Consiglio di Stato, Sentenza|2 febbraio 2021| n. 963.
L’istituto della mobilità esterna, disciplinato nell’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, al comma 2 bis, tende a garantire una più razionale distribuzione delle risorse già esistenti mediante una mera modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti. La mobilità, cioè, si risolve nella cessione del contratto tra le P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 165/2001, con conseguenti economie di spesa di personale complessivamente intesa, così da garantire una tendenziale stabilità dei livelli occupazionali nel settore pubblico.
Sentenza|2 febbraio 2021| n. 963
Data udienza 22 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Avviso di mobilità esterna – Art. 30, comma 2-bis, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – Graduatoria di merito – Proroghe ope legis – Mancato scorrimento – Sopravvenuta carenza di interesse – Improcedibilità dell’appello
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4311 del 2014, proposto dai signori Ni. Ci., ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ro. Co., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…),
contro
la Regione Abruzzo, sede di L’Aquila, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…),
nei confronti
della signora Di. Er., rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Ca. e An. Ro., con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Roma, viale (…),
delle signore Lu. Ca. e Ma. Ma., non costituite in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione Prima, n. 84/2014, resa tra le parti, concernente la scelta di ricoprire posti vacanti mediante mobilità volontaria riservata a personale già in comando, anziché scorrere una graduatoria concorsuale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo e della signora Di. Er.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 22 dicembre 2020, il Cons. Antonella Manzione.
L’udienza si svolge, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25, commi 1 e 2, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”, come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al T.A.R. per l’Abruzzo n. r.g. 809 del 2012 i signori Ni. Ci., ed altri hanno impugnato l’avviso di mobilità esterna ai sensi dell’art. 30, comma 2-bis, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, pubblicato dalla Regione in data 7 dicembre 2012 per la copertura di 8 posti di categoria “D1” e 13 di categoria “D3”, nonché, con riferimento ai primi, dei sottesi atti programmatori, in particolare il Piano triennale del fabbisogno del personale 2012-2014 approvato con delibera n. 764 del 2012. Essendo tutti risultati idonei non vincitori all’esito della selezione interna per titoli ed esami per la copertura di tre posti di categoria “D”, profilo professionale “funzionario amministrativo”, come da graduatoria di merito finale pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione in data 3 agosto 2005, ne lamentavano il mancato scorrimento, pur essendone indubbia la validità, giusta le proroghe disposte ope legis (ex art. 1, comma 4, del d.l. n. 216 del 2011, convertito dalla l. n. 14 del 2012, fino al 31 dicembre 2012; ex art. 1, comma 388, della l. n. 228 del 2012, fino al 31 giugno 2013; in ragione della l.r. n. 71 del 2012, fino al 31 dicembre 2014; infine fino al 31 dicembre 2016, sulla base dell’art. 1, comma 1, della l. n. 125 del 2013).
2. Il Tribunale adito respingeva il ricorso con sentenza n. 84 dell’11 febbraio 2014, assorbendo l’eccezione di inammissibilità per pretesa omessa impugnazione di atti presupposti e per la pluralità di soggetti ricorrenti in posizioni asseritamente incompatibili. In particolare, affermava la correttezza della priorità accordata all’utilizzo della procedura di mobilità, a prescindere peraltro dalla peculiarità della procedura concorsuale la cui graduatoria si pretenderebbe di vedere utilizzata, in quanto riservata solo al personale interno dell’Ente. L’invocato art. 5 della l.r. n. 49 del 2010, infatti, confermerebbe la correttezza della scelta effettuata dall’Amministrazione, limitando altresì l’utilizzo delle graduatorie a quelle conseguite a “pubblici concorsi”. Richiamava, infine, la pronuncia della Corte costituzionale che ha dichiarato la illegittimità dell’art. 16, comma 13, della l.r. 10 maggio 2002, n. 7, proprio in quanto riservava agli interni il 60 % dei posti vacanti nella qualifica di dirigente messi a concorso, sul granitico assunto che “il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza” (Corte cost., 11 luglio 2012, n. 177).
3. Con l’appello in esame gli originari ricorrenti in primo grado, premessa una dettagliata ricostruzione dei passaggi organizzativi prodromici all’utilizzo della contestata mobilità, criticano la sentenza con quattro distinti motivi di gravame, insistendo sulla necessità di privilegiare lo scorrimento della graduatoria, in particolare per le economie di spesa e di procedimento che ne sarebbero conseguite, siccome espressamente previsto dalla normativa nazionale e regionale. In particolare lamentano la violazione degli artt. 33, comma 2, della l.r. 14 settembre 1999, n. 77 e 5 della l.r. 17 novembre 2010, n. 49, che, con finalità di contenimento della spesa pubblica, anche in relazione alle selezioni interne (art. 36 della l.r. 8 febbraio 2005, n. 6, recante legge finanziaria regionale del 2005), valorizzano le graduatorie in corso di validità ; nonché 91 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.E.L.) e 30, comma 2 bis, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (T.U.P.I.), per come interpretati da ultimo nella pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 2001 (motivo sub I). La scelta di preferire la mobilità allo scorrimento della graduatoria non sarebbe stata motivata (motivo sub II, riferito alla violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990); sarebbe stato violato il bando, con il quale l’Amministrazione si era autovincolata allo scorrimento della graduatoria, fintanto che fosse stata in corso di validità (motivo sub III); non sarebbero stati rispettati i principi generali di economicità, efficienza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (motivo sub IV).
4. Costituitasi in giudizio, la Regione Abruzzo ribadiva l’infondatezza dell’appello, richiamando anche arresti giurisprudenziali nel senso della doverosa priorità dell’utilizzo delle procedure di mobilità, in luogo dello scorrimento delle graduatorie.
5. Si è costituita in giudizio anche la signora Di. Er., funzionario immesso nei ruoli della Regione all’esito della contestata procedura di mobilità . In via preliminare ha riproposto l’eccezione, assorbita dal primo giudice, di inammissibilità per omessa notifica del ricorso a tutti i controinteressati, conosciuti all’esito del giudizio cautelare, non essendo stata impugnata neppure la relativa graduatoria con motivi aggiunti. A ciò conseguirebbe anche un profilo di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse. Nel merito, ha insistito per la reiezione dell’appello in quanto infondato: peraltro la normativa regionale invocata, in particolare proprio l’art. 5 della l.r. n. 49 del 2010, affermerebbe il principio esattamente opposto a quello invocato dagli appellanti.
6. A seguito della comunicazione dell’avviso di perenzione ai sensi dell’art. 82 c.p.a., la difesa degli originari ricorrenti ha rappresentato la permanenza dell’interesse alla decisione da parte dei soli signori Emanuela Morganti, Renzo Andreoni e Rosaria Vivio.
In vista dell’odierna udienza, si sono scambiati memorie e memorie di replica gli appellanti e la controinteressata, ribadendo le proprie contrapposte prospettazioni. Da ultimo, hanno depositato note per chiedere la trattazione della causa allo stato degli atti.
7. Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. Preliminarmente il Collegio dichiara la improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse con riferimento ai signori Ni. Ci., ed altri.
9. Ritiene altresì di poter prescindere dallo scrutinio delle eccezioni di inammissibilità e improcedibilità prospettate dalla controinteressata, essendo il ricorso infondato nel merito.
10. Punto essenziale alla base della soluzione dell’odierna controversia è se debba attribuirsi priorità allo scorrimento di una graduatoria in corso di validità piuttosto che ricorrere alla mobilità esterna, laddove si rendano vacanti posti che il Piano assunzionale, quale necessario strumento di programmazione delle spese del personale a monte, prevede di ricoprire. La questione, ampiamente dibattuta in passato con arresti non sempre uniformi da parte della giurisprudenza amministrativa, si è da ultimo cristallizzata nel senso della ritenuta priorità del meccanismo della mobilità, con ciò allineandone le risultanze a quelle cui è addivenuta da tempo la Suprema Corte (cfr. ex multis Cass., sezione lavoro, con la sentenza n. 12559 del 18 maggio 2017; SS.UU., 13 marzo 2015, n. 5077).
11. L’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, al comma 2 bis dispone che “Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio[…]”. La norma tende a valorizzare un istituto destinato a garantire una più razionale distribuzione delle risorse già esistenti mediante una mera modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti. La mobilità, cioè, si risolve nella cessione del contratto tra le P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 165/2001, con conseguenti economie di spesa di personale complessivamente intesa, così da garantire una tendenziale stabilità dei livelli occupazionali nel settore pubblico.
In tale ottica, come sottolineato anche dalla giurisprudenza contabile, del tutto inconferente si palesa l’invocata neutralità dei costi, riduttivamente individuati nella erogazione dello stipendio, ovviamente comunque dovuta, quale che sia la modalità di assunzione: se è vero, infatti, che in caso di mobilità potrebbe essere immesso in ruolo un dipendente collocato in una fascia economica più elevata, lo è altrettanto che egli gravava già sull’erario pubblico, laddove, al contrario, attraverso lo scorrimento della graduatoria si introdurrebbe una voce di spesa del tutto nuova e aggiuntiva (cfr. ex multis Corte dei conti, sez. di controllo per il Veneto, n. 189/2018/PAR, ove si afferma che “solo ove queste [id est, le procedure di mobilità ] non vadano a buon fine, l’amministrazione può procedere al reclutamento di nuove unità di personale facendo, di conseguenza, venir meno la richiamata neutralità finanziaria atteso che, a livello di comparto, la nuova assunzione determinerà un effettivo incremento della spesa corrente di personale”).
12. L’avvio della procedura di mobilità, dunque, assumendo valenza prioritaria in ragione delle finalità sopra evidenziate, immanenti alle richiamate regole di contenimento della spesa e come tali non necessitanti di esplicitazione aggiuntiva, non può trovare contestazione (sul punto, v. ex multis Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2019, n. 8345; sez. III, 19 giugno 2018, n. 3750; id., 5 giugno 2012, n. 3308, nonché, in sede consultiva, il parere della sez. I, 7 novembre 2012, n. 5217). Il Collegio ritiene di far proprie, richiamandole integralmente, le argomentazioni di cui al parere n. 5217 del 2012, secondo cui la preferenza accordata dall’Adunanza Plenaria nella già richiamata sentenza n. 14 del 2011 allo scorrimento della graduatoria si giustifica pienamente rispetto all’indizione di una nuova procedura concorsuale, ma non può essere riferita al diverso caso in cui allo scorrimento della graduatoria sia preferito il ricorso alla procedura di mobilità di personale proveniente da altre Amministrazioni (cfr. ancora Cons. Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6705).
La mobilità, in sintesi, va preferita in quanto assolve anche ad una funzione perequativa di assorbimento di eventuale personale eccedentario, risolvendosi, oltre che nei ricordati risparmi di spesa, nel recupero/valorizzazione di professionalità già formate, sì da garantire l’immediata operatività delle scelte.
13. Né quanto detto si pone in contrasto con le citate disposizioni di legge regionale ovvero con l’art. 91, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000. Trattasi, infatti, di disposizioni, puntualmente recepite nel bando di concorso, che richiamano l’obbligo di scorrere le graduatorie di precedenti concorsi, ove esistenti e valide, ma non ad imporne la prevalenza su altre modalità assunzionali, quali la mobilità esterna. Di ciò peraltro è indicazione testuale nella disposizione regionale invocata per ultima, ovvero l’art. 5 della l.r. 17 novembre 2010, n. 49, che, come ben evidenziato dal primo giudice, non si limita a imporre l’utilizzo di “eventuali graduatorie di idonei derivanti da pubblici concorsi ancora vigenti espletati o dalla Giunta Regionale o dal Consiglio Regionale, tenuto conto del profilo professionale”; ma ne sancisce espressamente la postergazione rispetto all’utilizzo delle procedure di mobilità, che devono essere “previamente” espletate.
14. A tutto quanto sopra detto consegue che l’appello va respinto con riferimento ai signori Emanuela Morganti, Renzo Andreoni e Rosaria Vivio, mentre va dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, relativamente ai rimanenti nominativi riportati in epigrafe.
15. La peculiarità della materia trattata giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:
a) lo respinge in relazione ai signori Em. Mo., Re. An. e Ro. Vi.;
b) lo dichiara improcedibile con riferimento ai signori Ni. Ci., ed altri;
c) spese del giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Sezione Quinta del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020, tenutasi con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Carmine Volpe – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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