dagli attori; 8) che la (OMISSIS) S.r.l. aveva acquistato, negli anni 2004 e 2005, altri terreni edificabili del foglio n. (OMISSIS), sempre derivati dal frazionamento dell’originaria particella n. (OMISSIS); 9) che, in base alla ricostruzione delle circostanze indicate, la vendita effettuata dal (OMISSIS), in favore della (OMISSIS) S.r.l., non poteva consentire di inglobare nelle nuove particelle nn. (OMISSIS) la superficie di mq. 159,20, antistante l’accesso ai garage, poiche’ detta area era stata – dapprima – venduta dalla (OMISSIS) al (OMISSIS), con atto trascritto del 1965, e – successivamente – alienata al Sollazzo, con atto trascritto del 1973, sicche’ prevaleva l’atto trascritto anteriormente; 10) che la richiesta di trascrizione della sentenza di accertamento della proprieta’ non poteva essere accolta, in quanto gli attori si erano limitati a richiedere una pronuncia dichiarativa circa l’inesistenza di un diritto dominicale sulla striscia di terreno emarginata, pronuncia esclusa dal novero degli atti soggetti a trascrizione; 11) che le spese di lite dovevano essere addebitate ai terzi chiamati, in quanto l’accorpamento della striscia di terreno contesa nelle particelle nn. (OMISSIS) si era perfezionato allorche’ il Sollazzo aveva venduto i terreni alla societa’ (OMISSIS).
2.- Sul gravame interposto, in via principale, da (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava: a) che la chiamata in causa era pienamente ammissibile, ai sensi dell’articolo 1485 c.c., poiche’ si trattava di evocazione in giudizio del venditore, a cura del compratore convenuto dagli attori, che pretendevano di avere diritti su parte dell’immobile venduto; b) che, inoltre, sulla scorta del contenuto dell’atto di chiamata in causa, era spiegata, nei confronti dei chiamati, domanda di manleva da ogni e qualsiasi responsabilita’; c) che, quanto all’asserita nullita’ dell’atto di vendita del 1965 – per indeterminatezza dell’oggetto, conseguente al mancato frazionamento preliminare e al difetto, nell’allegata planimetria, di capisaldi di riferimento per la ricostruzione dei confini sul territorio, essendo identificati i soli lotti confinanti -, alla data del rogito, non vi era alcun onere per il notaio della previa acquisizione del tipo di frazionamento, a firma di un ingegnere o di un geometra; d) che, per converso, il lotto di terreno acquistato dal (OMISSIS) era chiaramente individuato in ordine alla sua estensione di mq. 886,00, quanto alla particella catastale di riferimento, corrispondente al foglio n. (OMISSIS), particella n. (OMISSIS), e con riguardo all’indicazione dei tre confini, come previsto dalla legge notarile vigente, secondo le cosiddette coerenze, con raffigurazione nella planimetria di cui all’allegato B; e) che, con riferimento alla regolamentazione delle spese di lite, tenuto conto della chiamata in garanzia degli appellanti principali, in base all’esito finale della controversia, non ricorreva un’ipotesi di soccombenza parziale per il solo fatto che non era stata accolta la richiesta volta ad ottenere l’ordine della trascrizione della sentenza; f) che, con riguardo alla quantificazione di tali spese, l’importo riconosciuto di Euro 2.400,00, oltre accessori, era conforme alla liquidazione spettante secondo i parametri medi, a fronte di una controversia del valore pari ad Euro 1.528,00; g) che, quanto al proposto appello incidentale, la sentenza impugnata aveva correttamente applicato il principio della prevalenza della trascrizione anteriore, rispetto a piu’ atti di acquisto dello stesso bene dal medesimo dante causa, di cui all’articolo 2644 c.c., non rilevando, in contrario, il fatto che oggetto di piu’ trasferimenti non fosse l’intero bene, ma l’area residua del terreno, ne’ avendo un peso decisivo l’asserita buona fede dell’acquirente, la quale avrebbe potuto assumere rilievo solo agli eventuali fini risarcitori.
3.- Avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
4.- I controricorrenti hanno presentato memorie.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112, 106 e 269 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto ammissibile la richiesta di chiamata in causa, benche’ detta chiamata fosse stata effettuata ai soli fini della “manleva” della (OMISSIS) S.r.l. da ogni e qualsiasi responsabilita’, senza che gli attori avessero agito in giudizio per ottenere il ristoro di qualsivoglia imprecisato risarcimento, ma solo perche’ fosse accertata la proprieta’.
Sul punto, si deduce che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto ammissibile la chiamata, nonostante l’oggetto dell’intervento del terzo fosse delimitato alla sola “manleva” dei danni eventualmente accertati a carico del convenuto, danni mai richiesti dagli attori e mai accertati in giudizio.
1.1.- Il motivo e’ inammissibile.
Infatti, il provvedimento del giudice di merito che concede o nega l’autorizzazione a chiamare in causa un terzo, ai sensi dell’articolo 106 c.p.c., coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, come tali, non possono formare oggetto di appello e di ricorso per cassazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2331 del 26/01/2022; Sez. L, Sentenza n. 25676 del 04/12/2014).
Solo gli aspetti processuali relativi ai termini e alle preclusioni della chiamata possono costituire oggetto del sindacato di legittimita’ (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 10189 del 30/03/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 1121 del 14/01/2022; Sez. 3, Sentenza n. 9350 del 10/04/2008).
2.- Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1346 c.c., per avere il Tribunale adito escluso la nullita’ del contratto di vendita, stipulato tra il dante causa degli attori, in qualita’ di acquirente, e il terzo, in qualita’ di alienante, con atto pubblico del 21 giugno 1965, rep. n. 36737, nonostante l’indeterminatezza dell’oggetto.
Segnatamente, il Giudice di merito avrebbe ritenuto sufficiente, ai fini dell’identificazione del bene compravenduto, il riferimento all’estensione di mq. 886,00, con riguardo ad un cespite inserito in catasto al foglio n. (OMISSIS), particella n. (OMISSIS) e confinante con proprieta’ (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), benche’ non vi fosse traccia del frazionamento della particella n. (OMISSIS) – frazionamento mai presentato per l’approvazione – e benche’ l’allegata planimetria, priva di rilievo catastale, non riportasse i capisaldi di riferimento per la ricostruzione dei confini sul terreno – essendo la relativa identificazione demandata alla sola indicazione dei lotti confinanti – e non riportasse, altresi’, alcun contorno di particella esistente all’epoca dell’atto, tanto da renderne difficile l’individuazione e materializzazione in loco, essendovi in essa esclusivo richiamo ad un rettangolo delle dimensioni di ml. 31,00 x ml. 28,60.
E cio’ diversamente dal contratto di acquisto perfezionato in favore di (OMISSIS), con atto notarile del 18 settembre 1973, rep. n. 75503, avente ad oggetto la particella n. (OMISSIS), di mq. 52.452,00, di cui era predefinita la consistenza e la configurazione catastale.
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2.1.- La critica e’ infondata.
E cio’ perche’ l’oggetto della compravendita immobiliare, quale porzione di un fondo di piu’ ampie dimensioni, era esattamente determinato, come puo’ desumersi: a) dal riferimento all’estensione di mq. 886,00; b) dall’allegazione, nell’atto pubblico di vendita, di un’apposita planimetria, seppure priva di rilievo catastale, da cui risultava l’individuazione dell’area alienata, alla stregua dell’emarginazione quale particella n. (OMISSIS), materializzata da un rettangolo delle dimensioni di ml. 31,00 x ml. 28,60; c) dall’indicazione dei tre confini.
Senonche’ per la validita’ di una compravendita immobiliare e’ necessario che l’oggetto di detto contratto sia determinato, ovvero determinabile in base ad elementi contenuti nel relativo atto scritto (e, percio’, documentati e non estrinseci all’atto stesso), e tale requisito deve essere ravvisato nella inequivocabile identificazione dell’immobile compravenduto per il tramite dell’indicazione dei confini o di altri dati oggettivi incontrovertibilmente idonei allo scopo e ad impedire, percio’, che rimangano margini di dubbio sull’identita’ del suddetto immobile (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3925 del 18/02/2010; Sez. 2, Sentenza n. 17906 del 30/06/2008; Sez. 2, Sentenza n. 12506 del 29/05/2007; Sez. 2, Sentenza n. 9857 del 24/04/2007).
Tutti i suddetti elementi indentificativi sussistevano, dunque, nel caso di specie, nonostante, a fronte di una planimetria priva di rilievo catastale, con individuazione provvisoria dell’area attraverso il riferimento alla citata particella, si fosse rinviato il definitivo frazionamento ad epoca successiva.
3.- Il terzo motivo investe, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e/o falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 nonche’ degli articoli 91 e 92 c.p.c., per avere il Tribunale disposto la condanna alla refusione delle spese di lite per un importo superiore al valore della causa.
All’uopo, i ricorrenti obiettano che, a fronte di un valore della causa di Euro 1.528,00, quale valore dichiarato dell’area controversa in ordine alla quale e’ stata proposta l’azione petitoria, il Giudice di prime cure avrebbe condannato i chiamati in causa al pagamento delle spese processuali per l’importo di Euro 3.501,89, comprensivo di accessori, in favore di ciascuna delle controparti (ossia in favore degli attori e in favore della convenuta), oltre al pagamento del compenso di consulenza tecnica d’ufficio.
Inoltre, si lamenta che la condanna alle spese sarebbe stata ingiustificata quantomeno nei confronti della convenuta, che non ha invocato alcun danno verso i terzi chiamati.
Quindi, si prospetta l’omessa rilevazione dei presupposti della soccombenza reciproca, ai fini della compensazione delle spese di lite, avendo la sentenza di prime cure, per un verso, dichiarato la proprieta’ del cespite in favore degli attori e, per altro verso, respinto la richiesta di disporre un ordine di trascrizione della pronuncia dichiarativa.
Infine, si contesta la mancata compensazione delle spese di lite, in ragione delle differenti conclusioni cui sarebbero approdati i consulenti tecnici d’ufficio incaricati di dirimere le questioni controverse.
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3.1.- Le plurime doglianze articolate, con un motivo formalmente unico, sono infondate.
Premesso che il valore della causa di negatoria servitutis e’ stato correttamente determinato facendo riferimento “a quanto emerge dagli atti”, ai sensi dell’articolo 15 c.p.c., comma 3, per un importo- pari, appunto, a Euro 1.528,00, non vi era alcuna prescrizione che imponesse di limitare il quantum liquidato al suddetto valore, poiche’ la previsione di cui all’articolo 91 c.p.c., u.c. – secondo cui le spese, le competenze e gli onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della causa – si applica alle sole controversie regolate dall’articolo 82 c.p.c., comma 1, ossia alle cause instaurate davanti al giudice di pace che non oltrepassino la soglia di Euro 1.100,00, in cui le parti possono stare in giudizio personalmente.
Ne discende che, una volta esclusa l’applicabilita’ di questa prescrizione al caso di specie, la liquidazione dei compensi e’ avvenuta nel rispetto dei parametri medi indicati dalla tabella n. 2 (per i giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al tribunale), allegata al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, entro lo scaglione compreso tra Euro 1.100,01 ed Euro 5.200,00, in base al predetto valore della causa, secondo i seguenti importi: per la fase di studio Euro 405,00, per la fase introduttiva Euro 405,00, per la fase di trattazione/istruzione Euro 810,00, per la fase decisionale Euro 810,00; per un totale di Euro 2.430,00, a fronte di una somma riconosciuta dalla sentenza di primo grado pari a Euro 2.400,00, oltre accessori come per legge.
3.2.- La circostanza che nessuna condanna sostanziale sia stata disposta a carico dei terzi chiamati alienanti, e in favore della convenuta chiamante acquirente, non esclude che la condanna alla refusione delle spese di lite verso la convenuta sia giustificata dalla ragione che ha determinato la soccombenza della convenuta stessa, ossia l’acquisto di una porzione di terreno di cui gli alienanti non potevano disporre, in quanto oggetto di una precedente vendita, debitamente trascritta, a vantaggio del dante causa degli attori.
Al riguardo, si precisa che la chiamata in causa dei venditori, a cura – dell’acquirente, e’ stata debitamente qualificata come chiamata in garanzia, ai sensi dell’articolo 1485 c.c., a fronte della domanda di accertamento della proprieta’ su una parte dell’area oggetto della vendita avanzata dagli attori.
Ed invero, il compratore, convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, che voglia garantirsi, a norma dell’articolo 1485 c.c., puo’ chiamare il venditore nel processo, ai sensi dell’articolo 106 c.p.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6603 del 04/12/1982; Sez. 2, Sentenza n. 2277 del 25/06/1969).
Ne’ puo’ ritenersi fuorviante, come acclarato anche dall’ordinanza confermativa della Corte d’appello, il richiamo all’espressione “manleva”, che appunto deve essere inteso in termini di garanzia da ogni conseguenza discendente dall’accoglimento della proposta domanda petitoria.
Infatti, la domanda di manleva proposta dal convenuto, quale acquirente dell’immobile oggetto dell’azione di rivendica (o, come nella fattispecie, di accertamento della proprieta’), nei confronti del proprio alienante, va qualificata come azione di garanzia propria ed il nesso che si instaura tra la stessa e la domanda principale e’ sufficiente a giustificare, in linea di principio, l’assoggettamento delle due cause al regime della conservazione necessaria del litisconsorzio instaurato nella precedente fase di giudizio, in virtu’ di quanto stabilito dall’articolo 331 c.p.c., il cui ambito di applicazione non e’ circoscritto alle cause inscindibili, ma si estende anche a quelle tra loro dipendenti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21240 del 05/10/2009).
Pertanto, all’esito dell’accoglimento della domanda di accertamento della proprieta’ spiegata dagli attori, in mancanza di altre specifiche domande avanzate dalla convenuta chiamante, in qualita’ di acquirente, verso i terzi chiamati, in qualita’ di alienanti, gli effetti della pronuncia dichiarativa si sono estesi nei confronti di quest’ultimi, avendo gli alienanti dato causa, con il successivo atto di vendita di un’area gia’ nella proprieta’ di terzi, alla lesione dei diritti dominicali vantati dagli attori sull’area oggetto di controversia.
Giova, in merito, puntualizzare che, quando il compratore, oltre a chiamare in causa il venditore per la denuncia della lite ex articolo 1485 c.c., propone contro di questi, nel medesimo processo, anche l’azione di garanzia, fra la causa principale e quella di garanzia (propria) si instaura un vincolo non di inscindibilita’ ma di dipendenza, perche’ l’accoglimento della domanda di garanzia e’ subordinato all’accertamento del diritto del terzo, cio’ che non impedisce che il giudice separi le due cause, decidendo solo quella principale, facendo cessare la relazione di dipendenza (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9910 del 27/04/2009; Sez. 2, Sentenza n. 2714 del 27/03/1996).
In ultima istanza, dunque, la chiamata deve essere ricondotta alla garanzia per evizione, cui sono tenuti gli alienanti.
Ora, l’elemento caratterizzante della garanzia per evizione, sia in relazione alla vendita volontaria che alla vendita forzata, e’ dato dall’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo, con l’effetto che non si ha evizione, con conseguente sorgere del diritto alla garanzia, per la sola affermazione della esistenza del diritto di proprieta’ da parte del terzo, indipendentemente da ogni azione di quest’ultimo, ma occorre che il terzo si attivi per recuperare il diritto nella propria sfera patrimoniale, e che il suo diritto sia accertato definitivamente. La suddetta situazione e’ ritenuta legalmente esistente nelle seguenti quattro ipotesi, al di fuori delle quali non puo’ operare la garanzia per evizione: diritto accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato; riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore, dotato delle caratteristiche di cui all’articolo 1485 c.c., comma 2; espropriazione per esecuzione forzata; o espropriazione per pubblico interesse (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7294 del 13/05/2003).
Nella fattispecie ricorre la prima ipotesi, essendo stato accertato, in via giudiziale, il diritto degli attori su una quota della proprieta’ acquistata dalla convenuta.
3.2.1.- Le conclusioni che precedono hanno delle precise ripercussioni sulla regolamentazione delle spese di lite.
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In ordine a tale aspetto, il giudice di prime cure ha condannato i terzi chiamati alla refusione delle spese in favore degli attori e in favore della convenuta e ha disposto la compensazione totale tra attori e convenuta.
Gli odierni ricorrenti hanno contestato la statuizione sulle spese con riferimento alla disposizione della condanna a carico dei terzi e a vantaggio della convenuta.
Orbene, se e’ accolta la domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti di un terzo, il giudice non puo’ limitarsi a condannare questi al pagamento di quanto dal primo dovuto all’attore, anche per spese processuali, dovendo invece liquidare anche le spese occorse per la chiamata in causa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10284 del 20/05/2015; Sez. L, Sentenza n. 18630 del 05/08/2013; Sez. 2, Sentenza n. 8166 del 28/08/1997).
Sicche’ la condanna dei terzi chiamati al pagamento delle spese in favore della convenuta e’ legittima, poiche’ e’ giustificata dall’applicazione del principio di soccombenza in ordine al rapporto innestato dalla chiamata in garanzia tra convenuta e terzi chiamati.
3.3.- Ancora, il fatto che l’ordine di trascrizione della sentenza dichiarativa della proprieta’ sia stato disatteso, in ragione della natura della pronuncia, non ricadente tra le ipotesi tassative in cui e’ prevista la trascrizione, non integra un’ipotesi di soccombenza reciproca, poiche’ – a fronte dell’invocato ordine di trascrizione – il capo della sentenza che lo ha rigettato non ha un autonomo contenuto decisionale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16853 del 11/08/2005).
3.4.- In ultimo, la scelta di condannare la parte soccombente alla refusione delle spese di lite, senza disporre la compensazione, non e’ sindacabile in sede di legittimita’.
Infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di spese processuali, la facolta’ di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non e’ tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facolta’, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualita’ di una compensazione, non puo’ essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 15012 del 11/05/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 7840 del 10/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 11329 del 26/04/2019; Sez. U, Sentenza n. 14989 del 15/07/2005).
4.- In definitiva, il ricorso deve essere disatteso.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla refusione, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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