La confisca speciale obbligatoria di cui all’art. 74 comma 7-bis d.P.R. 30 ottobre 1990 n. 309

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|20 gennaio 2021| n. 2304.

La confisca speciale obbligatoria di cui all’art. 74, comma 7-bis, d.P.R. 30 ottobre 1990, n. 309, inserito dall’art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 29 ottobre 2016, n. 202, ha natura di misura di sicurezza, con la conseguenza che, trovando applicazione l’art. 200 cod. pen., è legittima l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che applica tale confisca in relazione ad un reato commesso anteriormente all’introduzione della norma che la prevede.

Sentenza|20 gennaio 2021| n. 2304

Data udienza 14 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Esecuzione – Confisca speciale obbligatoria ex art. 74, co. 7 bis DPR n. 309/90 – Riferimento alla legge in vigore al tempo della sua applicazione – Beni che costituiscono il profitto o il prodotto del reato – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. CASA Filippo – rel. Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 27/09/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere FILIPPO CASA;
lette le conclusioni del PG, SPINACI Sante, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata in data 28.10.2019, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava, previa riqualificazione degli originari ricorsi per cassazione, l’opposizione proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) (quale terza interessata) avverso il provvedimento in data 14.2.2017 con il quale era stata respinta l’istanza di restituzione della somma di Euro 15.850,00, gia’ sottoposta a sequestro probatorio il 14.7.2005 nell’ambito del procedimento definito con sentenza di condanna dell’ (OMISSIS) alla pena di otto anni, dieci mesi e venti giorni di reclusione per il reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (sentenza resa in esito a giudizio abbreviato dal G.I.P. del Tribunale di Napoli il 28.10.2008, parzialmente riformata dalla Corte di appello di Napoli il 29.9.2011 e divenuta irrevocabile il 18.2.2013); con la stessa ordinanza veniva confermata dal giudice dell’esecuzione – non avendo provveduto sulla somma in sequestro il giudice della cognizione l’applicazione della confisca obbligatoria speciale della somma medesima prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 7-bis.
A ragione della decisione, dopo aver ripercorso la cronologia del procedimento, il giudice adito osservava, in via preliminare, che la confisca speciale obbligatoria de qua, introdotta dal Decreto Legislativo 29 ottobre 2016, n. 202, articolo 4, comma 1, lettera b), (“Attuazione della direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione Europea”), in vigore dal 24.11.2016, poteva essere applicata anche a fatti antecedenti alla sua istituzione, atteso che, in deroga all’articolo 2 c.p., le misure di sicurezza erano soggette alla disciplina contenuta nell’articolo 200 c.p., ispirata al principio tempus regit actum.
Nel merito – proseguiva il giudice dell’esecuzione – che la somma in sequestro fosse senz’altro provento del reato di cessione di stupefacenti in un contesto associativo si evinceva, come evidenziato nella sentenza di appello, dalle circostanze concrete relative al suo rinvenimento, avvenuto in esito a perquisizione eseguita presso l’abitazione di (OMISSIS), poi condannato quale gestore di una piazza di spaccio per il clan (OMISSIS), culminata nel ritrovamento anche di sei fogli con annotazioni di nomi, cifre e dati.
L’istanza di restituzione, d’altra parte, non poteva considerarsi supportata da adeguati riscontri, in quanto: a) nulla era stato prodotto in merito allo stato di famiglia della persona che avrebbe donato la somma sequestrata, tale (OMISSIS) (il cognome (OMISSIS) e’ frutto di un refuso dell’estensore del provvedimento impugnato), la quale avrebbe dovuto identificarsi con la madre di (OMISSIS), ma che, nella comunicazione INPS 20.10.2004, attinente alla liquidazione dell’importo di Euro 22.661,41 erogato a titolo di arretrati di indennita’ di accompagnamento quale invalida civile totale, risultava identificata con le diverse generalita’ di (OMISSIS); b) la beneficiaria della somma erogata dall’INPS risiedeva in luogo diverso ((OMISSIS)) da quello in cui venne rinvenuta la somma in sequestro (via (OMISSIS)), circostanza che, ad avviso della Corte di appello, si poneva in contrasto con l’eventualita’ di una donazione volta a compensare prestazioni assistenziali; c) l’interessata non aveva giustificato le ragioni per le quali gli arretrati INPS sarebbero stati quasi interamente devoluti a lei, potendosi ipotizzare altri familiari interessati.
2. Hanno proposto ricorso congiunto (OMISSIS) e (OMISSIS) (quale terza interessata), per il tramite dei difensori, sulla base dei seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’articolo 200 c.p. nella parte in cui si e’ ritenuto di poter applicare la confisca di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 7-bis, introdotta solo nel 2016, a processo di cognizione concluso, mentre l’istanza di restituzione era stata presentata nel 2013.
La Corte di appello aveva omesso di considerare che l’eccezione al principio di irretroattivita’ della legge penale contenuta nell’articolo 200 c.p. trova una limitazione temporale coincidente con la fine del giudizio di cognizione, sicche’ la confisca introdotta in epoca successiva alla fine di tale fase non avrebbe potuto essere applicata nella fase di esecuzione, come avvenuto nel caso di specie.
2.2. Violazione dell’articolo 2 c.p., per non essere stata valutata la natura sanzionatoria della confisca prevista dal D.P.R, articolo 74, comma 7-bis, e la conseguente non assoggettabilita’ della stessa al regime dell’articolo 200 c.p..
2.3. Vizio di motivazione nella parte in cui l’ordinanza affermava che nella sentenza di appello si era accertata la soltanto “presumibile” riferibilita’ della somma di denaro sequestrata all’attivita’ illecita di (OMISSIS).
3. Il Procuratore generale presso questa Corte, al termine di una requisitoria molto articolata, ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili, seppure per ragioni diverse.
1. Il ricorso proposto da (OMISSIS), nella qualita’ di terza interessata alla restituzione della somma confiscata, va dichiarato inammissibile per difetto di procura speciale.
In ordine alla problematica relativa alla costituzione in giudizio dei terzi interessati, occorre richiamare il costante orientamento giurisprudenziale (Sez. 2, n. 310 del 7/12/2017, dep. 2018, G.T. auto s.r.l., Rv. 271722 – 01; Sez. 3, n. 29858 dell’1/12/2017, dep. 2018, Fazzari, Rv. 273505 – 01; Sez. U, n. 47239 del 30/10/2014, Borrelli ed altro, Rv. 260894 01; Sez. 1, n. 18234 del 2/4/2014, Tropea ed altro, Rv. 259441 – 01; Sez. 1, n. 8362 del 10/1/2014, Di Falco, Rv. 259549 – 01; Sez. 1, n. 8361 del 10/1/2014, Russo, Rv. 259174 01; Sez. 3, n. 39077 del 21/3/2013, Aronne, Rv. 257729 – 01; Sez. 6, n. 13798 del 20/1/2011, Bonura, Rv. 249873 – 01; Sez. 6, n. 11796 del 4/3/2010, Pilato, Rv. 246485 – 01; Sez. 6, n. 46429 del 17/9/2009, Pace ed altri, Rv. 245440 – 01) secondo cui “per i soggetti portatori di interessi meramente civilistici deve trovare applicazione la regola che l’articolo 100 c.p.p. prevede espressamente per la parte civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, ossia che tali soggetti possono stare in giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale. La posizione processuale del terzo interessato e’ infatti nettamente distinta sotto il profilo difensivo da quella dell’indagato e dell’imputato che, in quanto assoggettati all’azione penale, possono stare in giudizio di persona, avendo solo necessita’ di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterli, li rappresenta ex lege ed e’ titolare di un diritto d’impugnazione nell’interesse del proprio assistito per il solo fatto di rivestire la qualita’ di difensore, senza alcuna necessita’ di procura speciale, che e’ imposta solo per i casi di atti cd. “personalissimi”. Non cosi’ per il terzo interessato, perche’ questi, al pari dei soggetti indicati dall’articolo 100 c.p.p., e’ portatore di interessi civilistici, per cui, oltre a non poter stare personalmente in giudizio, ha un onere di patrocinio, che e’ soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore, come del resto avviene nel processo civile ai sensi dell’articolo 183 c.p.c.”.
In applicazione di tale principio, la maggioritaria giurisprudenza di questa Corte ha affermato che e’ inammissibile l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo proposta dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale (Sez. 3, n. 29858 dell’1/12/2017, dep. 2018, Rv. 273505 – 01; Sez. 2, n. 31044 del 13/6/2013, Rv. 256839 01; Sez. 3, n. 23107 del 23/4/2013, Rv. 255445 – 01, oltre alla gia’ citata Sez. 1, n. 8361/2014).
Lo stesso principio, dall’evidente carattere sistematico, e’ stato esteso dalle Sezioni Unite di questa Corte alla materia delle misure di prevenzione in relazione a un ricorso per cassazione proposto (da difensore di terzo interessato sprovvisto di procura speciale) avverso decreto applicativo di confisca (Sez. U, n. 47239 del 30/10/2014, Borrelli ed altro, Rv. 260894 – 01).
Con la sentenza da ultimo citata, il Supremo consesso ha, inoltre, escluso la possibilita’ di attivare in favore del terzo interessato di cui si accerti il difetto di procura speciale il meccanismo sanante previsto dall’articolo 182 c.p.c., comma 2, posto che, secondo le regole della procedura penale, i termini per proporre valida impugnazione sono stabiliti a pena di decadenza, sicche’, in assenza di una disposizione suscettibile di consentire il rinvio alle regole dettate nel diverso contesto del processo civile, non e’ permesso derogare ad essi.
Alla stregua degli enunciati principi, che il Collegio intende ribadire, il ricorso proposto dalla terza interessata (OMISSIS) va dichiarato inammissibile, non essendo stata rinvenuta in atti la prescritta procura speciale in capo ai suoi difensori, ne’ ad essa e’ stato fatto neppure incidentalmente riferimento nelle premesse del ricorso stesso.
2. L’impugnazione proposta da (OMISSIS) e’ inammissibile per manifesta infondatezza.
2.1. Manifestamente infondato e’ il primo motivo di ricorso.
Va ricordato che, in virtu’ del combinato disposto degli articoli 199 e 200 c.p. e dei principi affermati dall’articolo 25 Cost., deve escludersi che in tema di applicazione di misure di sicurezza, in quanto correlate alla situazione di pericolosita’ attuale del proposto, operi il principio di irretroattivita’ della legge di cui all’articolo 2 c.p., operante nei riguardi delle norme incriminatrici, sicche’ le misure predette sono applicabili anche ai reati commessi nel tempo in cui non erano legislativamente previste ovvero erano diversamente disciplinate quanto a tipo, qualita’ e durata (Sez. U, n. 4880 del 26/6/2014, dep. 2015, Spinelli ed altro, Rv. 262602 – 01; Sez. 1, n. 44327 del 18/7/2013, Gabriele ed altri, Rv. 257638 – 01; Sez. 1, n. 44534 del 24/10/2012, Ascone ed altro, Rv. 254698 – 01; Sez. 4, n. 12406 del 19/1/2010, P.G. in proc. Raggiunti, Rv. 246801 – 01; Sez. 1, n. 7116 dell’8/11/2007, dep. 2008, Liboni, Rv. 239302 – 01; Sez. 1, n. 13039 dell’11/3/2005, Santonocito ed altro, Rv. 231598 – 01; Sez. 1, n. 3717 del 19/5/1999, P.G. in proc. Musliu, Rv. 213941 – 01; Sez. 2, n. 3655 del 3/10/1996, dep. 1997, Sibilia, Rv. 207140 – 01).
La confisca speciale obbligatoria Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma 7-bis, per quanto introdotta in epoca successiva alla commissione del reato per il quale (OMISSIS) e’ stato condannato, e’ regolata, come tutte le misure di sicurezza, dalla legge in vigore al tempo della sua applicazione (articolo 200 c.p.), cioe’ al tempo nel quale il presupposto della sua applicazione e’ divenuto apprezzabile o e’ stato apprezzato dal giudice come tale (Sez. 6, n. 775 del 17/11/1995, dep. 1996, Borino Marchese, Rv. 204119 – 01).
E va ricordato anche il disposto dell’articolo 200 citato, comma 2 per cui “Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza e’ diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione”.
Alla luce dei parametri normativi ed ermeneutici richiamati, del tutto corretto deve, pertanto, ritenersi l’operato del giudice dell’esecuzione, che ha applicato la misura di sicurezza in parola tenendo conto della legge vigente al momento della sua applicazione ed esecuzione, dovendo, conseguentemente, reputarsi del tutto infondato il rilievo difensivo in base al quale la misura suddetta avrebbe potuto applicarsi solamente entro la fine del giudizio di cognizione, ma non nel giudizio di esecuzione.
2.2. Allo stesso modo manifestamente infondato in diritto, in coerenza con quanto appena detto, e’ il secondo motivo di ricorso, dal momento che la confisca di cui si discute, come tutte le misure di sicurezza patrimoniali (ad eccezione della confisca “per equivalente”, connotata da carattere afflittivo: Sez. U, n. 18374 del 31/1/2013, Rv. 255037 – 01) e le assimilate misure di prevenzione, non ha natura di “pena” sui generis e, quindi, non presenta affatto natura “sanzionatoria” (per tutte, Sez. 6, n. 775 del 28/2/1995, Rv. 201701 – 01), come sostenuto in ricorso, ma natura lato sensu “preventiva”, rientrando, pacificamente, nel paradigma della confisca penale ordinaria di cui all’articolo 240 c.p., comma 1, (laddove richiama le cose costituenti “profitto” del reato), con l’unica differenza dovuta al suo carattere obbligatorio, che ne rende possibile l’applicazione proprio nel giudizio di esecuzione, che qui rileva.
Nessuna violazione dell’articolo 2 c.p. e’, quindi, dato riscontrare nell’ordinanza impugnata ed e’ inconferente il richiamo operato dalla difesa del ricorrente alla irretroattivita’ della confisca obbligatoria del veicolo prevista per il reato di guida in stato di ebbrezza, in quanto detta confisca, gia’ avente natura di sanzione penale accessoria, con conseguente applicabilita’ dell’articolo 2 c.p., e’ stata degradata a sanzione amministrativa dalla L. n. 120 del 2010, anch’essa irretroattiva L. n. 689 del 1981, ex articolo 1 (Sez. 4, n. 6807 del 4/11/2010, dep. 2011, Rv. 249350 – 01).
2.2.1. D’altro canto, va pure evidenziato che, ove il bene in sequestro debba essere qualificato come profitto di reato (e’ esattamente il caso che ci occupa della somma derivante da cessione di stupefacenti), dello stesso non puo’ mai essere disposta la restituzione, trattandosi, comunque, di provento conseguente a negozio illecito per contrarieta’ a norme imperative, mai entrato, percio’, nel patrimonio del detentore del bene (Sez. U, n. 9149 del 3/7/1996, Rv. 205708 – 01; tra le piu’ recenti, Sez. 3, n. 29982 del 22/2/2019, Rv. 276252 01).
Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorrente non avrebbe potuto addurre valide ragioni a sostegno dell’istanza di restituzione della somma originariamente sequestratagli.
2.3. Manifestamente infondato, infine, e’ anche l’ultimo motivo di ricorso, con il quale si attacca la motivazione del provvedimento impugnato laddove si afferma che dalla sentenza di appello emergerebbe una “presumibile riferibilita’ del denaro” provento del reato per cui (OMISSIS) e’ stato condannato.
Secondo la prospettazione difensiva, il passaggio motivazionale riportato, da un lato, risulterebbe inidoneo a dare certezza all’affermazione del giudice di secondo grado (si parla di riferibilita’ “presumibile”) e, dall’altro, costituirebbe frutto di un vero e proprio travisamento, poiche’ una simile proposizione nella sentenza di appello mancherebbe del tutto.
In realta’, le deduzioni difensive tradiscono una non attenta lettura della sentenza pronunciata il 29.9.2011 dalla Corte di appello di Napoli nei confronti di (OMISSIS).
Si legge, in particolare, a pag. 147, a proposito dell’esito della perquisizione domiciliare eseguita il 14.7.2005, che “il denaro, anche per le modalita’ della custodia, appare riferibile all’attivita’ illecita, quale provento della stessa, mentre le telecamere, per le modalita’ della loro sistemazione – cortile dello stabile e pianerottolo ove e’ situata l’abitazione dell’imputato hanno la palese finalita’ di controllare l’accesso al palazzo e all’abitazione, elementi sintomatici, questi, dell’appartenenza a strutture delinquenziali, nonche’ modalita’ di difesa passiva”.
L’uso del verbo apparire (“il denaro…appare riferibile all’attivita’ illecita”) nella frase ora trascritta va inteso, all’evidenza, nel significato di “risultare”, come prova di una supposizione, di un procedimento induttivo o deduttivo, senza denotare, pertanto, alcuna incertezza sulla riferibilita’ del denaro sequestrato – come “profitto” – all’attivita’ di traffico di stupefacenti condotta in forma associata dall’imputato.
Il richiamo operato dal giudice dell’esecuzione al brano appena riportato non e’, allora, frutto di alcun travisamento, come dedotto in ricorso, ne’ l’uso inappropriato dell’aggettivo “presumibile” vale a inficiare il suddetto riferimento che, in conclusione, da’ conto in modo congruo dello stretto legame tra il denaro in sequestro e il reato oggetto di condanna e della legittimita’ della confisca di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 7-bis, (“Nei confronti del condannato e’ ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e dei beni che ne sono il profitto o il prodotto…”).
3. Alla luce delle esposte considerazioni, entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili, dal che consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo fissare in Euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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