Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 28 settembre 2018, n. 5569.
La massima estrapolata:
L’ordinanza di sgombero costituisce per l’Agenzia atto dovuto, ai sensi dell’art. 47, comma 2, L n. 159/2011. Tale potere dovere non è in alcun modo condizionato dalla previa adozione del provvedimento di destinazione del bene confiscato.
Sentenza 28 settembre 2018, n. 5569
Data udienza 13 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1066 del 2015, proposto da:
Fl. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Br. Sa. e An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Co. in Roma, via (…);
contro
Agenzia Naz. per L’Amm. e La Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
nei confronti
Ministero dell’Interno, Ug. Ga., Agenzia del Demanio non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA – SEZIONE I n. 12015/2014, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati Alla Criminalità Organizzata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati Br. Sa., An. Ma. e l’Avvocato dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 12.015 del giorno 1 dicembre 2014 il Tar del Lazio ha respinto il ricorso della Fl. s.r.l. avverso il provvedimento con il quale l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata le ha intimato di liberare l’immobile (detenuto in sub-locazione) sito in Milano, via (omissis), oggetto di confisca definitiva.
Il primo giudice, per la parte che qui interessa, ha sottolineato che “l’ordinanza di sgombero costituisce per l’Agenzia atto dovuto, ai sensi dell’art. 47, comma 2, della legge n. 159/2011 (ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 23 giugno 2014, n. 3169)…” e che “tale potere dovere non è in alcun modo condizionato dalla previa adozione del provvedimento di destinazione del bene confiscato (cfr. Consiglio di Stato, sent. n. 3169/2014, cit)…”.
Osserva, inoltre, l’adito Tar che “quanto alla pretesa necessità di comparare l’interesse pubblico alla acquisizione della disponibilità materiale del bene con quello privato alla conservazione dell’immobile, rappresentato dalla ricorrente a mezzo di una richiesta proroga del precedente contratto di locazione inviata nel novembre 2013, deve, poi, rilevarsi come l’art. 48 del d.lgs. 159/2001 consideri la locazione un’ipotesi di utilizzo assolutamente residuale, al più riferibile ai soli beni aziendali, tra i quali è dubbio che rientri l’immobile in questione, descritto nello stesso contratto di sublocazione come una “casa unifamiliare composta da piano rialzato ad uso abitazione e piano seminterrato con annesso appezzamento di terreno”. L’eventuale “affitto” del bene produttivo, peraltro, ai sensi del citato articolo 48, è solo uno dei possibili utilizzi dell’immobile confiscato, che dovrà essere valutato dall’Agenzia nella autonoma fase di determinazione della destinazione del bene, valutazione a sua volta subordinata ad un complesso esame comparativo di soluzioni astrattamente ammissibili, l’analisi delle quali non può essere trasferita, per ragioni di speditezza e tempestività del procedimento, alla diversa fase dello sgombero del bene confiscato…. La natura di atto dovuto del provvedimento, infine, rende sufficiente la motivazione che richiami la sussistenza dei presupposti per l’adozione dell’atto e determina l’irrilevanza del mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento (cfr., sul primo profilo, Consiglio di Stato sez. III, sentenza, 27 luglio 2012 n. 4275 e, sul secondo aspetto, T.A.R Lazio, sez. I ter, 18 gennaio 2013, n. 560)…”.
Avverso tale decisione propone appello la Fl. srl reiterando i motivi di ricorso articolati in primo grado. In particolare l’appellante censura il difetto di istruttoria e di contraddittorio nell’adozione del provvedimento di sgombero emanato dall’Agenzia e la stessa natura di atto dovuto ritenuta in sentenza, nonché la contraddittorietà del comportamento mantenuto dall’amministrazione.
Resiste in giudizio l’Agenzia appellata invocando il rigetto dell’interposto gravame.
All’odierna udienza, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere respinto.
E’ incontroverso tra le parti che l’appellante detiene l’immobile confiscato nella qualità di terzo estraneo, nonché in forza di una contratto di sub-locazione.
Tanto premesso giova ricordare che “a seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. La tutela dei diritti dei terzi è garantita entro i limiti e nelle forme di cui al titolo IV.” (cfr. art. 45 del cod. antimafia).
Il provvedimento di acquisizione mediante sgombero del bene colpito da confisca definitiva è certamente atto dovuto poiché muta radicalmente la natura giuridica del bene confiscato che diviene demaniale ed è destinato agli usi specificamente previsti dalla legge, nei termini sanciti dal terzo comma dell’art. 48 del doc. antimafia (mantenimento al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile, assegnazione per fini sociali, etc.).
La tutela dei diritti del terzi (disciplinata dal richiamato titolo IV; artt. 52 e segg. del codice antimafia) e di tipo esclusivamente patrimoniale e risarcitorio e non prevede alcuna forma di prosecuzione del contratti (nella fattispecie di locazione) in essere al momento della definitività della confisca, fatta salvo l’obbligo dell’amministrazione di percepire (non canoni di locazione, bensì ) la dovuta indennità per l’occupazione sine titulo del bene confiscato sino all’effettivo rilascio.
Il primo giudice ha fatto corretto governo di questi principi e la decisione impugnata deve, sul punto, essere confermata.
Analogamente infondato è il motivo d’appello inerente una pretesa contraddittorietà di comportamento della pubblica amministrazione in relazione agli atti interlocutori posti in essere dal coadiutore della procedura, in adempimento dei compiti di ordinaria amministrazione che allo stesso competono.
Si tratta, infatti, di comuni atti di ordinaria amministrazione, meramente gestionali, posti in essere dal coadiutore della procedura che, in nessun caso, peraltro, possono influire sulla sorte del bene confiscato che, immancabilmente, va acquisito (libero da ogni peso) dall’amministrazione per la successiva destinazione.
Da qui l’infondatezza dell’appello proposto.
La peculiarità delle questioni trattate rende equo compensare tra le parti le spese processuali del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Luigi Birritteri – Consigliere, Estensore
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