Consiglio di Stato, Sentenza 30 ottobre 2020, n. 6660.
L’obbligazione di corrispondere il contributo afferente al permesso di costruire nasce nel momento in cui viene rilasciato il titolo ed è a tale momento che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità del contributo, il quale deve quindi essere liquidato sulla base della disciplina vigente nel momento in cui il provvedimento abilitativo viene emanato, perchè proprio in tale momento nasce l’obbligazione contributiva.
Sentenza 30 ottobre 2020, n. 6660
Data udienza 1 ottobre 2020
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – PAU – Demolizione del vecchio immobile ed opere di fondazione e contenimento realizzati – Sanatoria – Art. 38 dpr n. 380 del 2001 – Solo per vizi di procedura – Permesso di costruire – Oneri di urbanizzazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8443 del 2019, proposto dalla società Fr. Si. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ca., Gi. Do. e Ma. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Del Ve. in Roma, viale (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, Sezione Prima, n. 413 del 17 giugno 2019, resa tra le parti, concernente la quantificazione degli oneri concessori relativi ad un intervento di recupero edilizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visto il ricorso incidentale formulato dal Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la richiesta congiunta di passaggio in decisione, formulata dai difensori delle parti in data 23 settembre 2020;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2020, in cui nessuno è comparso, il Cons. Luca Lamberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I) IL PRESENTE GIUDIZIO
2. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. per le Marche ha accolto la domanda svolta in primo subordine dalla società odierna appellante avverso la quantificazione degli oneri di urbanizzazione relativi all’intervento di recupero del complesso edilizio “ex Consorzio Agrario” di (omissis).
Più in particolare, il T.a.r., dando atto della complessità della pregressa vicenda sul piano tanto procedimentale quanto processuale, ha accolto la domanda svolta in primo subordine (la società aveva svolto una domanda principale e due in progressivo subordine), scomputando dagli oneri di urbanizzazione dovuti per l’intervento la somma di E. 78.335,92.
2. La società ha interposto appello, censurando la sentenza “nella parte in cui non ha accolto la domanda principale avanzata nel giudizio di I grado”.
3. Il Comune, costituitosi in resistenza, ha a sua volta proposto ricorso incidentale, chiedendo, in sostanza, che sia accertata la correttezza della quantificazione del contributo dovuto dal privato operata dall’Ente in occasione del rilascio del più recente titolo edilizio.
Alla camera di consiglio del 14 novembre 2019 il ricorso è stato rinviato al merito con l’accordo delle parti.
In vista della trattazione del ricorso la sola società appellante ha versato in atti difese scritte.
4. Il ricorso è stato introitato per la decisione alla pubblica udienza del 1 ottobre 2020.
5. II) LA PREGRESSA VICENDA
6. La vicenda oggetto di causa, connotata da estrema complessità, può e deve essere sintetizzata, per quanto qui di interesse, come segue.
5.1. La società Si., intenzionata a procedere al recupero del complesso edilizio “ex Consorzio Agrario” in (omissis), aveva proposto al Comune un piano di recupero, che l’Ente aveva approvato con delibera consiliare n. 38 del 7 maggio 2008.
5.2. Intervenuta la legge regionale sul “Piano casa” (l.r. n. 22 del 2009), la società aveva dichiarato al Comune di voler profittare delle relative previsioni (contemplanti, tra l’altro, la possibilità di realizzare volumetrie ulteriori) ed aveva, pertanto, chiesto al Comune la revoca del piano attuativo ed il rilascio di titolo edilizio diretto: il Comune aveva revocato il piano con la delibera consiliare n. 31 del 25 maggio 2012 e, quindi, aveva rilasciato alla società il Provvedimento Autorizzativo Unico (PAU) n. 16 del 28 novembre 2012 (integrato dai successivi provvedimenti autorizzativi unici n. 10 del 2013 e n. 28 del 2013), a fronte del quale la società aveva versato, a titolo di oneri di urbanizzazione, la somma complessiva di circa E. 221.000,00.
5.3. Con successiva delibera giuntale n. 60 del 20 febbraio 2013 il Comune disponeva che la società avrebbe dovuto eseguire una serie di interventi di urbanizzazione esterni al comparto, aggiuntivi rispetto a quelli interni al comparto stesso, del valore di E. 335.000,00 al lordo dell’IVA, consentendo tuttavia lo scomputo soltanto dell’importo di E. 122.458,58, da applicare al contributo di miglioria ed agli oneri di urbanizzazione primaria dovuti per l’intervento.
5.4. Alcuni competitor commerciali della società hanno impugnato il PAU e la delibera consiliare n. 31 del 25 maggio 2012, sostenendo che la rinuncia al piano attuativo e la conseguente revoca da parte del Comune non avessero comportato la reviviscenza della destinazione di PRG (zona “B2-1”), essendo all’uopo in tesi necessaria una previa variante urbanistica che escludesse la necessità del piano attuativo prevista dall’allora vigente PRG.
5.5. Il T.a.r., con la sentenza n. 434 del 16 aprile 2014, ha accolto in parte tale prospettazione ed ha annullato il PAU, non provvedendo, viceversa, ad annullare anche la delibera consiliare n. 31 del 25 maggio 2012, riqualificata come atto di adozione preliminare di variante urbanistica.
5.6. La sentenza veniva impugnata con ricorso principale dalle originarie ricorrenti e con ricorso incidentale dalla società Si..
5.6.1. In particolare, le originarie ricorrenti si dolevano del mancato annullamento anche della citata delibera consiliare n. 31, mentre la società Si. avanzava due ordini di censure:
1. a) la rinuncia al piano attuativo e la relativa revoca formale da parte del Comune avrebbero comportato, di fatto, l’eliminazione dal PRG della prescrizione dell’adozione di un previo piano attuativo per l’autorizzazione degli interventi edilizi nella zona;
2. b) comunque, la legge regionale recante il “Piano casa” sarebbe stata direttamente applicabile, anche in deroga ai vigenti strumenti urbanistici.
5.7. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3700 del 26 agosto 2016, accoglieva l’appello principale (annullando, dunque, la delibera consiliare n. 31 del 25 maggio 2012) e respingeva quello incidentale, scrutinando, tuttavia, soltanto la prima censura formulata dalla società Si. ed omettendo totalmente la seconda.
5.8. La società Si. formulava, allora, ricorso per revocazione, allibrato al n. 1541 del 2017.
5.9. Nel frattempo, a seguito della citata sentenza del T.a.r. n. 434 del 16 aprile 2014, il Comune aveva approvato la variante urbanistica con delibera consiliare n. 19 del 2015.
5.10. Siffatta delibera veniva impugnata dalle originarie ricorrenti: il T.a.r., con la sentenza n. 549 del 10 ottobre 2016, dichiarava il mezzo inammissibile per difetto di notificazione alla società Si., qualificata come contro-interessato.
5.11. Le originarie ricorrenti interponevano appello, allibrato al n. 8630 del 2016.
5.12. Nelle more, il Comune aveva altresì rilasciato alla società Si., ai sensi dell’art. 38 d.p.r. n. 380 del 2001, il nuovo PAU n. 15 del 5 agosto 2015.
5.13. Le originarie ricorrenti avversavano pure tale provvedimento con ricorso spedito per la notifica nel gennaio 2016; con successivo ricorso per motivi aggiunti, radicato successivamente all’intervento della citata sentenza di questo Consiglio n. 3700 del 2016, sostenevano poi che tale sentenza, annullando la delibera consiliare n. 31 del 2012, avesse determinato la caducazione automatica tanto della successiva delibera consiliare n. 19 del 2015 recante l’approvazione della variante urbanistica, quanto del nuovo PAU.
5.14. Il ricorso veniva definitivamente rigettato dal T.a.r. con la sentenza n. 105 del 6 febbraio 2017, dopo che, con la sentenza non definitiva n. 489 del 22 agosto 2016, il T.a.r. aveva rigettato le eccezioni in rito svolte ad opera delle resistenti, tra cui quella di irricevibilità del ricorso introduttivo, che si eccepiva essere stato tardivamente proposto.
5.15. Le originarie ricorrenti interponevano appello avverso la sentenza n. 105 del 2017, mentre la società Si. ed il Comune di (omissis) svolgevano appello incidentale avverso la sentenza non definitiva n. 489 del 2016, nei cui riguardi avevano, a suo tempo, formulato riserva di appello: il giudizio veniva allibrato al n. 2057 del 2017.
6. Con la sentenza n. 1981 del 29 marzo 2018 il Consiglio di Stato:
7. a) ha riunito i tre ricorsi n. 8630 del 2016, n. 1541 del 2017 e n. 2057 del 2017;
8. b) ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 8630 del 2016, rilevando che, a prescindere dalla corretta instaurazione del contraddittorio in prime cure, comunque nel ricorso in appello non erano state espressamente riproposte le censure di merito assorbite dal T.a.r., con ciò contravvenendosi al disposto di cui all’art. 101, comma 2, c.p.a;
b1) ad ogni buon conto, “pure a volere prescindere da tale dirimente rilievo”, ha ritenuto infondato il ricorso, posto che la società Si. avrebbe palesemente rivestito ab initio la qualità di contro-interessato rispetto all’avversa iniziativa giurisdizionale;
1. c) ha accolto, tanto nel rescindente quanto nel rescissorio, il ricorso n. 1541 del 2017, osservando che:
c1) la sentenza revocanda aveva del tutto omesso l’esame del secondo motivo di censura svolto dalla società Si., ciò integrando un errore di fatto nella percezione del significato e della portata degli atti processuali;
c2) nel merito, la censura de qua sarebbe fondata, posto che la legge regionale sul Piano casa statuirebbe espressamente che le relative previsioni prevalgono sui difformi strumenti urbanistici (altrimenti detto, la legge regionale avrebbe efficacia diretta);
1. d) ha accolto l’appello incidentale svolto dal Comune e dalla società Si. nell’ambito del ricorso n. 2057 del 2017, ravvisando la tardività del ricorso di prime cure e dichiarando, pertanto, “improcedibile l’appello principale nella (sola) parte in cui ripropone i motivi del ricorso introduttivo del giudizio”;
d1) ha esaminato, sempre nell’ambito di tale ricorso, l’appello principale nella parte in cui riproponeva le censure svolte in prime cure con motivi aggiunti, “tesi a far accertare la sopravvenuta caducazione, in via automatica, dell’ultimo PAU impugnato (n. 15/2015), per effetto della riforma della sentenza n. 434/2014 ad opera del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3700/2016”, rigettandolo nel merito, giacché “allo stato, il PAU da ultimo impugnato riposa sull’applicazione delle norme sul piano casa (per effetto, come appena ricordato, dell’esito del giudizio n. 1451/2017) e sull’adozione di una variante definitiva divenuta, oramai, inoppugnabile (in conseguenza, come detto, dell’esito del giudizio n. 8630/2016)”.
7. Nelle more della definizione di tali giudizi, con ricorso spedito per la notifica nell’ottobre 2015 la società Si. impugnava i provvedimenti comunali di rideterminazione degli oneri di urbanizzazione dovuti in relazione al rilascio del PAU 2015 (E. 203.767,06 ulteriori rispetto alla somma di circa E. 221.000,00 già corrisposta in occasione del rilascio del PAU 2012), sostenendo “l’inesistenza del diritto del Comune” a richiedere oneri ulteriori rispetto a quelli già liquidati (e corrisposti) all’atto del rilascio del PAU 2012; la società impugnava, altresì, la delibera giuntale n. 60 del 2013 nella parte in cui il Comune, nel quantificare l’importo delle opere aggiuntive esterne al comparto in E. 335.000,00, ne limitava lo scomputo a soli E. 122.458,58.
7.1. Con un primo ricorso per motivi aggiunti, spedito per la notifica nel gennaio 2016, la società impugnava la delibera giuntale n. 200 del 2015, che rideterminava il valore delle opere esterne al comparto in E. 340.100,00 e ne consentiva lo scomputo dai soli oneri di urbanizzazione primaria nella misura di E. 184.452,36: la società chiedeva la restituzione degli oneri versati in occasione del rilascio del PAU 2015 e, in subordine, lo scomputo dell’intero valore delle opere di urbanizzazione realizzate fuori comparto (ricalcolate, appunto, in E. 340.100,00) dagli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria sia del primo che del secondo PAU.
7.2. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, spedito per la notifica nel gennaio 2019, la società impugnava la nota con cui il Comune aveva rigettato l’istanza di rimborso degli oneri versati in occasione del rilascio del PAU 2015, presentata a seguito della pubblicazione della citata sentenza n. 1981 del 2018 del Consiglio di Stato.
7.2.1. La società, premesso che in tale nota il Comune riconosceva di dover restituire la somma di E. 17.529,13, sosteneva che, a seguito della mentovata pronuncia n. 1981 di questo Consiglio, tutta l’attività amministrativa posta in essere in esecuzione della sentenza del T.a.r. n. 434 del 2014 sarebbe stata inutiliter data, sì che:
– l’unico titolo edilizio in relazione al quale la società era tenuta a versare gli oneri di urbanizzazione sarebbe il PAU 2012;
– il versamento degli ulteriori oneri eseguito in occasione del PAU 2015 sarebbe privo di causa.
7.3. In sede di discussione la società formulava, dunque, le seguenti conclusioni:
203. a) in via principale, accertare l’inesistenza del diritto del Comune a richiedere gli oneri di urbanizzazione nella misura ulteriore di Euro 203.767,06 per il rilascio del PAU 2015 e, conseguentemente, condannare l’Ente alla restituzione delle somme ulteriori versate in occasione del rilascio del PAU 2015, anche per le spese di polizza fideiussoria, nonché a scomputare i costi delle opere di urbanizzazione eseguite fuori comparto anche dagli oneri di urbanizzazione secondaria;
a1) la somma complessiva chiesta in restituzione ammonta ad E. 160.870,41, così composta:
– E. 83.660,47 versati a titolo di monetizzazione degli standard;
– E. 14.827,07 versati a titolo di opere di urbanizzazione primaria ed E. 2.702,07 versati a titolo di costo di costruzione (per complessivi E. 17.529,14), già riconosciuti dal Comune stesso come non dovuti ma non ancora rimborsati;
– E. 15.199,58, versati a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria;
– E. 44.481,22 corrisposti mediante l’esecuzione fuori comparto di opere di urbanizzazione primaria, il cui scomputo è stato espressamente previsto dalla delibera giuntale n. 200 del 2015;
340. b) in via subordinata, accertare che le opere eseguite a scomputo ammonterebbero ad E. 340.100,00, che sarebbe stata scomputata solo la somma di E. 184.452,36 “a titolo di contributo di miglioria… e di oneri di urbanizzazione primaria” e che la società avrebbe diritto a veder scomputato anche quanto versato a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, con conseguente condanna del Comune a rimborsare la somma di E. 78.335,92, così composta:
– E. 14.827,07 versati a titolo di opere di urbanizzazione primaria ed E. 2.702,07 versati a titolo di costo di costruzione (per complessivi E. 17.529,14), già riconosciuti dal Comune stesso come non dovuti ma non ancora rimborsati;
– E. 15.199,58, versati a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria in occasione del rilascio del PAU 2015;
– E. 45.607,20 versati a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria in occasione del rilascio del PAU 2012;
31. c) in via ulteriormente subordinata, accertare il diritto della società allo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione eseguite fuori comparto dagli oneri di urbanizzazione tanto primaria quanto secondaria dovuti in occasione del rilascio del PAU 2015, con conseguente condanna del Comune a rimborsare l’importo di E. 31.728,72, così composto:
– E. 14.827,07 versati a titolo di opere di urbanizzazione primaria ed E. 2.702,07 versati a titolo di costo di costruzione (per complessivi E. 17.529,14), già riconosciuti dal Comune stesso come non dovuti ma non ancora rimborsati;
– E. 15.199,58, versati a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria in occasione del rilascio del PAU 2015.
8. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. ha osservato che, benché a seguito della sentenza di questo Consiglio n. 1981 “in linea teorica si dovrebbe ritenere che tutti gli atti e provvedimenti che il Comune ha adottato in esecuzione di quella sentenza siano venuti meno automaticamente”, purtuttavia siffatta decisione, essendosi “dilungata nella trattazione degli appelli promossi contro le sentenze del T.A.R. n. 489/2016 e n. 105/2017”, dimostrerebbe che, ad avviso del Consiglio, “il P.A.U. 15/2015 non è del tutto irrilevante, come sostiene parte ricorrente, poiché il Comune ha comunque regolarizzato (attraverso la variante formale e/o la norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 190/2014) profili di irregolarità dei precedenti P.A.U. del 2012-2013”.
8.1. Per tale motivo, il T.a.r. ha respinto la domanda svolta in via principale dalla società, accogliendone tuttavia quella formulata in primo subordine, ciò che, ad avviso del T.a.r., “costituisce un adeguato punto di equilibrio fra i contrapposti interessi, non essendovi alcun dubbio circa il fatto che la ditta ricorrente ha sostenuto rilevanti investimenti”.
9. La società ha svolto appello, ribadendo le richieste svolte in via principale in prime cure.
9.1. La società, in particolare, ha svolto le seguenti considerazioni:
– l’intervento autorizzato dal PAU 2012 e dal PAU 2015 sarebbe del tutto identico, giacché il progetto non sarebbe cambiato: invero, il PAU 2015 sarebbe stato rilasciato in sanatoria di pregresse illegittimità meramente procedurali (oltretutto addebitabili esclusivamente al Comune), ma sostanzialmente non avrebbe recato alcun aliquid novi, per cui dovrebbe farsi riferimento alle tariffe in vigore nel 2012, non a quelle maggiori successivamente fissate dal Comune con delibera giuntale del 2014;
– del resto, in termini generali “il particolare riesame ex art. 38 ha lo scopo di sanare i vizi dell’atto precedente, che resta ciò non di meno l’atto di esercizio del potere sostanziale cui sono riconducibili gli effetti”; non per caso, il PAU 2015 farebbe testuale “richiamo agli istituti della conferma e convalida”;
– l’applicazione delle tariffe “nel frattempo introdotte con la deliberazione di Giunta n. 23/2014”, dunque, “tradirebbe la ratio dell’istituto della sanatoria ex art. 38”, in tesi costituente “norma di favore che assiste l’affidamento qualificato del privato”;
– oltretutto, nel caso di specie rivestirebbe rilievo fondamentale la sentenza di questo Consiglio n. 1981 del 2018, che avrebbe “riscritto la storia di tutta la vicenda amministrativa in modo definitivo e con efficacia di giudicato e dunque per così dire retroattiva”: invero, l’effetto espansivo esterno delle pronunce del Consiglio di Stato, nonché il principio di effettività della tutela giurisdizionale, imporrebbero di ritenere che, ai fini della misura del contributo di urbanizzazione, debba guardarsi al PAU 2012, posto che il PAU 2015 sarebbe stato emanato a conclusione dell’attività di conformazione alla sentenza di prime cure, dunque in un contesto giuridico diverso, anzi opposto, rispetto all’attuale, in cui quella sentenza del T.a.r. (che aveva annullato il PAU 2012) è stata a sua volta annullata dal Consiglio di Stato;
– di converso, il fatto che il Consiglio di Stato, nella pronuncia n. 1981 del 2018, abbia respinto anche le censure avverso il PAU 2015 non rileverebbe, sia perché ciò sarebbe stato fatto in base “all’elementare obbligo del Giudice di decidere sulle domande invalidatorie delle parti”, sia, comunque, perché nella presente sede si verte non in tema di legittimità provvedimentale, ma di corretta individuazione della misura del contributo;
– inoltre, la sentenza gravata “non chiarisce poi quali siano i profili di irregolarità dei precedenti PAU del 2012-2013 che il permesso in sanatoria del 2015 avrebbe sanato e che dunque giustificherebbero una sua sopravvivenza, rendendo così una motivazione del tutto generica” e, per di più, “si basa sostanzialmente su ragioni di equità, che notoriamente non possono avere ingresso nelle decisioni adottate dal G.A.”.
10. Il Comune, costituitosi in resistenza, ha altresì svolto ricorso incidentale.
10.1. Quanto all’appello formulato ex adverso, il Comune ha sostenuto che:
– la sentenza di questo Consiglio n. 1981 del 2018 avrebbe “confermato la piena legittimità” del PAU 2015; del resto, l’edificazione sarebbe avvenuta proprio in base al PAU 2015, giacché “risulta pacifico ed incontestato che al momento del rilascio del PAU 2015, erano stati unicamente completati i lavori di demolizione del vecchio immobile ed eseguite le opere di fondazione e contenimento, senza alcuna conformazione volumetrica tale da poter essere definita nelle parti strutturali in elevazione”;
– in termini generali, inoltre, “l’obbligazione di corrispondere il contributo afferente al permesso di costruire nasce nel momento in cui viene rilasciato il titolo ed è a tale momento che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità del contributo”; tale obbligazione, infatti, “rappresenta un’obbligazione giuridica di tipo pubblicistico che sorge con il rilascio della concessione edilizia ed è qualificabile come corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici arrecati al nuovo manufatto”.
10.2. Con il gravame incidentale l’Ente ha poi impugnato la sentenza del T.a.r. n. 413 del 2019 “nella parte in cui è stata accolta la domanda subordinata di accertamento negativo del diritto del Comune di pretendere il pagamento di somme che “non trovano giustificazione causale”“.
10.2.1. Il gravame è fondato sulle stesse ragioni formulate a sostegno del rigetto dell’appello radicato ex adverso; il Comune, in sostanza, rivendica il carattere vincolato della propria condotta, disciplinata da norme imperative di carattere pubblicistico, e censura il ricorso del T.a.r. a criteri di carattere equitativo.
III) LA DECISIONE DELLA CAUSA
11. Il ricorso della società Si. è fondato.
12. Il Collegio osserva anzitutto, in termini generali, che il titolo edilizio rilasciato ex art. 38 d.p.r. n. 380 del 2001 ha la funzione di sanatoria di un pregresso titolo affetto da vizi procedimentali (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 7 settembre 2020, n. 17): il proprium del provvedimento, dunque, non è la spendita attuale del potere autorizzatorio, ma la sanatoria di vizi procedimentali che affliggevano un pregresso titolo edilizio e che ne avevano comportato l’annullamento.
12.1. In altre parole, il titolo ex art. 38 emenda un pregresso titolo annullato per vizi procedimentali, consentendo a questo di esplicare pienamente i propri effetti.
12.2. Tali effetti sono evidentemente recuperati alla legalità “ora per allora”, ossia con effetto anche de praeterito (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 ottobre 2011, n. 5536), nei limiti in cui:
– i vizi del pregresso titolo avessero natura solo procedimentale e non attenessero alla possibilità giuridica di eseguire l’intervento (ossia alla conformità urbanistico-edilizia dell’opus);
– il progetto sia rimasto inalterato.
12.2.1. In termini giuridici, la disposizione in parola:
– costituisce un’epifania del generale principio normativo di conservazione dei valori giuridici, che permea l’intero ordinamento (cfr. art. 1367 c.c.);
– attua il valore dell’economicità dell’azione amministrativa (sanare è meno oneroso che autorizzare ex novo), precipitato tecnico del principio costituzionale che prescrive il buon andamento dell’Amministrazione;
– tutela l’affidamento del privato, posto che i vizi procedimentali sono, per loro natura, vizi dell’agire amministrativo, come tali non addebitabili al privato.
12.2.2. In termini fattuali, la disposizione consente (recte, impone) all’Amministrazione l’eliminazione dei vizi procedimentali che ostano alla realizzazione di un intervento edilizio ab origine sostanzialmente assentibile.
12.3. Nel caso di specie, si verificano tutte le richieste condizioni:
– il progetto ed il relativo carico urbanistico constano essere rimasti inalterati (si veda la documentazione in atti); comunque, non vi è una specifica e documentata contestazione del Comune in proposito;
– il vizio procedimentale del PAU 2012 conseguiva alla valutazione comunale di sufficienza della revoca del Piano di Recupero, in luogo dell’approvazione di una variante urbanistica.
12.4. Da tali argomentazioni già emerge l’inconsistenza giuridica della pretesa comunale di richiedere gli oneri di urbanizzazione in base alle sopravvenute tariffe approvate nel 2014, posto che l’intervento edilizio de quo trova la sua autorizzazione sostanziale nel PAU 2012.
13. Elemento decisivo a sostegno delle richieste della società appellante è, tuttavia, rappresentato dalla sentenza di questo Consiglio n. 1981 del 2018.
13.1. Tale pronuncia, riformando la sentenza del T.a.r. che aveva annullato il PAU 2012, ne ha ripristinato l’efficacia ex tunc; invero, come l’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo ha efficacia demolitoria ex tunc, così l’annullamento in grado di appello della sentenza di prime cure che aveva annullato un atto determina, con analogo effetto ex tunc, la piena vigenza ed efficacia di quel provvedimento sin dalla sua emanazione e per tutto il tempo del giudizio.
13.2. In esito all’articolata vicenda processuale, dunque, si ha che, anche da un punto di vista formale, l’intervento edilizio della società appellante trova il proprio titolo esclusivamente nel PAU 2012.
13.3. Non vale, in senso contrario, osservare che la sentenza n. 1981 ha delibato anche le doglianze svolte contro il PAU 2015: in disparte il fatto che ciò ha rappresentato l’adempimento dell’inderogabile dovere del Giudice di decidere sulle domande proposte, il Collegio evidenzia che in tale giudizio si dibatteva della legittimità dell’azione amministrativa, mentre in questo di discute della misura degli oneri di urbanizzazione dovuti dal privato.
13.4. Con maggiore sforzo motivazionale, la delibazione della correttezza della condotta amministrativa, scrutinata in base alle norme di azione di settore, non implica per ciò solo che a tale titolo debba farsi riferimento anche per stabilire il quantum degli oneri di urbanizzazione.
13.5. Invero, lo scrutinio di legittimità deve essere operato in base allo stato di fatto e di diritto esistente al momento dell’effusione provvedimentale: orbene, nella sentenza in commento il Consiglio di Stato ha ritenuto che il PAU 2015 fosse legittimo nel contesto di fatto e di diritto esistente all’epoca della relativa emanazione, connotato dall’intervenuto annullamento del PAU 2012 ad opera della sentenza del T.a.r. n. 434 del 16 aprile 2014 e dalla conseguente iniziativa comunale, assunta in esecuzione delle indicazioni conformative contenute in tale sentenza, consistita nella redazione ed approvazione di apposita variante urbanistica.
13.6. In tale specifico quadro deve, dunque, essere letta la decisione di questo Consiglio.
13.7. Ai fini che qui interessano, invece, deve considerarsi il complessivo esito dell’articolata vicenda processuale: il riacquisto ex tunc di efficacia del PAU 2012, determinato dalla medesima sentenza n. 1981, rende, da un punto di vista effettuale (salva, cioè, la legittima sostanza provvedimentale), inutiliter dato il PAU 2015, posto che il titolo viziato che il PAU 2015 andava a sanare era poi stato, all’esito del giudizio, ritenuto perfettamente legittimo.
13.8. Del resto, è lo stesso Comune ad affermare, del tutto correttamente, che “l’obbligazione di corrispondere il contributo afferente al permesso di costruire nasce nel momento in cui viene rilasciato il titolo ed è a tale momento che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità del contributo, il quale deve quindi essere liquidato sulla base della disciplina vigente nel momento in cui il provvedimento abilitativo viene emanato, perchè proprio in tale momento nasce l’obbligazione contributiva” (cfr. memoria di costituzione, pag. 11): nella specie, tuttavia, il titolo cui fare riferimento è il PAU 2012.
14. In definitiva:
– l’intervento edilizio della società appellante, rimasto immutato nei propri caratteri strutturali, volumetrici e morfologici, trova la propria autorizzazione esclusivamente nel PAU 2012, giacché i vizi procedimentali di tale PAU, inizialmente ravvisati dal T.a.r., sono stati poi ritenuti inesistenti da questo Consiglio;
– il PAU 2015 emanato in costanza di giudizio dal Comune perde, ex post, ogni rilievo ai fini per cui è causa, stante il carattere ab origine non viziato del titolo alla cui sanatoria era volto il PAU 2015;
– il lungo tempo trascorso dai fatti non è in alcun modo addebitabile alla società appellante;
– la misura degli oneri di urbanizzazione deve essere individuata in base alle tariffe vigenti al momento dell’emanazione del titolo edilizio e, nella specie, il titolo edilizio cui fare riferimento è il PAU 2012;
– la misura degli oneri de quibus deve essere, dunque, quella vigente nel 2012, verificandosi altrimenti un’indebita applicazione retroattiva delle tariffe stabilite in epoca successiva (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 30 giugno 2020, n. 4134).
15. Quanto, infine, alla questione dello scomputo del valore delle opere di urbanizzazione eseguite dalla società fuori comparto, dalle difese del Comune non sono emerse ragioni concrete per limitarlo ai soli oneri di urbanizzazione primaria dovuti per l’intervento edilizio de quo, alla luce:
– della comune natura giuridica degli oneri di urbanizzazione, tutti tipologicamente afferenti ad un unitario genus;
– del fatto che la realizzazione di opere fuori comparto, espressamente prevista ab initio, costituiva una forma di compartecipazione del privato agli oneri derivanti alla collettività locale dall’incremento del carico urbanistico conseguente all’intervento de quo, al pari del pagamento in moneta degli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria), di cui, dunque, condivideva natura e finalità.
15.1. Di converso, non consta che la società abbia realizzato opere di urbanizzazione fuori comparto contro la volontà dell’Ente locale o, comunque, in difformità dalle relative prescrizioni.
16. Per le esposte ragioni, l’appello della società è fondato e, specularmente, va rigettato l’appello incidentale del Comune.
17. In riforma della sentenza impugnata, dunque, il Collegio:
18. a) accerta l’inesistenza del diritto del Comune di richiedere oneri di urbanizzazione in misura superiore rispetto a quanto dovuto in base al PAU 2012;
19. b) condanna l’Ente locale a restituire alla società appellante il complessivo importo di E. 160.870,41, risultante dalla somma delle voci di cui supra, sub § 7.3, lett. a1).
20. L’estrema complessità del contenzioso rende opportuna la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello e sull’appello incidentale, come in epigrafe proposti, dispone come segue:
– accoglie l’appello principale e, per l’effetto, accoglie la domanda principale svolta nel ricorso di primo grado, come indicato in parte motiva sub § 17;
– respinge l’appello incidentale;
– compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza – Presidente FF
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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