Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 luglio 2021| n. 21622.
L’individuazione delle parti comuni operata dall’art. 1117 cod. civ. non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la decisione gravata in quanto, rientrando il pianerottolo oggetto di causa tra i beni comuni, come da elencazione normativa, non poteva attribuirsi alcuna rilevanza all’eventuale diversa volontà espressa dal testatore che, in ogni caso, non avrebbe potuto disporre di beni che non gli appartenevano in modo esclusivo, in quanto già divenuti comuni all’atto della nascita del condominio).
Ordinanza|28 luglio 2021| n. 21622. L’individuazione delle parti comuni
Data udienza 8 aprile 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Proprietà – Pianerottoli o scale – Bene comune ex art. 1117 cc – Eccezione in caso di titolo contrario del condomino
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22227/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 242/2016 della CORTE D’APPELLO di SASSARI, depositata il 20/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
L’individuazione delle parti comuni
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 89/2015 dell’11 febbraio 2015, il Tribunale di Tempio Pausania dichiarava la comproprieta’ tra le parti del pianerottolo posto all’ultimo piano del fabbricato in (OMISSIS), nonche’ sull’adiacente balcone, condannando i convenuti, (OMISSIS) e (OMISSIS), alla rimozione dei manufatti che impedivano l’accesso all’attrice (OMISSIS) Una; dichiarava altresi’ che la proprieta’ dei convenuti era gravata da servitu’ di passaggio, esercitata a mezzo scala, per consentire l’accesso dal pianerottolo comune, tramite transito nella soffitta dei convenuti, al tetto dello stesso stabile.
Avverso tale sentenza proponevano appello i convenuti cui resisteva la (OMISSIS).
La Corte d’Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, con la sentenza n. 242 del 20 maggio 2016 ha parzialmente accolto l’appello, rigettando la domanda confessori’a della servitu’ di passaggio per l’accesso al tetto attraverso la soffitta degli appellanti, rigettando per il resto il gravame.
Quanto alla domanda volta ad accertare la comproprieta’ del pianerottolo posto al secondo piano, i giudici di appello osservavano che dal testamento del 1953 di (OMISSIS), che era il titolo vantato dagli appellanti, emergeva che gia’ alla data di redazione di tale atto, il fabbricato oggetto di causa vedeva la comproprieta’ tra il de cuius, (OMISSIS) (rectlus (OMISSIS)) (OMISSIS) e (OMISSIS), dovendosi quindi ritenere gia’ sorto il condominio, con la comunione ex articolo 1117 c.c., dei beni dalla legge contemplati, tra i quali rientrano anche le scale ed i pianerottoli, funzionali al transito lungo le scale.
La natura comune poi non e’ correlata al fatto che le rampe di una scala sarebbero comuni solo ai proprietari esclusivi delle unita’ immobiliari che si servano delle stesse per raggiungere le loro unita’, in quanto per escludere la comunione e’ necessaria l’esistenza di un titolo contrario.
L’individuazione delle parti comuni
L’omesso riferimento da parte del testatore anche al pianerottolo non si’ giustificava per l’inutilita’ di tale menzione (essendo (OMISSIS) divenuto, per effetto del lascito, proprietario di tutte le proprieta’ esclusive poste al secondo piano oltre che della soffitta), ma per la consapevolezza da parte del testatore dell’impossibilita’ di trasferire un bene che non gli apparteneva in esclusiva, e che quindi non aveva carattere ereditario.
Analogamente l’appello andava rigettato, quanto al rigetto della domanda di usucapione del pianerottolo e del balcone, attesa l’incensurata ed autonoma motivazione del Tribunale che aveva escluso l’esercizio di un possesso da parte degli appellanti per il periodo dagli anni âEuroËœ80 al 2000, con la mancata prova del possesso ventennale continuato ed esclusivo.
Era invece meritevole di accoglimento la censura concernente il riconoscimento della servitu’ di passaggio attraverso la soffitta degli appellanti, a mezzo di una scala fissa, servitu’ costituita per destinazione del padre di famiglia.
Infatti, l’attrice non aveva fornito alcuna prova di quella che era la situazione di fatto nel momento in cui (OMISSIS) aveva cessato di essere l’unico proprietario dello stabile, momento che precedeva la data di redazione del testamento; inoltre non vi era prova ne’ delle modalita’ di accesso dalla soffitta al tetto comune, ne’ che la scala, poi rimossa, fosse stata ab origine destinata dal testatore esclusivamente all’accesso al tetto, emergendo invece che fosse funzionale a permettere di accedere alla soffitta.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di due motivi.
(OMISSIS) resiste con controricorso.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c., in tema di presunzione legale di comunione.
Si deduce che la sentenza impugnata ha tratto dal rilievo secondo cui gia’ alla data del testamento esisteva un condominio, la conclusione per cui anche il pianerottolo oggetto di causa deve ritenersi bene comune.
L’individuazione delle parti comuni
La sentenza non ha pero’ tenuto conto del carattere esemplificativo dell’elencazione dei beni contenuta nell’articolo 1117 c.c., la cui presunzione puo’ essere vinta se il bene, per le sue caratteristiche strutturali, serva in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile.
La sentenza gravata non ha compiuto tale indagine che, se operata, avrebbe permesso di verificare che il pianerottolo era asservito solo al proprietario del secondo piano.
Inoltre, la Corte d’Appello non ha correttamente valutato il contenuto del testamento, il quale ha in realta’ inteso includere tra i beni attribuiti mortis causa anche il pianerottolo.
Il motivo e’ infondato.
Questa Corte, nella sua piu’ autorevole composizione, ha affermato che (Cass. S.U. n. 7449/1993) in tema di condominio negli edifici, l’individuazione delle parti comuni, come nel caso di specie le terrazze di copertura, risultante dall’articolo 1117 c.c., – il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria – puo’ essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o piu’ unita’ immobiliari (cfr. da ultimo Cass. n. 3852/2020, che ha ribadito come l’individuazione delle parti comuni operata dall’articolo 1117 c.c., non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in piu’ proprieta’ individuali).
Per l’effetto deve ritenersi che la ricomprensione del bene tra quelli comuni dispensa il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta “probatio diabolica”, cosi’ che quando un condomino pretenda l’appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell’articolo 1117 c.c., poiche’ la prova della proprieta’ esclusiva dimostra, al contempo, la comproprieta’ dei beni che detta norma contempla, onde vincere tale ultima presunzione e’ onere dello stesso condomino rivendicante dare la prova della sua asserita proprieta’ esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarita’ del bene (Cass. n. 3852/2020; per la necessita’ di dover guardare al primo atto di trasferimento della proprieta’ di un bene da parte dell’originario ed unico proprietario, al fine di verificare l’esistenza di una valida riserva di un bene potenzialmente comune in capo allo stesso unico proprietario, si veda da ultimo Cass. n. 20693/2018).
La giurisprudenza di questa Corte ha poi reiteratamente affermato che le scale ed i pianerottoli rientrano tra i beni comuni come individuati dall’articolo 1117 c.c., e che pertanto restano comuni, anche laddove siano stati realizzati da uno solo degli originari comproprietari (cosi’ Cass. n. 4372/2015), ed ha confermato la natura comune del bene, anche nel caso in cui (Cass. n. 4664/2016), analogamente alla vicenda in esame, le rampe di scala, con il pianerottolo, integranti l’ultima parte della scala condominiale, erano poste fra l’ultimo piano dell’edificio e le relative soffitte sottotetto, appartenenti ad un unico proprietario, e cio’ sulla base della considerazione per cui le scale sono, in se’, una struttura essenziale del fabbricato e servono a tutti i condomini di questo come strumento indispensabile per l’esercizio del godimento della relativa copertura.
L’individuazione delle parti comuni
In tal senso e’ stato affermato che (Cass. n. 15444/2007) le scale, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la qualita’ di parti comuni, cosi’ come indicato nell’articolo 1117 c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poiche’ anche tali condomini ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio.
E’ stato quindi piu’ volte ribadito che (Cass. n. 11405/1998) la presunzione (impropria) di proprieta’ comune di un bene compreso nell’elenco di cui all’articolo 1117 c.c., (nella specie: pianerottolo) puo’ essere vinta quando vi sia un titolo contrario e si tratti di beni, di fatto, destinati al servizio esclusivo di una o piu’ unita’ immobiliari, e cio’ anche quando (cfr. Cass. n. 1498/1998) alcune rampe sono poste in concreto al servizio di singole proprieta’.
Ritiene la Corte che la sentenza gravata abbia fatto incensurabile applicazione di tali principi.
Con accertamento in fatto, ha rilevato che alla data del testamento era gia’ sorto un condominio, attesa l’esistenza di una pluralita’ di proprietari delle unita’ presenti nello stabile, e che quindi era gia’ destinata ad operare la previsione di cui all’articolo 1117 c.c.
Ha quindi rilevato che il pianerottolo oggetto di causa rientrava tra i beni comuni, come da elencazione normativa, e che quindi non poteva attribuirsi alcuna rilevanza alla eventuale diversa volonta’ del testatore, che in ogni caso non avrebbe potuto disporre di beni che non gli erano appartenenti in maniera esclusiva, in quanto gi’a’ divenuti comuni all’atto della nascita del condominio.
Ad abundantiam ha poi reputato che in base alla corretta interpretazione del testamento, le disposizioni fatte in favore del dante causa dei convenuti (“le due camere con soffitta, al secondo piano della mia casa in (OMISSIS), confinante con vani di sua proprieta’, pianerottolo frammezzo”), lungi dal sottendere un intento di trasferire anche il pianerottolo, intendevano indicare quest’ultimo come limite all’individuazione dei beni assegnati per testamento, e cio’ nella consapevolezza da parte dello stesso de cuius che si trattava di bene comune e quindi non disponibile per i diritti di proprieta’ esclusiva.
Trattasi di interpretazione delle volonta’ testamentarie che, oltre a non essere specificamente censurata con puntuale riferimento alla violazione delle regole di ermeneutica in cui sarebbe incorso il giudice di merito, non si connota per essere implausibile, ma che piuttosto trova un conforto proprio nella circostanza che il richiamo al pianerottolo non risulta fatto nella parte in cui il de cuius ha inteso individuare i beni immobili concretamente assegnati a (OMISSIS), ma allorche’ ha individuato i confini di questi ultimi, indicandoli con i vani gia’ appartenenti al beneficiato e nel “pianerottolo framezzo”, inteso quindi come bene diverso da quelli invece attribuiti mortis causa (per un precedente nel quale, e proprio con specifico riferimento all’attribuzione di beni per testamento, e’ stato affermato che si imponga la verifica di una chiara ed univoca volonta’ di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprieta’ delle parti comuni, si veda Cass. n. 16292/20025).
Ne’ la regola proprietaria dettata dall’articolo 1117 c.c., puo’ nella specie ritenersi superata per le obiettive caratteristiche strutturali del pianerottolo, come appunto ammesso dal citato precedente delle Sezioni Unite (in termini si veda anche Cass. n. 7889/2000; Cass. n. 11391/2002), in quanto tali caratteristiche devono porsi in maniera obiettiva, in quanto correlate alla destinazione del bene gia’ ab origine all’uso ed al godimento di una parte solo dell’immobile.
La finalita’ delle scale e del pianerottolo, come sopra evidenziato, escludono che possa ravvisarsi la possibilita’ di rinvenire il connotato idoneo ad escludere l’applicazione dell’articolo 1117 c.c., non potendosi peraltro invocare una situazione contingente, come la concentrazione della proprieta’ delle unita’ immobiliari al secondo piano e delle soffitte in capo ad un unico soggetto, al fine di ravvisare quelle caratteristiche strutturali che derogano alla previsione di cui all’articolo 1117 c.c..
Il motivo deve quindi essere rigettato.
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con la nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.
Si evidenzia che quanto alla domanda riconvenzionale di usucapione, la sentenza di appello ha confermato il rigetto del Tribunale, rilevando la incensurata ed autonoma motivazione del primo giudice che aveva escluso l’esercizio di un qualsiasi possesso per il periodo dagli anni âEuroËœ80 al 2000.
L’individuazione delle parti comuni
Si deduce che in tal modo la Corte distrettuale e’ incorsa in una grave anomalia della motivazione, in quanto non avrebbe dato conto del fatto che con l’appello erano state illustrate le critiche in merito all’istruttoria ed alle deposizioni testimoniali.
La censura e’ sicuramente inammissibile nella parte in cui denuncia il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, attesa l’applicabilita’ alla fattispecie della previsione di cui all’articolo 348 ter c.p.c., u.c..
Del pari e’ inammissibile e’ la censura quanto alla denuncia del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 4, atteso il difetto di specificita’ di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, requisito imposto anche nel caso in cui venga denunciato un error in procedendo in cui la Corte sia giudice del fatto processuale (Cass. S.U. n. 8077/2012).
Infatti, la Corte d’Appello, oltre a mostrare di condividere la valutazione delle prove come operata dal giudice di primo grado, ha in particolare sottolineato come il rigetto della domanda di usucapione scaturiva dalla mancata prova di una continuita’ nel possesso utile ad usucapire, non essendo stata fornita la prova che tale possesso fosse stato esercitato per il periodo dagli anni âEuroËœ80 al 2000.
Il motivo di ricorso si limita pero’ ed affermare che con il motivo di appello erano state sollevate delle precise doglianze quanto alla rilevanza, concludenza, precisione ed esattezza delle circostanze narrate dai testimoni, senza pero’ riportare con precisione il contenuto del motivo di appello e soprattutto senza evidenziare in quale parte di esso fosse stata contestata la valutazione circa l’assenza di continuita’ del possesso per un cosi’ ampio periodo di tempo.
4. Il ricorso deve quindi essere rigettato dovendosi regolare le spese in base al principio della soccombenza, come da dispositivo.
5. Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi ed accessori di legge;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell’articolo 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
L’individuazione delle parti comuni
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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