L’esercizio del pubblico transito su una strada non è sufficiente a determinare la demanialità del bene

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 2 ottobre 2018, n. 5643.

La massima estrapolata:

L’esercizio del pubblico transito su una strada non è sufficiente a determinare la demanialità del bene, essendo necessario che ad esso segua o si accompagni l’acquisto del titolo da parte della p.a., eventualmente anche per usucapione, come da giurisprudenza amministrativa citata nell’atto di appello.

Sentenza 2 ottobre 2018, n. 5643

Data udienza 18 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3815 del 2008, proposto da:
Comune di Brindisi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Tr., con domicilio eletto presso lo studio Na. Lu. in Roma, via (…);
contro
Consorzio SI., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Mu., domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza (…);
per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZ. I n. 370/2008, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 settembre 2018 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e udito per la parte appellata l’avvocato Francesco Musci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Lecce, ha accolto il ricorso proposto dal Consorzio per lo Sv. In. e di Se. Re. alle Im. (S.I.) di Brindisi contro il Comune di Brindisi per l’annullamento della deliberazione della Giunta comunale n. 340 del 19 settembre 2007, con la quale era stata respinta la richiesta avanzata dal Consorzio -mediante trasmissione al Comune della deliberazione commissariale n. 45 del 17 aprile 2007- di classificare come “comunali” le strade dell’agglomerato industriale di Brindisi, realizzate negli anni ’60 dal Consorzio del Po. e dell’A. di Brindisi (cui era succeduto il Consorzio S.I.).
1.1. La delibera comunale impugnata aveva concluso nel senso che “la rete viaria esistente nell’agglomerato della Zona Industriale di Brindisi è di esclusiva proprietà del Consorzio SI. e… essa, nel suo complesso, non può essere qualificata di uso pubblico perché non soddisfa un pubblico interesse generale del Comune di Brindisi”.
1.2. Il primo giudice ha ritenuto che:
– le strade si trovano in zona industriale posta a ridosso del centro urbano e servono l’utenza brindisina nel suo complesso; la loro classificazione come comunali avrebbe dovuto essere valutata dal Comune anche ai sensi dell’art. 3, lettera a), della L.R. n. 38 del 1977 (punto 3.1 della motivazione);
– nel corso degli anni il complesso viario -realizzato inizialmente a servizio delle ditte della zona industriale- è divenuto di uso pubblico, come accertato dallo stesso Tar per la Puglia, sede di Lecce, con la sentenza n. 818/04, che, pur riguardando un singolo asse viario, ha affermato conclusioni estensibili a tutte le strade in contestazione (punto 3.2);
– anche se l’accertamento della proprietà delle strade non rientra nella cognizione del G.A., se non in via incidentale, nella sentenza n. 8058/06 del Consiglio di Stato, conclusiva del giudizio di appello avverso la sentenza n. 818/04, si è affermato che “l’ente proprietario, ai fini della circolazione, è il Comune di Brindisi” e di tale affermazione la delibera impugnata non si è fatta carico (punto 3.3);
– parimenti la delibera impugnata avrebbe dovuto tenere conto del fatto che il carattere di uso pubblico delle strade è stato già affermato nei confronti delle stesse parti da numerosi precedenti giurisprudenziali (punto 3.4);
– ferma restando la proprietà delle strade in capo al Consorzio, il Comune di Brindisi ha già da tempo riconosciuto che la rete viaria in questione è utilizzata dalla collettività, il che “costituisce una situazione giuridica corrispondente all’esercizio di una servitù “, come già statuito con la citata sentenza n. 818/04 (punto 3.5).
1.3. Ne è seguito l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della deliberazione della Giunta comunale oggetto di impugnazione, con condanna dell’Amministrazione intimata alla rifusione in favore del Consorzio ricorrente delle spese di lite, liquidate complessivamente in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre accessori come per legge.
2. Il Comune di Brindisi ha proposto appello per ottenere la riforma di questa sentenza, formulando tre motivi di gravame.
2.1. Il Consorzio S.I. di Brindisi si è costituito per resistere all’appello.
2.2. Soltanto la difesa della parte appellata (oggi Consorzio A.S.) ha depositato la memoria conclusiva in vista dell’udienza pubblica del 18 settembre 2018 ed ha partecipato alla discussione, mentre nessuno è comparso per il Comune appellante.
All’esito della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Col primo motivo (Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia), il Comune ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso, che è stata superata dal primo giudice, senza specificamente motivare sul punto, in quanto evidentemente assorbita dalle suesposte ragioni della decisione.
Essa era stata svolta, e viene qui ribadita, nel presupposto che il Consorzio abbia chiesto al Tar di ordinare al Comune un facere specifico e che il Tar abbia provveduto in tal senso, deducendo che:
– soltanto l’ente proprietario ha competenza in merito alla classificazione delle strade e vi provvede con atti a natura eminentemente discrezionale e, nel caso di specie, proprietario è il Consorzio;
– la sentenza imporrebbe all’amministrazione un facere (classificazione delle strade) inesigibile, appunto perché il Comune non è proprietario delle strade realizzate dal Consorzio.
3.1.Il motivo è privo di fondamento e l’eccezione di inammissibilità del ricorso, come sopra formulata, va respinta.
A prescindere dalla questione della proprietà delle strade (sulla quale si tornerà ), il Consorzio ha impugnato un provvedimento di diniego adottato dall’amministrazione comunale, il cui sindacato non può che essere riservato al giudice amministrativo; la sentenza ne ha sancito l’illegittimità, disponendone l’annullamento, senza eccedere dall’ambito del potere giurisdizionale e, quindi, senza nulla specificamente ordinare all’amministrazione in merito all’attività di classificazione delle strade, pur correttamente riconoscendo la relativa competenza in capo al Comune piuttosto che in capo al Consorzio, per le ragioni di cui si dirà trattando del terzo motivo.
3.2. Riscontro di siffatta conclusione si rinviene nella sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Lecce, n. 2539 del 30 luglio 2008, con la quale è stato accolto il ricorso per ottemperanza presentato dal Consorzio, motivando nel senso che “qualora venga annullato un atto di diniego la soddisfazione dell’interesse -sebbene di carattere pretensivo- si ritiene possa avvenire attraverso il successivo esercizio del potere da parte dell’amministrazione, ma con il vincolo delle statuizioni contenute nel giudicato (cfr. art. 45 del T.U. n. 1054 del 1924)” e che nel caso di specie l’amministrazione comunale si sarebbe dovuta conformare agli accertamenti sopra specificati concernenti soltanto le caratteristiche strutturali e funzionali delle strade dell’agglomerato industriale.
4. Col secondo motivo (Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia) il Comune ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per carenza di un interesse concreto ed attuale in capo al Consorzio, superata dal primo giudice, analogamente a quella di cui sopra.
Secondo l’appellante, se si ritiene -come avrebbe ritenuto la sentenza- che la proprietà delle strade sia in capo al Comune di Brindisi, il Consorzio non avrebbe alcun interesse a che venga sancito l’obbligo di quest’ultimo alla relativa classificazione; peraltro, la classificazione ha portata meramente dichiarativa e non sarebbe di nessun vantaggio per il Consorzio.
4.1. Il motivo è privo di fondamento e l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse del ricorrente in primo grado, va respinta.
Premesso che la sentenza non contiene alcuna statuizione di proprietà della rete viaria realizzata dal Consorzio in capo al Comune di Brindisi, è sufficiente constatare che il Consorzio ha interesse alla classificazione delle strade come “comunali”, ai sensi dell’art. 2 del codice della strada (oltre che ai sensi dell’art. 3, lett. a, della l. r. n. 38 del 1977), poiché alla classificazione consegue l’assunzione degli obblighi, di polizia e di manutenzione, connessi alla circolazione.
In difetto di classificazione, trattandosi di strade realizzate dal Consorzio su suolo di proprietà consortile e non essendo state ancora incluse nel demanio comunale, mediante apposita convenzione stipulata col Comune ovvero mediante accertamento giurisdizionale della proprietà o della servitù di uso pubblico (da parte dell’A.G.O.), gli obblighi di polizia e di manutenzione, oltreché l’eventuale responsabilità (anche ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.) nei confronti degli utenti delle strade, avrebbero potuto essere ritenuti di spettanza del Consorzio.
La richiesta avanzata da quest’ultimo e respinta con la deliberazione della G.C. n. 340 del 19 settembre 2007, qui impugnata, era volta ad ottenere appunto l’assunzione in capo al Comune dei detti obblighi e della connessa responsabilità, a prescindere dal riconoscimento formale di un diritto reale a favore del medesimo Comune sull’intera rete viaria o su parte di essa.
All’evidenza, sussistono l’interesse concreto ed attuale e quindi la legittimazione ad agire del Consorzio al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento amministrativo a sé sfavorevole.
5. Il terzo motivo di gravame (Eccesso di potere, travisamento dei presupposti. Violazione di legge) si articola in più censure.
5.1. Con la prima (sub 3.1 dell’atto di appello), il Comune di Brindisi sostiene che non vi sarebbe alcuna prova che -come affermato dal Tar- la zona industriale si trovi a ridosso del centro abitato e che la cittadinanza si avvalga di tutte le strade consortili.
5.2. Con la seconda (sub 3.2), il Comune sostiene che la classificazione delle strade comunali rientrerebbe nell’ambito delle competenze esclusive delle Regioni, ai sensi dell’art. 2, comma 6, del regolamento di esecuzione del codice della strada, perciò sarebbe stata inammissibile o irricevibile la richiesta del Consorzio rivolta al Comune.
5.3. Con la terza (sub 3.3.) il Comune sostiene che mancherebbero del tutto i presupposti per classificare come comunali le strade di cui si discute, in quanto:
– non è mai stato in discussione che la rete viaria della zona industriale fu realizzata dal Consorzio del Po. e dell’ASI di Brindisi per porla ad esclusivo servizio delle attività e delle imprese ivi esistenti;
– il Consorzio acquisì i suoli tramite apposite procedure espropriative ed accatastò le aree alla partita catastale intestata all’ente espropriante;
– secondo il codice civile, quindi, le strade sono di proprietà del Consorzio;
– la demanialità delle strade non si può fare discendere da un atto di volontà dell’autorità amministrativa e, men che meno, da una situazione di fatto, mentre nel caso di specie vi sarebbe tutt’al più una situazione di fatto di pubblico transito, in ipotesi, esercitato sulle strade in questione;
– l’esercizio del pubblico transito su una strada non è sufficiente a determinare la demanialità del bene, essendo necessario che ad esso segua o si accompagni l’acquisto del titolo da parte della p.a., eventualmente anche per usucapione, come da giurisprudenza amministrativa citata nell’atto di appello (Tar Campania, Napoli, sez. VII, 2 novembre 2005, n. 18232);
– sono irrilevanti, ai fini della costituzione del diritto reale, le previsioni del codice della strada, che attengono al pubblico transito, che è nozione relativa ad una mera situazione di fatto, mentre sarebbe diversa la nozione di uso pubblico in quanto relativa ad una situazione giuridica, qualificabile come “una particolare figura di diritto reale”;
– l’insegnamento della Corte di Cassazione è contrario al riconoscimento della natura pubblica di una strada per il solo fatto che su di essa si eserciti il pubblico transito, richiedendosi altri presupposti per l’inclusione di una strada nel demanio stradale e quindi per il riconoscimento della sua natura di strada pubblica, come da precedenti giurisprudenziali di legittimità riportati in ricorso (Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2000, n. 823 e Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2006, n. 8204).
6. Le censure, che vanno esaminate congiuntamente per ragioni di connessione rese evidenti dal loro inserimento nel contesto di un unico mezzo di gravame, non meritano di essere accolte.
Le norme di riferimento sono, in primo luogo, quelle contenute nella legge della Regione Puglia, 21 dicembre 1977, n. 38 (Norme per l’esecuzione di opere stradali), ed in particolare:
– l’art. 3 (Definizione delle classi), lett. a), secondo cui sono comunali tutte le strade non iscritte nelle categorie seguenti soggette a pubblico transito, che si sviluppano nel territorio comunale sia all’interno che all’esterno dei centri abitati e delle aree di sviluppo industriale;
– l’art. 4 (Procedure) di classificazione, comma 2, secondo cui la classificazione delle strade comunali, provinciali, regionali avviene con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme delibera dei rispettivi consigli, comunale, provinciale e regionale;
– l’art. 5 (Piani delle strade), secondo cui i Comuni e le Amministrazioni provinciali, ciascuno nell’ambito territoriale di competenza, provvedono ad elaborare il ” Piano delle strade ” nel rispetto delle indicazioni di cui al precedente art. 3, ivi comprese le strade ricadenti nelle aree o nuclei di sviluppo industriale.
Rilevano particolarmente inoltre le norme seguenti:
– l’art. 2, comma 2, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), che prevede la classificazione delle strade in sei categorie “riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali”; le caratteristiche costruttive e tecniche sono specificate al comma 3;
– l’art. 2 cit., comma 5, che concerne l’amministrazione di riferimento, prevedendo che “Per le esigenze di carattere amministrativo e con riferimento all’uso e alle tipologie dei collegamenti svolti, le strade, come classificate ai sensi del comma 2, si distinguono in strade statali, regionali, provinciali, comunali, secondo le indicazioni che seguono. Enti proprietari delle dette strade sono rispettivamente lo Stato, la regione, la provincia, il comune […]”;
– quanto alle caratteristiche funzionali, l’art. 2 cit., comma 6, che riguarda le strade extraurbane, classificate come comunali “quando congiungono il capoluogo del comune con le sue frazioni o le frazioni fra loro, ovvero congiungono il capoluogo con la stazione ferroviaria, tranviaria o automobilistica, con un aeroporto o porto marittimo, lacuale o fluviale, interporti o nodi di scambio intermodale o con le località che sono sede di essenziali servizi interessanti la collettività comunale. Ai fini del presente codice le strade vicinali sono assimilate alle strade comunali” e comma 7, che riguarda le strade urbane, classificate “sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”;
– infine, l’art. 2, comma 6, del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), che prevede che “La classificazione amministrativa delle strade comunali, esistenti e di nuova costruzione, è effettuata dagli organi regionali competenti. Viene rispettata la ulteriore procedura prevista dal comma 4” (e precisamente “[…] Il Presidente della Regione procede alla trasmissione del decreto di classificazione entro un mese dalla pubblicazione nel Bollettino regionale al Ministero dei lavori pubblici – Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, che provvede all’aggiornamento dell’archivio nazionale di cui all’articolo 226 del codice. L’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale può formulare osservazioni, previo parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici”).
6.1. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, risulta infondata la censura concernente l’asserita “incompetenza” in capo al Comune di Brindisi. Il decreto di classificazione delle strade comunali è di competenza regionale, ma esso presuppone l’adozione della delibera di classificazione e del “Piano delle strade”, entrambi atti di competenza del consiglio comunale; parimenti, è richiesta la deliberazione del consiglio comunale ogniqualvolta si tratti di modificare il “Piano delle strade” in essere, mediante classificazione come comunali ed inclusione in esso di nuove vie del territorio comunale.
D’altronde, la delibera oggetto della presente impugnazione, pur se a contenuto negativo, è stata adottata dal Consiglio comunale di Brindisi, nell’esatto presupposto della relativa competenza in capo all’organo deliberante dell’ente territoriale.
6.2. Parimenti infondata è la censura concernente il difetto di istruttoria in primo grado, rivolta (oltre che, in parte, avverso i punti 3.3 e 3.5 della motivazione, su cui infra) essenzialmente avverso i punti 3.1 e 3.2 della motivazione della sentenza del Tar.
Tali punti della decisione sono volti a smentire i presupposti di fatto addotti dal Comune a giustificazione della delibera di diniego impugnata e si basano su precedenti giurisprudenziali irrevocabili riguardanti il medesimo contenzioso, risalente nel tempo, -svoltosi dinanzi al giudice amministrativo ed anche dinanzi al giudice civile- tra il Consorzio ed il Comune di Brindisi in relazione sia agli obblighi di manutenzione sia alla natura demaniale delle strade che il Consorzio ha realizzato nell’ambito della zona industriale.
6.2.1. Sebbene il primo giudice si sia genericamente riferito alle “risultanze in atti”, è chiaro che queste sono tratte dalle sentenze richiamate illustrando il motivo di ricorso (” […] le sentenze numm. 818/04, 11283/04 e 2265/04 della Seconda Sezione di questo Tribunale, nonché le sentenze del Giudice di Pace di Brindisi numm. 346/06 e 450/06, nonché – ancora – le sentenze del Tribunale di Brindisi n. 138/02 e della Corte di Appello di Lecce, Sez. Penale, 1952/03.”)
Da tali sentenze, ed in particolare dalla sentenza dello stesso T.a.r. n. 818 del 2004 (confermata, con diversa motivazione dal Consiglio di Stato, V, 27 giugno 2006, n. 8058) è da intendersi desunto il dato di fatto – affermato in sentenza – che la zona industriale non è separata dall’area urbana del territorio comunale brindisino, essendo anzi la stessa ormai posta a ridosso del centro urbano “(anche per l’espansione dell’agglomerato urbano verificatosi negli ultimi anni)”.
Di questo dato di fatto è naturale conseguenza che, come pure affermato in sentenza, “dell’insieme viario in questione benefici l’utenza brindisina nel suo complesso”.
6.2.2. Sempre in punto di fatto la sentenza smentisce l’ulteriore motivazione del diniego di classificazione, che il Comune ha basato sull’asserito uso esclusivo della rete viaria da parte di “una utenza specifica: dipendenti, fornitori delle ditte ubicate nella Zona Industriale”. Si è constatato, invece, che il Tribunale amministrativo regionale è pervenuto, già in passato, con i precedenti giurisprudenziali citati (oramai irrevocabili), alla conclusione che l’intero complesso viario in parola, per le caratteristiche obiettive e per l’uso che ne fanno in modo indistinto gli utenti della strada, è divenuto certamente di uso pubblico.
6.2.3. Contrariamente a quanto assume l’appellante, l’accertamento giurisdizionale coperto dal giudicato non concerne una o due soltanto delle strade consortili (vale a dire, la via Enrico Fermi, la via Ettore Maiorana ed il sovrappasso di collegamento tra le due vie, cui erano riferite le ordinanze comunali oggetto dei ricorsi proposti al Tar), in quanto la sentenza del T.a.r. Puglia, sede di Lecce, n. 818/04, così come quella del Consiglio di Stato n. 8058/2006 hanno finito per accertare l’uso e la tipologia dei collegamenti svolti dall’intera rete viaria consortile.
6.3. Parimenti infondata è l’ultima delle censure sopra sintetizzate, riferita ai punti della motivazione con i quali si sono ritenuti erronei i presupposti di diritto posti a fondamento dell’impugnato atto di diniego.
La sentenza è immune da vizi quanto alla decisione, pur se la motivazione (in particolare, il punto 3.5) necessita delle correzioni di cui appresso.
6.3.1. La decisione di accoglimento del ricorso -dati i presupposti di fatto di cui sopra – non può che essere diretta conseguenza di quanto affermato nel precedente di questo Consiglio di Stato, V, n. 8058/2006, secondo cui “l’ente proprietario, ai fini della circolazione, è il Comune di Brindisi”.
L’affermazione – riportata nella sentenza qui impugnata – è correlata all’interpretazione che il Consiglio di Stato, nel precedente in esame, ha inteso dare all’impianto normativo risultante dal codice della strada, senza in alcun modo coinvolgere i principi e le norme (artt. 822, comma 2, 823, 824 e 825 cod. ci v.) che regolano il demanio stradale comunale e la sua condizione giuridica.
Tenendo, infatti, distinte le due situazioni giuridiche, il richiamato precedente si è riferito ad un concetto di “proprietà “per esigenze di carattere amministrativo” introdotto dal codice della strada, inteso come complesso di poteri pubblici e di obblighi, di polizia e di manutenzione, del manufatto stradale”, rilevante ai sensi dell’art. 2 del codice della strada.
Siffatta conclusione va intesa in contrapposizione a quanto affermato dal Tribunale amministrativo regionale nella sentenza n. 818/04 – ivi impugnata – circa la sussistenza, nel caso di specie, di una “situazione giuridica corrispondente all’esercizio di una servitù “.
6.3.2. Ne consegue che la sentenza qui impugnata non merita condivisione laddove – al punto 3.5 della relativa motivazione – assume come corretta l’affermazione della sentenza n. 818/04 (sulla questione peraltro riformata dal giudice d’appello) della sussistenza di una servitù di uso pubblico, basata sul mero riconoscimento da parte del Comune di Brindisi che la via in questione è usata dalla collettività .
Ha ragione, infatti, il Comune appellante quando afferma che, non solo il diritto di proprietà, ma anche il diritto reale di servitù presuppone un titolo giuridicamente idoneo alla sua costituzione (ex art. 825 cod. civ.), tale non essendo una situazione di mero fatto.
In proposito, non si può che ribadire il principio di diritto, richiamato dall’appellante, per il quale “Affinché un’area privata venga a far parte del demanio stradale e assuma, quindi, la natura di strada pubblica, non basta nè che vi si esplichi di fatto il transito del pubblico (con la sua concreta, effettiva e attuale destinazione al pubblico transito e la occupazione sine titolo dell’area da parte della pubblica amministrazione), né la mera previsione programmatica della sua destinazione a strada pubblica, nè l’intervento di atti di riconoscimento da parte dell’amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta, ma è necessario che la strada risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base a un atto o a un fatto (convenzione, espropriazione, usucapione, ecc.)idoneo a trasferire il dominio e che essa venga destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita dell’ente all’uso pubblico (inequivocabile è in tal senso l’inciso “se appartengono… ai comuni” proprio dell’art. 824, primo comma, cod. civ.)” (così Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2000, n. 823, cui è conforme la giurisprudenza di legittimità successiva, fino, tra le altre, a Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2010, n. 20405 e 2 febbraio 2017, n. 2795).
6.3.3. Per contro, però, la situazione di fatto (e non giuridica) corrispondente all’esercizio di una servitù di uso pubblico, ed in particolare la situazione di fatto accertata nel caso di specie, data dall’apertura al pubblico transito delle strade consortili e dal loro utilizzo indifferenziato da parte della collettività, nonché dal loro sviluppo in prossimità ed anzi in continuità col centro abitato, rende applicabile la disposizione di cui all’art. 2 del codice della strada, senza che rilevi che la proprietà della rete viaria continui ad essere in capo al Consorzio e che sulla medesima il Comune non possa vantare nemmeno il diritto reale di servitù di uso pubblico. Tutto ciò, in ragione del fatto che la classificazione, “a fini amministrativi”, ai sensi del citato art. 2 si basa sulle caratteristiche strutturali e funzionali in concreto rivestite dal plesso viario, con riferimento all’uso ed alla tipologia dei collegamenti svolti.
In sintesi, la situazione di fatto della rete viaria della zona industriale di Brindisi (per la quale, come accertato in via definitiva nel precedente del Consiglio di Stato, n. 8058/06 cit., “le strade in questione non possono essere classificate che come strade urbane, di scorrimento o di quartiere, interne al centro abitato”) è sufficiente all’affermazione dell’illegittimità del provvedimento di diniego impugnato, non essendo richiesto, nemmeno incidentalmente, l’accertamento della proprietà o del diritto di servitù di uso pubblico in capo al Comune di Brindisi.
6.3.4. Data la conclusione appena raggiunta, non risulta necessario acquisire la sentenza del Tribunale di Brindisi n. 325 del 22 maggio/3 giugno 2009 (non prodotta in giudizio) – che, secondo quanto dedotto dalla difesa del Consorzio, conterrebbe l’accertamento della proprietà in capo al Comune di Brindisi di tutte le strade della zona industriale brindisina, ivi compresa la via E. Fermi.
7. L’appello va quindi respinto.
7.1. L’infondatezza dei motivi di appello rende superflua -in difetto di eccezione di improcedibilità per carenza di interesse da parte appellata – la verifica d’ufficio (anche ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm.) circa la permanenza di siffatto interesse dopo la pubblicazione della determinazione del dirigente del servizio lavori pubblici della Regione Puglia del 27 settembre 2013, n. 513, relativa all’approvazione del “Terzo Piano delle strade extraurbane. Pianificazione della rete stradale esistente. Modifica ed integrazione del 1° e 2° piano delle strade esterne al centro abitato” del Comune di Brindisi, pubblicata sul BUR della Regione Puglia n. 136 del 17 ottobre 2013.
7.2. Alla luce del comportamento processuale del Comune appellante, che non ha insistito nei motivi di appello né ha svolto attività difensiva dopo la proposizione dell’atto di gravame, si ritiene che sussistano giusti motivi per compensare le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente FF
Fabio Franconiero – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

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