Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 30 agosto 2018, n. 4654.
La massima estrapolata:
Le controversie concernenti la proprietà, pubblica o privata, di una strada, o relative all’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, sono devolute alla giurisdizione ordinaria, quantunque nel relativo accertamento vengano in rilievo atti di classificazione adottati dalla pubblica amministrazione, poiché tale categoria di controversie verte sull’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi, tanto dei privati o quanto della pubblica amministrazione .
Sentenza 30 agosto 2018, n. 4654
Data udienza 28 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5699 del 2009, proposto da
Gi. Sa., rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. Po., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ro. Pa. in Roma, via (…);
contro
Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Ma., domiciliata presso gli uffici dell’avvocatura regionale in Roma, piazza (…);
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
nei confronti
Al. Ba., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA, n. 313/2009, resa tra le parti, concernente la variante urbanistica al piano regolatore generale del Comune di (omissis) relativo alla strada denominata via (…) e gli atti ad essa relativi, ed il rifiuto del medesimo Comune di provvedere alla relativa manutenzione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Friuli-Venezia Giulia;
Visti tutti gli atti e i documenti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 giugno 2018 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati De Pa. per delega di Po., e Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il sig. Gi. Sa. propone appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli – Venezia Giulia in epigrafe, con cui è stato dichiarato inammissibile il suo ricorso (trasposto dalla sede amministrativa a quella giurisdizionale) recante le seguenti domande:
– annullamento della nota del Comune di (omissis), recante il diniego dell’amministrazione a provvedere alla manutenzione della strada denominata “via (omissis)”, sita nel territorio del medesimo Comune, in riscontro ad apposita istanza del ricorrente (nota di prot. n. 10015-11245 del 2 dicembre 2005);
– annullamento della variante n. 9 al piano regolatore generale comunale, con cui la strada in questione veniva inserita all’interno della viabilità urbana in completamento B – zona B2 (delibera consiliare Consiglio Comunale di (omissis) n. 20 del 23 aprile 2004, ivi compresi gli atti presupposti; e successivo decreto del Presidente della Regione Friuli n. 342 del 4 ottobre 2005, di approvazione della variante);
– accertamento della natura giuridica di strada pubblica o, in subordine, di strada privata ad uso pubblico della via (omissis), con conseguente riconoscimento degli obblighi di manutenzione e di poteri di vigilanza del Comune di (omissis), ai sensi delle vigenti disposizioni del Codice della strada.
2. Il sig. Sa. proponeva le domande qui descritte a fronte di una situazione di conflittualità con il suo dirimpettaio sig. Al. Ba., nell’ambito della quale, secondo quanto esposto dal primo, quest’ultimo aveva arbitrariamente ristretto la sede stradale apponendovi terreno di riporto dei paletti con catarifrangenti e segnaletica privata, così da rendere difficoltoso il transito con mezzi agricoli in precedenza esercitato con continuità dal sig. Sa..
3. Il giudice di primo grado ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di quest’ultimo per le seguenti ragioni:
– attraverso la propria azione il ricorrente aveva fatto valere interessi diffusi relativi all’utilizzo della strada e alla problematiche ad essa relative (difficoltà e sicurezza della circolazione; esigenze di manutenzione), rispetto ai quali lo stesso doveva considerarsi privo di legittimazione individuale;
– al medesimo riguardo il sig. Sa. aveva azionato anche interessi a sé direttamente riferibili, compendiati nella pretesa di utilizzare la strada in condizioni sicurezza e porre termine alle controversie con il proprietario limitrofo; tuttavia – soggiungeva il Tribunale – tali interessi “afferiscono alla sfera privatistica e non a quella pubblicistica”, rispetto ai quali si era determinata “una surrettizia chiamata in giudizio dell’Ente pubblico al fine di porre fine a delle conflittualità tra privati”;
– inoltre, nessun pregiudizio era derivato al sig. Sa. dalla variante urbanistica dallo stesso impugnata, in ragione della sua natura di mera conferma delle previgenti previsioni pianificatorie;
– del pari priva di lesività era la nota di prot. n. 10015-41245 del 2 dicembre 2005 “che si atteggia ad atto di mera comunicazione illustrativa” della variante adottata;
– infine, la domanda volta ad ottenere una pronuncia dichiarativa circa la natura giuridica della via (omissis) era proposta da un soggetto non legittimato ad agire in giudizio ed esorbitava dai limiti della giurisdizione amministrativa.
4. Nel proprio appello il sig. Sa. censura tutte le dichiarazioni di inammissibilità e ripropone i motivi della propria impugnazione non esaminati in conseguenza di quest’ultima pronuncia.
5. Si è costituita in resistenza la sola Regione Friuli – Venezia Giulia.
DIRITTO
1. Con un primo ordine di censure svolto nel primo motivo d’appello il sig. Sa. impugna la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale amministrativo ha affermato che il medesimo ricorrente aveva agito in giudizio per la tutela di interessi diffusi connessi all’utilizzo della strada denominata via (omissis). In contrario l’appellante deduce di avere agito a tutela di un proprio interesse legittimo, correlato al fatto che la strada su cui si controverte costituisce l’unico accesso al fondo agricolo di sua proprietà, attraverso cui è quindi consentito l’esercizio delle facoltà ad esso inerenti, e che risulta invece leso dall’inerzia del Comune di (omissis) (§ 1.1. dell’atto d’appello).
2. Con un distinto ordine di censure facente parte del medesimo motivo d’appello il sig. Sa. contesta la dichiarazione di inammissibilità della domanda di accertamento della natura giuridica della strada e dei conseguenti obblighi di manutenzione e gestione dell’amministrazione comunale, perché adottata dal Tribunale senza invece disporre la rimessione dell’affare nell’originaria sede straordinaria, ai sensi dell’art. 10, comma 1, d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi). Al medesimo riguardo il sig. Sa. contesta che la presente controversia abbia natura privatistica, come invece ritenuto dal giudice di primo grado, ed evidenzia in contrario che le censure da egli formulate attraverso il proprio ricorso attengono alla classificazione urbanistica della via (omissis), di cui alla variante n. 9 al piano regolatore generale. Da questa premessa il medesimo appellante trae la conseguenza che le censure in questione sono state legittimamente veicolate attraverso l’azione impugnatoria proposta in sede straordinaria e poi trasposta in quella giurisdizionale (§ 1.2. dell’appello).
3. Il sig. Sa. critica inoltre la qualificazione di variante meramente confermativa rispetto alle precedenti previsioni urbanistiche data dal Tribunale amministrativo, ritenendola apodittica. L’appellante ripropone pertanto l’assunto secondo cui dall’inclusione della strada medesima nella viabilità urbana avrebbe dovuto conseguire l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, ai fini della sua effettiva urbanizzazione (§ 1.3. dell’appello).
4. Con un ulteriore ordine di censure il sig. Sa. formula critiche alla dichiarazione di inammissibilità della domanda di annullamento della sopra citata nota di prot. n. 10015-11245 del 2 dicembre 2005 del Comune di (omissis), per assenza di lesività di tale atto. In contrario l’originario ricorrente evidenzia che la nota in questione esprime la volontà dell’amministrazione di sottrarsi agli obblighi di legge, conseguenti alla nuova classificazione urbanistica della strada, di regolare l’uso della stessa e farsi carico della segnaletica, rispettivamente ai sensi degli artt. 15 e 37 del codice della strada, onde porre termine alle condotte illecite del sig. Al. Ba. (§ 1.4. dell’appello).
Quindi il sig. Sa. contesta nuovamente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso perché emessa senza la restituzione degli atti al Ministro competente ai sensi del sopra citato art. 10, comma 2, d.P.R. n. 1199 del 1971 (§ 1.5. dell’appello).
5. Con il secondo motivo d’appello il sig. Sa. ripropone le censure del proprio ricorso, non esaminate dal Tribunale amministrativo in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità in precedenza censurata.
6. Con il terzo motivo d’appello viene riproposta la domanda di accertamento della natura di strada pubblica o, in subordine, di strada privata ad uso pubblico di via (omissis).
7. Con il quarto motivo d’appello il sig. Sa. contesta la condanna alla refusione delle spese, quantificate in Euro 1.500,00, oltre agli accessori di legge, a di ciascuna parte resistente: Regione Friuli – Venezia Giulia, Comune di (omissis), e sig. Ba., inflittagli dal giudice di primo grado.
8. Così sintetizzati i motivi di cui si compone il presente appello, in relazione alle plurime ragioni di inammissibilità del ricorso individuate dal Tribunale amministrativo occorre innanzitutto inquadrare i fatti costitutivi della presente controversia e la natura degli interessi azionati dal ricorrente.
9. Quest’ultimo, in qualità di proprietario di un fondo agricolo servito dalla via (omissis) del Comune di (omissis), in tesi leso nell’utilizzo di quest’ultima da condotte abusive del proprietario confinante, ha innanzitutto fatto valere nel presente giudizio pretese inerenti alla sistemazione urbanistica della strada medesima e all’esercizio dei relativi poteri pubblicistici spettanti alla competente amministrazione comunale. A queste domande ne è stata cumulata una ulteriore, di accertamento della natura giuridica della strada.
10. Ciò precisato, il primo nucleo di domande sottende posizioni giuridiche di interesse legittimo, correlate ad un bene della vita spettante al ricorrente uti singulo, ed in particolare relativo alle facoltà di accesso e recesso alla proprietà privata esercitate attraverso la strada. Le relativa cognizione è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, secondo il criterio generale di riparto incentrato sulla dicotomia diritto soggettivo – interesse legittimo.
Infatti, da un lato il sig. Sa. ha censurato l’operato del Comune di (omissis) consistito nella mancata apposizione del vincolo preordinato all’esproprio rispetto ad una strada dallo stessa amministrazione inserita nella viabilità pubblica per effetto della variante urbanistica impugnata. Dall’altro lato lo stesso ricorrente ha censurato l’omesso esercizio dei poteri previsti dal codice della strada nei confronti dell’ente pubblico titolare della strada, e cioè di divieto e sanzione di atti di danneggiamento e di apposizione e manutenzione della segnaletica, rispettivamente ai sensi degli artt. 15 e 37 del codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285.
11. Nel primo caso la domanda proposta ha pacificamente natura di azione di annullamento ex art. 29 cod. proc. amm. contro atti adottati dall’amministrazione pubblica nell’esercizio dei suoi poteri: in particolare contro la variante urbanistica relativa alla via (omissis), nella parte in cui alla classificazione della stessa come strada pubblica non ha fatto seguito l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la sua effettiva urbanizzazione.
12. Deve quindi pervenirsi alle medesime conclusioni anche con riguardo alla più volte richiamata nota di prot. n. 10015-11245 del 2 dicembre 2005, dal momento che essa reca la manifestazione di volontà del Comune di (omissis) di non provvedere all’esercizio delle potestà pubblicistiche ad esso attribuite delle disposizioni del codice della strada poc’anzi menzionate e che il sig. Sa. assume invece spettanti alla medesima amministrazione, in conseguenza della classificazione della strada adotta con la variante urbanistica in discussione (come da quest’ultimo precisato ancora in sede di memoria di replica).
13. In questo caso la natura pubblicistica della controversia e la conseguente devoluzione della stessa alla giurisdizione amministrativa si trae dall’art. 7, comma 1, cod. proc. amm. – emanato in epoca successiva alla proposizione del ricorso straordinario, ma ricognitiva dei principi affermati in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo (cfr. in particolare le sentenze della Corte costituzionale 11 maggio 2006, n. 191, e 27 aprile 2007, n. 140) – secondo cui spettano tra l’altro a quest’ultimo le controversie “nelle quali si faccia questione di interessi legittimi (…) concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere”.
14. Per tutto quanto finora rilevato erra pertanto il Tribunale, innanzitutto, a qualificare gli interessi azionati nel presente giudizio come diffusi tra tutti gli utilizzatori della strada, rispetto ai quali il sig. Sa. si pone come soggetto privo del relativo potere di rappresentanza.
15. Del pari non è corretto affermare che per questa parte la presente controversia ha natura privata, circoscritta ai rapporti di vicinato tra il sig. Sa. e il vicino sig. Ba., e che rispetto ad essa sia stato impropriamente chiamato in giudizio il Comune di (omissis).
In termini contrari si sono espresse le Sezioni unite civili della Cassazione, in una controversia promossa dai comproprietari di un fondo accessibile tramite una strada vicinale, nei confronti dei proprietari dei fondi finitimi e del Comune, per ottenere, previa disapplicazione della deliberazione comunale di declassamento da uso pubblico ad uso privato dell’anzidetta strada, la declaratoria della sua natura vicinale, nonché il ripristino del relativo tracciato, in parte smantellato dai proprietari convenuti in giudizio, e, infine, per l’affermazione di responsabilità del Comune per non aver impedito detto smantellamento della strada a seguito del suo declassamento (Cass., SS.UU., ord. 24 dicembre 2009, n. 27366).
Si tratta di una pronuncia resa in una fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio, in cui la Suprema Corte:
– ha premesso che la situazione soggettiva dedotta in giudizio non atteneva “a diritti reali vantati dagli stessi (ricorrenti) a titolo di comproprietà o di servitù di diritto privato sulla strada in questione, ma al solo diritto d’utilizzazione della stessa che essi vantavano uti cives in ragione dell’assunta preesistenza e permanenza d’una servitù d’uso pubblico sulla strada medesima”;
– ha quindi precisato che la causa petendi dell’azione promossa in giudizio “non era tanto la trasformazione dei luoghi operata dai convenuti (…), quanto piuttosto la deliberazione del convenuto (…) che, declassificando la strada, quella trasformazione, ostativa all’uso pubblico della strada medesima, aveva legittimato, contemporaneamente facendo venir meno il relativo diritto eventualmente esercitato da un indeterminato numero di cives, tra i quali i ricorrenti”;
– ha infine concluso nel senso che “il petitum sostanziale fatto valere dagli attori, soprattutto in relazione alla causa petendi ritenuta all’origine della loro richiesta di “riclassificazione” della strada come vicinale e, quindi, d’uso pubblico – attiene specificamente all’esercizio del potere autoritativo del Comune nel rapporto con il privato e, specificamente, alla materia “urbanistica” e “tutti gli aspetti dell’uso del territorio””.
16. Considerazioni analoghe devono essere svolte nella presente controversia.
E’ infatti è vero che il sig. Sa. si duole di condotte abusive del sig. Ba., ma lo stesso ricorrente assume che queste ultime siano state in sostanza legittimate dall’operato del Comune di (omissis) nell’esercizio dei propri poteri autoritativi di governo del territorio, a causa della mancata apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione su una strada nondimeno inclusa nella viabilità pubblica, e del rifiuto di esercitare gli ulteriori poteri di gestione e manutenzione delle strade pubbliche ai sensi del codice della strada. Non vi sono dunque ragioni perché nella presente controversia ci si possa discostare dal dictum del giudice della giurisdizione sopra citato, dal quale si ricava peraltro anche la conferma della natura individuale dell’interesse azionato nel presente giudizio dal sig. Sa..
17. Quanto alla natura della variante relativa alla strada di atto meramente confermativo delle precedenti previsioni dello strumento pianificatorio generale si ravvisa in primo luogo un intrinseca contraddizione di tale statuizione con la funzione tipica cui la variante urbanistica assolve, di modifica delle destinazioni impresse da quest’ultimo al territorio comunale, che nel caso di specie non risulta nemmeno contesta dalle parti resistenti. In secondo luogo, come si evidenzia nel presente appello, la conferma della previgente classificazione della strada oggetto del presente giudizio non si trae da alcuno degli atti in esso versati, ed anzi risulta smentita dalla pacifica previgente classificazione della stessa come strada rurale. E’ pertanto errata anche questa ulteriore ragione di inammissibilità censurata attraverso il presente appello.
18. Con riguardo poi al preteso carattere non lesivo della nota con cui il Comune di (omissis) ha negato di essere tenuto a provvedere alla gestione e manutenzione della strada, vale quanto affermato in precedenza, per cui anche per questa parte la dichiarazione di inammissibilità del ricorso emessa dal Tribunale amministrativo va riformata.
19. Rimane la questione dell’ammissibilità nella presente sede giurisdizionale amministrativa della domanda di accertamento della natura giuridica della strada.
20. Al riguardo, va ricordato che la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione è costante nell’affermare che le controversie concernenti la proprietà, pubblica o privata, di una strada, o relative all’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, sono devolute alla giurisdizione ordinaria, quantunque nel relativo accertamento vengano in rilievo atti di classificazione adottati dalla pubblica amministrazione, poiché tale categoria di controversie verte sull’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi, tanto dei privati o quanto della pubblica amministrazione (cfr. in particolare: Cass., SS.UU., ord. 27 gennaio 2010, n. 1624 e, di recente, sent. 23 dicembre 2016, n. 26897). Occorre poi precisare che l’orientamento ora richiamato si è formato con riguardo a controversie nelle quali non erano in discussione provvedimenti autoritativi dell’amministrazione o comportamenti dalla stessa tenuti comunque “riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere”, ai sensi del sopra richiamato art. 7, comma 1, cod. proc. amm.
21. I principi affermati dalla Cassazione vanno pertanto applicati con riguardo alla domanda di accertamento del sig. Sa. ora in esame.
In essa l’odierno appellante non ha invocato alcun esercizio o mancato esercizio di potestà pubblicistiche del Comune di (omissis), come invece le domande di annullamento precedentemente esaminate, per cui la dichiarazione di inammissibilità di tale domanda sotto questo profilo deve pertanto essere confermata. Le contestazioni rispetto all’esercizio di poteri pubblicistici sono più precisamente circoscritte nel presente contenzioso alla sistemazione urbanistica della via (omissis); profilo distinto ed autonomo – come si vedrà esaminando il merito del ricorso – rispetto a quello della proprietà della medesima strada.
22. Confermata l’inammissibilità per questa parte del ricorso, deve pertanto essere esaminata la richiesta del sig. Sa. di restituzione alla sede straordinaria ex art. 10, comma 2, d.P.R. n. 1199 del 1971 qui (ripetutamente) riproposta dall’originario ricorrente.
23. Essa non può essere accolta.
Secondo il risalente orientamento della giurisprudenza amministrativa, la rimessione ai sensi della disposizione di legge ora menzionata, prevista per il caso in cui il ricorso “è inammissibile in sede giurisdizionale”, ha carattere eccezionale e può avere luogo allorché tale inammissibilità derivi dall’irritualità dell’atto di opposizione (ad esempio per tardività o per difetto di elementi essenziali o di notifica; ed ancora in cui difetti la giurisdizione del giudice amministrativo), con esclusione di ogni altra causa, come quelle relative al ricorso straordinario in sé o ai vizi dell’atto di trasposizione (cfr. tra le altre Cons. Stato, VI, 18 marzo 1994, n. 374). Nell’esprimere un favor per la trattazione del ricorso in sede giurisdizionale, la norma si propone di fare comunque salva l’impugnazione allorché la trasposizione in quest’ultima sia viziata per cause imputabili alla parte opponente, oppure in cui non vi sia la giurisdizione del giudice amministrativo.
Laddove la potestà giurisdizionale comunque vi sia, viene invece meno il presupposto per la restituzione degli atti al Ministro competente. La domanda originaria, proposta con il ricorso straordinario, è infatti salva, perché riproponibile ai sensi dell’art. 11, comma 2, cod. proc. amm. davanti al giudice munito di giurisdizione.
All’art. 10, comma 2, d.P.R. n. 1199 del 1971 deve quindi essere attribuita l’interpretazione evolutiva (rispetto all’epoca è in cui la disposizione è stata emanata, ben anteriore all’affermarsi nell’ordinamento giuridico dell’istituto della translatio iudicii) ora svolta, ovvero nel senso che l’ipotesi in cui il ricorso “è inammissibile in sede giurisdizionale” va limitata ai soli casi di difetto assoluto di giurisdizione.
Al medesimo riguardo deve poi sottolinearsi che l’ammissibilità di domande di accertamento in sede straordinaria è tutt’altro che pacifica, ed anzi prevale la tesi contraria (da ultimo riaffermata da Cons. Stato, II, parere n. 1517 dell’11 giugno 2018, § 38; si fa peraltro rinvio integrale al parere in questione per l’approfondita ricostruzione in essa contenuta circa il novero delle domande azionabili con il ricorso straordinario al Capo dello Stato).
Pertanto, anche sotto questo profilo la domanda dell’appellante non può essere accolta.
24. In forza delle argomentazioni svolte finora, la dichiarazione di inammissibilità emessa dal Tribunale amministrativo relativamente alla domanda del sig. Sa. di accertamento della natura giuridica della strada denominata via (omissis), sita nel Comune di (omissis), va specificata ed integrata con l’indicazione ai sensi dell’art. 11, comma 1, cod. proc. civ. del giudice ordinario quale giudice nazionale avente giurisdizione sulla stessa e davanti al quale la domanda potrà essere riproposta nei termini e nelle forme previste dal sopra richiamato comma 2 del medesimo art. 11.
25. Accertata per il resto l’ammissibilità del ricorso, si può allora procedere all’esame del secondo motivo d’appello, con il quale il sig. Sa. ripropone le censure di legittimità nei confronti della variante all’allora vigente piano regolatore generale del Comune di (omissis) n. 9, nella parte in cui all’inclusione della strada denominata via (omissis) nella viabilità urbana, in completamento della zona omogenea B, fino a tutta la zona B2, nondimeno non sia seguita l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.
26. Con un distinto ordine di censure l’odierno appellante ribadisce che la mancata apposizione del vincolo deriva da un travisamento della situazione di fatto esistente ab immemorabili, contraddistinta dal fatto che la via (omissis) è sempre stata “parificata alle adiacenti viabilità pubbliche”, ed utilizzata “da tutti coloro che debbano recarsi sia verso la campagna che verso il gruppo di case che sono state edificate in prosecuzione della strada stessa”.
27. Secondo il sig. Sa. con la mancata apposizione del vincolo espropriativo sarebbe inoltre integrata l’ipotesi della disparità di trattamento con altre “strade finitime e aventi caratteristiche identiche” a quella oggetto di controversia, tutte già espropriate ed incluse anche formalmente all’interno della viabilità pubblica.
28. L’originario ricorrente deduce poi che il mancato avvio dell’espropriazione della strada e l’inclusione della stessa nella viabilità pubblica al solo scopo di fissare le distanze minime delle costruzioni avrebbe sanato la situazione di abusiva occupazione della medesima via da parte del sig. Al. Ba., e precisamente il restringimento della sua larghezza da 7 a 5,5 metri. Ciò sarebbe stato determinato – sempre secondo l’appellante – dal fatto che l’attività preparatoria ed istruttoria delle delibere comunali impugnata è stata curata dal tecnico comunale, sig. An. Ba., il quale tuttavia “in virtù dei suoi rapporti di parentela” con l’odierno controinteressato avrebbe dovuto astenersi.
29. In ogni caso secondo il sig. Sa. la larghezza minima di 5,5 metri prevista sarebbe contrastante con il vigente regolamento edilizio del Comune di (omissis), che per le strade private prevede una larghezza di 6 metri.
30. In conseguenza delle illegittimità sopra prospettate il rifiuto del Comune di provvedere alla manutenzione della strada, espresso con la nota di prot. n. 10015-11245 del 2 dicembre 2005 impugnata, sarebbe illegittimo.
31. Il diniego sarebbe illegittimo anche per falso presupposto, perché motivato sulla natura di strada privata ad uso privato di via (omissis), malgrado la variante urbanistica nel frattempo approvata.
32. Il medesimo atto sarebbe illegittimo anche per violazione degli artt. 15 e 37 del codice della strada, che rispettivamente fanno divieto di danneggiare le opere, le piantagioni e gli impianti ad essere relative, di invadere o occuparne la piattaforma e le relative pertinenze e di creare comunque stati di pericolo per la circolazione; e obbligano il Comune di apporre la relativa segnaletica.
33. Le censure così sintetizzate sono infondate.
34. Deve premettersi in fatto che a proposito della strada in contestazione nel presente giudizio nelle delibere impugnate si rileva quanto segue: “Le mappe austriache la rilevavano come pubblica; le mappe del NCE la identifica come suolo privato su cui è tratteggiato il sedime stradale; il PRGC vigente la identifica come strada con il nome di “(omissis)”. La variante si limita a riconoscere l’esistenza della strada (pubblica o privata) in quanto segnalata come tale (cartello in uscita sulla SP) e perché serve più unità immobiliari, indipendentemente da chi ha diritto di usarla. Nella struttura del PRGC è individuata come strada rurale tipo B (distribuzione fondiaria) per riconoscerne la funzione originaria ed anche la principale funzione attuale; nelle tavole di zonizzazione (per l’area B2) è semplicemente individuata la destinazione di sede stradale. Nella variante non assume interesse ai fini della viabilità residenziale se non per il fatto di attraversare la zona B2, dare accesso a alcune unità immobiliari e imporre una distanza per eventuali costruzioni. Non è soggetta a vincolo preordinato all’esproprio in quanto, ai fini del piano, non è influente che il suolo su cui ricade sia pubblico o privato. Ciò che conta è che la destinazione del suolo sia “sede stradale”; pubblica privata di uso pubblico o privata” (§ 39 della delibera n. 26 del 12 maggio 2005). Ed ancora: “La variante conferma la situazione di fatto come riscontrabile dagli atti catastali e dal sopralluogo (…). Nella struttura, ai fini delle distanze minime da osservare, classifica la strada come rurale, per riconoscere che la sua funzione principale è di penetrazione nella campagna, senza con ciò escludere che essa dà anche accesso ad unità immobiliari urbane. La classificazione non costituisce vincolo preordinato all’esproprio, semplicemente determina la minima distanza da osservare per eventuali costruzioni che venissero realizzate sui due lati. Si propone di modificare la classificazione del tratto di strada che attraversa la zona B2 riconoscendolo nella Viabilità urbana in “Completamento B” (mt. 5,50), prolungando l’identificazione della strada medesima fino a tutta la zona B2″ (§ 46 della delibera consiliare in esame).
35. Quindi, nella nota di prot. n. 10015-11245 del 2 dicembre 2005, di riscontro all’istanza del sig. Sa. di provvedere alla manutenzione della strada, il Comune di (omissis) ha affermato che la variante n. 9 pur avendo “indicato cartograficamente l’utilizzo a strada della “via (omissis)”, fino al limite della zona residenziale”, nondimeno “non ha modificato quello che è lo stato giuridico della viabilità in oggetto, strada privata ad uso privato, anche a livello di previsione di P.R.G.C.”, e che pertanto la strada in questione “è ritenuta a tutti gli effetti una viabilità di natura privata”, con conseguenti oneri manutentivi “a totale carico dei proprietari della stessa, senza nessun onere o responsabilità a carico de Comune”.
36. Tutto ciò premesso in fatto, si deve evidenziare che il vincolo preordinato all’esproprio costituisce strumento atto ad assicurare all’amministrazione che l’opera pubblica per il quale esso è stato apposto – su aree che deve logicamente presumersi siano di proprietà privata – sia realizzata, con il conseguente svuotamento delle facoltà dominicali spettanti sulle medesime aree ai privati incisi dal vincolo in questione. Per le ragioni ora esposte nessun interesse giuridicamente rilevante questi ultimi possono vantare in relazione all’esercizio di un potere autoritativo che l’amministrazione è titolata ad esercitare nel suo esclusivo interesse e non già al servizio dell’ordinato svolgersi dei rapporti di vicinato tra proprietari di fondi finitimi con la strada.
Sono conseguentemente infondate tutte le censure nelle quali si pone la questione del vincolo espropriativo.
37. Va poi respinta anche la censura con cui il sig. Sa. adombra un conflitto di interessi nell’adozione della variante urbanistica da egli impugnata, per il fatto che la sottostante istruttoria è stata curata dal tecnico comunale, sig. An. Ba., imparentato con l’omonimo Al., evocato nel presente giudizio quale autore delle turbative all’utilizzo della strada (omissis) da parte dell’appellante.
Non vi è infatti prova che la partecipazione a tale fase prodromica alla deliberazione di adozione della variante abbia avuto un’incidenza determinante nella scelta finale di non apporre il vincolo espopriativo, malgrado l’inclusione della strada nella viabilità comunale. Questa incidenza peraltro deve escludersi, considerata la natura di atto complesso, contraddistinto da una prima fase di adozione di competenza comunale e una successiva di approvazione spettante alla Regione, come avvenuto nel caso di specie.
Ancor prima la censura è peraltro inammissibile per genericità . In essa non è infatti precisato come questa influenza si sia manifestata nei confronti dei consiglieri del Comune di (omissis) chiamati a pronunciarsi sulla proposta di variante, e quale sia il grado del rapporto di parentela del tecnico comunale con il sig. Al. Ba., preteso beneficiario del provvedimento in questione, e se dunque possa quanto meno in astratto configurarsi l’obbligo di astensione previsto dall’art. 6 del codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (decreto del Ministro per la funzione pubblica del 28 novembre 2000), circoscritto ai “parenti entro il quarto grado”.
38. Infondata è anche la censura di violazione del locale regolamento edilizio, nella parte in cui prevede per le strade private una larghezza minima di 6 metri (art. 47), superiore ai 5,5 metri previsti dalla variante contestata.
La norma regolamentare richiamata si riferisce infatti alla realizzazione delle strade private ed è pertanto rivolta ai privati promotori di tali opere, e non già all’amministrazione comunale nell’esercizio della sua potestà di gestione del territorio e pianificazione urbanistica.
Al medesimo riguardo, va sottolineato che – come si ricava dagli stralci sopra richiamati della delibera di variante oggetto del presente giudizio – l’inclusione nella viabilità comunale di una strada, per il passato classificata come rurale, è stata dichiaratamente disposta sulla base del riconoscimento della duplice funzione da essa svolta, di penetrazione nella campagna e contemporaneamente di accesso alle abitazioni civili incluse nella sottozona B2 (di completamento a bassa densità edilizia). In ragione di ciò è ravvisabile un rapporto di coerenza e consequenzialità tra le necessità di interesse pubblico -che peraltro si armonizzano con gli interessi privati dello stesso sig. Sa. – di salvaguardare la destinazione a strada e di assicurare le distanze minime di legge tra costruzioni, da un lato, e la nuova classificazione urbanistica di una via di comunicazione, comunque preesistente alla variante qui contestata, dall’altro lato. Non è per contro esigibile che nell’introdurre tale variante urbanistica Comune di (omissis) si facesse carico, ora per allora, del rispetto di una norma relativa alle dimensioni minime delle strade private, rispetto alla cui realizzazione la stessa amministrazione è da ritenersi estranea.
39. In conseguenza del rigetto di tutte le censure proposte nei confronti della variante urbanistica deve essere respinto il motivo con cui il sig. Sa. deduce che sarebbe conseguentemente illegittimo, in via derivata, anche il diniego del Comune di (omissis) di provvedere alla manutenzione della strada (omissis), malgrado la sua inclusione nella viabilità pubblica (diniego di cui alla nota di prot. n. 10015-11245 del 2 dicembre 2005, parimenti impugnata dall’odierno appellante).
40. Non fondata è anche la censura secondo cui il diniego sarebbe incentrato sul falso presupposto consistente nella natura di strada privata ad uso privato di via (omissis), e da contraddittorietà con la variante urbanistica nel frattempo approvata.
Deve infatti evidenziarsi al riguardo che l’inclusione della strada nella viabilità pubblica, in variante rispetto al piano regolatore generale, costituisce una scelta del Comune di carattere urbanistico volta a regolare l’esercizio delle potestà spettanti a quest’ultimo nella gestione del territorio e delle connesse attività private, che tuttavia in nulla incide sul regime dominicale delle aree coinvolte e sui conseguenti obblighi di manutenzione delle stesse.
Per individuare il soggetto tenuto alla manutenzione della strada occorre quindi accertare il proprietario (o i proprietari) della stessa. Tuttavia in ordine a tale decisivo profilo il sig. Sa. non deduce alcunché ed anzi, nel dolersi del fatto che a dispetto dell’inclusione della strada nella viabilità pubblica non è stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio l’odierno appellante implicitamente riconosce che la strada non è pubblica, ma avrebbe dovuto essere espropriata. Deve allora precisarsi obblighi di manutenzione in capo al Comune di (omissis) potranno configurarsi solo all’esito del procedimento di espropriazione, se e quando la medesima amministrazione riterrà di avviarlo, sulla base di considerazioni che – come accennato in precedenza – sono rimesse al suo insindacabile apprezzamento discrezionale.
41. Con riguardo infine alle censure di violazione degli artt. 15 e 37 del codice della strada – che rispettivamente prevedono gli atti vietati sulle strade e disciplinano gli obblighi di apposizione e manutenzione della segnaletica – va evidenziato innanzitutto che la prima disposizione non è stata richiamata dall’odierno appellante a sostegno della propria istanza, poi respinta dall’amministrazione comunale resistente con la nota impugnata, cosicché non è configurabile alcun diniego in ipotesi illegittimo. Peraltro, il medesimo art. 15 si rivolge agli utenti della strada e non già agli enti pubblici proprietari, casomai titolari del potere di accertamento delle violazioni e/o del gettito riveniente dalle relative sanzioni, per cui essa non è conferente nella presente vicenda contenziosa.
42. Per ciò che concerne invece l’art. 37, ed in particolare la lett. c), del comma 1 di tale disposizione – secondo cui spetta al comune l’apposizione e la manutenzione della segnaletica “sulle strade private aperte all’uso pubblico e sulle strade locali” – va richiamato quanto in primo luogo osservato con riferimento all’analoga censura di violazione dell’art. 15 del codice della strada, e cioè che anche in questo caso nell’istanza su cui il Comune di (omissis) ha opposto il diniego qui impugnato non vi è alcun richiamo al tale disposizione di legge.
Più precisamente, nella nota in data 3 novembre 2005, cui il provvedimento impugnato ha dato riscontro, il sig. Sa. si è limitato a sollecitare l’amministrazione civica ad assumere la manutenzione della strada, di cui “la strada abbisogna per l’aumentato traffico quotidiano di mezzi, anche pesanti, commerciali e non soltanto agricoli”; ed ancora si manifesta la disponibilità dello scrivente “a partecipare al Consorzio così come sollecitato dal Difensore Civico, non appena il Comune intenda adempiere al proprio dovere di promozione in tal senso…”.
Nessun riferimento all’esigenza di apporre della segnaletica stradale la quale, peraltro, nel presente giudizio viene prospettata in modo generico. Sotto il profilo ora evidenziato non giova pertanto all’odierno appellante richiamare i pareri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dallo stesso richiesti (e prodotti nel giudizio di primo grado), circa gli obblighi gravanti sui comuni in caso di strade private aperte all’uso pubblico e strade locali [art. 37, comma 1, lett. c), del codice della strada].
43. Respinte tutte le censure contenute nel ricorso straordinario e riproposte nel presente giudizio dal sig. Sa., con il terzo motivo d’appello lo stesso reitera la questione relativa alla restituzione degli atti al Ministro competente, ai sensi dell’art. 10, comma 2, d.P.R. n. 1199 del 1971, per la quale si rinvia a quanto esposto in precedenza.
44. Con il quarto ed ultimo motivo d’appello il sig. Sa. censura la condanna alle spese inflittagli dal Tribunale amministrativo come “ingiusta e punitiva” oltre che “manifestamente sproporzionata”, in relazione al concreto svolgimento del giudizio di primo grado. Secondo l’originario ricorrente il Tribunale avrebbe dovuto compensare le spese ai sensi dell’art. 92 cod. proc. amm., in considerazione del fatto che le parti resistenti si sono limitati a scarne difese o a costituirsi in giudizio con comparse di mera forma ed inoltre in ragione della “particolarità della controversia”.
45. Il motivo è manifestamente infondato.
La condanna alle spese costituisce infatti ai sensi dell’art. 91 cod. proc. amm. la regola generale che consegue ipso facto alla soccombenza in giudizio. Laddove ritenga di applicarla il giudice non è pertanto tenuto a fornire alcuna motivazione che dia conto di valutazioni discrezionali di sorta, al contrario di quanto lo stesso è tenuto a fare qualora ravvisi ragioni per derogarvi e disporre la compensazione prevista dal sopra citato art. 92.
46. L’appello deve quindi essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio possono tuttavia essere compensate, tenuto conto del fatto che il ricorso era comunque ammissibile, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo, e verte su una vicenda in effetti peculiare.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
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