L’esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 novembre 2020| n. 26713.

L’esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni, prevista dall’art. 878 c.c., si applica sia anche ai muri di cinta quali le recinzioni di una determinata proprietà dall’altezza non superiore ai tre metri d’altezza dall’emersione dal suolo nonché dall’isolamento di entrambe le facce da altre costruzioni.

Ordinanza|24 novembre 2020| n. 26713

Data udienza 2 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Distanze – Costruzioni – Violazione distanze – Arretramento – Muro di cinta – Esenzione dal rispetto delle distanze ex art. 878 c.c. – Casi di applicabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4994-2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 3293/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) conveniva in giudizio (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, deducendo violazioni in tema di distanze tra costruzioni in relazione a un immobile sito in (OMISSIS), e chiedendo la condanna del convenuto all’arretramento del fabbricato sino alla distanza di 8 mt dal muro di costruzione che divideva le proprieta’ delle parti.
2. Espletata una consulenza tecnica d’ufficio il Tribunale accoglieva la domanda attorea e condannava il convenuto ad arretrare il proprio fabbricato sino alla distanza minima di 8 mt. dal margine del muro posto al confine, nonche’ al risarcimento del danno per la somma di Euro 10.000. A fondamento della propria decisione il giudice di primo grado aveva ritenuto che il muro posto al confine tra le due proprieta’ dovesse considerarsi quale costruzione e dunque la distanza di 8 mt prevista dal regolamento comunale doveva trovare applicazione.
3. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza. Nel corso del giudizio di secondo grado si verificava l’interruzione del processo per la morte dell’appellante. Il giudizio veniva riassunto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti eredi di (OMISSIS). Successivamente all’udienza del 9 gennaio 2013 la difesa degli appellanti depositava una denuncia di successione integrativa presentata a seguito del rinvenimento di un testamento olografo di (OMISSIS) dal quale emergeva che (OMISSIS) era l’unica erede e chiedeva l’estromissione dal giudizio degli altri appellanti in riassunzione.
4. La Corte d’Appello di Napoli in parziale accoglimento del gravame riformava la sentenza di primo grado e condannava la parte appellante all’arretramento del proprio fabbricato sino a raggiungere la distanza di 4 mt. dalla facciata esterna del muro a confine tra le due proprieta’.
In particolare, secondo la Corte d’Appello, la sentenza di primo grado aveva erroneamente qualificato il muro posto a confine tra le due proprieta’ quale muro di costruzione e non muro di cinta.
Ad avviso del collegio giudicante l’esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni di cui all’articolo 878 c.c. doveva applicarsi anche in presenza di un manufatto che, seppure in tutto o in parte carente di alcune delle caratteristiche di cui al richiamato articolo 878 c.c., fosse comunque idoneo a delimitare un fondo nel caso gli si potesse riconoscere la funzione e l’utilita’ di demarcare la linea di confine dello stesso. In sostanza doveva attribuirsi prioritaria importanza alla situazione di fatto e alla concreta funzione del manufatto piuttosto che all’aspetto puramente formale dell’altezza superiore ai 3 mt.
Nella specie, il muro in esame presentava le caratteristiche proprie del muro di confine, sia dal punto di vista funzionale, sia in ragione delle caratteristiche costruttive ed estetiche. Peraltro, anche da una convenzione stipulata tra i danti causa delle parti si evinceva che l’edificazione del muro, ancorche’ definito muro di costruzione, era volta a delimitare il confine.
La Corte d’Appello, una volta accertata la natura di muro di cinta e non di costruzione del manufatto posto a confine tra i due fondi, evidenziava che comunque il fabbricato costruito dagli appellanti si trovava a una distanza inferiore ai 4 mt. prescritta (2,30 mt i balconi e 3,70 mt, le mura perimetrali) e, dunque, la parte appellante doveva essere condannata all’arretramento del proprio fabbricato sino a raggiungere la prescritta distanza.
5. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.
6. (OMISSIS) ha resistito con controricorso, ha proposto a sua volta ricorso incidentale fondato su quattro motivi e, in prossimita’ dell’udienza, ha depositato memoria illustrativa con la quale ha insistito nelle proprie richieste.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale e’ cosi’ rubricato: violazione articolo 113 c.p.c. violazione del regolamento edilizio del comune di Frattamaggiore approvato con Delib. 16 gennaio 1999 e del 18 gennaio 2000.
Il ricorrente evidenzia che il nuovo regolamento edilizio comunale non prevede alcuna distanza dal confine. La normativa sopravvenuta piu’ favorevole farebbe venir meno la violazione edilizia e, dunque, non potrebbe disporsi la demolizione degli edifici che originariamente violavano la distanza dal confine, non potendosi attribuire al confinante il diritto all’osservanza di una normativa non piu’ esistente con l’unico limite del giudicato.
2. Il secondo motivo del ricorso principale e’ cosi’ rubricato:
violazione articolo 588 c.c. e articolo 112 c.p.c..
I ricorrenti lamentano che nonostante la richiesta di estromissione degli appellanti diversi da (OMISSIS), unica erede di (OMISSIS), la Corte d’Appello ha pronunziato nei confronti di tutte le parti.
3. Il terzo motivo del ricorso principale e’ cosi’ rubricato: violazione dell’articolo 588 c.c.
La censura attiene sempre alla mancata estromissione dei germani (OMISSIS) condannati anche alle spese processuali nel senso che anche qualora si ritenesse che la Corte d’Appello abbia implicitamente rigettato la richiesta di estromissione, in ogni caso il difetto di titolarita’ passiva dei germani ricorrenti imporrebbe comunque la riforma della sentenza.
4. Il primo motivo del ricorso incidentale e’ cosi’ rubricato: violazione degli articoli 873 e 878 c.c., nel punto in cui la sentenza della Corte d’Appello ha ritenuto che il muro di cui e’ causa non era vincolante per la distanza dalle ricostruzioni, pur essendo alto piu’ di 3 metri, destinato al contenimento di un terrapieno artificiale ed in parte non autonomo, in quanto utilizzato per l’appoggio delle due costruzioni.
Il ricorrente incidentale evidenzia che la sentenza di primo grado aveva accolto la domanda di arretramento del fabbricato dei ricorrenti principali a 8 metri dal confine, considerando il muro come muro di fabbrica e non come muro di cinta per la mancanza dei necessari requisiti concorrenti: altezza inferiore a 3 mt., esistenza di due facce isolate e funzione di delimitare la proprieta’ o fungere da confine.
Sarebbe erronea la decisione della Corte d’Appello secondo cui il muro doveva essere considerato come muro di cinta, per il suo aspetto sostanziale e funzionale a prescindere dalla sua altezza, come rilevato anche nella consulenza tecnica d’ufficio dove si evidenziava che la funzione del muro era anche di contenimento di un terrapieno e che dunque lo stesso deve essere considerato costruzione in senso tecnico.
5. Il secondo motivo del ricorso incidentale e’ cosi’ rubricato: violazione degli articoli 873 e 878 c.c. nel punto in cui la sentenza impugnata ha interpretato la convenzione tra i danti causa delle parti come escludente l’applicazione della normativa delle distanze tra costruzioni.
La convenzione sottoscritta tra i danti causa delle parti non poteva essere interpretata nel senso che l’intenzione era quella di procedere a una divisione del terreno per delimitare i fondi, segnando il confine attraverso la realizzazione del muro. Secondo il ricorrente l’interpretazione piu’ aderente al dettato ed alla ratio dell’articolo 878 c.c. avrebbe dovuto portare a ravvisare nell’intento delle parti la volonta’ di non sottrarre il manufatto al rispetto della normativa sulle distanze tra costruzioni.
6. Il terzo motivo del ricorso incidentale e’ cosi’ rubricato: violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, nel punto in cui la sentenza impugnata ha interpretato la convenzione tra i danti causa delle parti in virtu’ di un principio in realta’ insussistente.
In sostanza, secondo il ricorrente, la sentenza sarebbe fondata su un presupposto logico e giuridico insussistente quale il fatto che l’articolo 878 c.c. stabilisca che il muro posto sul confine, per il solo fatto di avere la funzione preponderante di delimitare il confine di una proprieta’, debba essere considerato un muro di cinta esentato dal rispetto delle distanze tra le costruzioni a prescindere dall’altezza massima di 3 metri prevista nel citato articolo.
7. Il quarto motivo del ricorso incidentale e’ cosi’ rubricato: violazione dell’articolo 112 c.p.c. nel punto in cui la sentenza impugnata non ha deliberato in merito alla domanda di risarcimento dei danni. Il ricorrente sostiene che, ove si ritenesse che la Corte d’Appello doveva confermare espressamente la declaratoria di condanna al risarcimento dei danni, non essendo venuta meno la ratio della stessa fondata sulla violazione delle distanze, essa sarebbe incorso nella violazione dell’articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia su tale domanda.
8. Il collegio ritiene di dover esaminare prima il ricorso incidentale che, nei primi tre motivi, pone sotto diversi profili una questione logicamente preliminare rispetto alle questioni poste con il ricorso principale.
Le censure, infatti, attengono alla presunta erronea attribuzione della natura di muro di cinta al manufatto posto a confine dei fondi. L’accoglimento delle suddette censure determinerebbe l’assorbimento della principale questione del ricorso principale che presuppone, invece, la natura di muro di cinta del manufatto e la sua esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni.
8.1 I primi tre motivi del ricorso incidentale sono infondati.
Come si e’ detto, la prima questione riguarda la presunta erronea attribuzione della natura di muro di cinta, esentato dal rispetto delle distanze, ai sensi dell’articolo 878 c.c., al manufatto posto a confine dei fondi, nonostante il medesimo manufatto avesse un’altezza superiore ai tre metri.
Sul punto, la sentenza della Corte d’Appello di Napoli e’ conforme al seguente consolidato indirizzo di questa Corte cui il collegio intende dare continuita’: “L’esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni, prevista dall’articolo 878 c.c., si applica sia ai muri di cinta, qualificati dalla destinazione alla recinzione di una determinata proprieta’, dall’altezza non superiore a tre metri, dall’emersione dal suolo nonche’ dall’isolamento di entrambe le facce da altre costruzioni, sia ai manufatti che, pur carenti di alcuni dei requisiti indicati, siano comunque idonei a delimitare un fondo ed abbiano ugualmente la funzione e l’utilita’ di demarcare la linea di confine e di recingere il fondo” (Sez. 2, Sent. n. 3037 del 2015, Sez. 2, Sent. n. 8671 del 2001).
8.2 Le censure che attengono alla presunta erronea interpretazione della scrittura privata intercorsa tra i danti causa delle parti per la costruzione del muro, da un lato, sono inammissibili per difetto di rilevanza, in quanto, come si legge nella sentenza impugnata, la qualifica di muro di cinta effettuata dalla Corte d’Appello si e’ fondata sulle sue caratteristiche costruttive ed estetiche come emergenti dalle fotografie agli atti (facce isolate e doppio spiovente) e sulla conseguente sua funzione oggettiva di demarcazione del confine (pag. 11 della sentenza impugnata).
La Corte d’Appello ha accolto il mezzo di gravame anche con riferimento al motivo relativo all’affermazione del giudice di primo grado secondo cui, nella convenzione stipulata tra i danti causa delle parti e con la quale si era pattuita la costruzione del muro, si era fatto riferimento inequivocabilmente ad un muro di costruzione. Sul punto la Corte d’Appello ha ritenuto che dovesse prevalere il criterio interpretativo che impone la ricerca della reale intenzione delle parti rispetto al criterio letterale.
L’accoglimento del suddetto motivo di appello ha solo aggiunto un ulteriore elemento confermativo alla decisione che comunque si e’ fondata sulle caratteristiche oggettive del muro, funzionali alla delimitazione del confine, di qui l’irrilevanza delle censure che attengono all’erronea interpretazione della convenzione negoziale. Inoltre, il ricorrente non censura tale interpretazione per violazione degli articoli 1362 e ss., sicche’ le relative censure sono inammissibili anche sotto questo profilo.
Il ricorrente incidentale asserisce, anche, che il muro e’ destinato al contenimento di un terrapieno artificiale e che non e’ autonomo in quanto utilizzato per l’appoggio delle due costruzioni. Ma questi elementi non risultano oggetto della discussione nel giudizio di merito. La Corte d’Appello, al contrario, ha rilevato che il muro in questione presenti uno spessore di 63 cm ed un’altezza di mt. 3,40 dalla proprieta’ (OMISSIS) e mt. 3,82 dalla proprieta’ (OMISSIS), cosi’ escludendo altre costruzioni in aderenza. Il dislivello tra i due fondi non implica necessariamente la funzione di contenimento di un terrapieno e tale circostanza non risulta dedotta nel giudizio di merito.
9. Deve, dunque, passarsi all’esame del ricorso principale, in quanto i primi tre motivi sono fondati e l’accoglimento del primo di essi determina l’assorbimento del quarto motivo del ricorso incidentale.
Una volta confermata la natura di muro di cinta del manufatto posto a confine e ribadito che, ai sensi dell’articolo 378 c.c. il muro di cinta (anche se alto piu’ di tre metri) non si calcola ai fini delle distanze, risulta fondata la richiesta del ricorrente principale di farsi applicazione del nuovo regolamento locale che non prevede piu’ una distanza minima dal confine.
Infatti, secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte: I regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme piu’ restrittive, dei cosiddetti “diritti quesiti” (per cui la disciplina piu’ restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell’entrata in vigore della normativa, possano considerarsi “gia’ sorte”), e, nel caso di norme piu’ favorevoli, dell’eventuale giudicato formatosi sulla legittimita’ o meno della costruzione. Ne consegue la inammissibilita’ dell’ordine di demolizione di costruzioni che, illegittime secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano piu’ alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi “medio tempore”, ossia di quelli conseguenti alla illegittimita’ della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l’avvento della nuova disciplina (Sez. 2, Sent. n. 14446 del 2010).
Occorre quindi cassare la sentenza impugnata, dovendo il giudice del rinvio verificare se la costruzione posta in essere da (OMISSIS) rispetti la disciplina sulle distanze attualmente vigente, tenuto conto del nuovo regolamento locale e dovendo, a tal fine, altresi’ verificare se risultino rispettate le distanze intercorrenti tra volumi edificati preesistenti.
Le Sezioni Unite, infatti, chiamate a comporre il contrasto registratosi nella giurisprudenza di legittimita’ sulla questione dell’applicabilita’ del principio di prevenzione nell’ipotesi in cui le disposizioni di un regolamento edilizio locale prevedano esclusivamente una distanza tra fabbricati maggiore rispetto a quella prevista dal codice, senza imporre altresi’ il rispetto di una distanza minima delle costruzioni dal confine, hanno chiarito che il principio di prevenzione si applica anche quando le disposizioni di un regolamento locale prevedano una distanza minima tra le costruzioni in misura maggiore a quella codicistica, senza prescrivere altresi’ una distanza minima dal confine o vietare espressamente la costruzione in appoggio o aderenza (S.U., Sent. del 19 maggio 2016 n. 10318).
Si impone pertanto l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e il giudice del rinvio dovra’ fare applicazione dei seguenti principi di diritto: “In tema di distanze legali nelle costruzioni, qualora sopravvenga una disciplina meno restrittiva, la costruzione, realizzata in violazione della normativa in vigore al momento della sua ultimazione, non puo’ ritenersi illegittima qualora risulti conforme alla nuova disciplina, non potendosi ordinare la demolizione o l’arretramento dell’edificio originariamente illecito che abbia le caratteristiche e i requisiti che ne consentirebbero la costruzione alla stregua della disciplina sopravvenuta”;
“Un regolamento locale che si limiti a stabilire una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dal codice civile, senza imporre un distacco minimo delle costruzioni dal confine, non incide sul principio della prevenzione, come disciplinato dal codice civile, e non preclude, quindi, al preveniente la possibilita’ di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla meta’ di quella prescritta tra le costruzioni, ne’ al prevenuto la corrispondente facolta’ di costruire in appoggio o in aderenza, in presenza dei presupposti previsti dagli articoli 874, 875 e 877 c.c.”.
10. Come si e’ detto l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale determina l’assorbimento del quarto motivo del ricorso incidentale, in quanto spettera’ al giudice del rinvio valutare oltre alla legittimita’ della costruzione come sopra indicato, anche la determinazione degli eventuali danni, anche solo medio tempore prodotti dalla medesima costruzione, posta originariamente a distanza illegale e solo successivamente divenuta conforme alla disciplina sopravvenuta.
11. I restanti due motivi del ricorso principale sono altrettanto fondati, in quanto la Corte d’Appello non si e’ pronunciata sulla richiesta di estromissione dei ricorrenti, allora appellanti, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che ha condannato anche alle spese del giudizio, nonostante il rinvenimento di un testamento olografo di (OMISSIS) dal quale emergeva che (OMISSIS) era l’unica erede.
12. In conclusione, la Corte accoglie i tre motivi del ricorso principale, rigetta i primi tre motivi del ricorso incidentale, dichiara assorbito il quarto, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che decidera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
13. Non ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso incidentale perche’ non interamente rigettato, in quanto il quarto motivo risulta assorbito.

P.Q.M.

La Corte accoglie i tre motivi del ricorso principale, rigetta i primi tre motivi del ricorso incidentale, dichiara assorbito il quarto, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che decidera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *