L’improcedibilità dell’azione penale per litispendenza oggettiva e soggettiva

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 13 maggio 2020, n. 14823.

Massima estrapolata:

È deducibile per la prima volta in cassazione l’improcedibilità dell’azione penale per litispendenza oggettiva e soggettiva relativa a procedimenti promossi dallo stesso ufficio del pubblico ministero e pendenti dinanzi a giudici egualmente competenti della stessa sede giudiziaria, atteso che, in tale ipotesi (non produttiva di una stasi processuale integrante un conflitto positivo di competenza) la violazione del principio del “ne bis in idem” si risolve in un “error in procedendo” che, in quanto tale, consente al giudice di legittimità l’accertamento di fatto dei relativi presupposti.

Sentenza 13 maggio 2020, n. 14823

Data udienza 28 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Trasferimento di valori fraudolento aggravato ex art. 7 dl n. 152/91 – Reato a forma libera istantaneo e con effetti permanenti – Dolo specifico – Prescrizione – Applicazione del termine ante legge n. 251/2007 – Associazione mafiosa ex art. 416 bis cp – Imprenditore colluso – Rapporto sinallagmatico con l’associazione mafiosa – Concorrente esterno e concorrente interno all’associazione mafiosa – Differenze – Contestazione chiusa – Onere del pm della prova del protrarsi della partecipazione a tutto il periodo contestato – Improcedibilità per violazione del divieto di bis in idem – Eccezione proponibile in Cassazione – Riconoscimento della continuazione – Onere di allegazione – Cessazione della condotta – Arresto del reo – Determinazione della pena

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella – Presidente

Dott. CASA Filippo – Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – rel. Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/09/2018 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere BINENTI Roberto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale TASSONE Katem che ha concluso chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilita’ di tutti i ricorsi, ad eccezione di quello di (OMISSIS) per il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nonche’ di quello di (OMISSIS), per il quale ha chiesto l’accoglimento limitatamente al quarto motivo, con dichiarazione di inammissibilita’ nel resto;
uditi:
l’Avv. (OMISSIS), per la parte civile Associazione nazionale antimafia (OMISSIS), che ha depositato conclusioni e nota spese;
l’Avv. (OMISSIS), per la parte civile (OMISSIS), che ha depositato conclusioni e nota spese;
l’Avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso di (OMISSIS);
gli Avv. ti (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso di (OMISSIS);
l’Avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS);
l’Avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso di (OMISSIS);
gli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso di (OMISSIS);
l’Avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS);
gli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso di (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Napoli, con sentenza in data 12 settembre 2018, ha parzialmente riformato quella del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli emessa il 22 dicembre 2016 a seguito di giudizio abbreviato e appellata, per quanto qui di interesse, dagli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
All’esito del giudizio di secondo grado e’ rimasta confermata la responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine al reato di trasferimento fraudolento di valori aggravato Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7 ed esclusa la continuazione (capo i), nonche’ quella dei restanti suindicati imputati per il reato di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 2, 4 e 6, (capo a), con diversa permanenza.
Sono state irrogate le seguenti pene: anni quattordici di reclusione a (OMISSIS); anni undici e mesi otto di reclusione a (OMISSIS) (ritenuta la continuazione con il reato gia’ giudicato con sentenza della Corte di appello di Napoli irrevocabile il 26 giugno 2014); anni sei e mesi sei di reclusione a (OMISSIS) (previa concessione dell’attenuante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8); anni sei e mesi otto di reclusione a (OMISSIS) (previa concessione delle attenuanti generiche); anni quattordici di reclusione a (OMISSIS); anni nove e mesi quattro di reclusione a (OMISSIS); anni otto di reclusione a (OMISSIS); anni due e mesi otto di reclusione a (OMISSIS); anni nove di reclusione a (OMISSIS); anni dieci e mesi otto di reclusione a (OMISSIS).
Tutti gli imputati sono stati, inoltre, condannati in solido al risarcimento del danno cagionato alle parti civili Comune di Trentola Ducenta, Associazione nazionale antimafia (OMISSIS) e (OMISSIS).
L’imputazione del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., riguarda la condotta di partecipazione al clan dei “casalesi”, ossia a una delle piu’ pericolose e radicate organizzazioni camorristiche del territorio campano. La sfera della sua operativita’ ha avuto storicamente come epicentro il territorio della Provincia di Caserta. (OMISSIS), originario coimputato, all’epoca dei fatti contestati veniva individuato come uno dei piu’ importanti esponenti della consorteria in considerazione. La condotta addebitata agli imputati si sostanzia nell’inserimento nell’articolazione del clan dei “casalesi” facente capo proprio a (OMISSIS) e ai suoi familiari. Il trasferimento fraudolento di valori ascritto a (OMISSIS) e’ stato ritenuto commesso in favore dello stesso (OMISSIS) e per agevolare il suo gruppo.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione tutti i suddetti imputati, tramite i rispettivi difensori.
Per ragioni di comodita’ di lettura, nella successiva parte del “considerato in:
A. diritto” dedicata alla trattazione dei motivi dei ricorsi, verranno preliminarmente illustrati in sintesi per ciascun ricorrente, oltre ai contenuti di detti motivi, i fatti ritenuti accertati, le prove (costituite in massima parte dalle dichiarazioni accusatorie rese da collaboratori) al riguardo apprezzate dai giudici di merito ai fini dell’affermazione della responsabilita’ e le conseguenti statuizioni sulla pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. (OMISSIS) e’ stato condannato alla pena di anni quattordici di reclusione in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. ascrittogli al capo a), con condotta permanente “fino a luglio 2015″.
Secondo la ricostruzione esposta dai giudici di merito, la partecipazione di tale imputato al sodalizio camorristico lo ha portato ad assumere la posizione dell'”imprenditore colluso”, entrato stabilmente in rapporto sinallagmatico con la cosca con acquisizione di vantaggi reciproci. La sua operativita’ all’interno dei “clan dei casalesi”, sotto il profilo cronologico, e’ stata ritenuta accertata sia nel periodo precedente sia in quello successivo all’affermarsi dell’egemonia di (OMISSIS) nello specifico contesto associativo. Il genere di contributo fornito al clan da (OMISSIS) e’ stato individuato, in un arco di tempo di molti anni, nel supportare i latitanti, nel favorire il “cambio di assegni” relativi a proventi illeciti, nel consentire l’utilizzo di luoghi sicuri nella propria disponibilita’ per incontri fra gli affiliati o fra costoro, imprenditori e politici, nel partecipare a tali incontri, nel portare messaggi agli altri associati, nel prestarsi a fare da intestatario in iniziative economiche riferibili a (OMISSIS). In tale contesto (OMISSIS), operando a fianco di (OMISSIS), secondo quanto ancora osservato dai giudici di merito, aveva potuto espandere le proprie commesse con conseguenti ingenti entrate, in particolare nell’attivita’ edilizia e nelle forniture dei materiali relativi a tale settore, in cui aveva assunto una posizione dominante, venendo al contempo ad accrescere il potere dell’intero sodalizio.
La sentenza di appello ha nuovamente preso in considerazione a supporto del giudizio di responsabilita’ le dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ gli esiti di servizi di intercettazione, riportandosi, avuto riguardo alla “vicinanza” di (OMISSIS) a (OMISSIS), ad altre propalazioni ancora gia’ citate nella sentenza di primo grado. E’ stato altresi’ menzionato, sempre a conferma della ricostruzione accusatoria, – l’apporto dichiarativo del coimputato (OMISSIS) acquisito nel giudizio di appello.
1.1. Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS) viene proposto con atti separati, depositati rispettivamente dai difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS).
1.1.1. L’atto sottoscritto dall’Avv. (OMISSIS) e’ affidato a quattro motivi. 1.1.1.1. Il primo motivo denuncia violazione di molteplici disposizioni di legge sia processuale sia sostanziale, nonche’ vizi della motivazione.
Eccepisce in primo luogo la mancanza di correlazione fra la contestazione e la condanna, con conseguente violazione dell’articolo 522 c.p.p..
Osserva che la confutazione dei rilievi al riguardo, facendo riferimento alla generica descrizione delle condotte nell’imputazione, ha confuso la mera replica dell’enunciato normativo con l’esposizione in forma chiara e precisa, invece, richiesta ai fini della contestazione e pero’ nella specie non ravvisabile, mancando nell’imputazione la concreta indicazione dei fatti storici idonei a rappresentare la partecipazione di (OMISSIS) al clan dei “casalesi”, senza che tale vuoto possa colmarsi ex post citando alcune fonti di prova che evocano le accuse.
Inoltre, il ruolo attribuito al ricorrente in “epoca pre- (OMISSIS)” neppure e’ sussumibile in alcuna delle condotte pur genericamente citate nell’imputazione.
Da tali rilievi, dunque, discende gia’ la nullita’ della sentenza impugnata.
Nella sentenza di primo grado si era proceduto all’espressa delimitazione della condotta partecipativa in relazione alla sola “fazione di (OMISSIS)”, mentre i giudici di appello hanno esteso l’affermazione della responsabilita’ a condotte storicamente diverse e ulteriori rispetto a quelle indicate nel capo di accusa, cosi’ violando la sentenza impugnata il divieto di reformatio in peius.
La motivazione di tale sentenza e’ carente anzitutto poiche’ ignora le censure che avevano rappresentato, tenuto conto dell’ampio periodo della contestazione, il deficit di inquadramento dei periodi delle dichiarazioni accusatorie, di inizio delle collaborazioni considerate, cosi’ come di collocazione in sequenza dei fatti.
Con riferimento alla condotta ricadente nel periodo “pre- (OMISSIS),” le dichiarazioni di Cantone in ordine alle segnalazioni di rifornirsi di materiali edili da (OMISSIS) rivolte a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sono state ritenute riscontrate in forza di inconsistenti reinterpretazioni di quanto da costoro riferito. Ne’ si e’ considerato che il periodo in questione si concluse nel 1996 con l’arresto di (OMISSIS) e (OMISSIS); mentre “l’andazzo” riferito da (OMISSIS) non si sarebbe protratto oltre i primi mesi del 1997, quando lo stesso venne arrestato per rimanere nel prosieguo in stato di detenzione fino all’anno 1999. In proposito la motivazione, sotto il profilo temporale, non ha fornito alcuna delucidazione.
Relativamente alle dichiarazioni di (OMISSIS), riguardanti il primo periodo, si sono ignorati i rilievi che avevano rappresentato la contraddittorieta’ delle accuse, avendo tale collaboratore, ad esempio, riferito prima di essersi personalmente occupato di una estorsione imposta a (OMISSIS) e poi che tale soggetto veniva esonerato dalla sottoposizione alle estorsioni. Ne’ si e’ considerato quanto prospettato dalla difesa circa i chiarimenti forniti da (OMISSIS) a proposito dell’attivita’ estorsiva da lui subita e delle sue condotte in quel periodo riferibili solo al “cambio di assegni” o al “ricovero” del proprio parente (OMISSIS) e dello stesso (OMISSIS). Cosi’ come si e’ ignorato il deficit conoscitivo circa i cantieri le cui forniture da parte di (OMISSIS) sarebbero state caldeggiate.
Sono state svolte osservazioni sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in ordine alle estorsioni imposte a (OMISSIS) che hanno parificato coartati pagamenti a spontanee contribuzioni, cosi’ confondendo situazioni ben diverse.
A proposito del periodo dell’egemonia di (OMISSIS) sono state citate come centrali le dichiarazioni del medesimo (OMISSIS) senza considerare le doglianze in ordine alla delimitazione del perimetro temporale delle notizie riferite da tale propalante in ragione sia della detenzione sofferta anche in periodi successivi al 1999, sia dell’inizio della collaborazione gia’ nel maggio del 2010.
Sempre con riguardo alle dichiarazioni di (OMISSIS) e’ stata riposta l’attenzione solo su una delle tante obiezioni dedotte con l’appello in relazione al tema delle riunioni con (OMISSIS), ove (OMISSIS) compariva comunque come soggetto “vessato”.
Nulla si e’ aggiunto sulla “cointeressenza societaria” con (OMISSIS), permanendo cosi’ immutate le carenze motivazionali di primo grado riconosciute dalla stessa Corte distrettuale e gia’ evidenziate con i motivi di appello.
Le dichiarazioni di (OMISSIS), che dovrebbero riscontrare quelle di (OMISSIS) in ordine a dette cointeressenze, sono state semplicemente riportate nella sentenza, di modo che non ci si e’ confrontati con i rilievi in relazione all’estraneita’ di detto (OMISSIS) al clan e ai fatti narrati, mentre subito dopo ci si e’ limitati a formulare ipotesi desunte solo da personali comportamenti riferiti da (OMISSIS), il quale non aveva mai chiamato in causa (OMISSIS).
Anche altre obiezioni circa le accuse di (OMISSIS) sono rimaste prive di risposta.
Il contributo di (OMISSIS) non e’ stato inquadrato temporalmente, cosi’ non ci si e’ rapportati alle questioni poste dal suo far capo a (OMISSIS) solo nel periodo fra il 2002 e il 2006, con la conseguente inidoneita’ delle informazioni acquisite per tale periodo a riscontrare quelle di (OMISSIS).
Ne’ sono state confutate le prospettazioni difensive sui singoli passaggi dichiarativi dello stesso collaboratore nei diversi interrogatori, in particolare in ordine agli interessi confliggenti con quelli di (OMISSIS) palesati da (OMISSIS) nella vicenda dell’estromissione dal centro (OMISSIS) e all’assenza di indicazioni idonee ad accreditare le altre asserzioni circa cointeressenze immobiliari, investimenti, incontri e trasmissioni di notizie che avrebbero visto (OMISSIS) favorire (OMISSIS).
Sempre considerando le dichiarazioni di (OMISSIS), anche le altre deduzioni difensive, gia’ rappresentate in primo grado con memoria depositata il 18 ottobre 2016 e trasfuse poi nei motivi di appello, sono rimaste prive di ogni risposta.
Le dichiarazioni degli altri collaboratori, parimenti sottoposte a puntuali analisi critiche nei motivi di appello, sono state solo genericamente menzionate nella sentenza impugnata, rinviandosi sempre a quella stessa motivazione di primo grado che la Corte di appello ha fin dall’inizio indicato come insufficiente.
Ne’ ci si e’ avveduti che nell’atto di appello erano state indicate a fini difensivi anche altre dichiarazioni ancora rese da (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS).
La vicinanza di (OMISSIS) a (OMISSIS) e (OMISSIS) (gia’ condannati con sentenza irrevocabile per la loro intraneita’ associativa), come affermata dalla sentenza impugnata alla stregua di risultanze di intercettazioni risalenti al solo anno 2008, non poteva far desumere un contributo rilevante in favore dell’intero sodalizio.
In ragione di tutte queste mancanze e della documentazione prodotta, dunque, non avrebbe potuto ritenersi raggiunta la prova del reato contestato oltre ogni ragionevole dubbio, in modo da escludere con certezza la condizione di (OMISSIS) di “imprenditore vittima” estraneo a qualsiasi vantaggio economico.
Ne’, a tutto voler concedere e seguendo la stessa ipotesi accusatoria, avrebbe potuto acriticamente negarsi la possibilita’ di ravvisare quelle condizioni di non intraneita’ associativa idonee a evocare piuttosto la figura del concorso esterno nell’associazione secondo gli enunciati giurisprudenziali in materia.
1.1.1.2. Il secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 416-bis c.p., articoli 192, 521 e 522 c.p.p..
Osserva che si e’ omesso di rilevare la cessazione della condotta prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2015, cosi’ giungendo ad affermare, senza considerare le censura sul punto, il protrarsi della permanenza fino all’arresto del 12 dicembre 2015, benche’ la contestazione si fermi a luglio 2015.
A tal riguardo si e’ violata la regola che esclude nel caso di reato permanente l’onere per imputato di superare presunzioni circa il protrarsi della condotta.
Nella specie le fonti utilizzate potevano rappresentare conoscenze che non superavano il 2009 e doveva tenersi presente che (OMISSIS), al quale (OMISSIS) avrebbe dovuto fornire il supporto associativo, era stato arrestato nel 2011.
Del resto, per i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), arrestati nel 2010, e’ stata riconosciuta la cessazione della condotta associativa nel 2009.
1.1.1.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, articoli 521 e 522 c.p.p., articoli 62-bis, 69, 132 e 133 c.p..
Rileva che non si rinviene alcuna contestazione in fatto dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 4 e che comunque nessun elemento era stato acquisito circa la consapevolezza delle condizioni idonee a integrare detta aggravante, cosi come quella di cui al comma 6 dello stesso articolo.
Il precedente indicato come “allarmante” per escludere la riduzione della pena riguardava un reato del 1980 per cui era stata concessa la riabilitazione.
Le asserzioni agli stessi fini sulla gravita’ del fatto non hanno considerato le specifiche deduzioni in senso contrario rassegnate con i motivi di appello.
Inoltre, sussistevano tutte le condizioni per il riconoscimento delle attenuanti generiche, facendo corretta applicazione delle disposizioni in materia.
1.1.1.4. Il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 600 c.p.p., comma 3, per avere la Corte indebitamente esteso le ragioni della provvisionale riconosciuta in primo grado a tutte le condotte poste in essere, in violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza, del divieto di reformatio in peius e omettendo di confutare le argomentazioni sul tema addotte in sede di appello.
1.1.2. L’atto di ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS) e’ affidato a nove motivi.
1.1.2.1. Il primo motivo lamenta violazione degli articoli 522 e 516 c.p.p. e articolo 178 c.p.p., lettera b), nonche’ vizi della motivazione, sulla base dello stesso genere di rilievi svolti nel primo motivo del ricorso del codifensore. Rappresenta, infatti, che la decisione dei giudici di appello ha violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza, poiche’ ha individuato due distinte fasi della condotta partecipativa senza che fosse intervenuta una modifica dell’imputazione avuto riguardo all’attribuzione delle attivita’ collocate nell’era pre- (OMISSIS)”, risalente al periodo antecedente all’arresto di (OMISSIS), ossia a prima dell’anno 1996.
1.1.2.2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 416-bis c.p., nonche’ vizi della motivazione in ordine ai fatti ricadenti nelrera pre (OMISSIS)”.
Nel motivo si richiamano ampiamente i contenuti dei rilievi mossi in sede di appello, osservandosi che la scelta di porre uno spartiacque tra le attivita’ compiute nel periodo “pre (OMISSIS)” e in quello “dell’era (OMISSIS)” costituisce un tentativo di superare detti rilievi senza pero’ fornire esaustive risposte a ciascuno di essi.
1.1.2.3. Il terzo motivo si duole della mancanza di motivazione e del travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) in ordine alla condotta partecipativa nel periodo “pre (OMISSIS)”.
La sentenza, sintetizzando in maniera approssimativa quanto riferito da (OMISSIS), incorre in un primo vistoso travisamento quando rileva che costui avrebbe affermato che “per il ruolo assunto nella compagine il (OMISSIS) era divenuto un intoccabile”, mentre in realta’ il collaboratore aveva diversamente rappresentato che (OMISSIS) andava esentato dalle estorsioni semplicemente per la sua parentela con (OMISSIS) (fatto questo confermato da (OMISSIS)).
Sono state ritenute riferibili allo stesso periodo e percio’ idonee a riscontrarsi reciprocamente le indicazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS) sul conto di (OMISSIS), quando invece il racconto del primo aveva indicato circostanze ben successive, di talche’ il cambio degli assegni riferito da (OMISSIS) non poteva porsi in rapporto con le controprestazioni dopo ricevute da (OMISSIS) secondo il narrato di (OMISSIS).
La Corte d’appello, soffermandosi sulle accuse di quest’ultimo, ha mancato di rappresentare l’esatta consistenza delle modalita’ delle condotte estorsive in danno di (OMISSIS) che ne rivelavano la fortissima carica intimidatoria camorrista, cosi’ da non potersi ricondurre gli esborsi alla contribuzione alla cassa del clan.
E neppure si e’ considerato l’acquisto dell’auto e di arredi, parimenti imposto a (OMISSIS) secondo le dichiarazioni di (OMISSIS) per come evidenziate dalla difesa.
1.1.2.4. Il quarto motivo lamenta violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, poiche’ non ci si e’ attenuti a tale disposizione nella valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori in ordine alle due riunioni che sarebbero state tenute affinche’ (OMISSIS) fosse esonerato dal pagamento delle estorsioni a (OMISSIS).
(OMISSIS) aveva riferito che a entrambe le riunioni da lui svolte con (OMISSIS), una nel 2000 e l’altra nel 2005, avrebbe presenziato anche (OMISSIS).
I Giudici di secondo grado hanno pero’ trascurato di confutare il rilievo che aveva posto in evidenza come (OMISSIS), collaboratore di giustizia, avesse smentito quanto sopra, mettendo persino in dubbio la possibilita’ che (OMISSIS) si fosse arrischiato a presentarsi a incontri con (OMISSIS) almeno nell’anno 2005.
Ne’ si e’ tenuto conto di quanto dedotto in ordine all’inconciliabilita’ dell’agire camorristico con le rinunce (sul piano delle attivita’ estorsive di (OMISSIS) in danno di (OMISSIS)) e gli impegni (con riguardo alle erogazioni compensative in denaro da (OMISSIS) a (OMISSIS)) che lo stesso (OMISSIS), in dette occasioni, avrebbe rispettivamente ottenuto da (OMISSIS) e a lui accordato in cambio, secondo quanto da quest’ultimo riferito.
Tali mancanze risultavano tanto piu’ decisive alla luce della rilevanza attribuita dai giudici di merito alle citate dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS).
1.1.2.5. Il quinto motivo deduce violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, in relazione alla valenza di riscontro attribuita alle altre dichiarazioni. Ci si sofferma in particolare sulle dichiarazioni di (OMISSIS), rilevandosi che i giudici di appello si sono limitati a riportare alcuni passaggi dei verbali, sottraendosi cosi’ ancora una volta all’esame critico delle doglianze, che nella specie avevano fra l’altro focalizzato l’incoerenza delle dichiarazioni sotto il profilo della reale conoscenza di (OMISSIS) e delle sue relazioni con il clan, nonche’ l’inverosimiglianza della narrazione dei fatti estorsivi ai suoi danni che avrebbero visto (OMISSIS) tentare per due volte di pretendere denaro da un socio di (OMISSIS).
1.1.2.6. Il sesto motivo denuncia violazione dell’articolo 416-bis c.p. e vizi della motivazione, con riferimento alla considerazione degli elementi idonei a distinguere la partecipazione associativa dalla mera contiguita’ compiacente.
Osserva che sono state considerate idonee al riscontro delle accuse di (OMISSIS) le dichiarazioni di (OMISSIS) e quelle di altri collaboratori senza tener conto che la vicinanza di (OMISSIS) a (OMISSIS) e le altre condotte del primo concernenti gli interessi economici del secondo non consentivano di ritenere accertata tout court la partecipazione di (OMISSIS) all’associazione, secondo le caratteristiche che sono richieste dalla giurisprudenza di legittimita’, a maggiore ragione a fronte delle condotte estorsive sempre subite dal ricorrente cosi come ampiamente rappresentato (anche in tal caso) attraverso i motivi di appello.
1.1.2.7. Il settimo motivo lamenta mancanza di motivazione e travisamento della prova in relazione al contributo prestato da (OMISSIS) al clan (OMISSIS), essendo state al riguardo indicate condotte mai emerse dalle fonti citate, quali appunto quelle di supporto ai latitanti e di trasmissione dei messaggi degli associati.
1.1.2.8. L’ottavo motivo si duole della contraddittorieta’ della motivazione, laddove essa, dopo avere indicato la cessazione della condotta di partecipazione del capo del clan, (OMISSIS), alla data del suo arresto, ossia dal 7 dicembre 2011, ha affermato la permanenza del vincolo associativo di (OMISSIS) fino all’arresto dello stesso nel presente procedimento avvenuto nel dicembre 2015.
Tanto senza considerare la vicinanza di (OMISSIS) solamente a (OMISSIS) quale suo prestanome e socio in affari, la risalenza al 2009 dei contributi cognitivi citati, le diverse conclusioni raggiunte (a parita’ di considerazioni sulle emergenze risalenti al 2009) per i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
1.1.2.9. Il nono motivo deduce violazione di legge, poiche’ si e’ omesso di considerare, in forza di quanto rappresentato nel precedente motivo, la cessazione della condotta associativa prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2015, cosi’ da non potere operare il relativo inasprimento sanzionatorio.
Esame dei motivi.
1.2. Sono infondate le eccezioni processuali poste con il primo, il secondo e il terzo motivo dell’atto di ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), nonche’ con il primo motivo dell’atto di ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), laddove denunciano la violazione degli articoli 521 e 522 c.p.p. e articolo 597 c.p.p., comma 3. Invece, debbono ritenersi fondate, nei termini che verranno di seguito illustrati, le doglianze, sotto il profilo del vizio della motivazione in punto di affermazione della responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 416-bis c.p., come contestato, rappresentate nel primo motivo dell’atto di ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), nonche’ nel secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo dell’atto di ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS). Dall’accoglimento delle doglianze di cui trattasi discende per tale ricorrente l’annullamento della sentenza con rinvio per il nuovo giudizio. Tutte le restanti doglianze, cosi’ come svolte negli stessi motivi di cui sopra e negli altri motivi, rimangono assorbite.
1.2.1. Quanto alle deduzioni che, nel corpo dei primi motivi sopra indicati, lamentano la violazione degli articoli 521 e 522 c.p.p., oltre a quella del divieto di reformatio in peius a fronte dell’appello proposto dal solo imputato, va rilevato che l’intero argomentare alla base di tali censure e’ frutto di un non corretto approccio alla contestazione del reato di cui all’articolo 416-bis c.p..
Invero, ai fini della corretta imputazione di tale fattispecie delittuosa, nei termini in cui essa deve risultare chiara e precisa, e’ sufficiente l’indicazione della partecipazione ad una certa associazione operante in un certo momento in un certo luogo, ove concretamente si sono manifestate la metodologia e le finalita’ di tipo mafioso alle quali si e’ relazionato l’associato. Infatti, le indicazioni al riguardo, necessariamente rapportate alla fattispecie plurisoggettiva e pertanto all’associazione mafiosa cosi’ come descritta, danno in se’ contezza dell’addebito concernente la condotta di partecipazione contestata al singolo associato. Nella specie, come ribadito nella sentenza di appello, tali indicazioni risultano ben rappresentate nell’imputazione. E cio’ anche con riferimento alle condizioni oggettive integranti le aggravanti speciali, che non afferiscono propriamente al comportamento del singolo partecipe, ma sono invece determinate dalle caratteristiche operative assunte dal sodalizio camorristico nel suo complesso.
Di contro, rimane estranea alla necessita’ di assicurare la chiara conoscenza dell’imputazione e la corrispondenza a essa della decisione, la descrizione dei comportamenti concludenti – anche se ad abundantiam in parte contenuta nella formulazione della contestazione – dai quali e’ desumibile detta partecipazione, in forza delle valutazioni rimesse ai giudici di merito in primo grado e in appello.
Valutazioni, afferenti alla prova del fatto contestato, che in ragione della verifica della partecipazione sul piano dinamico e funzionale, ordinariamente, si confrontano con quanto emerso sulla specifica realta’ in divenire del sodalizio mafioso, secondo cambiamenti nel tempo dei suoi assetti organizzativi, operativi e di comando, nonche’ dei rapporti dell’imputato con gli altri associati. Sicche’, il diverso apprezzamento di tali elementi, come si e’ potuto verificare nella sentenza di appello secondo le doglianze mosse, non assume alcuna rilevanza sotto il profilo del mutamento dell’accusa, ma riguarda esclusivamente la motivazione della decisione avente a oggetto il fatto ascritto con l’imputazione.
Ne’ si comprende come tali valutazioni possano essere accostate alle statuizioni per cui opera il divieto previsto dall’articolo 597 c.p.p., comma 3.
Ne deriva l’infondatezza delle preliminari eccezioni processuali in questione.
1.2.2. Le considerazioni che conducono all’accoglimento degli altri suindicati motivi di ricorso riguardanti invece l’affermazione della responsabilita’, si muovono sotto due direttrici, concernenti entrambe il vizio della motivazione: una si riferisce alla prova dichiarativa; l’altra riguarda la configurazione del fatto.
Va in primo luogo chiarito che nella specie non possono rilevare i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimita’ che restringono, in caso di “doppia conforme”, l’area del controllo di legittimita’ in materia di vizio della motivazione. Infatti, va considerato che, da un lato, e’ la stessa esposizione della sentenza di secondo grado a dar conto della specificita’ dei motivi di appello ai quali si sarebbe dovuto rispondere secondo il ricorso, dall’altro tale sentenza non ha inteso richiamare, neppure implicitamente, il percorso motivazionale approntato da quella di primo grado, ma anzi ne ha all’inizio rilevato la carenza, laddove ha premesso: “… indubbiamente la sentenza di primo grado e’ estremamente sintetica, dando atto della vicenda che emerge dagli atti processuali in modo del tutto stringato e a tratti effettivamente insufficiente. Tuttavia, come meglio esplicitato in seguito, un esame piu’ approfondito delle emergenze processuali permette di confermare le conclusioni del primo giudice”. La stessa Corte ha cioe’ riconosciuto che per (OMISSIS) la decisione assunta dovesse essere supportata da un nuovo autonomo esame dotato di completezza.
Un impegno al cui adempimento rimane legata la tenuta della motivazione.
Venendo a considerare in primo luogo i punti critici che riguardano la prova dichiarativa, va premesso che in sede di legittimita’ con riferimento alla valutazione della chiamata in reita’ o in correita’ non possono essere dedotte doglianze che rappresentano la violazione dell’articolo 192 c.p.p.; ma cio’ non esclude l’ammissibilita’ dei motivi su tale tema nei limiti indicati dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), cioe’ sotto il profilo della mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificatamente indicati nel ricorso (Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Rv. 271294).
Anche in tal caso, tuttavia, i concetti di mancanza o di illogicita’ della motivazione non possono adoperarsi sino a ricomprendere qualsiasi possibile omissione o errore che concerna l’analisi in modo isolato di ogni elemento, cosi’ non potendosi cogliere la necessaria dimostrazione della mancanza della tenuta per il resto della motivazione in ordine all’apprezzamento dell’intera piattaforma probatoria (Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Rv. 277518; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, Rv. 254274; Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Rv. 239789).
Sotto altro aspetto, va chiarito che quando la contestazione riguarda la partecipazione a un’associazione a delinquere, ai fini della prova di tale condotta il reciproco riscontro “individualizzante” fra le chiamate in correita’ o in reita’ puo’ avverarsi in presenza di contributi conoscitivi riguardanti anche fatti diversi, avvenuti in diversi contesti temporali, sempre che da tali fatti possa ugualmente desumersi l’esistenza del rapporto idoneo a rappresentare, sul piano dinamico funzionale, la stabile compenetrazione dell’incolpato nel tessuto organizzativo del sodalizio (Sez. 5, n. 21562 del 03/02/2015, Rv. 263704; Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264380; Sez. 1, n. 10734 del 23/01/2013, Rv. 254885).
Tuttavia, rimane fermo che il giudice di merito, prima ancora di accertare l’esistenza del riscontro esterno, deve verificare la credibilita’ soggettiva del dichiarante e l’attendibilita’ oggettiva del suo contributo, anche se tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita’ soggettiva del dichiarante e l’attendibilita’ oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l’articolo 192 c.p.p., comma 3, alcuna specifica, tassativa, sequenza logico – temporale (Sez. U. n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Rv. 255145; Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Rv. 276676; Sez. 1, n. 22633 del 05/02/2014, Rv. 262348;).
Orbene, con particolare riferimento all’imprescindibile prima verifica dell’attendibilita’ intrinseca del contenuto delle proposizioni accusatorie, il ricorso muove molteplici rilievi che mettono a fuoco ampie lacune motivazionali, sotto il profilo sia qualitativo sia quantitativo, che interessano i maggiori contributi citati.
Si tratta di precise obiezioni che sono assistite dai requisiti di specificita’ e di autosufficienza in ragione dell’ampia illustrazione anche testuale dei passi di interesse nel ricorso e ancora prima nell’atto di appello e negli altri atti difensivi richiamati dallo stesso ricorso, conformemente alla rappresentazione della sentenza di appello ove si espongono i contenuti dichiarativi con cui si erano confrontate di volta in volta le precise doglianze che avrebbero dovuto vagliarsi.
Seguendo le censure, va osservato, quanto alle chiamate di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che sebbene dall’esposizione dei motivi di appello risultino articolate puntuali critiche agganciate anche all’esame del progressivo percorso dichiarativo dei predetti secondo i contenuti dei verbali (in diverse date) via via illustrati, la sentenza impugnata, facendo riferimento ai passi valutati in risposta a rilievi di altro tipo, si e’ misurata solo con le ricostruzioni delle ultime audizioni, senza percio’ prendere in considerazione la preliminare questione di cui sopra.
In ordine alle dichiarazioni di (OMISSIS) i motivi d’appello avevano svolto censure non solo dello stesso tipo di quelle appena citate a proposito dei contributi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), ma anche riferite alla natura e all’epoca delle conoscenze.
A fronte di cio’ la motivazione dei giudici di appello ha dedicato oltre due pagine alle dichiarazioni di (OMISSIS), ma solo per riportare testualmente parte dei verbali ritenuti di interesse, mancando cosi’ ogni valutazione sul piano intrinseco.
Nella sentenza ci si e’ soffermati sulle dichiarazioni di (OMISSIS) indicandosene il “ruolo centrale” ai fini della ricostruzione di fondamentali passaggi: si e’ richiamata la narrazione dell’interlocuzione tra detto collaboratore e (OMISSIS), in occasione della quale (OMISSIS) sarebbe intervenuto come trait d’union sia per il ruolo associativo assunto, sia in quanto l’incontro aveva all’ordine del giorno proprio l’affrancamento dello stesso (OMISSIS) dalle richieste di denaro di (OMISSIS).
Tuttavia, il percorso descrittivo seguito dalla Corte di merito non fornisce alcuna risposta, nemmeno implicita, al rilievo – anch’esso dedotto nei motivi di appello e certamente non fuori fuoco sotto il profilo della verifica dell’attendibilita’ dei contenuti – secondo cui (OMISSIS) (pure lui collaboratore di giustizia), indicato da (OMISSIS) come uno dei partecipanti al predetto incontro, ne aveva smentito persino la verosimiglianza. La sentenza cita invece l’apporto di (OMISSIS) a proposito di fatti piu’ risalenti relativi ai rapporti di (OMISSIS) con (OMISSIS). Pero’, facendo cio’, neppure considera, quanto alle conoscenze esternate su (OMISSIS), un altro genere di obiezioni, anch’esse dedotte con i motivi di appello, che avevano prospettato possibili fraintendimenti dovuti ai riferimenti ai fratelli dell’imputato.
Con riguardo poi alle altre fonti interne al sodalizio criminale, rispetto alle quali i motivi di appello avevano parimenti mosso specifiche osservazioni (rappresentando anzi nel caso di (OMISSIS) elementi da valutare a favore), rimane del tutto generico e, in definitiva, immotivato il seguente – unico – passaggio della sentenza: “La vicinanza del (OMISSIS) allo (OMISSIS) e’ confermata dai numerosi altri collaboratori richiamati nella parte motiva della sentenza cui si rinvia”.
Ne’ la citazione delle dichiarazioni di (OMISSIS) (acquisite solo nel giudizio di appello) si sottrae alle censure del ricorso che le riguardano, posto che, stante la poca linearita’ prima e la genericita’ poi dei riferimenti ai contenuti narrativi come operati nella sentenza impugnata (pagg. 101- 102), non e’ dato comprendere in che termini tale (nuovo) collaboratore avrebbe attendibilmente accreditato comportamenti – legati alla presenza di (OMISSIS) a incontri con (OMISSIS) – in concreto apprezzabili sotto il profilo della comune appartenenza associativa.
Alla stregua di tutto di quanto fin rilevato in ordine al percorso seguito dalla motivazione ai fini del vaglio critico dei contributi dichiarativi, si colgono dunque carenze nelle spiegazioni dovute, in tema di convalida degli esiti probatori, aventi ricadute che in modo piu’ o meno marcato interessano tutte le fondamentali fonti.
Ne consegue che non e’ intervenuto, in termini di accettabile puntualita’ e completezza, quell’esame piu’ approfondito delle risultanze aventi pregnante rilevanza – tanto piu’ ineludibile a fronte delle specifiche censure mosse in sede di appello – che la stessa sentenza di secondo grado nelle premesse ha mostrato di ritenere indispensabile ai fini della conferma della decisione di primo grado.
A tali vizi riguardanti il percorso in forza del quale sono stati accreditati i risultati della prova dichiarativa, si aggiungono quelli relativi alla configurazione della condotta delittuosa cosi come contestata, da riferirsi sempre a carenze motivazionali a fronte di puntuali rilievi difensivi mossi sotto specifici profili.
In proposito, va premesso che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, avuto riguardo all’associazione di tipo mafioso, deve ritenersi “colluso” quell’imprenditore che sia entrato in un rapporto sinallagmatico con tale organizzazione, si’ da scaturirne vantaggi per entrambi i contraenti, consistenti per l’imprenditore nell’imporsi nel territorio in posizione dominante e per il sodalizio nell’ottenere risorse, servizi o utilita’; mentre rimane solo “vittima” quell’imprenditore che di fronte all’intimidazione mafiosa non tenta di venire a patti con il sodalizio, ma cede alle imposizioni da parte dello stesso e percio’ ne subisce il danno ingiusto, limitandosi a perseguire intese rivolte a limitarlo (Sez. 4, n. 30133 del 05/06/2018, Rv. 273683; Sez. 6, n. 25261 del 19/04/2018, Rv. 273390; Sez. 6, n. 30346 del 18/04/2013, Rv. 256670; Sez. 1, n 30534 del 30/06/2010, Rv 248321; Sez. 5, n. 39042 del 01/10/2008, Rv. 242318).
L’individuazione dei tratti della figura dell’imprenditore “colluso”, seguendo la genesi dei suoi rapporti con il sodalizio di tipo mafioso, non elimina pero’ la necessita’ di una rigorosa e motivata disamina del materiale probatorio ai fini della qualificazione del fatto, in concreto accertato, come concorso esterno o partecipazione all’associazione (Sez. 5, n. 47574 del 07/10/2016, Rv. 268403).
Tanto tenendo presente che la condotta di partecipazione all’associazione di tipo mafioso e’ riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu’ che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi; mentre, assume il ruolo di “concorrente esterno” il soggetto che non inserito nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione (Sez. U., n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670, 231671 e 231672).
La motivazione di appello nella parte finale, a proposito del rapporto di (OMISSIS) con l’associazione camorristica, richiama ancora la figura dell’imprenditore “colluso” ma per escluderne la condizione di “vittima”, mentre la condotta come ritenuta resta sempre qualificata come quella di partecipazione all’associazione.
Si rileva cosi’ un inserimento nella struttura organizzativa, accompagnato dall’affectio societatis, in forza dell’assunzione di un ruolo di costante supporto nel corso di decenni, andato oltre le condizioni riferibili al concorrente esterno.
In proposito, si menzionano diverse condotte eterogenee (pag 105), per poi qualificarsi, in conclusione, come “pienamente provata la perdurante affiliazione di (OMISSIS) al clan sia in epoca precedente all’egemonia di (OMISSIS), sia in epoca in cui (OMISSIS) era capo indiscusso della relativa fazione, condotta che, in assenza di formale dissociazione, deve considerarsi cessata unicamente con l’avvenuto arresto dell’imputato, avvenuto in data 12.12.2015” (pag. 109).
Tuttavia, in precedenza la sentenza, con riguardo al periodo non chiaramente delimitato – ma di certo non di breve durata – che e’ quello indicato come ricadente nell’era “pre (OMISSIS)”, descrive relazioni con (OMISSIS) e prima con (OMISSIS), come da costoro rispettivamente riferite, che paiono chiamare in causa (OMISSIS) come parte del sinallagma instaurato dall’imprenditore entrato si’ in rapporti con i componenti dell’associazione mafiosa, ma senza farne parte.
In merito va precisato che in tali passaggi si coglie una distonia che non puo’ confinarsi nel campo delle mere improprieta’ terminologiche, una volta che si continua a parlare di “sottoposizione a estorsione” senza che neppure ci si misuri specificatamente con quella parte dei rilievi che avevano dato risalto a gravi modalita’ intimidatorie e ad altre erogazioni secondo un dare del tutto personale.
Cosi’ da non trovare giustificazione i riferimenti – subito dopo con riguardo agli esborsi – a forme di contribuzioni alla cassa comune del clan provenienti da chi come (OMISSIS) ne faceva organicamente parte e ne condivideva percio’ gli scopi.
E’ vero che nel corpo della motivazione si indicano altre condotte riferite ai rapporti privilegiati mantenuti in seguito con (OMISSIS), soprattutto sul versante economico; cosi’ come e’ vero che l’inserimento nel sodalizio camorristico puo’ essere graduale o in certi periodi subire condizioni di declino, tanto piu’ in ragione degli avvicendamenti degli esponenti di vertice del clan. Ma, cio’ non toglie che, a fronte delle precise richieste in sede di appello aventi a oggetto fra l’altro la perimetrazione temporale delle notizie valorizzate (anche in considerazione delle date degli arresti e di quelle delle collaborazioni), la Corte distrettuale non poteva alla fine accomunare in un elenco indistinto tutte le condotte desunte dalle dichiarazioni prima riportate. Invece, avrebbe dovuto fornire specifici chiarimenti in ordine ai significati progressivamente recepiti, secondo la lettura dei rapporti di (OMISSIS) con il sodalizio nei diversi periodi. La focalizzazione in modo selettivo dei fatti concretamente ritenuti di rilievo nel senso appena indicato risultava, in ogni caso, necessaria per fare comprendere il peso attribuito ai comportamenti ruotanti intorno a (OMISSIS). Una sfera della condotta che, a prescindere da quant’altro rilevato, parrebbe essere stata apprezzata, nel suo intero dispiegarsi, come decisiva – in ragione delle stabili ricadute nella sfera associativa – ai fini dell’accertamento della partecipazione da intraneo, con l’esclusione quindi dell’ipotesi alternativa del concorso esterno. Neppure tale scelta appare, dunque, spiegata in termini soddisfacenti a fronte dei rilievi specifichi mossi anche sul punto nei motivi di appello secondo quanto rimasto rappresentato e delle rilevate carenze della sentenza di primo grado riferibili, per la loro estensione, anche all’inquadramento giuridico in questione.
Vi e’ poi un ulteriore profilo delle conclusioni di cui sopra che rimane inficiato da chiare incongruenze motivazionali: esso riguarda il protrarsi della condotta.
In proposito, va chiarito che, in presenza di una contestazione “chiusa” della permanenza del reato di associazione di tipo mafioso che, come nella specie, includa un ampio arco temporale in cui si sono succedute diverse leggi in ordine alla disciplina dell’assetto sanzionatorio in senso peggiorativo, e’ onere dell’accusa dimostrare che la partecipazione si sia protratta per tutto il periodo contestato (Sez. 2., n. 23343 dell’01/03/2016, Rv. 267080; Sez. 1, n. 39221 del 26/02/2014, Rv. 260511; Sez. 5, n. 25578 del 15/05/2007, Rv. 237707).
Piu’ in generale, non puo’ ritenersi rispettosa del fondamentale principio di cui all’articolo 27 Cost., comma 2, la pretesa di dedurre dalla natura permanente del reato di associazione di tipo mafioso la prova del protrarsi nel tempo della condotta ben oltre il periodo dei fatti rimasti accertati, cosi’ da ammettere una sorta di presunzione in materia di colpevolezza, quanto alla permanenza della partecipazione, superabile solo a fronte di una prova contraria che rappresenti fatti sopravvenuti incompatibili con la prosecuzione dell’adesione al sodalizio.
L’impossibilita’ di accedere a simili ragionamenti va affermata anche nel caso in cui la partecipazione del singolo associato possa apparire particolarmente solida sotto il profilo morale, in forza di una pregressa incondizionata adesione alle regole di fedelta’ del tipo di associazione. Infatti, ci si deve pur sempre continuare a misurare non solo con le manifestazioni dell’affectio societatis, ma anche con l’esistenza di un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu’ che uno “status” di appartenenza, un percepibile ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale il medesimo soggetto “prende parte” al fenomeno associativo, dando dimostrazione di porsi a disposizione dell’ente per il perseguimento delle sue finalita’ criminose (Sez. Un., n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231670; Sez. 5, n. 6882 del 06/11/2015, dep. 2016, Rv. 266064; Sez. 6, n. 8929 del 17/09/2014, dep. 2015, Rv. 263654; Sez. 1, n. 39543 del 24/06/2013, Rv. 257447).
A fronte di tutto cio’, dunque, risulta certamente censurabile sotto il profilo non solo del vizio della motivazione ma anche della violazione di legge, la posizione assunta dalla Corte di appello secondo cui la condotta di partecipazione di (OMISSIS) “in assenza di formale dissociazione, deve considerarsi cessata unicamente con l’avvenuto arresto dell’imputato, avvenuto in data 12.12.2015”.
Da tale impostazione e’ conseguita la conferma dell’applicazione nei confronti di (OMISSIS) del piu’ severo trattamento sanzionatorio introdotto con la L. n. 69 del 2015; mentre cio’ non e’ avvenuto, ad esempio, per (OMISSIS) poiche’ arrestato gia’ nel 2011, con il risultato – con evidenza incoerente e comunque da spiegare – della perdita del riferimento associativo di (OMISSIS), in apparenza essenziale, a partire da quattro anni prima della cessazione della sua partecipazione, essendosi essa ritenuta attiva fino all’arresto nell’anno 2015.
1.3. Alla stregua di tutte le precedenti considerazioni, in accoglimento delle doglianze di cui ai suindicati motivi, assorbenti rispetto ai restanti, relativi alle statuizioni consequenziali all’affermazione della responsabilita’, si impone per (OMISSIS) l’annullamento della sentenza con rinvio, per nuovo esame che, pur nella libera valutazione di merito degli stessi elementi e di ogni altro, dovra’ tenere conto dei rilievi sopra rappresentati in ordine ai criteri di verifica della condotta.
2. (OMISSIS).
E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., contestatogli al capo a), con permanenza della condotta “fino a luglio del 2015”. La sentenza di appello, riconosciuta la continuazione con il delitto di estorsione (commesso nella forma continuata dal 4 luglio 2008 fino al 4 settembre 2008), giudicato con sentenza della stessa Corte divenuta irrevocabile il 26 giugno 2014, ha fissato la pena complessiva in anni undici e mesi otto di reclusione.
La partecipazione di (OMISSIS) al “clan dei casalesi”, secondo quanto ritenuto accertato in sede di merito, lo ha visto operare quale referente di (OMISSIS), a fianco dei fratelli (OMISSIS), nella conduzione degli interessi del sodalizio sul territorio, fra cui quelli concernenti la gestione delle scommesse.
La prova della condotta contestata e’ stata desunta dalle chiamate in correita’ dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ dall’esito di servizi di intercettazione e di altre indagini su alcune utenze.
La sentenza di secondo grado ha rigettato i motivi di appello volti a ottenere nell’ordine l’assoluzione, la concessione delle attenuanti generiche, la riduzione della pena. La richiesta, quanto alla pena, aveva invocato l’applicazione del regime sanzionatorio piu’ favorevole precedente alla modifica di cui alla L. n. 69 del 2015, in ragione dell’assenza della prova della permanenza della condotta a partire da diverso tempo prima della data ultima della contestazione. E cio’ anche in considerazione della condizione di detenzione patita da (OMISSIS) senza interruzioni, nel periodo dal 22 aprile 2011 al 27 agosto 2015. Con particolare riferimento a tale ultima prospettazione, la Corte di appello ha replicato: “La riconosciuta appartenenza al sodalizio documentata dagli sms, (dalle) telefonate e dagli incontri risalenti all’inizio del 2011, riportati a pag. 442 e ss. della O.c.c., impone la applicazione della normativa vigente…nel caso in esame”.
2.1. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a tre motivi.
2.1.1. Il primo motivo denunzia violazione dell’articolo 649 c.p.p. e omessa motivazione in ordine alla richiesta di adozione della pronunzia di non doversi procedere per ne bis in idem come formulata in sede di discussione in appello, richiamandosi a supporto documentazione attestante la condanna non definitiva di (OMISSIS) con sentenza della Corte di appello di Napoli del 6 aprile 2018 per la medesima partecipazione associativa contestata fino a giugno del 2012.
Si osserva che (OMISSIS) dopo l’arresto del 22 aprile 2011 era rimasto ininterrottamente detenuto fino al 27 agosto 2015. Le dichiarazioni dei collaboratori e le risultanze delle conversazioni valorizzate a suo carico dalla sentenza impugnata riguardavano tutti fatti precedenti all’aprile del 2011. Sicche’, non poteva configurarsi la condotta associativa dopo tale mese. Del resto, in situazioni probatorie sovrapponibili, riguardanti i coimputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la stessa Corte di appello ha escluso il protrarsi del reato dopo l’arresto, mentre lo stesso metro di giudizio non e’ stato seguito per (OMISSIS).
2.1.2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 416-bis c.p..
Ribadisce, in ragione delle stesse deduzioni svolte nel primo motivo circa l’epoca di cessazione della condotta associativa, che non avrebbe potuto riconoscersi la responsabilita’ fino a luglio 2015, con la conseguente applicazione del regime sanzionatorio piu’ sfavorevole introdotto dalla L. n. 69 del 2015.
2.1.3. Il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizi della motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, non essendosi considerati gli elementi favorevoli – come l’ammissione della responsabilita’ da parte di (OMISSIS)- idonei a giustificare l’irrogazione di una pena piu’ contenuta.
Esame dei motivi.
2.2. Le assorbenti doglianze mosse con i primi due motivi del ricorso, riferibili all’improcedibilita’ per il periodo della partecipazione associativa gia’ oggetto di contestazione con l’imputazione mossa nell’altro sopra citato processo e all’esclusione della responsabilita’ per la condotta successiva, risultano fondate.
2.2.1. Quanto rappresentato nel primo motivo in ordine alla proposizione davanti ai Giudici di appello – segnatamente all’udienza del 6 giugno 2018 – della questione dell’improcedibilita’ per ne bis in idem, rimane confermato dalla documentazione allegata al ricorso, dall’esposizione delle conclusioni riportata nella sentenza di appello (pag. 8), nonche’ dalla trasmissione, insieme al fascicolo processuale, della documentazione allora depositata a supporto della richiesta.
Le allegazioni dimostrano che a (OMISSIS) era stato contestato, nell’altro precedente procedimento, il reato di cui all’articolo 416-bis c.p., commesso sino a giugno 2012. Per tale reato lo stesso era stato condannato con sentenza del G.u.p. del Tribunale di Napoli del 17 luglio 2014. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 25 maggio 2015, aveva riformato la statuizione di condanna limitatamente alla permanenza della condotta associativa, circoscrivendola fino al 22 aprile 2010. Tale pronunzia era stata impugnata con ricorso per cassazione solo da (OMISSIS). La Corte di cassazione, con sentenza del 7 giugno 2016, aveva annullato con rinvio per nuovo giudizio la decisione di condanna di cui trattasi. Con sentenza del 6 aprile 2018 la Corte di appello di Napoli, decidendo in sede di rinvio, aveva di nuovo confermato la condanna emessa nei confronti di (OMISSIS). Tale decisione, gravata da impugnazione, non era – ne’ e’ – divenuta irrevocabile.
Nonostante quanto sopra fosse stato rappresentato e documentato, la sentenza qui impugnata non ha considerato l’eccezione del ne bis in idem.
2.2.2. Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, l’azione penale non puo’ essere promossa per un fatto e contro una persona per i quali un processo gia’ sia pendente (anche se in stato o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del pubblico ministero, di talche’ nel procedimento eventualmente duplicato deve essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione penale sia stata esercitata, deve essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilita’. Si tratta di un limite alla procedibilita’ che consegue a una preclusione dovuta alla consumazione del potere esercitato dal pubblico ministero. Tale preclusione, pero’, opera solamente per le situazioni di litispendenza relative ai procedimenti pendenti davanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, situazioni come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, le quali rimangono applicabili nelle ipotesi della duplicazione dei processi innanzi a giudici appartenenti a diverse sedi giudiziarie, uno dei quali e’ incompetente (Sez. U., n. 34655 del 28/06/2005, Rv. 231800; Sez. 1, n. 17789 del 10/04/2008, Rv. 239849; Sez. 5, n. 504 del 11/11/2014, dep. 2015, Rv. 262219).
Con riferimento alla proponibilita’ in sede di legittimita’ di detta questione non possono che valere gli stessi principi enunciati in tema di violazione del ne bis in idem a causa del precedente giudicato per lo stesso fatto. La giurisprudenza di questa Corte al riguardo si e’ pronunciata, con ampia prevalenza, nel senso della deducibilita’ dell’improcedibilita’ anche per la prima volta con il ricorso per cassazione. Molteplici decisioni in tale direzione hanno, altresi’, affermato il principio, condiviso da questo Collegio, secondo cui, fermo restando l’onore dell’allegazione del provvedimento che determina la preclusione, poiche’ violazione del bis in idem si risolve in un error in procedendo, e’ in tal caso consentito al giudice di legittimita’ l’accertamento di fatto dei relativi presupposti (Sez. 5, n. 30845 del 07/04/2017, Rv. 270871; Sez. 2, n. 33720 del 08/07/2014, Rv. 260346; Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012, Rv. 254279).
2.2.3. Ebbene, dall’esame degli atti sopra menzionati risulta che nell’altro processo a (OMISSIS) era stato in precedenza contestato dallo stesso ufficio del pubblico ministero il reato di cui all’articolo 416-bis c.p.. L’azione penale veniva esercitata nella stessa sede giudiziaria di Napoli. Il fatto, avuto riguardo alla condotta fino al giugno 2012, e’ il medesimo ascritto in questa sede: parimenti si addebita la partecipazione all’associazione “clan dei casalesi”, con le stesse precisazioni circa il riferimento associativo costituito dal gruppo di (OMISSIS) e la consumazione dei fatti nella provincia di Caserta. Ogni altra indicazione attiene solo ai comportamenti apprezzabili ai fini della prova della medesima partecipazione allo stesso sodalizio ascritta nei due procedimenti.
Sussistono, dunque, i presupposti per ravvisare in questa sede l’improcedibilita’ in ordine alla condotta associativa per cui e’ stata in precedenza esercitata l’azione penale. Condotta che si estende fino a giugno del 2012, senza che rilevi, con riguardo a divieto del bis in idem, che nell’altro processo sia intervenuta in appello la delimitazione della responsabilita’ fino al 22 aprile 2010. Anzi, cio’ ha comportato l’esclusione della colpevolezza di (OMISSIS) per il periodo successivo di quella imputazione con una decisione sul punto irrevocabile. Sicche’, in relazione a tale ultimo periodo si ha proprio l’ostacolo del giudicato.
Nessun’altra ulteriore verifica appare esperibile in relazione a tali conclusioni. Di talche’, l’annullamento della sentenza va disposto senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato associativo per il periodo di partecipazione fino al giugno 2012, perche’ l’azione penale non poteva essere esercitata.
2.2.4. Quanto al successivo periodo della contestazione fino al luglio 2015, la corretta qualificazione del significato delle doglianze, spettante a questa Corte, conduce a inquadrare i rilievi, a suo tempo svolti in sede di appello e qui riproposti (censurandosi le risposte in tema di permanenza della condotta), sotto il profilo non gia’ della procedibilita’ ma dell’accertamento della responsabilita’.
Le succinte affermazioni in proposito nella sentenza di secondo grado paiono prendere atto delle deduzioni svolte nell’appello di (OMISSIS) circa la sua ininterrotta detenzione fino al momento ultimo della contestazione, tanto che, diversamente da quanto avvenuto per altri imputati, la data di arresto non viene menzionata come momento idoneo a segnare la cessazione della partecipazione associativa.
Invece, e’ riscontrabile una ricognizione che ha portato a collocare l’ultima traccia significativa – a riscontro del protrarsi dalla permanenza della condotta “all’inizio del 2011”, ossia nel periodo che rimane coperto dalla preclusione.
Questa operazione, aderente all’esposizione delle risultanze laddove non e’ dato leggere alcun dato in ipotesi in grado di rappresentare fatti successivi, non puo’ pero’ mai soddisfare i criteri di verifica nel tempo della permanenza della partecipazione – nella specie segnatamente nel periodo che non soggiace alla improcedibilita’ – per le ragioni, relative agli obblighi di accertamento operanti in materia, gia’ illustrate trattando il ricorso di (OMISSIS) (v. ultima parte § 1.2.2.).
Nel caso di (OMISSIS) l’impossibilita’ di individuare la prova del fatto alla stregua delle risultanze addotte dall’accusa, rileva tanto piu’ tenuto conto che non si tratta di misurarsi con il riscontro del protrarsi di un’adesione senza soluzione continuita’. Invece, stante l’operativita’ della preclusione per il periodo non breve interessato dall’esclusione della responsabilita’ come definitivamente intervenuta nell’altro processo, si ha un’oggettiva cesura rispetto a ogni precedente verifica, che stacca l’inizio della condotta e ne rende l’accertamento a tutti gli effetti autonomo a partire da luglio 2012. Con la conseguenza che in tal caso nemmeno vi e’ spazio per ammettere pur limitate semplificazioni probatorie, riferibili a dati indiziari solo orientativi che pero’ potrebbero assumere significato a fronte di una ravvicinata e indiscutibile linea di continuita’ del vincolo associativo. Deve, dunque, escludersi la prova della sussistenza del fatto dopo giugno 2012, senza che possano profilarsi altri approfondimenti di merito circa gli elementi acquisiti.
Ne deriva che, in accoglimento delle doglianze mosse sul punto, sussistendo le condizioni previste dell’articolo 620 c.p.p., lettera I), la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) anche con riguardo all’affermazione della responsabilita’ per il reato associativo in relazione al restante periodo fino a luglio 2015, perche’ il fatto non sussiste, con tutte le conseguenti determinazioni in ordine alla cessazione della misura cautelare.
(OMISSIS);
3. E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., ascrittogli al capo a), con permanenza della condotta contestata “fino a luglio 2015”. La sentenza di appello ha riconosciuto in favore di tale imputato, reo confesso, l’attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8, riducendo la pena ad anni sei e mesi sei di reclusione. E’ stata invece disattesa l’ulteriore richiesta, avanzata con i motivi di appello, di concessione delle attenuanti generiche.
3.1 Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a due motivi.
3.1.1. Il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 133 c.p. e vizi della motivazione in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, essendo stata fissata la pena base, prima della riduzione per l’attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8, in misura notevolmente superiore al minimo edittale in mancanza di un’idonea motivazione e senza considerare la personalita’ dell’imputato, il contributo offerto e l’ampia ammissione delle responsabilita’.
3.1.2. Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizi della motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche, non essendo intervenute esaustive spiegazioni a tal riguardo, posto che avrebbe dovuto considerarsi la confessione in quanto significativa della resipiscenza, mentre era stata nella sostanza erroneamente ritenuta l’impossibilita’ di riconoscere le attenuanti generiche, in aggiunta a quella di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8.
Esame dei motivi.
3.2. Le doglianze mosse in entrambi i motivi sono infondate.
3.2.1. Il primo motivo, con riguardo al trattamento sanzionatorio, pone rilievi che richiamano solo alcuni elementi di valutazione, mentre i Giudici di appello ne hanno individuato altri, secondo opzioni di merito fondate su spiegazioni, neppure considerate dalla difesa, che sottolineano, quanto alla gravita’ della condotta e dei suoi effetti, il cruciale ruolo associativo assunto da (OMISSIS) quale punto di raccordo fra il clan e i referenti politico-amministrativi.
3.2.2. Il secondo motivo, prospettando anch’esso solo alternativi apprezzamenti, seleziona alcuni elementi di merito in tal caso a giustificazione delle attenuanti generiche, rappresentando pero’ aspetti della collaborazione, come quelli della completa ammissione dei fatti e del corretto comportamento processuale, che in definitiva neppure si discostano, seguendo l’esposizione in sentenza, dai fattori gia’ considerati ai fini dell’attenuante della collaborazione.
3.2.3. Ne discende, pertanto, il rigetto di entrambi i motivi del ricorso.
3.3. Tuttavia, deve prendersi atto che anche in tal caso la Corte di appello ha ritenuto di far coincidere la cessazione della permanenza della condotta con la data dell’arresto ((OMISSIS)), accennando, in aggiunta, solamente a contatti successivi al 2010, dei quali non risulta pero’ la collocazione dopo l’entrata in vigore del piu’ severo trattamento sanzionatorio di cui alla L. n. 69 del 2015.
Sicche’, con riferimento al percorso che ha portato all’applicazione di tale trattamento in ragione del protrarsi della permanenza fino all’arresto, valgono i medesimi rilievi esposti trattando il ricorso di (OMISSIS) (v. ultima parte § 1.2.2.).
Si tratta di obiezioni che, come si vedra’, vanno accolte anche per gli altri ricorrenti che le hanno specificatamente dedotte in relazione alla determinazione della pena. Le decisioni da adottare in ordine a tali impugnazioni, comportanti l’annullamento con rinvio sul punto, in presenza di condizioni sovrapponibili derivanti per tutti dal difetto di impostazione nell’approccio all’accertamento del fatto, debbono giovare, a norma dell’articolo 587 c.p.p., nello stesso senso favorevole anche per (OMISSIS). La sentenza va, pertanto, annullata anche nei confronti di tale imputato con rinvio per nuovo giudizio limitatamente alla data di cessazione della permanenza e conseguentemente al trattamento sanzionatorio. Il nuovo esame, pur nella libera valutazione di merito di ogni elemento, dovra’ tenere conto, avuto riguardo ai criteri della verifica probatoria, di quanto e’ stato gia’ osservato trattando il medesimo tema a proposito del ricorso di (OMISSIS).
(OMISSIS).
4. E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., (capo a), commesso “fino a luglio 2015”. La sentenza di appello, per tale imputato, mentre nella motivazione rappresenta la conferma della decisione di primo grado, nel dispositivo, in parziale riforma, esclude la recidiva, concede le attenuanti generiche e riduce la pena ad anni sei e mesi otto di reclusione.
La condotta associativa di (OMISSIS), secondo quanto rappresentato dai giudici di merito, si e’ estrinsecata, all’interno del clan camorristico facente capo a (OMISSIS), sotto le direttive di (OMISSIS) e (OMISSIS), ponendosi (OMISSIS) permanentemente a loro disposizione ai fini della gestione degli apparecchi per il gioco d’azzardo nell’interesse del sodalizio, ma anche per altre incombenze riguardanti le relazioni dei fratelli (OMISSIS) con i terzi, come avvenuto quando (OMISSIS) si rivolse a (OMISSIS) per convocare l’assessore comunale (OMISSIS) e il funzionario (OMISSIS) in relazione alla trattazione di specifiche questioni che avevano messo in fibrillazione il sodalizio.
La sentenza di appello, a supporto della superiore ricostruzione, ha valutato le risultanze delle intercettazioni, nonche’, per quanto riguarda l’interesse del clan facente capo a (OMISSIS) al settore del gioco di azzardo, le dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Inoltre, i Giudici di merito hanno richiamato alcune dichiarazioni rese (in sede di interrogatorio di garanzia) dall’originario coindagato (OMISSIS) circa il supporto logistico fornito da (OMISSIS) alle attivita’ illecite dei (OMISSIS).
4.1. Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a tre motivi.
4.1.1. Il primo motivo denuncia violazione degli articoli 192 c.p.p. e 416-bis c.p. con riferimento all’affermazione della responsabilita’.
Rileva che la sentenza impugnata ha proceduto alla mera elencazione delle risultanze delle intercettazioni come gia’ era stato fatto da quella di primo grado. In tal modo, con riguardo all’episodio in cui compare il coimputato (OMISSIS), non si sono considerate le dichiarazioni rese da costui nel giudizio di appello (quale collaboratore) che non avevano chiamato in causa (OMISSIS). Inoltre, non si e’ minimamente risposto alle censure in sede di appello fondate sulla constatazione che i medesimi collaboratori citati dai giudici di merito come a conoscenza dell’interessamento manifestato da (OMISSIS) e dagli stessi (OMISSIS) al settore del gioco d’azzardo, nulla avevano riferito sulla persona di (OMISSIS), sebbene questi sia stato ritenuto in grado di rapportarsi persino con (OMISSIS).
Ancora, le conversazioni intercettate sono state ritenute idonee a provare l’inserimento associativo e pertanto l’affectio societatis, nonostante il breve periodo delle operazioni, la semplice ricezione di notizie (prima ignote a (OMISSIS)) come rappresentate dai (OMISSIS) e i toni ironici adoperati dagli interlocutori.
Per quanto riguarda le dichiarazioni di (OMISSIS), si e’ continuato a ignorare che costui aveva riferito che l’attivita’ delle macchine da intrattenimento veniva svolta autonomamente dai fratelli (OMISSIS) senza versare nulla al clan e usufruendo di persona dell’ausilio offerto da (OMISSIS) in cambio di “qualcosa”.
Da cio’, dunque, l’impossibilita’ di configurare gli estremi del reato contestato.
4.1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 110, 416-bis, 648-bis e 648-ter c.p., nonche’ vizi della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione della condotta in quella di concorso esterno nell’associazione mafiosa, atteso che al riguardo sono state opposte lapidarie affermazioni prive del confronto con i rilevi difensivi e con i principi fissati dalla giurisprudenza in tema di riconoscimento di anzidetta fattispecie delittuosa.
4.1.3. Con il terzo motivo lamenta violazione dell’articolo 133 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, nonche’ vizi della motivazione, in relazione al riconoscimento delle aggravanti contestate e alla mancata applicazione della pena nel minimo previsto prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2015.
Obietta che e’ rimasta senza risposta l’osservazione che le intercettazioni non provavano la costante disponibilita’ di armi da parte del clan camorristico e, in ogni caso, la consapevolezza di tale disponibilita’ da parte di (OMISSIS).
Analoga lacuna motivazionale si coglie per l’aggravante del comma 6.
Infine, l’esclusione del piu’ favorevole trattamento edittale precedente alla modifica del 2015 e’ intervenuta senza considerare che le conversazioni intercettate risalivano al 2008-2009, che i collaboratori nulla avevano riferito su (OMISSIS), che costui era stato arrestato nel 2009 e che la condotta non puo’ essersi protratta dopo l’arresto di entrambi i fratelli (OMISSIS) nel luglio 2014.
Esame dei motivi.
4.2. Le doglianze mosse sono fondate nei termini di seguito illustrati.
4.2.1. Tutti e tre i motivi pongono questioni afferenti all’accertamento della responsabilita’, sotto il profilo dell’individuazione del concorso interno, in subordine di quello esterno e, infine, del protrarsi della permanenza del reato.
4.2.2. E’ noto che, in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione e’ riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu’ che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi; mentre, assume il ruolo di “concorrente esterno” il soggetto che non inserito nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione (Sez. U., n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670, 231671 e 231672).
4.2.3. Attraverso articolati motivi di appello erano state prospettate specifiche doglianze rivolte a tutte le fonti di prova: si intendeva in tal modo smentire che, alla stregua dei fatti cosi’ come rimasti accertati, potessero essere individuati gli estremi oggettivi e soggettivi della condotta di partecipazione.
La sentenza di appello ha riesaminato le risultanze a cominciare dai contenuti delle conversazioni intercettate, svolgendo considerazioni che di certo rimangono insindacabili in questa sede nella parte prettamente valutativa.
Il punto fermo da cui prende le mosse lo scrutinio di merito consiste nell’individuazione di un solido rapporto di (OMISSIS) con i fratelli (OMISSIS) e dello svilupparsi di tale rapporto nelle attivita’ dei secondi nel settore dei “videopoker”.
In questo contesto si fa riferimento a convocazioni e a contatti con terzi; ci si sofferma su un dialogo in cui viene nominato (OMISSIS) (“lo zio (OMISSIS)”); si cita l'”auspicio” di (OMISSIS) associandolo a possibili ruoli di rilievo; si evidenzia il giudizio negativo espresso dallo stesso su condotte di (OMISSIS); si afferma l’ampia conoscenza da parte di (OMISSIS) di interessi e dinamiche del gruppo criminale.
La descrizione rappresenta sul piano oggettivo il chiaro coinvolgimento di (OMISSIS) nelle iniziative d’interesse dei (OMISSIS) svolte nel campo delle slot machine.
Oltre a cio’ non e’ dato cogliere altre dinamiche funzionali, una volta che si fa menzione di interventi, in incontri e in convocazioni, di cui non si chiariscono i modi e i significati quanto all’interfacciarsi di (OMISSIS) con taluni soggetti citati.
Ne’ comunque si specifica con quali altri correi, operanti nel settore di cui sopra sotto le direttive dei fratelli (OMISSIS), sarebbe entrato in contatto (OMISSIS).
Per altro verso, nella sentenza, a proposito delle dichiarazioni di (OMISSIS), si cita l’indicazione da parte di costui del “supporto logistico” offerto da (OMISSIS), lo si pone in relazione con le attivita’ svolte dai (OMISSIS) e si accenna poi a contrasti nel settore delle “macchinette”, senza mai precisare cosa avrebbe fatto (OMISSIS).
In questo modo la motivazione adottata non risponde alle deduzioni che avevano ridimensionato il significato di detto “supporto”, riconducendolo a un mero “dare una mano” di (OMISSIS) ai soli (OMISSIS) “in cambio di qualcosa”.
La Corte distrettuale, inoltre, richiama specifiche dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per rappresentare l’interesse del clan al settore dei videogiochi nel quale erano impegnati i (OMISSIS), dando conto di precise notizie (in particolare mostrate da (OMISSIS)) su fatti che, secondo la lettura delle conversazioni, avevano visto operare (OMISSIS) accanto ai (OMISSIS).
Ebbene, una volta considerate in senso accusatorio tali fonti dichiarative, facendo riferimento a specifiche informazioni sui fatti che avrebbero coinvolto (OMISSIS), non ci si poteva esimere dal considerare i rilievi che avevano rappresentato come nessuno dei citati collaboratori avesse esternato conoscenze sul predetto, mentre, secondo l’accusa, si trattava di un soggetto che avrebbe operato, anzitutto in quel particolare settore, in sinergia con l’intera organizzazione.
Tale questione, rimessa a ogni possibile valutazione di merito, esigeva comunque un’apprezzabile risposta poiche’ coinvolgeva il nodo centrale che la Corte di appello, seguendo i rilievi dedotti, avrebbe dovuto sciogliere: l’esistenza di rapporti criminali di (OMISSIS), nella qualita’ di soggetto inserito stabilmente nel clan (OMISSIS), che andavano oltre l’interfacciarsi con i soli fratelli (OMISSIS).
Esistenza che investe un piano diverso da quello delle conoscenze, piu’ o meno estese, dei retroscena camorristici del clan di riferimento di detti (OMISSIS).
Tanto tenendo, altresi’, conto che occorre sempre misurarsi con i profili oggettivi della condotta secondo le coordinate fissate dalla sopracitata sentenza della Sezioni Unite, Mannino, nell’ambito di una valutazione complessiva che procede di pari passo con l’apprezzamento inferenziale degli indicatori soggettivi.
Considerato tutto quanto sopra, non possono, allora, che risultare prive di un accettabile supporto argomentativo – in relazione all’inquadramento giuridico dei fatti per come ritenuti accertati – le conclusioni della Corte di merito rappresentate dalle seguenti affermazioni: “La ricostruzione complessiva della operativita’ del gruppo capeggiato da (OMISSIS) e (OMISSIS) non lascia dubbi in merito alla natura illecita delle attivita’ poste in essere e al pieno coinvolgimento dell’imputato e alla sussistenza della affectio societatis. Deve pertanto respingersi la istanza di derubricazione della condanna nella diversa ipotesi di concorso esterno nell’associazione mafiosa”.
Il deficit descritto, sotto altro aspetto, assume viepiu’ carattere manifesto laddove, a fronte delle altre obiezioni in punto di affermazione della responsabilita’ e di qualificazione dei fatti contestati che avevano sottolineato la necessita’ di perimetrare temporalmente la condotta (avendosi acquisizioni relative al solo periodo 2008-2009), si e’ replicato che essa “In assenza di formale dissociazione… non puo’ che ritenersi cessata che al momento dell’arresto ((OMISSIS))”. Considerazioni queste che, come gia’ illustrato trattando il ricorso di (OMISSIS) (v. ultima parte § 1.2.2.), non adempiono l’obbligo della verifica nel tempo della condotta sempre richiesto per il reato in questione.
4.2.4. Da tutte le precedenti argomentazioni, con riguardo ai diversi profili critici evidenziati in punto di affermazione della responsabilita’, deriva dunque l’annullamento della sentenza nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per nuovo giudizio e l’assorbimento di tutti gli altri rilievi dedotti attraverso il terzo motivo.
All’esito del nuovo esame, da compiere considerando quanto sopra, laddove sara’ confermata la pronunzia di condanna, da un lato, dovra’ individuarsi la data di cessazione della permanenza della condotta ai fini della corretta applicazione del regime sanzionatorio del tempo, dall’altro dovra’ tenersi conto del principio di cui all’articolo 597 c.p.p., comma 3, operante per le statuizioni favorevoli (in parziale riforma) riportate nel dispositivo della sentenza d’appello qui impugnata.
(OMISSIS):
5. E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui agli articolo 416-bis c.p., contestatogli al capo a), commesso “dal (OMISSIS) fino a luglio del 2015”. La sentenza di appello ha confermato per tale imputato quella di primo grado. La pena irrogatagli, pertanto, e’ rimasta fissata in anni quattordici di reclusione.
La partecipazione di (OMISSIS) al “clan dei casalesi”, secondo quanto ritenuto accertato in sede di merito, si e’ sviluppata all’interno del gruppo dei (OMISSIS) operante principalmente a Trentola – Ducenta, e cio’ anche dopo che tale gruppo – per la cui partecipazione (OMISSIS) aveva riportato una prima condanna per il medesimo reato associativo – era passato sotto il comando di (OMISSIS).
La prova del protrarsi della condotta associativa di (OMISSIS) nel periodo successivo al 2004 e’ stata desunta dalle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte di secondo grado ha rigettato le richieste volte a ottenere il riconoscimento della continuazione con altri reati per cui era gia’ intervenuta condanna irrevocabile: per quanto riguarda il delitto di tentata estorsione aggravato L. n. 203 del 1992, ex articolo 7, e giudicato con sentenza del 22 ottobre 2012, tenuto conto della data di consumazione del fatto se ne e’ esclusa l’ideazione gia’ al momento dell’adesione all’associazione camorristica; mentre, in relazione ai reati di cui all’articolo 416-bis c.p. e di estorsione giudicati con sentenza del 29 maggio 2002, si e’ rilevato che tale sentenza era citata in un precedente “cumulo” ove risultava il riconoscimento della continuazione con altri reati, senza che fosse possibile verificare i singoli aumenti per ciascuno di essi.
5.1. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ articolato in sei motivi.
5.1.1. Il primo motivo lamenta vizi della motivazione sul rilievo che la sentenza di secondo grado, recependo acriticamente il contenuto di quella di primo grado, non ha fornito le dovute risposte alle censure mosse in relazione all’accertamento della responsabilita’, avuto riguardo in particolare a quelle obiezioni che avevano escluso il riscontro di elementi riferibili a fatti recenti.
5.1.2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p., con riferimento all’apprezzamento della prova dichiarativa.
Rileva che non sono stati osservati i criteri di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori secondo i principi a tal riguardo fissati dalla giurisprudenza di legittimita’. Le accuse di (OMISSIS) avevano riguardato un periodo precedente a quello oggetto della contestazione. Le dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non presentavano accettabili requisiti di precisione e completezza. Non e’ stata data risposta all’obiezione circa la contraddittorieta’ delle informazioni rassegnate da (OMISSIS), avendo questi prima escluso e in seguito affermato l’affiliazione di (OMISSIS) al “clan dei casalesi – gruppo (OMISSIS)”. Le uniche dichiarazioni, in data 8 marzo 2011, di tale ultimo collaboratore, riportate nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, cosi’ come del resto quelle di tutti gli altri collaboratori, erano prive di riferimenti temporali e della specificazione di episodi concreti, cosi’ da non potere fornire elementi per ritenere la condotta associativa nel periodo successivo a quello gia’ giudicato. Le sole dichiarazioni di (OMISSIS) non potevano, dunque, bastare a provare la responsabilita’, riguardando peraltro anch’esse il periodo precedente a quello considerato dalla contestazione.
5.1.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 62-bis e 133 c.p. e vizi della motivazione in punto di diniego delle attenuanti generiche, essendo mancata qualsiasi spiegazione in proposito, pur in presenza di elementi favorevoli che avrebbero dovuto indurre a riconoscere il beneficio di cui trattasi.
5.1.4. Il quarto motivo si duole della violazione dell’articolo 81 c.p. e articolo 671 c.p.p., in relazione al rigetto della richiesta di riconoscimento della continuazione con il reato di estorsione e quello di cui all’articolo 416-bis c.p., giudicati con la sentenza in data 4 luglio 2003, in quanto, pur dandosi conto della partecipazione di (OMISSIS) ininterrottamente al medesimo sodalizio di tipo camorristico, sono state esposte ragioni ostative dovute a un precedente cumulo giuridico che pero’ avrebbero potuto superarsi acquisendo la predetta sentenza.
5.1.5. Il quinto motivo lamenta violazione dell’articolo 81 c.p. e articolo 671 c.p.p., con riferimento al rigetto della richiesta di riconoscimento della continuazione con il reato di tentata estorsione, aggravato ai sensi della L. n. 203 del 1992, articolo 7, giudicato con la sentenza resa in data 3 giugno 2011.
In proposito, avrebbe dovuto considerarsi che pure tale reato era stato commesso nel territorio di Caserta e nel periodo della contestazione di quello associativo e sempre per conto del clan di riferimento, in ragione di specifici compiti attribuiti a (OMISSIS) ai fini della realizzazione delle attivita’ camorristiche.
5.1.6. Il sesto motivo denuncia violazione dell’articolo 416-bis c.p., per essere stato applicato il trattamento sanzionatorio piu’ rigoroso introdotto per tale reato con la L. n. 69 del 2015, pur non potendosi ritenere che la partecipazione si fosse protratta dopo l’entrata in vigore di tale legge, stante che (OMISSIS) si trovava ininterrottamente detenuto dal marzo del 2010 e i fatti desunti dalle fonti citate nella sentenza erano tutti precedenti all’anno 2010.
Esame dei motivi.
5.2. Solamente il sesto motivo muove doglianze meritevoli di accoglimento.
5.2.1. Quanto al primo motivo, va replicato che la sentenza di appello non si e’ limitata a riportare le dichiarazioni dei collaboratori ritenute di interesse, ma ne ha anche rappresentato sia l’evidente convergenza, sia la pregnanza delle indicazioni a smentita dei rilievi difensivi addotti in sede di appello con riguardo all’individuazione della condotta associativa nel periodo della contestazione.
Relativamente a tale periodo, successivo all’anno 2004, e’ stato tratteggiato l’evolversi, da un lato, della concreta attivita’ associativa posta in essere da (OMISSIS), dall’altro dell’area del suo permanente inserimento nell’organizzazione.
Le doglianze che nel primo motivo lamentano la mancanza di risposte su tali temi, a partire da quelle relative alle valutazioni sul piano temporale, non si rapportano per la loro genericita’ con il suddetto contenuto della motivazione.
Ne deriva l’aspecificita’ e, comunque, la manifesta infondatezza del motivo.
5.2.2. Il secondo motivo, oltre a svolgere altre asserzioni critiche del pari del tutto generiche o ferme al mero richiamo di principi, fa riferimento alle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutte pero’ non considerate dalla motivazione della sentenza impugnata ai fini dell’accertamento della permanenza della condotta anche nel periodo non coperto dal giudicato.
Con riguardo invece alle dichiarazioni di (OMISSIS), si coglie, in termini di apprezzabile specificita’, la sola prospettazione della contraddittorieta’ delle affermazioni di tale collaboratore in ordine alla posizione di affiliato di (OMISSIS). Sennonche’, dal contenuto letterale dei passaggi delle audizioni in diverse date riportati in sentenza, non risulta che il concetto di affiliato cui ci si riferisce abbia assunto nell’ambito dei diversi contesti discorsivi il medesimo significato. Segnatamente non si rileva, minimamente, che l’affiliazione, come di volta in volta evocata, non sia associabile alla mera posizione formale quando la si nega e, invece, sia riferibile alla condizione dinamico – funzionale quando la si afferma, in forza di concreti comportamenti che, seppure dell’intraneo, prescindono da investiture e dall’istituzione di uno “stipendio” come compenso da parte del clan.
Inoltre, gli altri rilievi rivolti alle accuse di (OMISSIS) non si misurano con le chiare indicazioni dei fatti associativi dopo il 2004, nel campo in primis delle iniziative estorsive per il clan come quelle relative alle cappelle cimiteriali di (OMISSIS).
Analogamente, quanto alle dichiarazioni rese da (OMISSIS), non si considera che esse fanno riferimento anche a fatti ricaduti nel periodo della contestazione.
Le stesse, inoltre, sono indicate dalla difesa come le uniche a carico, mentre, sempre sotto il profilo della verifica della partecipazione dopo il 2004, la motivazione considera pure – oltre alle accuse di (OMISSIS) – quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS), dando parimenti conto dei contenuti che descrivono fatti successivi a detto anno.
Le doglianze esposte nell’intero motivo, dunque, non hanno alcuna attitudine a dimostrare l’esistenza dei vizi di legittimita’ che prospettano.
5.2.3. Il terzo motivo relativo alle attenuanti generiche risulta con evidenza inammissibile, poiche’ enuncia principi e astratti concetti senza rapportarsi con le spiegazioni intervenute nella sentenza in ordine al diniego di dette attenuanti (pag. 168), secondo apprezzamenti che richiamano chiari e significativi tratti della condotta, dando cosi’ adeguata spiegazione dell’uso dei poteri discrezionali.
5.2.4. Esaminando il quarto motivo, va chiarito che la Corte di appello non ha affrontato nel merito il tema della fondatezza o meno della richiesta di riconoscimento della continuazione in relazione ai reati giudicati con la sentenza della stessa Corte irrevocabile il 4 luglio 2003, fra cui compare quello associativo. Ma, ha in realta’ considerato l’irritualita’ della richiesta nei termini in cui si riferiva alla pena inflitta nel giudizio di cui sopra in sede di cognizione. Cio’ perche’ non si era indicato che per tale pena era poi intervenuta una rideterminazione in forza dell’applicazione in altra sede della disciplina della continuazione con altre pene, secondo modalita’ e quantificazioni non specificate. La parte, quindi, non aveva assolto all’onere di allegazione con riguardo all’intero oggetto della richiesta. Un onere che sempre opera – tanto piu’ nel processo di cognizione – quando si chiede l’applicazione di detta disciplina in relazione a condanne gia’ divenute irrevocabili.
Le obiezioni ora svolte non si confrontano con le ragioni ostative di natura prettamente procedurale come sopra rappresentate, ma continuano a citare argomenti di merito o l’inconferente possibilita’ di esercitare poteri istruttori.
Da cio’ l’inammissibilita’ delle doglianze mosse con il motivo di cui trattasi.
Va, comunque, chiarito che il mancato accoglimento della richiesta della disciplina della continuazione in relazione ai reati di cui sopra, non essendo derivato da determinazioni fondate sull’esame nel merito, non potra’ comportare alcuna preclusione nel caso di una riproposizione in sede di esecuzione ai sensi dell’articolo 671 c.p.p. (Sez. 1, n. 43777 del 24/09/2015, Rv. 265251).
5.2.5. Il diniego dell’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione al delitto di estorsione aggravato L. n. 203 del 1991, ex articolo 7, giudicato con la sentenza del G.I.P. del Tribunale di Napoli del 22 ottobre 2012, e’ intervenuto sulla base di motivate quanto corrette valutazioni, invece di merito, che muovono da puntuali apprezzamenti legati alla chiara sequenza temporale.
In forza di cio’ la decisione si e’ uniformata all’insegnamento di legittimita’ secondo cui la continuazione fra il reato di associazione mafiosa e quelli fine, puo’ essere riconosciuta solo quando questi ultimi siano stati gia’ programmati, pur nelle linee essenziali, dall’inizio della partecipazione al sodalizio, non essendo sufficiente il mero scopo dell’agevolazione del programma mafioso (Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017, dep. 2018, Rv. 271984; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Rv. 259481; Sez. 1, n. 13609 del 22/03/2011, Rv. 249930).
Le doglianze non si confrontano con le ragioni appena richiamate o oppongono deduzioni meramente assertive o ancora apprezzamenti alternativi.
Sicche’, i rilievi mossi non possono minimamente dimostrare i vizi denunciati.
5.2.6. Il sesto motivo, in continuita’ con le censure gia’ svolte in sede di appello circa il protrarsi della permanenza della condotta associativa e l’entita’ della pena, lamenta l’applicazione del trattamento sanzionatorio piu’ rigoroso introdotto per il reato di cui all’articolo 416-bis c.p. con la L. n. 69 del 2015.
I rilievi al riguardo si oppongono alle considerazioni nella sentenza che hanno ritenuto di potere individuare la data di cessazione della permanenza in quella dell’arresto (il (OMISSIS)), in modo da ammettere non previste presunzioni a riguardo dovute allo stato di liberta’ o alla mancata dissociazione.
L’erroneita’ di tale impostazione e’ stata gia’ ampiamente illustrata trattando il ricorso di (OMISSIS) con riferimento all’applicazione dei medesimi criteri.
Il motivo merita pertanto accoglimento.
5.3. Ne discende l’annullamento della sentenza impugnata anche nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla data di cessazione della permanenza del reato associativo e conseguentemente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto che dovra’ tenere conto delle considerazioni in precedenza svolte sul tema nella presente motivazione (v. ultima parte § 1.2.2.). Il ricorso nell’interesse del medesimo (OMISSIS) deve essere nel resto rigettato.
(OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS).
6. Sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., loro ascritto al capo a). La sentenza di appello, in parziale riforma, dichiarata la cessazione per entrambi i (OMISSIS) della condotta in data antecedente e prossima all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2015, ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) in anni nove e mesi quattro di reclusione e quella comminata a (OMISSIS) invece in anni otto di reclusione.
La manifestazione della condotta associativa per entrambi i (fratelli) (OMISSIS), in ragione della loro intraneita’ nell’articolazione del “clan dei casalesi” facente capo a (OMISSIS), e’ stata individuata non solo nello stabile svolgimento del compito di tutelare la latitanza dello stesso (OMISSIS), ma anche nel ruolo assunto nella gestione del gioco e delle scommesse per conto e nell’interesse del clan.
La prova della responsabilita’ per entrambi e’ stata desunta dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ dalle risultanze dei servizi di intercettazione nel corso delle indagini.
6.1. Propongono ricorso per cassazione, congiuntamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), con atti, separati, dei difensori Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS).
6.1.1 Il ricorso sottoscritto dall’Avv. (OMISSIS) e’ affidato a quattro motivi tramite i quali vengono prospettati violazioni di legge e vizi della motivazione.
6.1.1.1. Il primo motivo per entrambi gli imputati lamenta che la sentenza, ribadendo acriticamente la motivazione di primo grado, non ha risposto alle doglianze che avevano rappresentato come le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori non potessero assurgere al rango di prova, avuto riguardo in particolare a quelle concernenti le “slot machine”, non rinvenendosi idonee indicazioni in ordine ai locali e ai luoghi dell’estrinsecazione del relativo monopolio.
Le questioni poste rilevavano particolarmente per (OMISSIS), che avrebbe potuto ritenere regolari le attivita’ in questione di interesse del fratello.
6.1.1.2. Il secondo motivo si duole per entrambi gli imputati della mancata riqualificazione del fatto ai sensi degli articoli 110 e 416-bis c.p., avendo i giudici di merito immotivatamente negato che l’attivita’ nel settore delle macchine da gioco potesse rivelare un apporto solo dall’esterno al clan.
6.1.1.3. Il terzo motivo censura, nell’interesse di (OMISSIS), il diniego della riqualificazione nel reato di favoreggiamento personale, sul rilievo che la condotta si era ridotta al solo ausilio in favore di (OMISSIS) durante la latitanza.
6.1.1.4. Il quarto motivo denuncia assenza di motivazione in risposta alle deduzioni in sede di appello concernenti il riconoscimento delle contestate aggravanti di cui all’articolo 416-bis c.p. e il diniego delle attenuanti generiche.
6.1.2. L’atto di ricorso sottoscritto dall’Avv. (OMISSIS), oltre che dallo stesso Avv. (OMISSIS), con un unico motivo, lamenta violazione di legge e vizi della motivazione in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio per entrambi gli imputati, non essendo intervenute in proposito idonee spiegazioni in ordine ai criteri adoperati, mentre avrebbero dovuto essere valorizzate in senso favorevole una serie di circostanze, a iniziare dal comportamento processuale manifestato attraverso l’ammissione dei fatti oggetto della contestazione.
Esame dei motivi.
6.2. Tutti i motivi di ricorso per entrambi i (OMISSIS) vanno ritenuti inammissibili.
6.2.1. Quanto alle doglianze mosse con il primo motivo nell’atto a firma del solo Avv. (OMISSIS), va rilevato che la motivazione della sentenza di appello procede a un ampio e articolato riesame critico delle risultanze processuali, analizzando ciascuna delle fonti di prova e i relativi contenuti rappresentativi (ci si riferisce alle accuse dei collaboratori, a quanto emerso sul favoreggiamento della latitanza di (OMISSIS) e sulle altre connesse condotte, al genere di relazioni rappresentate dalle intercettazioni e dai dati del traffico telefonico), prima singolarmente e poi apprezzandone il significato convergente, senza trascurare di considerare il diverso peso associativo assunto da ciascuno dei fratelli (OMISSIS) e tenendo ogni volta motivatamente presente ogni altra apprezzabile obiezione.
Senza confrontarsi con tutto cio’ le deduzioni difensive enunciano solo assertivi rilievi circa vuoti motivazionali, facendo riferimento a mancanze di risposte che isolano dal resto alcuni profili dei contenuti dichiarativi, esprimono alternativi apprezzamenti valutativi (con particolare riguardo ai requisiti della specificita’ delle indicazioni) e continuano a non rapportarsi con i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimita’ in tema di “convergenza del molteplice”, quando invocano la necessita’ della sovrapponibilita’ delle chiamate in correita’.
Tale approccio, che non si misura con le risposte ricevute in ordine alla verifica dell’attendibilita’ delle dichiarazioni nell’ambito di una considerazione complessiva delle fonti e del significato convergente dei fatti, e’ ribadito quando si contestano le valutazioni sulla gestione delle macchina da gioco, in modo da rassegnarsi solo personali apprezzamenti sul tipo di coinvolgimento di (OMISSIS) che perdono di vista i limiti di ammissibilita’ dei rilievi di legittimita’.
Si tratta dunque di deduzioni che, per l’aspecificita’ e comunque la manifesta infondatezza, non hanno alcuna attitudine a dimostrare i vizi di legittimita’ citati.
6.2.2. Le stesse considerazioni vanno svolte con riguardo alle prospettazioni aventi ad oggetto la riqualificazione della condotta come contestata e ritenuta.
Infatti, le obiezioni al riguardo, rappresentate separatamente per (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), rispettivamente, nei successivi due motivi del medesimo atto di ricorso, portano avanti tesi difensive che ancora una volta isolano alcune delle condotte ritenute convergenti in sede di merito, senza confrontarsi con le spiegazioni intervenute e col dovuto apprezzamento unitario.
6.2.3. In ordine al quarto motivo dello stesso atto di ricorso e all’unico motivo dell’altro atto di ricorso a firma anche dell’Avv. (OMISSIS), va osservato, quanto ai rilievi riguardanti le aggravanti speciali, che non si colgono deduzioni in grado di smentire le affermazioni in sentenza che hanno rilevato l’inammissibilita’ dei motivi d’appello sul punto per l’assoluta assenza di specificita’ delle doglianze.
Per il resto, con riferimento alla dosimetria della pena e al diniego delle attenuanti generiche, a parte una serie di osservazioni solamente di principio o semplicemente volte a suggerire alternativi apprezzamenti, si ha ancora una lettura impropria della dimensione dei fatti, evidenziandosi per (OMISSIS) un memoriale la cui genuinita’ sotto il profilo della completezza delle ammissioni e’ rimasta del tutto smentita dall’intera motivazione sulla ricostruzione dei fatti; mentre, per (OMISSIS), da un lato, si evoca di nuovo un’assertiva quanto generica lettura che dovrebbe persino allontanare tale ricorrente dalla commissione del reato, dall’altro non ci si rapporta con le considerazioni in termini negativi espresse dalla Corte di appello in tema di disvalore in concreto della condotta e di grave allarme sociale, stante la partecipazione a un clan di tale pericolosita’.
Ne deriva l’inammissibilita’ anche di tutte queste ultime doglianze.
(OMISSIS):
7. E’ stato ritenuto responsabile del delitto di trasferimento fraudolento di valori aggravato ai sensi del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, commesso in concorso con (OMISSIS). La condotta, collocata temporalmente nel capo di imputazione “dal 2004 fino al 2012”, era stata originariamente contestata nella forma continuata. La continuazione e’ stata esclusa dalla sentenza di appello, con la conseguente riduzione della pena ad anni due e mesi otto di reclusione.
L’addebito ha per oggetto l’intestazione fittizia, in capo a (OMISSIS), nell’interesse dell’effettivo dominus (OMISSIS) (OMISSIS), della gestione della societa’ cooperativa Gruppo Italia operante nel settore delle pulizie. La prova della responsabilita’ e’ stata desunta dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) e (OMISSIS). Gli stretti legami di (OMISSIS) (OMISSIS) con la famiglia (OMISSIS) sono stati considerati per ritenere il dolo previsto dall’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 in relazione all’agevolazione dell’attivita’ camorristica derivante dall’avere consentito, tramite la condotta contestata, il riciclaggio di denaro del “clan dei casalesi” e il godimento di utili da reinvestire.
7.1. Il ricorso nell’interesse di tale imputato e’ affidato a tre motivi.
7.1.1. Il primo motivo lamenta vizi della motivazione con riferimento alla valutazione delle dichiarazioni accusatorie provenienti dai collaboratori.
Osserva che la societa’ cooperativa Gruppo Italia se fosse stata riferibile al clan dei casalesi, non avrebbe potuto subire il mancato pagamento dei lavori secondo quanto riferito da (OMISSIS). A tale rilievo non e’ stata data risposta. Inoltre, sono state valorizzate mere deduzioni riferite alle relazioni parentali e amicali fra la famiglia (OMISSIS) e quella (OMISSIS). Ne’ e’ stato correttamente considerato che (OMISSIS) aveva indicato altro soggetto ( (OMISSIS)) quale responsabile della medesima intestazione fittizia in favore di (OMISSIS).
7.1.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e mancanza di motivazione con riferimento al riconoscimento del dolo specifico richiesto dall’aggravante di cui al Decreto Legge 152 del 1991, articolo 7, essendosi al riguardo citati apoditticamente i soli rapporti familiari, senza considerare le censure che avevano rappresentato la scarsa rilevanza delle condotte e l’assenza di riscontri.
7.1.3. Con il terzo motivo lamenta la mancata risposta ai rilievi, dedotti attraverso la proposizione di motivi di appello aggiunti e in seguito in udienza, in ordine alla maturazione del termine decennale di prescrizione gia’ in data antecedente al primo atto interruttivo, decorrendo tale termine dall’anno 2004.
Esame dei motivi.
7.2. Il terzo, assorbente, motivo di ricorso deve essere ritenuto fondato, da cio’ conseguendo l’annullamento senza rinvio della sentenza nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato ascrittogli in quanto estinto per prescrizione.
Al riguardo, va preliminarmente rammentato che il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui trattasi (gia’ previsto dal Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-quinquies e ora contemplato dall’articolo 512-bis c.p.) integra un’ipotesi di reato a forma libera, istantaneo e con effetti permanenti, che si consuma nel momento in cui viene realizzata, consapevolmente, la difformita’ tra la titolarita’ apparente e quella di fatto dei beni, con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione o di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter c.p. (Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Rv. 276199; Sez. n. 6 n. 13843 del 27/02/2019, Rv. 275372; Sez. 2, n. 11881 del 06/03/2018, Rv. 272902).
La sentenza d’appello, eliminando la contestata continuazione, ha individuato un solo fatto integrante il reato, quello dell’attribuzione dell’iniziativa societaria a (OMISSIS) risalente all’anno 2004. E’ restata cosi’ esclusa ogni ulteriore condotta nel periodo successivo (secondo il capo d’imputazione) fino al 2012.
Da cio’, trattandosi di reato istantaneo, e’ derivata l’immediata necessita’ di considerare il decorso del termine di prescrizione a partire dall’anno 2004 – favor rei dal 1 gennaio – secondo la disciplina piu’ favorevole vigente al momento del fatto, ossia quella antecedente alle modifiche di cui alla L. n. 251 del 2005.
Invero, l’applicazione di tale disciplina, tenuto conto della previsione di una pena massima edittale inferiore a dieci anni (e cio’ anche considerando l’aumento previsto per l’aggravante a effetto speciale), porta a individuare, secondo la formulazione dell’articolo 157 c.p., comma 1, n. 3, nel testo precedente a quello vigente, il termine ordinario di prescrizione di anni dieci. Tale termine, da calcolare a partire dal giorno 1 gennaio 2004, era gia’ maturato prima del mese di luglio 2015, in cui, a seguito dell’adozione dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, e’ collocabile il primo atto che puo’ avere dispiegato effetti interruttivi.
Pertanto, la Corte di appello, una volta delimitata la consumazione del reato alla sola condotta risalente al 2004, avrebbe dovuto dichiarare, ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 1, l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Non ravvisandosi le condizioni di cui all’articolo 129 c.p.p., comma 2, a cio’ puo’ provvedersi in questa sede con pronunzia di annullamento senza rinvio.
(OMISSIS);
8. E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., ascrittogli al capo a), in permanenza “fino al luglio 2015”. La sentenza di appello ha ridotto la pena inflitta a tale imputato ad anni dieci e mesi otto di reclusione.
Secondo quanto ritenuto accertato dai giudici di merito, (OMISSIS), prima vigile urbano e poi impiegato amministrativo del Comune di Trentola – Ducenta, manifestava la sua condotta associativa nell’ambito del “clan dei casalesi” inizialmente facendo da autista all’esponente di vertice (OMISSIS) e favorendone gli incontri da latitante; mentre, con il tempo, l’imputato offriva la sua casa quale base per riunioni associative, partecipava ad attivita’ estorsive, informava i sodali dei lavori in corso per cui imporre le tangenti, favoriva gli interessi del clan nell’ambito del rilascio di concessioni edilizie.
Quanto alla prova di tali condotte la Corte di appello ha considerato le accuse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ gli esiti di servizi di intercettazione.
8.1. Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a cinque motivi.
8.1.1. Il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 192 c.p.p. e vizi della motivazione in relazione alla verifica della prova della responsabilita’.
Rileva che le dichiarazioni di (OMISSIS) sono state travisate, rappresentando esse solo condotte di favoreggiamento (prescritte), posto che il descritto accompagnamento dello stesso (OMISSIS) durante la latitanza per mere ragioni di amicizia non rivelava I’affectio societatis da parte di (OMISSIS).
Con riguardo alle dichiarazioni di (OMISSIS) non e’ stata considerata la deduzione che, in sede di appello, rilevava che questi aveva menzionato (OMISSIS), a proposito degli incontri con (OMISSIS) e (OMISSIS), non negli interrogatori di maggio e giugno 2010 in cui gia’ aveva dettagliatamente parlato di tali incontri, ma solo in quello del 15 maggio 2015 su sollecitazioni del pubblico ministero, fornendo cosi’ indicazioni incompatibili con le precedenti.
Anche in tal caso e’ rimasto inconfutato il rilievo circa l’assenza di riscontri.
Le dichiarazioni di (OMISSIS) sulle informazioni da lui avute da (OMISSIS) per porre in essere attivita’ estorsive in danno dei cantieri e’ stata recepita senza alcun confronto con quanto riferito da (OMISSIS) in ordine al retroscena che era stato sempre lui ad avvicinare a fini estorsivi i responsabili dei cantieri.
(OMISSIS), nel corso delle dichiarazioni acquisite nel giudizio di appello, non aveva mai fatto il nome di (OMISSIS) a proposito della condotte in favore del sodalizio mafioso che avrebbe dovuto svolgere con costui, secondo le propalazioni di (OMISSIS), in ragione di interventi nel rilascio delle concessioni.
Ne’ la Corte di appello ha tenuto conto della conferma dell’estraneita’ di (OMISSIS) a dette condotte rappresentata dalle certificazioni sulla sua assegnazione a uffici comunali non addetti all’urbanistica o ai lavori pubblici, nonche’ dall’assenza – nel corso delle intercettazioni sull’utenza del (OMISSIS) – dell’ascolto di conversazioni con i funzionari comunali (OMISSIS) e (OMISSIS) accusati di collusioni.
(OMISSIS) non ha mai reso le dichiarazioni accusatorie nei confronti di (OMISSIS) che sono state rappresentate nella sentenza impugnata.
Le dichiarazioni di (OMISSIS), che avevano indicato (OMISSIS) come agevolato dalla carriera politica di suo fratello nelle interferenze nelle concessioni in favore del clan (OMISSIS), sono state smentite da (OMISSIS) che ha escluso che detto congiunto del ricorrente, del quale peraltro erano stati dimostrati i ripetuti insuccessi elettorali, fosse stato appoggiato da (OMISSIS).
Non si e’ inoltre considerato che (OMISSIS) aveva riferito di una telefonata con (OMISSIS) anch’essa smentita dalla mancata captazione durante le intercettazioni.
Anche in tal caso i giudici di merito, oltre a mancare di rispondere ai rilievi difensivi, non hanno proceduto alla doverosa verifica del riscontro esterno.
E’ stato travisato il contenuto delle conversazioni intercettate riguardanti i controlli amministrativi sull’impresa edile (OMISSIS), posto che esso dimostrava, come gia’ rappresentato nell’allegata ordinanza di applicazione della custodia cautelare, che i fratelli (OMISSIS) in occasione di tale vicenda si rivolsero invece a (OMISSIS) il quale autonomamente richiese l’intervento di (OMISSIS).
L’accertamento delle irregolarita’ in occasione del controllo di cui trattasi in ogni caso dimostrava che l’intervento di (OMISSIS) si svolse in un ambito di legalita’.
Le notizie che (OMISSIS) avrebbe appreso da (OMISSIS) circa l’acquisto da parte di (OMISSIS) delle quote del (OMISSIS) attraverso l’intestazione fittizia ad (OMISSIS), sono incompatibili con l’assoluta segretezza di tale retroscena accreditata sia dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), sia dall’estorsione che strategicamente appariva imposta anche a quell’esercizio.
Lo stesso genere di smentita avevano subito le dichiarazioni di (OMISSIS) in ordine alle riunioni in casa di (OMISSIS) per risolvere i contrasti fra (OMISSIS) e (OMISSIS).
8.1.2. Il secondo motivo denuncia mancanza di motivazione con riferimento a quanto specificatamente richiesto tramite altro apposito motivo di appello.
Rileva l’assenza di risposte in ordine a quanto rappresentato con la memoria difensiva depositata in data 9 luglio 2018, con la quale erano state sviluppate le doglianze gia’ prospettate con i motivi di appello, ponendo in evidenza il dato probatorio costituito dalla mancanza di conoscenza di condotte riguardanti i rapporti di (OMISSIS) con la camorra dimostrata da (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali, come (OMISSIS) (le cui dichiarazioni sono state acquisite nel giudizio di appello), non avevano riferito nulla sul (OMISSIS), pur se, per le rispettive attivita’ svolte nel contesto camorristico, seguendo la stessa ricostruzione accusatoria, avrebbero dovuto certamente confrontarsi con lui.
Inoltre, neppure hanno trovato considerazione i rilievi svolti nella medesima memoria di cui sopra circa la mancata comparsa di (OMISSIS) nelle acquisizioni relative al reticolo delle utenze che, per gli stessi giudici di merito, raffigurava la radiografia interna dell’intero gruppo gravitante intorno a (OMISSIS).
8.1.3. Il terzo motivo lamenta violazione di legge, per essersi ritenuta la partecipazione all’associazione senza il dovuto confronto con i tratti e gli apporti a tal fine necessari, anche tenuto conto di quelli che distinguono tale condotta dal concorso esterno o favoreggiamento secondo la giurisprudenza in materia.
8.1.4. Il quarto motivo rappresenta violazioni di legge, per essersi esclusa l’applicazione del regime sanzionatorio previsto per il reato di cui all’articolo 416-bis c.p., prima dell’entrata in vigore della L. n. 68 del 2015, facendo coincidere con l’arresto in data 1 gennaio 2016 la cessazione della permanenza, in assenza di fatti che potessero dimostrarla in epoca successiva all’anno 2011.
8.1.5. Il quinto motivo lamenta violazione dell’articolo 133 c.p. e vizi della motivazione.
Rileva che sono state negate le attenuanti generiche sulla base di considerazioni smentite da tutte le emergenze che, seguendo la tesi dell’accusa, avevano evidenziato condotte di (OMISSIS) assolutamente minimali e occasionali.
Aggiunge che contraddittoriamente non si e’ conferito significato, ai fini della determinazione in concreto della pena, alla pur riconosciuta incensuratezza.
Esame dei motivi.
8.2. Tutti i motivi sono infondati ad eccezione di quelli che attengono alla permanenza della condotta e, conseguentemente, al trattamento sanzionatorio.
8.2.1. In considerazione del genere di rilievi mossi coi primi due motivi giova rammentare alcuni principi in parte gia’ illustrati trattando il ricorso di (OMISSIS).
In sede di legittimita’, con riferimento alla valutazione della chiamata in reita’ o in correita’, non possono dedursi doglianze volte a prospettare la violazione dell’articolo 192 c.p.p., non ricorrendo alcuna delle ipotesi di inosservanza della norma processuale previste dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c). Cio’ pero’ non esclude l’ammissibilita’ dei motivi che riguardino le suddette fonti di prova nei limiti fissati dalla lettera e) del medesimo comma di cui sopra, cioe’ sotto il profilo della mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, quando tale vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificatamente indicati nel ricorso (Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Rv. 271294). Rimane fermo, tuttavia, che il concetto di mancanza o di illogicita’ della motivazione non puo’ essere adoperato sino a ricomprendere qualsiasi possibile omissione o errore concernente l’analisi di ogni elemento considerato o considerabile in una prospettiva solo atomistica, in modo da non potersi cogliere la dimostrazione della mancanza della tenuta per il resto della motivazione in ordine all’apprezzamento dell’intera piattaforma probatoria (Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Rv. 277518; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, Rv. 254274; Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Rv. 239789). In ogni caso, poiche’ ai fini dello scrutinio del vizio della motivazione non e’ consentito alla Corte di legittimita’ l’esame diretto degli atti assunti, le deduzioni a riguardo in ordine alla prova dichiarativa, per assumere la dovuta specificita’ dimostrativa, debbono risultare dallo stesso testo del provvedimento impugnato ovvero essere accompagnate da precise allegazioni o riproduzioni testuali negli atti difensivi, secondo rappresentazioni dei passaggi chiamati in causa che possano assumere esaustiva valenza esplicativa rispetto a condizioni patologiche di evidenza immediata (Sez. 1, n. 54281 del 05/07/2017, Rv. 272492; Sez. 1, n. 25834 del 04/05/2012, Rv. 253015; Sez. 1, n. 6112 del 22/01/2009, Rv. 243225).
Inoltre, quando la contestazione attiene alla partecipazione a un’associazione a delinquere, ai fini della prova di tale condotta, il reciproco riscontro “individualizzante” fra le chiamate in correita’ o in reita’ puo’ avverarsi in presenza di contributi conoscitivi riguardanti anche fatti diversi, avvenuti in diversi contesti temporali, sempre che da tali fatti possa allo stesso modo inferirsi l’esistenza della condotta idonea a sostanziare, sul piano dinamico funzionale, la stabile compenetrazione dell’accusato nel tessuto organizzativo del sodalizio (Sez. 5, n. 21562 del 03/02/2015, Rv. 263704; Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264380; Sez. 1, n. 10734 del 23/01/2013, Rv. 254885).
8.2.2. Esaminando il primo motivo, va osservato che i vizi della motivazione secondo i requisiti appena sopra delineati non possono risultare da quei rilievi contenuti in tale motivo che si riferiscono a certi spunti delle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), invocando parziali valutazioni e ricostruzioni alternative senza che neppure risulti che, sotto i particolari profili via via indicati in questa sede di legittimita’, fossero state dedotte con l’appello pertinenti censure attraverso specifiche deduzioni.
Invero, come emerge dall’esposizione dei motivi di appello contenuta nella sentenza impugnata e dallo stesso esame diretto dell’atto di appello (trasmesso), le questioni poste a suo tempo, quanto a dette fonti, non riguardavano i profili ora citati che hanno a oggetto il confronto fra il contenuto delle accuse di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione ai fatti di estorsione e all’evoluzione nel tempo del comando associativo; ne’ ci si riferiva, per quanto riguarda le critiche alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS), alla natura e alla segretezza degli interessi patrimoniali di (OMISSIS) (OMISSIS) coltivati attraverso false intestazioni.
Ad ogni modo, pur trattandosi di deduzioni introdotte solo attraverso una memoria depositata in data 9 luglio 2018, con la quale non avrebbero potuto essere dedotti nuovi motivi di appello (si veda in proposito quanto si osservera’ trattando il secondo motivo), anche a tal riguardo la sentenza impugnata appronta particolari risposte (pagg. 199 – 200) con le quali non ci si confronta.
Sull’argomento va, altresi’, fatto presente che quando nell’atto di appello si faceva riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS) a proposito di un solo caso di intervento materiale da parte di (OMISSIS) nell’attivita’ estorsiva, non ci si opponeva specificatamente al contenuto delle informazioni di (OMISSIS) laddove le stesse avevano riguardato le riscossioni direttamente operate da (OMISSIS), tanto piu’ che neppure si coglieva che le fonti avessero riferito fatti coevi o in se’ incompatibili.
La piu’ estesa ricostruzione alternativa riprodotta nel ricorso con riferimento ai contributi di cui trattasi e’, inoltre, alimentata da ulteriori apprezzamenti di merito che citano le dichiarazioni di (OMISSIS) (acquisite in appello) secondo letture e conclusioni che pero’ non hanno alcuna attitudine dimostrativa, mancando specifiche allegazioni che possano accreditare il resoconto difensivo.
Con riguardo alle altre deduzioni poste, va rilevato che laddove nel motivo di cui trattasi si citano le dichiarazioni di (OMISSIS) per ricondurne il contenuto accusatorio semplicemente a risalenti condotte di favoreggiamento per ragioni di mera amicizia, si continua a fare riferimento solo ad alcune espressioni di tale collaboratore da cui dovrebbe ricevere conferma la tesi difensiva. Pero’, in questo modo non si considera che sul piano probatorio debbono rilevare non tanto le qualificazioni fondate su opinioni personali (per di piu’ in ragione di esperienze rimaste ancorate a un certo periodo), quanto le condotte in concreto assicurate: esse, come rilevato in sentenza anche alla luce del contributo di (OMISSIS), vedevano (OMISSIS) (vigile urbano fino al 1995) non soltanto fare pubblicamente da autista al boss latitante (OMISSIS), ma anche adoperarsi con il compito di “facilitatore di incontri” con altri affiliati, cosi’ come sperimentato dal medesimo (OMISSIS).
D’altra parte, l’argomentare difensivo che intende isolare dal resto la predetta condotta non si misura con l’intero percorso motivazionale che ne colloca il significato all’interno delle tante altre informazioni convergenti ai fini della ricostruzione nel tempo del piu’ ampio e consapevole apporto di (OMISSIS) in favore del clan, secondo la coerente evoluzione di tante funzionali condotte ben lontane dalle ragioni amicali che avrebbero giustificato i rapporti con (OMISSIS).
In risposta ai motivi di appello concernenti il contributo di (OMISSIS), la Corte distrettuale ha dato nuovamente atto che le piu’ recenti dichiarazioni di tale collaboratore avevano attribuito a (OMISSIS), quale affiliato al clan (OMISSIS), anche compiti di coordinamento nel fissare gli incontri con gli esponenti della fazione (OMISSIS), alla quale apparteneva il medesimo (OMISSIS), aventi ad oggetto l’attivita’ estorsiva nel territorio di Trentola. Secondo la sentenza, tale informazione non risultava in contrasto con le precedenti dichiarazioni del medesimo (OMISSIS) che avevano citato, avuto riguardo a quello stesso genere di incontri, altre modalita’ e altri protagonisti, poiche’ il primo contributo evocato non escludeva che anche (OMISSIS) in altre occasioni avesse potuto operare agli stessi fini in quel contesto.
Questa risposta si rapportava a rilievi in sede di appello sull’argomento che, laddove assumevano la dovuta chiarezza e specificita’, si dolevano dell'”aperto contrasto fra le dichiarazioni”, rimanendo invece sullo sfondo ogni altra generica affermazione sui contenuti descrittivi. Tant’e’ che in relazione a tale aspetto ci si soffermava solo sui dettagli attinenti alle prime dichiarazioni, mentre con riguardo a quelle piu’ recenti ci si limitava a generici giudizi negativi riferiti all’assertivita’. Le doglianze in proposito in questa sede mutano sostanzialmente registro, poiche’ si allontanano non poco dal tema valutativo di merito prima focalizzato, tutto incentrato sull’esistenza di un “aperto contrasto”. Invero, intervenuta al riguardo una motivata risposta di merito, si asserisce che era stato richiesto alla Corte di valutare attentamente la tardivita’ e la laconicita’ delle dichiarazioni rese nell’ultima audizione del 2015. E’ evidente che tale percorso dei rilievi difensivi, toccando ora aspetti diversi della verifica dell’attendibilita’, non puo’ rappresentare alcun vizio della motivazione della sentenza di appello a causa della mancata risposta ad ammissibili motivi di impugnazione. Tanto piu’ che il contributo di (OMISSIS), cosi’ come sintetizzato nella sentenza di secondo grado, neppure risulta privo di accettabili agganci descrittivi; ne’ resta avulso dall’intero contesto di conoscenze che ha portato tale collaborante a muovere piu’ estese accuse a (OMISSIS) in ragione della costatazione della sua intraneita’ associativa (tale piu’ ampio iter accusatorio era gia’ illustrato nella sentenza di primo grado).
Ed ancora, il motivo del ricorso, quanto alla rappresentazione nella sentenza impugnata del contenuto delle dichiarazioni di (OMISSIS) (pag.198), mostra di cadere in un equivoco, poiche’, nonostante la poca puntualita’ espressiva del passaggio della motivazione in considerazione, e’ possibile ugualmente rilevare che a proposito di tale collaboratore ci si riferisce alle stesse informazioni su (OMISSIS) gia’ considerate in primo grado, riguardanti l’interessamento – appena prima specificato – al settore del gioco e delle scommesse. Mentre solo dopo, senza che si nomini piu’ (OMISSIS), risultano indicate le altre condotte di (OMISSIS) piu’ direttamente rilevanti ai fini del ruolo associativo che attengono al coinvolgimento nelle estorsioni secondo quanto riferito dalle altre fonti citate.
Le altre censure esposte nel motivo che si soffermano sul contenuto delle conversazioni aventi ad oggetto i controlli sull’impresa edile (OMISSIS), a fronte delle risposte intervenute sul tema in ordine ai rilievi come svolti in sede di appello laddove dotati della dovuta specificita’, ancora una volta intendono proporre in questa sede solo altre deduzioni di merito come tali inammissibili.
Ed infatti, la Corte di appello, considerando le obiezioni allora mosse sull’argomento, ha rilevato che le risultanze acquisite si prestavano a rivelare le frequentazioni criminali intrattenute da (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS), la disponibilita’ del primo ad interessarsi per risolvere problematiche del gruppo camorristico afferenti all’attivita’ degli uffici pubblici dove lavorava e la promozione dell’intervento di cui trattasi da parte dei fratelli (OMISSIS) ossia di altri sodali, senza che potesse rilevare rispetto alla lettura indiziaria di tali risultanze l’epilogo del controllo (da parte di altro ente) non gradito al sodalizio.
Di contro, in questa sede la difesa, oltre a citare ancora l’esito della verifica amministrativa senza rapportarsi con il significato delle confutazioni di merito, chiama in causa altra (inedita) lettura legata alla comparsa nella vicenda di (OMISSIS) che dovrebbe fare apprezzare diversamente la condotta di (OMISSIS).
Ci si confronta cioe’ solo con le risultanze e non con le spiegazioni dovute.
Inoltre, si cita l’assenza della captazione di conversazioni compromettenti fra (OMISSIS) e i funzionari dell’ufficio tecnico (OMISSIS) e (OMISSIS), che sarebbero stati accusati di avere agevolato (OMISSIS). Ma cosi’ non si fa altro che ribadire osservazioni prive di ogni percepibile rilevanza, posto che la ricostruzione delle condotte riguardanti lo sfruttamento di (OMISSIS) delle relazioni d’ufficio non appare fondata sull’intrecciarsi di contatti al tal fine avuti a telefono con quei funzionari.
Lo stesso genere di considerazioni vanno espresse con riguardo alle obiezioni difensive che, relativamente alla verifica dell’attendibilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS), continuano a fare riferimento alla mera assenza di specifiche captazioni a proposito dei contatti da costui avuti con (OMISSIS) in occasione di un evento elettorale, per di piu’, estraneo all’essenza delle accuse.
Si sostiene poi che le dichiarazioni di (OMISSIS) sarebbero state smentite dalla documentazione prodotta e dalle dichiarazioni di (OMISSIS) che darebbero conto dell’assenza di appoggi camorristici ricevuti dal fratello di (OMISSIS). Ma non si considera che, secondo quanto rappresentato nella sentenza, era invece detto congiunto ad agevolare l’imputato in forza dell’inserimento nell’ambiente politico. E cio’ fermo restando quanto sopra gia’ osservato sull’impossibilita’ di attribuire qui rilevanza alle mere asserzioni sul contenuto delle dichiarazioni di (OMISSIS).
Ne’ il motivo, facendo riferimento all’assegnazione di (OMISSIS) a uffici comunali diversi da quelli addetti all’urbanistica o ai lavori pubblici, considera la puntuale confutazione anche a tal riguardo avutasi, laddove e’ stato spiegato che la condotta addebitata a (OMISSIS) all’interno dell’amministrazione comunale non dipendeva dall’assunzione di specifiche qualifiche amministrative in detti settori, ma era frutto dei contatti e delle conoscenze che egli poteva coltivare tramite altri soggetti, fra cui il fratello, nell’ente per il quale lavorava da tantissimi anni.
Infine, va aggiunto in termini generali, avendo presente il resto delle osservazioni critiche, che l’argomentare difensivo, oltre a non confrontarsi con la reale attitudine dei rilievi a scardinare la tenuta dell’intero iter giustificativo, quando lamenta l’assenza di idonei riscontri “esterni”, parcellizzando i singoli contenuti delle dichiarazioni accusatorie, finisce per invocare invece la “prova autonoma” del fatto o con il perdere di vista l’oggetto della dovuta “conferma” che e’ costituito, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’ prima richiamato, dalla partecipazione all’associazione come desunta da fatti che non debbono essere necessariamente sovrapponibili, ne’ coincidenti temporalmente.
Alla stregua delle considerazioni che precedono tutte le doglianze rappresentate con il primo motivo del ricorso risultano destituite di fondamento.
8.2.3. Il titolo del secondo motivo cosi’ descrive il vizio denunciato: “assoluta mancanza di motivazione in ordine allo specifico motivo di appello con cui si era chiesto di valutare il significato probatorio delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), da (OMISSIS) e da (OMISSIS), nonche’ l’assenza da parte di (OMISSIS) di utenze dedicate con le quali interloquire con i sodali del clan”.
Sennonche’, mentre le dichiarazioni di (OMISSIS) venivano acquisite solo nel corso del giudizio di appello, le altre fonti presenti in primo grado, come risulta dall’ampia esposizione contenuta nella sentenza di appello e rimane non smentito dalla successiva illustrazione del motivo di ricorso, non erano state citate nel medesimo senso critico nei motivi di appello a sostegno delle doglianze rivolte alla decisione di condanna. Invero, tale particolare argomentare difensivo, secondo i profili ancora esposti nel ricorso in relazione ad alcuni tratti delle accuse, era illustrato con una memoria depositata solo il 9 luglio 2018.
La Corte di appello, preso atto di cio’, ha posto in evidenza l’intempestivita’ delle sopravvenute doglianze in questione e, in secondo luogo, ha fatto rilevare l’inidoneita’ delle medesime doglianze a porre comunque in crisi la ricostruzione della responsabilita’ fondata sulla valutazione complessiva delle altre risultanze.
La difesa, nella parte espositiva del motivo del ricorso di cui trattasi, pur confermando che la suddetta memoria veniva depositata a “compendio delle discussioni orali”, ha continuato a non confrontarsi con la dovuta attenzione con il tema preliminare della tempestivita’ delle deduzioni, non sciogliendo – in linea con l’errata intitolazione del motivo – il nodo dei rapporti con i motivi di appello.
Ne’ ancora si e’ affrontato l’altro rilievo, relativo alla resistenza delle restanti fonti, come opposto dalla Corte di merito alludendo alla loro autonoma decisivita’.
La questione cosi’ posta non puo’, comunque, riguardare allo stesso modo le dichiarazioni di (OMISSIS) in quanto acquisite solo nel giudizio di appello. Tuttavia, relativamente a tale fonte, il motivo di cui trattasi in definitiva non fa altro che ribadire lo stesso tipo di generiche e indimostrate prospettazioni del precedente, sempre a proposito di un’assertiva assenza di concordanti accuse del predetto che rimane non riscontrabile attraverso idonee modalita’ di allegazione.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’ al quale questo Collegio intende dare continuita’, alle memorie difensive che pongono questioni ulteriori rispetto a quelle dedotte con i motivi di impugnazione si applica la disciplina, quanto all’ammissibilita’ e di conseguenza all’obbligo di risposta in sede di appello, dettata per i motivi nuovi dall’articolo 585 c.p.p., comma 4, (Sez. 2, n. 36118 del 26/06/2019, Rv. 277076; Sez. 1, n. 34461 del 10/03/2015, Rv. 264493; Sez. 5, n. 210 del 15/02/1996, Rv. 204478).
Tale disciplina richiede non solo la connessione funzionale dei motivi nuovi con le questioni devolute tramite l’appello, ma anche – o meglio ancor prima – il rispetto del termine di presentazione fino a quindici giorni prima dell’udienza.
Ebbene, nella specie, Imintennpestivita’” come affermata nella sentenza, a proposito delle deduzioni contenute nella memoria difensiva depositata solo in sede di discussione, e’ riferibile proprio al termine di cui sopra relativo ai motivi nuovi, sul presupposto, non sconfessato dal ricorso, che le medesime questioni, riguardanti l’erronea valutazione delle fonti pregresse, non erano state dedotte secondo l’enunciazione specifica prescritta dall’articolo 581 c.p.p.; sicche’ nella fattispecie neppure si trattava di rispondere agli originari motivi di appello.
Si ha dunque una corretta ricostruzione le cui coordinate non appaiono smentite dall’argomentare difensivo come rappresentato nel motivo di ricorso.
Tanto a prescindere da ogni altra obiezione circa l’impossibilita’ di rilevare l’attitudine del genere di allegazioni – come riferite alle citate fonti pregresse alla disarticolazione della motivazione fondata sugli altri ragionamenti di merito.
In conclusione, dai superiori rilievi circa l’inammissibilita’ delle deduzioni in appello deriva gia’ l’infondatezza del motivo laddove esso fa riferimento alle precedenti acquisizioni in primo grado, mentre con riguardo alle dichiarazioni di (OMISSIS) si tratta, come chiarito, di aspecifiche asserzioni prive di qualsiasi capacita’ dimostrativa a sostegno di una ricostruzione difensiva solo alternativa.
Ne discende il rigetto anche del secondo motivo.
8.2.4. Il terzo motivo, che evoca il tema della riqualificazione della condotta come concorso interno nell’associazione mafiosa, pone rilievi che, da un lato, continuano a citare l’assenza di determinazioni del pubblico ministero in ordine alla contestazione di altri reati-fine neppure indispensabili per ravvisare il solo fatto della partecipazione previsto dall’articolo 416-bis c.p.; dall’altro, negando parte della condotte oggetto delle motivate valutazioni di merito, alludono, in termini del tutto generici, agli stessi infondati rilievi di cui ai precedenti motivi.
In tal modo non risulta smentita l’essenza delle spiegazioni che hanno sempre ben delineato, coerentemente con l’esame critico della risultanze, il ruolo dinamico funzionale stabilmente e consapevolmente svolto da (OMISSIS), venendo in evidenza in particolare i compiti da lui assunti nel settore delle estorsioni e delle infiltrazioni di interesse camorristico nella pubblica amministrazione locale.
Una posizione di compenetrazione nel tessuto organizzativo del sodalizio che porta a escludere ogni possibile derubricazione cosi’ come invocata dalla difesa. Ne discende il rigetto del terzo motivo.
8.2.5. Di contro, risulta fondato il quarto motivo riguardante la permanenza della condotta, posto che anche in tal caso essa e’ stata ritenuta cessata – il 1 gennaio 2016 – esclusivamente in ragione del venir meno dello stato di liberta’. Si impongono cosi’ gli stessi rilievi critici gia’ svolti trattando il ricorso di (OMISSIS) laddove si sono censurati identici, erronei, ragionamenti in sede di merito.
8.2.6. Da cio’ dunque l’annullamento anche per (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio limitatamente alla data di cessazione della condotta e, pertanto, alla determinazione del trattamento sanzionatorio secondo le disposizioni del tempo applicabili. L’accoglimento del quarto motivo comporta l’assorbimento del quinto.
(OMISSIS);
9. E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui agli articolo 416-bis c.p., contestatogli al capo a), con permanenza protrattasi “fino a luglio del 2015”. La sentenza di appello per tale imputato ha riformato parzialmente quella di primo grado, riducendo la pena inflitta ad anni dieci e mesi otto di reclusione. Nella motivazione tale pena e’ stata riferita, nella sua misura finale, anche all’avvenuto riconoscimento della continuazione con il reato di estorsione aggravata giudicato con sentenza (irrevocabile) del G.i.p. del Tribunale di Napoli del 12 aprile 2012.
La partecipazione di (OMISSIS) al “clan dei casalesi”, secondo quanto ritenuto accertato in sede di merito, si e’ estrinsecata all’interno del gruppo dei (OMISSIS) operante nel territorio di Trentola Ducenta, prima sotto il comando di (OMISSIS) (zio di (OMISSIS)) e successivamente alle dipendenze di (OMISSIS).
La prova della condotta e’ stata desunta essenzialmente dalle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
9.1. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ articolato in quattro motivi.
9.1.1. Il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p., nonche’ vizi della motivazione con riferimento all’affermazione della responsabilita’.
Rileva che la sentenza impugnata, riportando solo acriticamente le risultanze delle indagini e valorizzando in definitiva il mero rapporto di parentela con (OMISSIS), non ha osservato i criteri di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimita’.
Non sono stati considerati gli interrogatori resi da (OMISSIS) in data 23 settembre 2010 e in data 13 novembre 2010. Dalle dichiarazioni di tale collaboratore emergeva che (OMISSIS) non aveva avuto rapporti diretti con (OMISSIS). Le notizie trasmesse da (OMISSIS) a (OMISSIS) sull’attivita’ del sodalizio erano di dominio pubblico o riferite a fonti non precisate, o ancora derivavano semplicemente dai rapporti di parentela. In ogni caso su tali informazioni non erano stati acquisiti idonei riscontri, cosi’ come alcunche’ aveva corroborato esternamente le accuse relative al diretto coinvolgimento di (OMISSIS) nel settore dei video-poker per conto di (OMISSIS). E cio’ tanto piu’ una volta ritenute inattendibili le dichiarazioni rese da (OMISSIS). L’esclusione da parte di (OMISSIS) della posizione di affiliato assunta da (OMISSIS) doveva considerarsi indicativa dell’assenza di un’effettiva operativita’ associativa. (OMISSIS) aveva riferito di avere appreso da (OMISSIS) solo notizie del tutto generiche e non necessariamente dovute alla comune intraneita’ associativa. Le dichiarazioni di tale collaboratore laddove avevano indicato (OMISSIS) come “uomo di (OMISSIS)”, si ponevano in contrasto con quelle rese da (OMISSIS) in data 23 settembre 2010, nella direzione invece della mancanza di rapporti diretti fra (OMISSIS) e (OMISSIS). Infine, le accuse di (OMISSIS) avrebbero dovuto sottoporsi a una ben piu’ rigorosa verifica poiche’ de relato. In conclusione, pertanto la prova della colpevolezza di (OMISSIS) non avrebbe potuto essere desunta dalle dichiarazioni dei collaboratori, essendo rilevabile semplicemente l’esistenza di relazioni lecite di (OMISSIS) con lo zio (OMISSIS) in occasione dei loro colloqui in carcere.
9.1.2. Il secondo motivo denuncia vizi della motivazione con riferimento all’omessa riqualificazione del fatto contestato ai sensi dell’articolo 378 c.p., in considerazione dei circoscritti rapporti di cui sopra intercorsi soltanto con lo zio.
9.1.3. Il terzo motivo lamenta violazione degli articoli 62-bis e 133 c.p., nonche’ vizi della motivazione in punto di trattamento sanzionatorio e di diniego delle attenuanti generiche, essendo mancata qualsiasi spiegazione rispetto alle doglianze mosse a riguardo, pur in presenza di specifici elementi favorevoli che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a formulare diverse valutazioni.
9.1.4. Il quarto motivo denuncia la violazione dell’articolo 416-bis c.p., per essere stato applicato il trattamento sanzionatorio piu’ rigoroso introdotto per tale reato con la L. n. 69 del 2015, non potendosi ritenere che la condotta partecipativa contestata si fosse protratta dopo l’entrata in vigore di detta legge, tenuto conto dei periodi di detenzione a partire dal 22 aprile 2011 e della collocazione temporale dei fatti evinti dalle fonti di prova citate in sentenza.
Esame dei motivi.
9.2. Tutti i motivi del ricorso sono infondati e vanno percio’ rigettati, ad eccezione di quelli che riguardano la permanenza della condotta e, conseguentemente, il trattamento sanzionatorio.
9.2.1. Il primo motivo quando si sofferma sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) deducendo che tale collaboratore nei verbali richiamati aveva escluso la qualita’ di affiliato di (OMISSIS), non si misura con le puntuali risposte intervenute al riguardo. Esse spiegano correttamente che la qualificazione “formale” della posizione assunta dall’accusato secondo le regole interne associative, e’ cosa ben diversa dell’individuazione della prova in ordine alla partecipazione secondo i requisiti richiesti dall’articolo 416- bis c.p.. Nella specie le citate dichiarazioni di (OMISSIS) a proposito della non “affiliazione” sono agganciate alla sola circostanza che (OMISSIS) non percepiva lo “stipendio” erogato dal sodalizio. Ma, cio’ non esclude che lo stabile inserimento nella struttura dell’organizzazione sia risultato diversamente provato sulla base del motivato apprezzamento di altri elementi.
Tali elementi sono stati desunti dai giudici di merito in primo luogo dalle condotte di (OMISSIS) concretamente descritte dal medesimo (OMISSIS). Ci si riferisce all’assicurazione delle comunicazioni di (OMISSIS) da e per l’esterno durante la carcerazione dello stesso con riguardo ai fatti di interesse associativo. Fatti che (OMISSIS) era abilitato a conoscere proprio per la sua intraneita’ nel sodalizio. Inoltre si indica l’intervento attivo di (OMISSIS), sotto le direttive e a nome di (OMISSIS), in iniziative camorristiche nel settore dei videopoker che coinvolgevano anche (OMISSIS). Le obiezioni al riguardo non si confrontano con l’ampiezza e il significato delle rappresentazioni di merito laddove intendono ridimensionare l’attendibilita’ descrittiva e la valenza accusatoria delle dichiarazioni di (OMISSIS) tramite mere sovrapposizioni valutative che come tali non dimostrano alcun travisamento.
Allo stesso modo i rilievi non si rapportano con il contenuto del resto della motivazione quando non colgono l’intera descrizione dell’iter dell’inserimento associativo di (OMISSIS), come sviluppatosi in un secondo periodo attraverso il passaggio dello stesso nelle fila del gruppo alle dirette dipendenze di (OMISSIS). Fatto questo confermato dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ dalla condanna irrevocabile riportata da (OMISSIS) per il reato di estorsione commesso nel marzo 2011 in concorso con altri soggetti, come (OMISSIS), allora vicinissimi a (OMISSIS). Trattandosi di fatti e di rapporti successivi a quelli appresi da (OMISSIS) e piu’ in generale al periodo ultimo in cui si fermavano le sue conoscenze, e’ irrilevante la citazione delle dichiarazioni dello stesso per prospettare contrasti con i piu’ recenti contributi di cui sopra.
Per il resto, le censure risultano solo assertive quando si riferiscono alle informazioni rappresentate da (OMISSIS). Lo stesso, invero, oltre a indicare (OMISSIS) come un fedelissimo di (OMISSIS), ha richiamato molteplici notizie ricevute in carcere dal medesimo (OMISSIS) che ne dimostrano la conoscenza di fatti riservatissimi relativi alle abitudini e alle frequentazioni di (OMISSIS) durante la latitanza. Si ha cosi’, secondo i giudici di merito, il resoconto di informazioni non gia’ di dominio pubblico come apoditticamente asserito dalla difesa, ma riferibili solo agli appartenenti a una cerchia ristretta di fedelissimi del capo indiscusso all’epoca del clan. Mentre, avuto riguardo alle dichiarazioni di (OMISSIS), anch’esse apprezzate a conferma dell’inserimento di (OMISSIS) in detta cerchia di fedelissimi, le obiezioni non considerano le precisazioni sulla personale sperimentazione da parte di tale collaboratore delle medesime vicende che coinvolgevano in ambito associativo (OMISSIS). Precisazioni che portavano a ridimensionare, quanto alla – fonte delle accuse mosse da (OMISSIS), il profilo de relato a favore di quello diretto.
Le altre obiezioni, che lamentano l’assenza di riscontri esterni in relazione ad alcuni fatti riferiti dai collaboratori, ignorano il principio, gia’ ricordato trattando le posizioni di altri ricorrenti, secondo cui, quando la contestazione riguarda la partecipazione a un’associazione a delinquere, ai fini della prova di tale condotta, il reciproco riscontro “individualizzante” fra le chiamate in correita’ o in reita’, puo’ avverarsi in presenza di contributi conoscitivi riguardanti anche fatti diversi e avvenuti in altri contesti temporali, sempre che da tali fatti possa ugualmente desumersi l’esistenza del rapporto idoneo a rappresentare, sul piano dinamico funzionale, la stabile compenetrazione dell’incolpato nel tessuto organizzativo del sodalizio (Sez. 5, n. 21562 del 03/02/2015, Rv. 263704; Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264380; Sez. 1, n. 10734 del 23/01/2013, Rv. 254885).
In ultimo, le osservazioni finali, contenendo solo assertive negazioni della valenza probatoria delle risultanze che non si rapportano con i tratti dell’intera condotta per come accertata secondo quanto illustrato da spiegazioni esenti da censura, non possono in alcun modo rappresentare la violazione dei principi giurisprudenziali che citano in materia del reato di cui all’articolo 416-bis c.p..
Ne discende l’infondatezza di tutte le doglianze mosse con il primo motivo.
9.2.2. I rilievi svolti con il secondo motivo, seguendo lo stesso aspecifico approccio alla qualificazione giuridica del fatto che caratterizza il primo motivo, si rivolgono alla mancata derubricazione nel reato di favoreggiamento personale, riconducendo tutta la vicenda a meri apporti in favore dello zio ( (OMISSIS)), mentre ben diverse e piu’ ampie risultano le condotte di partecipazione al sodalizio come rappresentate dall’intera motivazione della sentenza impugnata.
Sicche’, tali doglianze appaiono del tutto infondate ai limiti dell’ammissibilita’.
9.2.3. Il terzo motivo si rivela anch’esso manifestamente infondato laddove contesta il diniego delle attenuanti generiche attraverso assertive enunciazioni in ordine alla sussistenza di elementi di valutazione a favore, in opposizione alle contrarie conclusioni rappresentate nella sentenza impugnata secondo motivati apprezzamenti espressi nell’esercizio dei poteri discrezionali rimessi al merito.
9.2.4. Di contro, risulta fondato il quarto motivo riguardante la permanenza della condotta, posto che anche in tal caso essa e’ stata ritenuta fino al giorno 10 luglio 2015 esclusivamente in ragione dello stato di liberta’ dell’imputato. Si impongono cosi’ gli stessi rilievi critici gia’ svolti trattando il ricorso di (OMISSIS) laddove sono stati censurati identici, erronei, ragionamenti dei giudici di merito. Si tratta di un tema che anche per (OMISSIS) imponeva idonee risposte, stante gli ampi rilievi svolti coi motivi di appello in ordine alla dimensione anche temporale della condotta di partecipazione e all’intero trattamento sanzionatorio.
9.3. Da cio’ deriva l’annullamento della sentenza impugnata anche nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per nuovo giudizio limitatamente alla data di cessazione della condotta e pertanto alla determinazione della pena secondo le disposizioni del tempo applicabili. L’accoglimento di tale motivo comporta l’assorbimento delle sole restanti obiezioni di cui al terzo motivo laddove esse si riferiscono unicamente al trattamento sanzionatorio. Il nuovo esame a riguardo, comunque, dovra’ tenere conto della non corrispondenza fra quanto riportato nella motivazione della sentenza di appello in ordine alla ritenuta continuazione e il contenuto del dispositivo di tale sentenza, in riforma di quella di primo grado.
10. Dalla dichiarazione di inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) discende la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali e, in considerazione dei profili di colpa, al versamento della somma determinata in Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Entrambi vanno inoltre condannati in solido alla rifusione delle spese del presente giudizio a favore delle parti civili, FAI – Unione casertana antiracket e Associazione nazionale antimafia (OMISSIS). Spese da liquidare, congruamente, nella complessiva somma di Euro quattromila per ciascuna parte civile, oltre CPA e IVA, come per legge. Con riguardo agli altri ricorrenti, esclusi (OMISSIS) e (OMISSIS), la liquidazione delle spese a favore delle parti civili va rimessa al definitivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei riguardi di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al reato associativo loro ascritto al capo A) e rinvia per nuovo giudizio su tale reato ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei riguardi di (OMISSIS) perche’ il reato ascrittogli e’ estinto per prescrizione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato associativo di cui al capo A, commesso fino al giugno 2012, perche’ l’azione penale non doveva essere esercitata, e in relazione al medesimo reato commesso fino al luglio 2015, perche’ il fatto non sussiste. Visto l’articolo 626 c.p.p., dispone la cessazione della misura cautelare applicata a (OMISSIS) in questo processo, ordinandone la liberazione se non detenuto per altra causa; dispone che la cancelleria dia immediata comunicazione di questo dispositivo al Procuratore generale presso questa Corte, perche’ dia i provvedimenti occorrenti. Annulla la sentenza impugnata nei riguardi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per quest’ultimo per effetto estensivo, limitatamente alla data di cessazione della permanenza del reato associativo e del conseguente trattamento sanzionatorio, e rinvia per nuovo giudizio sui detti punti ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli; rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna questi ultimi ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonche’ entrambi in solido alla rifusione delle spese del presente giudizio a favore delle parti civili, FAI – Unione casertana antiracket, e Associazione nazionale antimafia (OMISSIS), che liquida nella complessiva somma di Euro quattromila per ciascuna parte civile, oltre CPA ed Iva, come per legge. Rimette al definitivo la liquidazione delle spese a favore delle parti civili nei riguardi degli altri ricorrenti, esclusi (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il presente provvedimento, redatto dal relatore Consigliere Binenti Roberto, viene sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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