Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 aprile 2023| n. 9937.

Locazione ad uso abitativo ed il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza

In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza, previsto dall’art. 13, comma 2, della l. n. 431 del 1998, applicabile “ratione temporis”, per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento della riconsegna dell’immobile locato, rendendo inopponibile nei suoi confronti qualsivoglia eccezione di prescrizione, laddove, in caso contrario, egli è esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata al momento dell’esercizio dell’azione.

Ordinanza|13 aprile 2023| n. 9937. Locazione ad uso abitativo ed il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza

Data udienza 30 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978 n. 392) – Patti contrari alla legge somme corrisposte in eccedenza rispetto al canone legale – Azione di ripetizione ex art. 13, comma 2, l. n. 431 del 1998 – Termine semestrale di decadenza – Portata – Conseguenze

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1326/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS) (p.e.c. indicata: (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS) (p.e.c. indicata: (OMISSIS));
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2330/2018, depositata il 22 giugno 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 marzo 2023 dal Consigliere Emilio Iannello.

Locazione ad uso abitativo ed il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza

RILEVATO

che:
con contratto registrato il 7 marzo 2007 (OMISSIS) assunse in locazione da (OMISSIS) e (OMISSIS) un immobile per uso abitativo; il contratto si rinnovo’ tacitamente alla prima scadenza e fu “rettificato” in data 16 maggio 2013; l’immobile venne poi rilasciato dalla conduttrice il successivo 18 giugno;
nel novembre dello stesso anno i locatori convennero in giudizio avanti il Tribunale di Sondrio (OMISSIS) chiedendone la condanna: a) al pagamento di canoni insoluti relativi ai primi sei mesi del 2013, per un complessivo importo di Euro 2.400; b) al rimborso delle spese condominiali anticipate, per gli anni dal 2008 al 2012; c) al risarcimento dei danni arrecati all’immobile;
la convenuta resistette e chiese, in via riconvenzionale, la condanna degli attori alla restituzione delle somme (pari ad Euro 200 per ciascun mese di durata del rapporto) versate in eccedenza rispetto al canone indicato nel contratto scritto e registrato, previo accertamento della nullita’ della relativa pattuizione, L. 9 dicembre 1998, n. 431, ex articolo 13;
con sentenza n. 432/2017 del 30 ottobre 2017 il Tribunale rigetto’ la domanda riconvenzionale, ritenendola preclusa dal maturato termine semestrale di decadenza previsto dal comma 2 della teste’ citata disposizione; accolse invece quelle degli attori;
con sentenza n. 2330/2018, depositata il 22 giugno 2018, la Corte d’appello di Milano ha confermato tale decisione;
avverso la sentenza d’appello (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono gli intimati depositando controricorso;
la trattazione e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c.;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

Locazione ad uso abitativo ed il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza

CONSIDERATO

che:
con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, articolo 13: “erronea statuizione circa l’intervenuta prescrizione del credito azionato in via riconvenzionale dalla signora (OMISSIS)”;
deduce l’erroneita’ della interpretazione accolta dal giudice a quo della norma suindicata, alla luce della contraria esegesi acquisita nella giurisprudenza di legittimita’ con riferimento alla L. n. 392 del 1978, articolo 79;
con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti in merito alla condanna al risarcimento dei danni”;
lamenta che la Corte d’appello “non ha in alcun modo ricostruito la situazione relativa allo stato dei luoghi al momento della consegna dell’immobile per l’inizio della locazione, ne’ al momento della riconsegna alla fine della locazione”; che in mancanza di tali dati l’incarico affidato al consulente risultava inammissibile in quanto meramente esplorativo e le stesse conclusioni del c.t.u. sono frutto di presunzioni apodittiche;
rileva che la decisione avrebbe piuttosto dovuto basarsi sulle deposizioni testimoniali (la cui verbalizzazione e’ testualmente trascritta alle pagine 20-23 del ricorso) dalle quali emergeva conferma delle proprie tesi difensive;
il primo motivo e’ fondato;
in motivazione, a supporto della ritenuta decadenza dall’azione di ripetizione, la Corte d’appello ha ritenuto non condivisibile l’orientamento interpretativo invalso nella giurisprudenza di legittimita’ – riguardante peraltro la L. n. 392 del 1978, articolo 79 e non direttamente la norma da applicarsi al caso in esame (ossia la L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 2) – secondo cui il mancato rispetto del suddetto termine semestrale di decadenza comporta per il conduttore esclusivamente il rischio di vedersi eccepire la prescrizione dei crediti per i quali questa sia gia’ maturata, e di non potere quindi recuperare i relativi importi, ancorche’ indebitamente versati, tanto argomentando (nella pronuncia capofila di Cass. n. 10128 del 2004) anche dalla disparita’ di trattamento rispetto alle azioni esperibili dal locatore;
all’opposto ha osservato – richiamando la motivazione che nel 1994 aveva condotto la Corte costituzionale (ord. n. 141) a dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale della L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 79, comma 2, sollevata, in riferimento all’articolo 3 Cost., dal Pretore di Roma sul rilievo della disparita’ di trattamento tra conduttore e locatore (legittimato a proporre azione di recupero dei canoni dopo la riconsegna dell’immobile senza limiti temporali che non siano quelli della prescrizione) – che “la ratio della L. n. 392 del 1978, articolo 79, comma 2, in coerenza con la finalita’ sanzionatoria della nullita’ prevista nel comma 1, e’ volta ad eliminare l’incertezza connessa ad una convenzione che, sia pure pro quota, si assume contra legem, per cui l’azione del conduttore implica la previa determinazione del canone legalmente dovuto e la sua proponibilita’ e’ ragionevolmente limitata ad un circoscritto lasso di tempo”;
ha soggiunto che, “d’altra parte,… mentre il credito del locatore per i canoni rimasti impagati e’ soggetto alla prescrizione quinquennale, ex articolo 2948 c.c., n. 3, il credito del conduttore avente ad oggetto il rimborso di canoni indebitamente versati sarebbe soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, ex articolo 2946 c.c.”;
l’esposta esegesi non puo’ essere condivisa;
essa non presenta profili di novita’ ma si limita ad aderire ad una delle due opzioni che da sempre si sono contrapposte nella esegesi della L. n. 392 del 1978, articolo 79: opzione alternativa, dunque, ben presente nella giurisprudenza di legittimita’ in tutte le occasioni in cui la questione si e’ posta, ma sempre respinta in favore di quella opposta, che qui non si ha motivo di rivedere e che va anzi ribadita;
con riferimento alla previsione di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 79, comma 2, costituisce invero jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui il termine semestrale di decadenza, ivi previsto per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, fa (soltanto) si’ che, se l’azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore e’ esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa e’ gia’ maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente e’ stato corrisposto fino al momento del rilascio dell’immobile locato; il che si traduce nella inopponibilita’ di qualsivoglia eccezione di prescrizione (v. da ultimo, Cass. 24/10/2022, n. 31321; v. anche Cass. 30/09/2014, n. 20554; 07/02/2014, n. 2829; 17/12/2010, n. 25638; 07/07/2010, n. 16009; 06/05/2010, n. 10964; nello stesso senso Cass. 16/10/2008, n. 25274; 13/08/2008, n. 11897; 26/05/2004, n. 10128);
tale principio – per l’illustrazione delle cui motivazioni e’ sufficiente rimandare ai precedenti citati – va confermato anche con riferimento alla previsione, applicabile nella specie ratione temporis, di cui al comma 2 dell’articolo 13 L. n. 431 del 1998 (in tal senso, implicitamente, v. gia’ Cass. 07/11/2019, n. 28615, che, in una fattispecie sottoposta ratione temporis alla disciplina di cui alla detta disposizione, ha richiamato espressamente detto principio per la risoluzione di analoga questione);
milita in tal senso anzitutto la formulazione letterale della norma, identica a quella della L. n. 392 del 1978, articolo 79, comma 2, sicche’ e’ concorde in dottrina la tesi diretta ad estendere all’azione in esame i connotati caratterizzanti il rimedio ancora previsto per la locazione ad uso non abitativo;
identiche, in particolare, sono le intitolazioni delle due previsioni e gran parte del loro contenuto precettivo;
la diversita’ dell’impianto di fondo dei due complessi normativi, pur sussistente, non appare poi di tale peso argomentativo da doversi ritenere idonea ad incidere sullo scopo da assegnare in via interpretativa alla norma, rimanendo questa sostanzialmente identica nei due contesti;
la L. n. 392 del 1978, articolo 79 s’inseriva in un provvedimento legislativo volto a sottrarre alle parti contraenti numerosi spazi di autonomia, sostituendo alle loro libere determinazioni uno schema negoziale in larga parte predefinito inderogabilmente dal legislatore; in questa prospettiva, i riferimenti alla misura del canone e alla durata del contratto operati dall’articolo 79 l. eq. can. non facevano altro che ribadire la natura imperativa degli articoli 1 e 12 ss. della medesima legge, cosi’ da confermare che l’eventuale presenza di clausole difformi avrebbe portato alla loro dichiarazione di nullita’, in piena coerenza con gli articoli 1418 e 1419 c.c.;
nel caso di cui alla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 1 la nullita’ della clausola determinativa del maggior canone non e’ collegata alla sua quantificazione ma piuttosto al non consentito occultamento di un patto aggiunto relativo alla misura del canone e alla contrarieta’ della sua causa con la norma tributaria imperativa che impone l’obbligo di registrazione del contratto (cfr. Cass. Sez. U. n. 18213 del 2015);
la diversita’ dei fondamenti assiologici delle previste nullita’ non ha pero’ motivo di riflettersi sulla ricostruzione del meccanismo rimediale prefigurato, come detto in termini identici, rispettivamente dalla L. n. 392 del 1978, articolo 79 e dalla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 2;
se e’ vero che nel secondo caso la disciplina non mira ad assicurare l’applicazione di misure predeterminate del canone, ma piuttosto a sanzionare la clausola nulla perche’ elusiva di norme tributarie imperative, non e’ men vero che anche in tale ipotesi si pone l’esigenza che l’azione di ripetizione del conduttore che ha corrisposto indebitamente somme eccedenti il canone previsto nel contratto scritto e registrato non sia disincentivata dalla remora che il locatore possa agire in ritorsione impedendo che alla scadenza la locazione possa proseguire in tacita sua rinnovazione pattizia;
va dunque affermato il seguente principio di diritto: “Il termine semestrale di decadenza, previsto dalla L. 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, comma 2, (ratione temporis applicabile), per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, fa si’ che, se l’azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore e’ esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa e’ gia’ maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente e’ stato corrisposto fino al momento della riconsegna dell’immobile locato, il che si traduce nella inopponibilita’ di qualsivoglia eccezione di prescrizione”;
in applicazione del richiamato principio, nel caso di specie la proposizione della domanda di ripetizione oltre il termine semestrale di cui all’articolo 13, comma 2, l. cit. avrebbe dunque potuto determinare esclusivamente la non ripetibilita’, per intervenuta prescrizione, delle somme versate oltre dieci anni prima e non, come erroneamente opinato dal giudice a quo, la decadenza in radice da ogni pretesa restitutoria, ancorche’ non prescritta;
il secondo motivo e’ inammissibile;
in disparte il rilievo dell’inosservanza dell’onere di specifica indicazione degli atti richiamati, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6 e articolo 369 c.p.c., n. 4, sotto il profilo in particolare della necessaria loro localizzazione nel fascicolo processuale come pervenuto a questa Corte, appaiono evidenti la natura in facto e non in iure della censura e la sua non riconducibilita’ al tipo di vizio evocato, ma piuttosto volto a sollecitare una mera globale rivalutazione del materiale istruttorio;
il motivo, peraltro, non si confronta minimamente con la motivazione sul punto offerta nella sentenza impugnata, finendo con il riproporre in sostanza le medesime critiche gia’ svolte con l’appello e confutate dalla Corte di merito con ampie motivazioni (v. pagg. 8-9 della sentenza), delle quali come detto la ricorrente si disinteressa;
in accoglimento dunque del primo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a quo, cui va demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, comunque in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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