Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 27 maggio 2019, n. 23186.
La massima estrapolata:
Il mancato svolgimento dell’esame dell’imputato che ne abbia fatto preventiva richiesta e non si sia opposto alla chiusura dell’istruzione dibattimentale non realizza alcuna violazione del diritto di difesa che determini nullità, in quanto il predetto può chiedere in ogni momento di rendere dichiarazioni.
Sentenza 27 maggio 2019, n. 23186
Data udienza 2 maggio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VERGA Giovanna – Presidente
Dott. ALMA Marco Mar – Consigliere
Dott. PELLEGRINO Andr – rel. Consigliere
Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere
Dott. MONACO Marco Mar – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti rispettivamente nell’interesse di:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall’avv. (OMISSIS), di fiducia;
e di:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall’avv. (OMISSIS), di fiducia;
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, quarta sezione penale, n. 4224/2018, in data 29/01/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere, Dott. Andrea Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Seccia Domenico, che ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilita’ dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 29/01/2019, la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Termini Imerese in data 13/04/2018 che aveva dichiarato (OMISSIS) e (OMISSIS) responsabili del reato di cui all’articolo 707 c.p., condannandoli alla pena di mesi otto di arresto ciascuno. Gli imputati – secondo l’Accusa – in concorso tra loro, venivano colti in possesso di strumenti atti ad aprire o forzare serrature, dei quali non giustificavano la destinazione; in specie, sottoposti a controllo mentre si trovavano a bordo dell’autovettura Daewoo mod. Lanos tg. (OMISSIS), in zona rurale (OMISSIS), venivano trovati in possesso di un cacciavite di cm. 21, una pinza d’acciaio di cm. 14, un bastone estensibile della lunghezza di mt. 5 marca “spazio 10000” (in (OMISSIS)).
2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS), vengono proposti distinti ricorsi per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
3. Ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
Lamenta il ricorrente:
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 157 c.p. (primo motivo): in particolare, si censura la statuizione della Corte territoriale che ha indicato come termine di prescrizione quello del (OMISSIS), senza tuttavia fornire indicazioni sui computati quattrocentosessantadue giorni di sospensione;
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 707 c.p.(secondo motivo): in particolare, si contesta la prova che gli arnesi rinvenuti fossero nella disponibilita’ dell’ (OMISSIS) e che tra questi arnesi, il cacciavite fosse strumento idoneo ad aprire una serratura;
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 131-bis c.p.(terzo motivo): ci si lamenta che l’offesa posta in essere non sia stata considerata di particolare tenuita’ pur in mancanza di un danno penalmente rilevante.
4. Ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
Lamenta il ricorrente:
– violazione di legge, nella specie dell’articolo 24 Cost., articoli 192 e 603 c.p.p. e articolo 707 c.p. e vizio di motivazione in merito alla richiesta di apertura dell’istruttoria dibattimentale ai fini dell’effettuazione dell’esame dell’imputato, dal cui silenzio la Corte territoriale ha tratto la prova della sua colpevolezza (primo motivo);
– violazione di legge, nella specie dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 707 c.p. e vizio di motivazione avendo la Corte territoriale indebitamente esteso il tenore letterale e la rilevanza penale dell’espressione “strumenti atti ad aprire o forzare le serrature” contenuta nell’articolo 707 c.p., facendo rientrare in tale locuzione i rinvenuti oggetti (una pinza ed un cacciavite), che rappresentano equipaggiamento standard di ogni automobile (secondo motivo);
– violazione di legge, nella specie dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 131-bis c.p., e vizio di motivazione, non avendo la Corte territoriale spiegato le ragioni per le quali il fatto ascritto al prevenuto non possa essere considerato come tenue (terzo motivo);
– violazione di legge, nella specie dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 62-bis c.p. e vizio di motivazione, non avendo la Corte territoriale considerato, ai fini del riconoscimento delle negate circostanze attenuanti generiche, l’episodicita’ del fatto, la non gravita’ della condotta, la giovane eta’ dell’imputato e gli sparuti precedenti penali dello stesso (quarto motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono entrambi inammissibili.
2. Ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
2.1. Manifestamente infondato e’ il primo motivo.
Del tutto correttamente, la Corte territoriale ha calcolato in complessivi quattrocentosessantadue giorni la durata del complessivo termine di sospensione della prescrizione. Nel dettaglio, risultano essersi verificati i sottoindicati differimenti d’udienza, la cui durata e’ stata calcolata nell’integralita’ giusti gli insegnamenti di questa Suprema Corte (Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio):
– differimento udienza del 02/12/2015 al 06/07/2016 (complessivi giorni 217: causa differimento, astensione dalle udienze da parte dei legali a seguito dell’agitazione di categoria);
– differimento udienza del 14/06/2017 al 17/01/2018 (complessivi giorni 217: causa differimento, astensione dalle udienze da parte dei legali a seguito dell’agitazione di categoria);
– differimento udienza del 17/01/2018 al 14/02/2018 (complessivi giorni 28: causa differimento, richiesta di rinvio semplice avanzata dalla difesa).
Tenuto conto della data di commissione del fatto ((OMISSIS)), del termine ordinario di prescrizione comprensivo delle interruzioni calcolate per il tempo massimo consentito (anni cinque) e del complessivo termine di quattrocentosessantadue giorni di sospensione, e’ agevole dedurre che il reato in parola si prescrivera’ solo in data (OMISSIS).
2.2. Manifestamente infondato e’ il secondo motivo.
L’ (OMISSIS) (unitamente al (OMISSIS), che ha proposto analogo motivo che verra’ trattato al paragrafo 3.2. ai cui contenuti integrativi, sin d’ora, si rimanda) e’ stato trovato in possesso di una pinza, di un cacciavite e di un bastone estensibile della lunghezza di mt. 5 alla cui estremita’ era stato applicato del nastro isolante di colore nero. I beni in parola (non certo costituenti corredo ordinario di un’autovettura) sono stati rinvenuti a bordo del mezzo condotto dal (OMISSIS) su cui l’ (OMISSIS) viaggiava come passeggero. Detti arnesi risultavano nella immediata e diretta disponibilita’ dei prevenuti (v. sentenza di primo grado, pag. 4) ed il relativo possesso deve essere ascritto ad entrambi non essendosene assunto la paternita’ esclusiva nessuno dei due imputati; i medesimi risultano pluripregiudicati anche per reati contro il patrimonio e nessuno dei due e’ stato in grado di fornire giustificazioni sul possesso di quei beni.
La costante giurisprudenza di legittimita’ insegna che, in tema di possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso previsto dall’articolo 707 c.p., e’ sufficiente – ai fini della configurabilita’ del reato – il suddetto possesso o la loro immediata disponibilita’, incombendo all’imputato l’obbligo di dare una seria giustificazione della destinazione attuale e lecita degli strumenti rinvenuti presso di lui (cfr., Sez. 2, n. 52523 del 03/11/2016, Cicchi e altro, Rv. 268410) e che il profilo oggettivo caratterizzante il reato e’ costituito dall’attualita’ del possesso degli strumenti atti allo scasso, che non presuppone, pero’, un rapporto di contiguita’ fisica costante con gli stessi; ne consegue che ricorre l’elemento materiale della contravvenzione anche quando gli oggetti vengano rinvenuti non sulla persona del soggetto ma in luogo ove lo stesso possa accedere liberamente ed altrettanto liberamente disporne (cfr., Sez. 2, n. 28079 del 12/06/2015, Magrini, Rv. 264145; nella fattispecie si trattava di oggetti rinvenuti presso l’abitazione dell’imputato, considerato come luogo di accesso libero ove lo stesso poteva riporre le proprie cose al fine di poterne disporre e fare uso in ogni momento).
2.3. Del tutto aspecifico e comunque manifestamente infondato e’ il terzo motivo.
Lo stesso ripropone pedissequamente censura su cui la Corte territoriale ha gia’ fornito adeguata risposta con il cui contenuto la parte omette di confrontarsi.
Invero, la mancanza di specificita’ del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericita’, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ conducente, a mente dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’ (cfr., Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, n. 35492 del 06/07/2007, Tasca, Rv. 237596).
Fermo quanto precede, i giudici d’appello, con motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici, hanno ampiamente spiegato le ragioni per le quali non e’ possibile riconoscere la causa di non punibilita’ ex articolo 131-bis c.p., affermando, in ossequio al dictum delle Sezioni Unite (sent. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590) come il fatto di reato non possa ritenersi particolarmente tenue, richiedendo il giudizio sulla tenuita’ una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarita’ della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’articolo 133 c.p., comma 1, delle modalita’ della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entita’ del danno o del pericolo: valutazione di merito che, nella fattispecie, ha dato esito negativo per entrambi gli imputati e che, per le ragioni dinanzi esposte, e’ del tutto insindacabile in sede di legittimita’.
3. Ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
3.1. Manifestamente infondato e’ il primo motivo.
Anche sulla questione proposta con la prima censura dal (OMISSIS) soccorre la condivisibile giurisprudenza della Suprema Corte che ha riconosciuto come, allorquando nel dibattimento di primo grado, sia stata chiusa l’istruttoria dibattimentale nel silenzio delle parti senza procedere all’esame dell’imputato che aveva formulato espressa richiesta, non si realizza alcuna violazione del diritto di difesa che determini una nullita’ in quanto l’imputato puo’ chiedere in ogni momento del processo (sia in primo che in secondo grado) di rendere dichiarazioni (Sez. 6, n. 42442 del 20/10/2003, Del Sorbo, Rv. 226928): facolta’ di cui il (OMISSIS) ha deciso di non avvalersi rimanendo assente in entrambi i giudizi.
3.2. Manifestamente infondato e’ il secondo motivo.
Sullo stesso si rimanda alle considerazioni esposte nel precedente paragrafo 2.2. del considerato in diritto in relazione all’omologo motivo proposto dall’ (OMISSIS).
In aggiunta a quanto gia’ detto, occorre solo evidenziare che il precetto penale ha lo scopo di impedire che il reo, essendo in possesso di strumenti idonei ad aprire serrature, possa di essi servirsi per commettere reati determinati da motivi di lucro: da qui, ove trovato in possesso di quei particolari strumenti, l’obbligo di giustificarne l’attuale destinazione. Cio’ premesso, del tutto ininfluente ai fini dell’affermazione della penale responsabilita’ sarebbe stata un’ipotetica spiegazione circa l’astratto uso che di quegli arnesi e’ possibile fare, atteso che la norma precisa che la giustificazione del possesso degli strumenti atti a forzare le serrature dev’essere relativa “all’attuale destinazione” dei suddetti strumenti: il che equivale a dire che l’imputato avrebbe dovuto spiegare a cosa gli servissero quegli strumenti nel momento in cui venne fermato e non dare una spiegazione (quand’anche plausibile) sull’utilizzo che, in genere, ne faceva o ne avrebbe potuto fare.
3.3. Manifestamente infondato e’ il terzo motivo.
Anche con riferimento a questa censura, si rimanda alle considerazioni esposte nel precedente paragrafo 2.3. del considerato in diritto in relazione all’omologo motivo proposto dall’ (OMISSIS).
La Corte territoriale, richiamando la sent. n. 13681/2016 cit., ha condivisibilmente evidenziato come nella scelta del legislatore “… l’esiguita’ del disvalore e’ frutto di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno ed alla colpevolezza. E potra’ ben accadere che si sia in presenza di elementi di giudizio di segno opposto da soppesare e bilanciare prudentemente… ” e che “… la valutazione inerente all’entita’ del danno o del pericolo non e’ da sola sufficiente a fondare o escludere il giudizio di marginalita’ del fatto…”; di tal che “… di particolare ed illuminante rilievo e’ il riferimento testuale alle modalita’ della condotta, al comportamento. La nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensi’ ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravita’, l’entita’ del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena…”.
3.4. Manifestamente infondato e’ il quarto motivo.
La statuizione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e’ oggetto di un giudizio di fatto, il cui riconoscimento puo’ essere escluso dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (cfr., Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv. 242419).
Il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale deve, quindi, motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravita’ effettiva del reato ed alla personalita’ del reo. Inoltre, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo’ essere legittimamente motivato dal giudice – come avvenuto nella fattispecie – con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo.
4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorsi, si determina equitativamente in Euro duemila per ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
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