Consiglio di Stato, Sentenza|12 marzo 2021| n. 2146.
L’art. 67 del D.P.R. n. 268/1987 ha previsto per i dipendenti locali un modello procedimentale ana a quello regolamentato dall’art. 44 del r.d. n. 1611/1933, relativo all’assunzione a carico dello Stato della difesa dei pubblici dipendenti per fatti e cause di servizio. Tale modello rimette alla valutazione ex ante dell’ente locale, con specifico riferimento all’assenza di conflitto di interessi, la scelta di far assistere il dipendente da un legale di comune gradimento, per cui non è in alcun modo riconducibile al contenuto della predetta norma la pretesa di ottenere il rimborso delle spese del patrocinio legale a seguito di una scelta del tutto autonoma e personale nella nomina del proprio difensore, senza aver comunicato all’amministrazione la pendenza del procedimento in cui si è coinvolti.
Sentenza|12 marzo 2021| n. 2146
Data udienza 9 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave:
Enti locali – Pubblico impiego – Dipendenti – Procedimenti di responsabilità civile o penale connessi all’espletamento del servizio – Disciplina prevista per l’assistenza in giudizio ed il rimborso delle spese legali – Art. 67, DPR 268 del 1987 – Assenza di conflitto di interessi – Valutazione ex ante dell’ente locale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 857 del 2015, proposto da
Lu. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Ra. To., domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Di Me., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Sa. in Roma, via (…);
e con l’intervento di
ad opponendum:
T.A.R. Campania – Napoli: Sezione V, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quinta, n. 03364/2014, resa tra le parti, concernente diritto al rimborso delle spese legali sostenute
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 9 marzo 2021 il Cons. Davide Ponte;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame in esame la parte odierna appellante impugnava la sentenza del Tar Campania n. 3364 del 2014, di rigetto dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla stessa parte, in qualità di Capo ripartizione tecnica del Comune di (omissis) sottoposto a procedimento penale (anche in concorso con il Sindaco del medesimo Comune), al fine di ottenere la declaratoria del proprio diritto ad ottenere il rimborso delle spese legali pari ad euro 63.826,50, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
All’esito del giudizio di prime cure il Tar respingeva il ricorso, per preventivo mancato coinvolgimento del Comune, in quanto l’interessato avrebbe dovuto preventivamente formulare una richiesta di assistenza legale all’amministrazione di appartenenza e concordare con quest’ultima la scelta del professionista da incaricare.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:
– violazione e falsa applicazione degli artt. 16 dPR n. 191 del 1979, 67 dPR n. 268 del 1987 e 28 ccnl 14 settembre 2000, nonché dell’art. 51 Cost., errore nei presupposti di fatto e su un punto decisivo della controversia, erroneità,, contraddittorietà, illogicità e insufficienza della motivazione della sentenza impugnata.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza di smaltimento del 9 marzo 2021 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato in parte qua.
2. In linea di fatto, dall’analisi della documentazione versata in atti emerge una ricostruzione della fattispecie nella sostanza pacifica fra le parti.
2.1 Nel corso dell’anno 1994 l’odierno appellante, in qualità di Capo ripartizione tecnica del Comune di (omissis), veniva sottoposto a procedimento penale per i reati previsti dall’art. 81 cpv. e 317 del codice penale e, in concorso con il Sindaco del medesimo Comune, per i reati previsti dagli artt. 110, 81 cpv., 56 e 317 del codice penale per fatti connessi alla sua funzione.
Tale procedimento penale (iscritto al R.G.N.R. 6399/94 – G.I.P. n. 3391/95 – incardinatosi dapprima innanzi alla I^ Sezione del Tribunale di Napoli con R.G. n. 2317 /7/96 e in seguito innanzi alla IV^ Sezione del Tribunale di Napoli con R.G. n. 1016/3/98) si concludeva con sentenza n. 761/05, depositata in data 1° febbraio 2005, divenuta irrevocabile in data 12 aprile 2005, con la quale il ricorrente veniva assolto con la formula “il fatto non sussiste”.
2.2 Ai fini della presente causa, nel corso del 1999, con tre note acquisite al protocollo del Comune di (omissis) ai n. ri 12199, 24168 e 31368 (rispettivamente in data 15 aprile 1999, 26 luglio 1999 e 5 ottobre 1999), il ricorrente comunicava all’Ente che, per ogni attività relativa al citato procedimento, sarebbe stato assistito dall’avv.to Ug. Pa., e, in seguito al decesso di quest’ultimo, di aver affidato incarico di assistenza e difesa legale all’avv.to Am. Bu. De Sa. e successivamente anche all’avv.to Giovanni Battista Vignola.
In tali note l’odierno appellante chiedeva all’amministrazione comunale di far conoscere il proprio gradimento, precisando che, decorso il termine di 20 giorni dalla acquisizione al protocollo delle note medesime, sarebbe stato considerato assentito il suddetto gradimento e confermata la insussistenza di ragioni ostative per gli incarichi conferiti.
2.3 All’esito del procedimento penale, in data 21 giugno 2005, l’odierno appellante presentava al Comune appellato la richiesta di rimborso delle spese legali sostenute nel corso del predetto procedimento penale, per un importo complessivo di Euro 63.826,50; la suddetta richiesta veniva reiterata con note del 2 settembre 2005, del 27 febbraio 2009, del 15 febbraio 2010 e del 2 marzo 2011.
Con nota del 13 ottobre 2005 (prot. 1129/Amm.) il dirigente del Settore amministrativo del Comune di (omissis) rispondeva quanto segue: “la prestazione richiesta dall’ex dipendente Lu. Ca. ai difensori di fiducia, come risulta dalla istanza prodotta dallo stesso e dalla sentenza allegata, è stata effettivamente resa”; “la stessa rientra nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell’Ente in quanto, ai sensi dell’art. 16 del D.P.R. n. 191 del 1.6.1979, norma ripresa e confermata dall’art. 22 del D.P.R. 347/83, dall’art. 67 D.P.R. 268/87 e dall’art. 50 del D.P.R. 333/90, dettata specificamente nel contesto della disciplina del rapporto di lavoro del personale dipendente degli enti locali, l’Ente è tenuto ad assicurare, nella tutela dei propri diritti ed interessi, l’assistenza in sede processuale ai propri dipendenti che si trovino implicati, in conseguenza dei fatti ed atti connessi all’espletamento del servizio ed all’adempimento dei compiti di ufficio, in procedimenti di responsabilità civile e penale, in ogni stato e grado di giudizio, purché non ci sia conflitto di interessi”; nel caso in esame “non c’è conflitto di interessi con l’Ente e come risulta dal parere reso dal legale convenzionato dell’Ente, c’è assenza di dolo”.
Peraltro, nessuna somma veniva corrisposta al ricorrente a titolo di rimborso delle spese legali sostenute ed invocate.
3. Il Giudice di prime cure, correttamente ricostruita in fatto la controversia e pur dando compiutamente atto degli elementi rilevanti della fattispecie, non ha reputato essersi integrato l’onere normativamente imposto al fine di ottenere l’invocato rimborso.
In proposito, punto centrale della controversia è l’interpretazione, e conseguente applicazione al caso di specie, del seguente disposto normativo. L’art. 67 dPR 268 del 1987, vigente ratione temporis, statuisce quanto segue: “67. Patrocinio legale. 1. L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. 2. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio.”
4. Anche nell’ipotesi di applicazione della più rigorosa – e condivisa dal Collegio – opzione ermeneutica che impone il tempestivo previo coinvolgimento dell’ente locale, nel caso di specie il reiterato invio da parte dell’interessato degli atti di nomina del difensore, accompagnati dalla richiesta di condivisione, appare pienamente rispondente sia al testo che alle finalità delle norme rilevanti in materia.
4.1 Ai sensi della normativa vigente ratione temporis (art. 67 d.P.R. n. 268 del 1987), riguardante il personale degli enti locali, ma ritenuta estensibile anche agli amministratori in considerazione del loro status di pubblici funzionari, affinché il dipendente possa essere ammesso al rimborso delle spese legali, occorrono due requisiti: 1) che il procedimento ai danni dell’interessato sia stato promosso in conseguenza di fatti e atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali; 2) che sia stata esclusa una responsabilità del dipendente nel merito dei fatti contestati, e quindi un conflitto di interessi con l’Ente.
4.2 In termini applicativi è stato evidenziato come, in tema di spese legali sostenute dal dipendente di un ente pubblico territoriale per la propria difesa in un processo penale, il diritto al rimborso delle stesse da parte dell’amministrazione datrice presupponga che non vi sia un conflitto d’interesse. È necessario, dunque, che la condotta addebitata al dipendente non sia frutto di iniziative autonome, contrarie ai doveri funzionali o in contrasto con la volontà dell’ente, secondo una valutazione ex ante che prescinde dall’esito del giudizio penale (cfr. ad es. Cassazione civile, sez. I, 31 gennaio 2019, n. 3026).
Anche in termini di contrattazione collettiva invocata, va ribadito che, ai sensi dell’art. 28 del c.c.n. l. enti locali del 14 settembre 2000, l’ente assume in carico ogni onere di difesa dei dipendenti, facendoli assistere da un legale di comune gradimento, nei procedimenti di responsabilità civile o penale connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti di ufficio, anche a tutela dei propri interessi; sicché presupposto di operatività di detta garanzia è l’insussistenza, da valutarsi ex ante, di un genetico ed originario conflitto di interessi, che permane anche in caso di successiva assoluzione del dipendente (cfr. ad es. Cassazione civile, sez. lav., 11 luglio 2018, n. 18256).
4.3 L’art. 67 del d.P.R. n. 268/1987 ha previsto per i dipendenti locali un modello procedimentale ana a quello regolamentato dall’art. 44 del r.d. n. 1611/1933, relativo all’assunzione a carico dello Stato della difesa dei pubblici dipendenti per fatti e cause di servizio. Tale modello rimette alla valutazione ex ante dell’ente locale, con specifico riferimento all’assenza di conflitto di interessi, la scelta di far assistere il dipendente da un legale di comune gradimento, per cui non è in alcun modo riconducibile al contenuto della predetta norma la pretesa di ottenere il rimborso delle spese del patrocinio legale a seguito di una scelta del tutto autonoma e personale nella nomina del proprio difensore, senza aver comunicato all’amministrazione la pendenza del procedimento in cui si è coinvolti.
L’onere della scelta di un legale di comune gradimento appare del tutto coerente con le finalità della norma perché, se il dipendente vuole che l’amministrazione lo tenga indenne dalle spese legali sostenute per ragioni di servizio, appare logico che il legale chiamato a tutelare tali interessi, che non sono esclusivi di quelli del dipendente, ma coinvolgono anche quelli dell’ente di appartenenza, debba essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti. Così, è senz’altro configurabile un potere di intervento a posteriori, per l’accollo di spese già sostenute direttamente dal dipendente, ma pur sempre nel presupposto dell’iniziale coinvolgimento dell’ente di appartenenza, che deve essere messo nelle condizioni di svolgere un apprezzamento discrezionale circa la sussistenza o meno di un conflitto d’interessi o la qualificazione dei fatti o degli atti per cui si procede in sede giudiziaria, se direttamente o meno connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio.
4.4 Nella fattispecie, il dipendente ha adempiuto a quanto necessario, avendo sia comunicato l’instaurazione del procedimento penale a suo carico, sia rivolto al comune la richiesta di gradimento del legale nominato.
In proposito, è pacifico il coinvolgimento a far data dalle note del 1999.
4.5 Quindi, se per un verso nel caso in esame il dipendente, a far data quantomeno dalla nota 15 aprile 1999, ha fatto tutto ciò che era in suo potere per coinvolgere l’ente, nei termini imposti dalla normativa rettamente intesa, per un altro verso l’ente, sempre a partire da tale data, è stato posto in condizione di fare la propria relativa valutazione.
Pur laddove non si ritenesse di applicare il meccanismo generale del silenzio assenso di cui all’art. 20 l. 241 del 1990, è evidente come, a fronte della ratio della norma in esame sopra richiamata, l’ente sia stato debitamente coinvolto nel procedimento.
4.6 Nel caso di specie, inoltre, risultano essersi verificate le ulteriori condizioni, sia in ordine all’assenza del conflitto di interesse, riconosciuta dalla stessa risposta comunale del 2005 sopra richiamata, sia a fronte della sopravvenuta assoluzione.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello è fondato in parte, cioè in ordine alla spese sostenute a far data dal decorso del termine di 20 giorni dettato dalla nota del 15 aprile 1999. Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va parzialmente accolto il ricorso di primo grado, nei limiti predetti.
Sussistono giusti motivi, anche a fronte della parziale soccombenza reciproca, per compensare nella metà le spese del doppio grado di giudizio. Per la restante metà, liquidate come da dispositivo, le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso di primo grado.
Condanna il Comune appellato al pagamento della metà delle spese del doppio grado di giudizio in favore di parte appellante, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge. Spese del doppio grado compensate per la restante metà .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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