Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 4 settembre 2018, n. 39679.
La massima estrapolata:
L’occupazione dello spazio demaniale marittimo è “arbitraria” ed integra il reato di cui all’art. 1161 cod. nav. se non legittimata da un valido ed efficace titolo concessorio, rilasciato in precedenza e non surrogabile da altri atti, ovvero allorquando sia scaduto o inefficace il provvedimento abilitativo, sicché è ben possibile che l’occupazione del demanio non sia arbitraria, perché legittimata dal prescritto provvedimento concessorio, e che sussistano però il reato urbanistico e/o quello paesaggistico per essere state realizzate (o mantenute oltre il termine) opere non autorizzate dal Comune e/o dalla competente autorità regionale. I relativi reati, difatti, presidiano la tutela di beni aventi diversa oggettività giuridica, sicché, se da un lato possono concorrere qualora manchi qualsiasi tipo di autorizzazione, d’altro lato la valutazione della liceità della medesima condotta naturalistica – se autorizzata su un versante, ma non su un altro – può condurre a conclusioni differenti circa la sussistenza dei diversi illeciti.
Fattispecie: demanio marittimo, rimozione delle strutture stagionale funzionali all’attività balneare di facile amovibilità, alla scadenza dell’atto concessorio, non rinnovato.
Sentenza 4 settembre 2018, n. 39679
Data udienza 4 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. REYNAUD Gian – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 10/03/2017 della Corte di appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Reynaud Gianni Filippo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Baldi Fulvio, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione;
udito il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10 marzo 2017, la Corte d’appello di Lecce, accogliendo l’appello proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Lecce il 12 gennaio 2016, riteneva (OMISSIS) colpevole dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, comma 1, lettera c), ed all’art 1161 cod. nav., e, ritenuto tra gli stessi il concorso formale, lo condannava alla pena di mesi due di arresto e Euro 32.000,00 di ammenda (era nel contempo dichiarato prescritto il reato di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181). La Corte riteneva la sussistenza dei reati, esclusi invece dal primo giudice, sul rilievo che, al termine della stagione estiva, l’ (OMISSIS) non aveva rimosso le opere autorizzate con un permesso di costruire stagionale e realizzate sul demanio marittimo, in tal modo trasformando dette strutture in permanenti in assenza del permesso di costruire non stagionale (poi rilasciato soltanto il (OMISSIS)) con occupazione abusiva del suolo demaniale.
2. Avverso la sentenza di appello, hanno proposto ricorso, nell’interesse dell’imputato, i suoi difensori, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
3. Con un primo motivo si deduce violazione degli articoli 54 e 1161 cod. nav., e vizio di motivazione, sul rilievo che l’imputato aveva una concessione demaniale pluriennale e che, in forza della L. Reg. Puglia n. 17 del 2006, articolo 11, commi 4-ter e 4-quater, le strutture funzionali all’attivita’ balneare e di facile amovibilita’ – come quelle oggetto di processo – possono essere mantenute per tutto l’anno e debbono essere rimosse alla scadenza dell’atto concessorio, se non rinnovato.
4. Con un secondo motivo si deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, comma 1, lettera c) e della L. Reg. Puglia n. 17 del 2006, articolo 11, commi 4-ter e 4-quater nonche’ vizio di motivazione, osservando che l’ (OMISSIS) aveva sin dal (OMISSIS) il permesso di costruire con validita’ pluriennale – rilasciato a seguito di conferenza di servizi e quindi in esito ad autorizzazione paesaggistica – che gli consentiva il mantenimento delle strutture dal 1 aprile al 30 ottobre di ogni anno e che il provvedimento faceva salve “le diposizioni in deroga previste dalla vigente legge regionale”. In forza delle menzionate disposizioni di legge regionale, le strutture potevano quindi essere mantenute per tutto l’anno.
5. Con un terzo motivo, si deduce violazione dell’articolo 5 c.p. (come modificato dalla sent. Corte cost. n. 364 del 1988) e vizio di motivazione per non essere stata comunque ritenuta la buona fede del ricorrente, fondata sulle richiamate previsioni di cui alla L. Reg. Puglia n. 17 del 2006, articolo 11 come modificata dalla L. Reg. Puglia n. 24 del 2008. Si richiama inoltre la nota 17 ottobre 2008 in atti, con cui il sig. (OMISSIS) comunicava al Comune di (OMISSIS) che alla luce delle menzionate disposizioni regionali avrebbe mantenuto le strutture per tutta la durata della concessione demaniale e la successiva richiesta di un titolo edilizio adeguato alle nuove norme regionali, con rilascio di parere paesaggistico favorevole da parte della Commissione Paesaggio di (OMISSIS) il (OMISSIS), cui segui’ tuttavia il diniego dell’autorizzazione paesaggistica annuale, annullato con sent. T.A.R. Lecce del 14 luglio 2011. All’esito del giudizio amministrativo furono finalmente ottenuti l’autorizzazione paesaggistica il (OMISSIS) e il permesso di costruire di durata annuale il (OMISSIS). Tutto cio’, deduce il ricorrente, avrebbe dovuto indurre a pronunciare una sentenza di assoluzione quantomeno per difetto dell’elemento soggettivo.
6. Con un quarto motivo si deduce violazione dell’articolo 131-bis c.p., e vizio di omessa motivazione per non essere stata ritenuta la particolare tenuita’ del fatto, peraltro erroneamente adducendosi l’esistenza un precedente penale specifico.
7. Con un quinto motivo si eccepisce la prescrizione dei reati, accertati nel (OMISSIS), che non sarebbero permanenti, ma istantanei con effetti permanenti, dovendosi comunque il reato urbanistico considerarsi prescritto al (OMISSIS), decorsi cinque anni dal rilascio del permesso di costruire annuale.
8. Con un sesto ed ultimo motivo si deduce violazione dell’articolo 163 c.p. e ss., e difetto di motivazione per non essere stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena adducendosi precedenti penali che non risulterebbero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ fondato con riguardo al dedotto vizio di motivazione.
Ed invero la sentenza impugnata non specifica se anche la concessione demaniale avesse validita’ stagionale e richiama – senza smentirla – la statuizione del Tribunale, che invece (pag. 1/C sentenza) attesta trattarsi di provvedimento con validita’ pluriennale (“quanto all’occupazione del suolo demaniale, la relativa autorizzazione non risulta limitata nel tempo a cadenza stagionale, con conseguente insussistenza della contestata condotta di cui agli articoli 54 e 1161 cod. nav.”).
Il punto, reputa il Collegio, dovrebbe pertanto essere chiarito, poiche’ – al di la’ della liceita’ o meno della condotta di mantenimento delle opere oltre l’autorizzato periodo stagionale sui diversi piani del reato urbanistico e paesaggistico – l’unico termine di paragone per valutare la sussistenza del reato previsto dall’articolo 1161 cod. nav., e’ la concessione demaniale di cui all’articolo 36 cod. nav.. L’addebito al proposito contestato in imputazione, del resto, e’ stato riferito all’aver “abusivamente mantenuto, oltre il termine di validita’ autorizzato, dette opere su area demaniale in concessione”. Questa Corte ha gia’ chiarito che l’occupazione dello spazio demaniale marittimo e’ “arbitraria” ed integra il reato di cui all’articolo 1161 cod. nav., se non legittimata da un valido ed efficace titolo concessorio, rilasciato in precedenza e non surrogabile da altri atti, ovvero allorquando sia scaduto o inefficace il provvedimento abilitativo (Sez. 3, n. 4763 del 24/11/2017, dep. 2018, Pipitone, Rv. 272031), sicche’ e’ ben possibile che l’occupazione del demanio non sia arbitraria, perche’ legittimata dal prescritto provvedimento concessorio, e che sussistano pero’ il reato urbanistico e/o quello paesaggistico per essere state realizzate (o mantenute oltre il termine) opere non autorizzate dal Comune e/o dalla competente autorita’ regionale. I relativi reati, di fatti, presidiano la tutela di beni aventi diversa oggettivita’ giuridica, sicche’, se da un lato possono concorrere qualora manchi qualsiasi tipo di autorizzazione, d’altro lato la valutazione della liceita’ della medesima condotta naturalistica – se autorizzata su un versante, ma non su un altro – puo’ condurre a conclusioni differenti circa la sussistenza dei diversi illeciti (cfr. Sez. 3, n. 30171 del 04/06/2015, Serafini, Rv. 264393; Sez. 3, n. 5461 del 04/12/2013, dep. 2014, Caldaroni, Rv. 258692).
Con riguardo al reato di cui all’articolo 1161 cod. nav., la sentenza impugnata deve dunque essere annullata, ma, essendo nel frattempo maturata la prescrizione della contravvenzione – per decorso del termine massimo quinquennale dal conseguimento dei titoli che hanno consentito il mantenimento permanente delle opere – l’annullamento va effettuato senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.
Nella giurisprudenza di questa Corte e’ pacifico che integra il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 articolo 44, comma 1, lettera b) o c), la mancata rimozione, alla scadenza del termine previsto nell’autorizzazione “in precario”, di un manufatto installato per soddisfare esigenze stagionali (Sez. 3, n. 23645 del 12/05/2011, Frassica, Rv. 250484). Per altro verso – con riguardo al giudizio sulla correlazione tra accusa e sentenza – vi e’ piena equivalenza ai fini della contestazione dei reati previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, lettera c), e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, tra la condotta di colui che edifica un manufatto in contrasto con le norme urbanistiche e paesaggistiche e colui che, realizzando un’opera di tipo precario compatibile con il territorio per un limitato periodo di tempo, non la rimuove in spregio delle indicazioni dell’autorita’ amministrativa (Sez. 3, n. 50620 del 18/06/2014, Urso e a., Rv. 261915).
Nel caso di specie non e’ controverso che all’epoca dei fatti (accertati il (OMISSIS)) l’imputato avesse ottenuto il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica per il mantenimento stagionale delle opere, dal 1 aprile al 30 ottobre di ogni anno, sicche’, non avendole rimosse al 30 ottobre 2010, sul piano oggettivo risultano integrati i reati urbanistico e paesaggistico oggetto di contestazione (quest’ultimo gia’ dichiarato prescritto dalla corte d’appello).
2.1. A diversa conclusione non puo’ giungersi sulla scorta delle disposizioni di legge regionale invocate in ricorso.
Quanto alla L. Reg. Puglia 23 giugno 2006, n. 17, articolo 11, comma 4 bis, quale introdotto dalla L. Reg. Puglia 16 aprile 2007, n. 10, articolo 42 – a norma del quale “il mantenimento per l’intero anno delle strutture precarie e amovibili di facile rimozione, funzionali all’attivita’ turistico-ricreativa e gia’ autorizzate per il mantenimento stagionale, e’ consentito anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica”) – ne e’ stata dichiarata l’illegittimita’ costituzionale con sent. Corte cost. 23-27/06/2008, n. 232 per violazione dell’articolo 117 Cost., comma 2, lettera s). Nella citata sentenza si legge che, diversamente da quanto previsto dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, “la norma sottoposta a scrutinio…consente il mantenimento delle opere precarie in questione, oltre il periodo autorizzato in relazione alla durata della stagione balneare, in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilita’ paesaggistica. Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, la tutela ambientale e paesaggistica, la quale ha ad oggetto un bene complesso ed unitario, che costituisce un valore primario ed assoluto, rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 367 del 2007 e n. 182 del 2006). Cio’, se non esclude la possibilita’ che leggi regionali, emanate nell’esercizio della potesta’ concorrente di cui all’articolo 117 Cost., comma 3, o di quella residuale di cui all’articolo 117 Cost., comma 4, possano assumere tra i propri scopi anche indirette finalita’ di tutela ambientale (sentenza n. 232 del 2005), non consente, tuttavia, che le stesse introducano deroghe agli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere annoverata l’autorizzazione paesaggistica” (Corte cost., sent. n. 232 del 2008).
La successiva L. Reg. Puglia 2 ottobre 2008, n. 24, nell’inserire nella L. Reg. Puglia n. 17 del 2006, articolo 11, i commi 4-quater, 4-quinquies e nel prevedere che, a parziale modifica del P.U.T.T. (Piano Urbanistico Territoriale Tematico) del paesaggio in allora vigente, “tutte le strutture funzionali all’attivita’ balneare, purche’ di facile amovibilita’, possono essere mantenute per l’intero anno” (L. Reg. Puglia n. 17 del 2006, articolo 11, comma 4 ter), potendo la rimozione avvenire “alla scadenza dell’atto concessorio, se non rinnovato” (L. Reg. Puglia n. 17 del 2006, articolo 11, comma 4-quater), all’evidente fine di conformarsi ai principi affermati dalla Corte costituzionale quanto ai rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale in materia, ha significativamente previsto che “i soggetti interessati devono munirsi preventivamente del nulla-osta dell’autorita’ competente in materia” (L. Reg. Puglia n. 17 del 2006, articolo 11, comma 4-quinquies). Tale ultima disposizione, a cui il ricorrente neppure accenna, limitandosi a richiamare le due precedenti, chiarisce l’irrilevanza di queste ultime rispetto alla soluzione della questione controversa (cfr., in termini, Sez. 3, 28/03/2017, n. 30188, Resta, non massimata; Sez. 3, 09/10/2012, dep. 2013, n. 15023, Ponzo, non massimata).
All’epoca dell’accertamento, di fatti, il ricorrente non aveva ancora ottenuto l’autorizzazione paesaggistica per il mantenimento annuale delle strutture (ottenuta soltanto il (OMISSIS)) ed il conseguente permesso di costruire annuale (rilasciato il (OMISSIS)), sicche’, per quanto sopra osservato, la mancata rimozione delle opere al termine della stagione – imposta dai provvedimenti a durata stagionale in allora posseduti – ha determinato sul piano oggettivo l’integrazione del reato urbanistico ritenuto dalla sentenza impugnata.
3. Il terzo motivo di ricorso non puo’ invece dirsi manifestamente infondato.
La sentenza impugnata non si sofferma effettivamente in alcun modo sull’elemento soggettivo dei reati ascritti, benche’, in primo grado, l’imputato fosse stato assolto, avendo il tribunale ritenuto che per le peculiarita’ della fattispecie (caratterizzata dal possesso di autorizzazioni stagionali, dalla amovibilita’ delle strutture e dal loro scarso impatto ambientale, dalla brevita’ del periodo invernale di illegittimo mantenimento) l’ipotesi in questione fosse estranea a quella del penalmente rilevante. Se agli elementi considerati (pur erroneamente) dal tribunale per giungere a tale conclusione si aggiunge l’obiettiva incertezza determinata dal susseguirsi delle leggi regionali di cui si e’ dato conto al n. 2 – aggravata dal tenore della Circ. Reg. Puglia – Servizio Demanio e Patrimonio del 16 ottobre 2008, richiamata in ricorso – e, con specifico riguardo alla posizione del ricorrente, il fatto che egli, evidentemente convinto di agire nella legalita’, avesse comunicato con lettera del (OMISSIS) al Comune di (OMISSIS) che avrebbe mantenuto le opere per l’intera durata della concessione demaniale marittima senza ottenere alcun tipo riscontro dall’ente locale, doveva in effetti essere quantomeno esaminato il tema dell’elemento soggettivo per verificare se nella specie ricorresse l’invocata ignoranza inevitabile della legge penale, scusabile ai sensi dell’articolo 5 c.p., nella versione risultante dalla declaratoria d’illegittimita’ costituzionale adottata con sent. Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364. In forza di tale pronuncia, l’orientamento ondivago del legislatore regionale, delle strutture amministrative regionali, degli stessi organi giudiziari e’, di fatti, elemento da cui potrebbe ricavarsi l’ignoranza scusabile della legge penale, cio’ che anche la giurisprudenza di questa Corte ha successivamente ritenuto (quanto alla rilevanza della prassi amministrativa, v. Sez. 3, n. 35314 del 20/05/2016, Oggero, Rv. 268000; quanto alla rilevanza degli orientamenti giurisprudenziali, v. Sez. 3, n. 4951 del 17/12/1.999, dep. 2000, De Nunzio, Rv. 216561).
4. Non essendo, dunque, inammissibile il ricorso, con riguardo al reato urbanistico, quantomeno in relazione al terzo motivo, in accoglimento del quinto motivo; deve riconoscersi che – decorso il quinquennio dall’ottenimento del permesso costruire annuale nella data piu’ sopra indicata e non risultando cause di sospensione del corso della prescrizione – anche quest’illecito si e’ estinto per prescrizione, cio’ che comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata pure in riferimento a tale contravvenzione, non sussistendo evidenti elementi che consentano di adottare una piu’ favorevole sentenza di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2.
5. Le conclusioni di cui sopra determinano l’assorbimento del quarto motivo di ricorso. Deve, di fatti, richiamarsi il principio secondo cui la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131-bis c.p., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito piu’ favorevole per l’imputato, mentre la seconda lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialita’ storica e giuridica (Sez. 6, n. 11040 del 27/01/2016, Calabrese, Rv. 266505).
Parimenti assorbito e’ il sesto motivo di ricorso, afferente al trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ i reati sono estinti per prescrizione
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