Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 12175.
Le aperture di luci che si aprono tra un vano e l’altro dello stesso edificio condominiale
Le aperture di luci che si aprono tra un vano e l’altro dello stesso edificio condominiale, a differenza di quelle che si aprono su un fondo aperto altrui e alle quali fa riferimento l’articolo 900 c.c., sono prive della connotazione di precarietà e mera tolleranza che caratterizza le luci contemplate negli articoli da 901 a 904 c.c.. Ne consegue che, in ordine ad esse, è ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, nonostante il mancato consenso del vicino, l’acquisto della relativa servitù per usucapione in virtù del protratto possesso correlato all’effettiva esistenza dello stato di fatto. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto, nell’ambito di uno stesso edificio condominiale, l’avvenuta usucapione della servitù consistente nel diritto a mantenere una finestra collocata tra una cucina di proprietà esclusiva di un condomino e il vano scala di proprietà esclusiva di altro condomino).
Ordinanza|| n. 12175. Le aperture di luci che si aprono tra un vano e l’altro dello stesso edificio condominiale
Data udienza 18 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Servitù – Luci – Apertura finestra – Apertura tra un vano e l’altro di stesso edificio condominiale – Sono prive di connotazione di precarietà e mera tolleranza ex artt. 901 – 904 c.c. – È ipotizzabile l’acquisto per usucapione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. ROLFI Federico V. A. – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29267/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 2377/2017 depositata il 12/10/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/04/2023 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
Le aperture di luci che si aprono tra un vano e l’altro dello stesso edificio condominiale
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 2377/2017 della Corte d’appello di Bologna, pubblicata il 12 ottobre 2017;
Resiste con controricorso (OMISSIS).
2. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma degli articolo 375 c.p.c., comma 2, 2-quater, e articolo 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis del Decreto Legislativo n. 149 del 2022, ex articolo 35.
Il ricorrente ha depositato memoria.
3. La Corte d’appello di Bologna ha accolto il gravame spiegato da (OMISSIS) contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Bologna in data 10 dicembre 2009, che aveva respinto la domanda della (OMISSIS) finalizzata al ripristino da parte del (OMISSIS) di un’apertura presente nel vano cucina dell’appartamento dell’attrice e diretta verso la scala di accesso alla proprieta’ (OMISSIS).
La Corte d’appello e’ pervenuta alle seguenti conclusioni: 1) “il piccolo vano (largo circa cm. 90) in cui e’ collocata la scala che conduce al portoncino di accesso dell’appartamento di proprieta’ di (OMISSIS) e’ anch’esso di proprieta’ di quest’ultimo”; 2) l’apertura oggetto di lite deve essere datata “quanto meno al (OMISSIS)” (“allorche’ le due porzioni immobiliari appartenevano ad un unico proprietario”), avendo peraltro il (OMISSIS) dedotto in memoria di replica che quando egli aveva acquistato l’immobile “fu installato (sul lato (OMISSIS) della inferriata) un pesante vetro smerigliato, fisso, che occludeva fino a due terzi di altezza l’apertura. Solamente nel 2007… il Dott. (OMISSIS) fece sostituire tale vetro con altro, di identiche caratteristiche, ma a tutta altezza, per evitare le pesanti immissioni di polvere causate dai lavori in corso… L’apertura in oggetto, pertanto, non e’ altro, come afferma l’impugnata sentenza, che una “anomalia architettonica” che poteva avere ragione d’essere (passavivande-) unicamente quando le due porzioni immobiliari appartenevano (fino al (OMISSIS): un secolo fa) ad un unico proprietario”; 3) a favore dell’immobile di proprieta’ di (OMISSIS) si e’ costituito – non esclusa l’applicabilita’ dell’articolo 1146 c.c. comma 2…. – il diritto alla conservazione della apertura per intervenuta usucapione”. Conseguentemente, la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato “acquisito per usucapione il diritto di mantenere la apertura esistente tra l’immobile di proprieta’ di (OMISSIS) e quello di proprieta’ di (OMISSIS), precisamente tra l’ambiente del primo ora destinato a cucina e il vano scale di accesso al pianerottolo che immette nel secondo, entrambi posti nell’edificio sito in (OMISSIS)”. (OMISSIS) e’ stato altresi’ condannato alla rimozione dell’opera posta a interruzione della apertura.
4. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 900 – 901 – 902 – 903 – 904 – 905 c.c. e ss., degli articolo 1158 c.c. e 1032 c.c., dell’articolo 674 c.p., nonche’ della normativa Igienico Sanitaria di cui a Regio Decreto n. 1265 del 1934, Decreto Ministeriale Sanita’ n. 190 del 1975, Regolamento Urbanistico Edilizio del Comune di Bologna- Variante 2014-parte 2. Titolo 3- Art. 56″, ed ancora per “contraddittorieta’ della motivazione”, “omesso accertamento e valutazione dei fatti rilevanti”. La complessa censura sostiene, tra l’altro, che la sentenza di appello non avrebbe precisato se sia stata usucapita una “luce” o alternativamente una “veduta”, parlando essa di “apertura”.
Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1062 c.c. e dell’articolo 1032 c.c. in correlazione articolo 1079 c.c., dell’articolo 2967 c.c. e dell’articolo 115 c.p.c.; ed ancora contraddittorieta’ della motivazione e omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. Si contesta dal ricorrente l’avvenuta costituzione della servitu’ per destinazione del padre di famiglia, risalendo la separazione dell’inizia unica proprieta’ al (OMISSIS) e non sussistendo all’epoca il “diritto all’apertura”; si svolgono poi una serie di considerazioni sull’accesso alla proprieta’ (OMISSIS) tramite le scale condominiali e sull’accesso di proprieta’ esclusiva (OMISSIS); si richiamano ancora norme in tema di sanita’ ed igiene, nonche’ la “relazione dell’Ing. (OMISSIS)”.
5. I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili per plurime ragioni.
Essi si sostanziano in una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicita’ di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, mediante richiamo ad una pluralita’ di norme e di atti amministrativi, senza esaminarne il contenuto precettivo e raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata (cfr. Cass. Sez. unite, n. 23745 del 2020).
Entrambi i motivi lamentano il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, che non e’ pero’ piu’ contemplato nell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, n. 83, convertito nella L. n. 134 del 2012, il quale attribuisce rilievo solo all’omesso esame circa un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti. E’ invece censurabile ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, l’anomalia motivazionale che dia luogo alla “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, alla “motivazione apparente”, al “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” o alla “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.
5.1. Viene denunciata, in particolare, la violazione di norme dettate a salvaguardia dell’igiene e della sanita’ pubblica (in particolare, pagine 19 e 20 del ricorso), per argomentare l’illegittimita’ dell’apertura oggetto di causa e quindi probabilmente desumere che la stessa non potesse dar luogo a possesso utile all’acquisto per usucapione di un corrispondente diritto di servitu’; tali norme, tuttavia, schiudono questioni di diritto nuove, non affrontate nella sentenza impugnata, ne’ il ricorrente specifica (articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) quando e come le stesse fossero state dedotte nelle pregresse gradi di merito, implicando, infine, il loro rilievo solo in questa sede accertamenti di fatto non esperibili nel giudizio di cassazione.
Che poi dalla finestra per cui e’ causa provengano esalazioni maleodoranti o comunque sgradevoli (come si asserisce sempre nelle pagine 19 e 20 del ricorso), puo’ rilevare per la tutela penalmente apprestata dall’articolo 674 c.p., o ai fini dell’articolo 844 e dell’articolo 2043 c.c., e non in un giudizio in cui si controverte di costituzione per usucapione di una servitu’.
5.2. Inoltre, nella parte in cui affrontano questioni inerenti alla costituzione della servitu’ per destinazione del padre di famiglia o alla proprieta’ delle scale, i motivi sono inammissibili ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, per carenza di riferibilita’ alla ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte di Bologna non ha riconosciuto la fattispecie acquisitiva di cui all’articolo 1062 c.c., che si configura quando l’asservimento di un parte del fondo all’altra, prima della relativa divisione, derivi dalla volonta’ dell’originario unico proprietario dell’immobile, non essendovi in sentenza alcuna ricostruzione delle vicende della proprieta’ dello stabile e delle relative parti in considerazione, tali da far ritenere che l’apertura della finestra risalisse all’epoca dell’eventuale appartenenza ad un unico proprietario.
5.3. L’essenziale motivazione svolta dalla Corte d’appello di Bologna poggia sui seguenti punti: 1) il piccolo vano scala che conduce all’appartamento di (OMISSIS) e’ di proprieta’ esclusiva dello stesso; 2) la finestra presente nella cucina di proprieta’ (OMISSIS) che si affaccia su tale vano scala risale quanto meno al (OMISSIS); 3) a favore della proprieta’ (OMISSIS) e a carico della proprieta’ (OMISSIS) si e’ percio’ costituita per usucapione una servitu’ a mantenere siffatta “apertura”.
5.4. In tal modo, la Corte d’appello di Bologna ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’, e il ricorrente non offre elementi per mutare tale orientamento, come suppone lo scrutinio ex articolo 360-bis, n. 1, c.p.c.
5.4.1. Il primo motivo di ricorso, seppur non lineare, sembra sollecitare questa conclusione: la Corte d’appello discute di “apertura”, ma la legge non ammette l’esistenza di un tertium genus oltre alle luci ed alle vedute, e quella per cui e’ causa, valutata quale luce irregolare, non potrebbe condurre all’acquisto per usucapione della corrispondente servitu’.
5.4.2. Cio’ contraddice il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte sulla fattispecie oggetto di lite.
La Corte di Bologna, sia pure condividendo l’oscura definizione di “anomalia architettonica” adoperata dal giudice di primo grado, in base alle compiute valutazioni di merito e sulla scorta delle risultanze istruttorie e della espletata CTU, ha riscontrato gli estremi oggettivi e soggettivi di una vera e propria servitu’ prediale, resa apparente dall’opera destinata al permanente esercizio della stessa.
Deve allora ribadirsi il principio secondo cui:
le aperture di luci che si aprono tra un vano e l’altro dello stesso edificio condominiale o comunque all’interno di un complesso immobiliare integrante una proprieta’ condominiale (nella specie, finestra collocata tra una cucina di proprieta’ esclusiva di un condomino ed un vano scala di proprieta’ esclusiva di altro condomino), a differenza di quelle che si aprono su un fondo aperto altrui ed alle quali fa riferimento l’articolo 900 c.c., sono prive della connotazione di precarieta’ e mera tolleranza che caratterizza le luci contemplate negli articoli da 901 a 904 c.c., con la conseguenza che in ordine ad esse e’ ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia nonostante il mancato consenso del vicino, l’acquisto della relativa servitu’ per usucapione, in virtu’ del protratto possesso correlato all’oggettiva esistenza dello stato di fatto (Cass. n. 14442 del 2006; n. 7490 del 2001; n. 2967 del 1999; n. 12125 del 1997; n. 4117 del 1990; n. 1934 del 1970).
6. Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione si regolano secondo soccombenza in favore della controricorrente nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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