Consiglio di Stato, Sentenza|12 marzo 2021| n. 2121.
L’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo a carattere generale e inscindibile, che sia sostanzialmente e strutturalmente unitario, opera erga omnes.
Sentenza|12 marzo 2021| n. 2121
Data udienza 4 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Energia – Fonti rinnovabili di energia – Regione – Fissazione criteri per individuazione aree non idonee all’installazione degli impianti eolici – Individuazione Comuni saturi – Impugnazione – Atti annullati in altri processi – Cessazione della materia del contendere
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4227 del 2019, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Co. Cu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, piazza (…);
contro
la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
nei confronti
del Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del TAR Campania, sede di Napoli, sezione VII, 13 dicembre 2018 n. 7152, che ha accolto in parte il ricorso n. 467/2017 R.G. proposto per l’annullamento:
a) della deliberazione 4 ottobre 2016, n. 533, pubblicata sul Bollettino ufficiale regionale – BUR 21 novembre 2016, n. 77, con cui la Giunta regionale della Campania ha fissato i criteri per l’individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti eolici con potenza superiore a 20 kW;
b) del decreto 5 dicembre 2016, n. 442, notificato al Comune il giorno 6 dicembre 2016 e pubblicato sul BUR 7 dicembre 2016, n. 83, con cui il Dirigente della Regione Campania, Direzione generale Sviluppo economico e attività produttive – UOD Energia e carburanti, in applicazione della D.G.R. 533/2016 di cui sopra, ha individuato i Comuni “saturi”, ovvero i Comuni in cui non si possono realizzare più nuovi impianti eolici;
c) di ogni altro atto prodromico, preordinato, presupposto, connesso e consequenziale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2021 il Cons. Francesco Gambato Spisani e dato atto che nessuno per le parti è presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di (omissis), appellante, impugna gli atti indicati in epigrafe, con i quali la Regione Campania ha inteso rispettivamente fissare in via generale i criteri per l’individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti eolici con potenza superiore a 20 kW e, in applicazione di alcuni di questi criteri, individuare i Comuni cd saturi, ovvero i Comuni nei quali non si possono realizzare nuovi impianti eolici in aggiunta a quelli già esistenti.
2. Va riassunta la normativa rilevante.
2.1 Il d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, costituisce “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità “, ed è inteso, come noto, ad incentivare al massimo il ricorso a queste fonti, più rispettose dell’ambiente ed atte a fronteggiare la sua progressiva compromissione dovuta all’inquinamento che le altre fonti energetiche producono.
2.2 In particolare, l’art. 12 del d lgs. 387/2003 citato contiene la “razionalizzazione e semplificazione” delle procedure autorizzative in materia, e prevede anzitutto al comma 1 che “Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.
L’art. 12 prevede poi al citato comma 3 che “La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi gli interventi, anche consistenti in demolizione di manufatti o in interventi di ripristino ambientale, occorrenti per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti, sono soggetti ad una autorizzazione unica” di regola “rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione”.
2.3 Per contemperare l’esigenza di una normativa uniforme a livello nazionale con l’autonomia di cui le Regioni sono titolari nel governo del rispettivo territorio, l’art. 12 al comma 10 prevede infine che “In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali”.
Si prevede, quindi, una normativa nazionale di riferimento come cornice, entro la quale le Regioni possono prevedere una propria normativa di dettaglio, per tenere conto delle specificità locali.
2.4 Le linee guida nazionali sono state emanate con il decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, che sul punto specifico dei poteri regionali prevedono anzitutto al § 1.2 che “Le sole Regioni e le Province autonome possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17”.
2.5 Il § 17 delle linee guida in questione prevede in particolare al comma 17.1 una disciplina di dettaglio per individuare le aree inidonee e, quindi, che “Al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all’Allegato 3. L’individuazione della non idoneità dell’area è operata dalle Regioni attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione. Gli esiti dell’istruttoria, da richiamare nell’atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle disposizioni esaminate”.
Va chiarito che l’atto di cui al punto 17.2 appena citato è l’atto di programmazione con cui le Regioni devono raggiungere la quota minima di produzione di energie rinnovabili loro assegnata.
2.6 A sua volta, l’allegato 3 alle linee guida nazionali contiene i criteri generali per individuare le aree non idonee; alcuni di essi vanno riportati, perché direttamente rilevanti ai fini di causa.
In primo luogo, rileva la dichiarazione di principio di cui al primo periodo: “L’individuazione delle aree e dei siti non idonei mira non già a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti”.
Inoltre rilevano alcuni degli specifici criteri previsti.
Ai sensi del criterio d), “l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non può riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela. La tutela di tali interessi è infatti salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate, nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle Regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all’uopo preposte, che sono tenute a garantirla all’interno del procedimento unico e della procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale nei casi previsti. L’individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio, anche in termini di opportunità localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio”.
Ai sensi del criterio e), “nell’individuazione delle aree e dei siti non idonei le Regioni potranno tenere conto sia di elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione, sia delle interazioni con altri progetti, piani e programmi posti in essere o in progetto nell’ambito della medesima area”.
Infine, ai sensi del criterio f), la Regione può indicare come aree non idonee quelle sottoposte a regimi speciali di tutela, indicati in dettaglio: si tratta principalmente dei siti UNESCO, delle aree riconosciute di notevole interesse culturale ovvero pubblico ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, di zone comunque pregevoli sotto il profilo paesaggistico o culturale, delle aree protette come riserve naturali, ovvero come zone umide o come siti della Rete Natura o come “Important Bird Areas”, delle relative fasce di rispetto e delle zone interessate da colture di qualità, ovvero produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali ovvero di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale.
2.7 La Regione Campania ha esercitato i poteri attribuitile dalla normativa nazionale citata in primo luogo con l’art. 15 della l.r. 5 aprile 2016, n. 6.
In questa sede rileva anzitutto il comma 1 dell’articolo citato, per cui la giunta – con propria delibera da adottare entro un termine – fissa i criteri per individuare le aree non idonee, tenendo conto in particolare di: “a) aree che presentano vulnerabilità ambientali, individuate in quelle per le quali è stato apposto il vincolo… b) aree caratterizzate da pericolosità ovvero rischio idrogeologico, perimetrate nei Piani di assetto idrogeologico adottati; c) aree individuate come beni paesaggistici… d) aree di particolare pregio ambientale individuate come Siti di Importanza Comunitaria (SIC), Zone di Protezione Speciale (ZPS), Important Bird Areas (IBA), siti Ramsar e Zone Speciali di Conservazione (ZSC), parchi regionali, riserve naturali di cui alla legge regionale 1° settembre 1993, n. 33 (Istituzione di parchi e riserve naturali in Campania), oasi di protezione e rifugio della fauna individuate ai sensi della normativa regionale vigente, geositi; e) aree di pregio agricolo e beneficiarie di contributi per la valorizzazione della produzione di eccellenza campana o di pregio paesaggistico in quanto testimonianza della tradizione agricola della Regione; f) aree sottoposte a vincolo paesaggistico, a vincolo archeologico, zone di rispetto delle zone umide o di nidificazione e transito d’avifauna migratoria o protetta”.
La deliberazione n. 533/2016 qui impugnata è appunto la prima deliberazione con cui la giunta ha esercitato tale potere con riguardo agli impianti eolici.
2.8 Rilevano poi i due commi successivi, entrati in vigore nel corso del giudizio con l.r. 31 marzo 2017, n. 10, allo scopo di ‘legificarè le determinazioni contenute nella deliberazione 533/2016.
Per il comma 1 bis, “I procedimenti amministrativi per il rilascio della autorizzazione unica di cui all’articolo 12, decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387… non conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge e i procedimenti amministrativi avviati dopo tale data, si perfezionano nel rispetto delle previsioni dettate nella delibera di Giunta regionale di cui al comma 1”.
Per il comma 1 ter, infine, “L’autorizzazione unica di cui all’articolo 12, del decreto legislativo n. 387/2003 si intende rilasciata fino alla data indicata come termine della vita utile dell’impianto e comunque entro e non oltre 25 anni dal suo rilascio”.
3. Il Comune appellante ha impugnato la delibera n. 533/2016 ed il conseguente decreto ‘di individuazione dei Comuni saturà n. 442/2016, che appunto lo comprende, ritenendoli lesivi del proprio interesse e deducendo molteplici profili di asserita illegittimità della delibera, nonché di illegittimità derivata del decreto.
4. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha accolto in parte il ricorso ed ed ha annullato la sola delibera 533/2016 sotto tre profili; ha respinto invece tutti gli altri motivi di impugnazione della stessa delibera, nonché la domanda di annullamento del decreto 442/2016.
4.1 Il TAR ha annullato la delibera anzitutto nella parte in cui, facendo riferimento alle statistiche del Ge. del Si. El. Na. (GS.), definisce “carico insediativo medio regionale” il rapporto tra la potenza complessivamente istallata e la superficie complessiva del territorio regionale, definisce inoltre come “carico insediativo medio comunale” il rapporto tra la potenza complessivamente istallata e la superficie complessiva del territorio comunale e conclude che non sono idonee all’istallazione di nuovi impianti eolici le aree situate in Comuni il cui “carico insediativo medio comunale” supera di 5 volte il “carico insediativo medio regionale”.
4.2 Il TAR ha poi annullato la delibera nella parte in cui prevede fasce di rispetto e distanze diverse ed ulteriori, rispetto a quelle fissata dalla normativa statale.
4.3 Il TAR infine ha annullato la disposizione per cui “Gli impianti già in esercizio ovvero autorizzati e in costruzione prima dell’entrata in vigore delle presenti disposizioni, al termine della vita utile degli stessi, qualora ricadano in aree individuate non idonee, devono essere invece smantellati. In tal caso, sono consentite solo attività di manutenzione ordinaria”, nella parte in cui non consente il cd. repowering, ovvero la sostituzione del vecchio impianto con uno più efficiente, e la manutenzione straordinaria degli impianti in questione.
5. Il Comune ha impugnato questa sentenza con l’appello che contiene sette censure, corrispondenti in ordine logico ai sette motivi che seguono:
– con il primo di essi, corrispondente alle censure 2 e 3 alle pp. 11 e 20 dell’atto, deduce la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost, che fonda la competenza statale in materia, e delle norme nazionali di cui all’art. 12, comma 10, del d.lgs. 387/2003 e al D.M. 10 settembre 2010, e sostiene che la Regione le avrebbe violate sotto due distinti profili.
Sotto il primo profilo, il Comune afferma (p. 12 dell’atto) di avere censurato la delibera 533/2016 in quanto la Regione avrebbe scelto con essa “di precludere sostanzialmente in toto la realizzazione di parchi eolici nell’intero territorio regionale, quale inevitabile conseguenza (i) dell’applicazione di non consentiti indici di saturazione, (ii) dell’indicazione di parametri arbitrari, (iii) dell’individuazione di generiche e non perimetrate aree di tutela”.
Il Giudice di primo grado ha respinto la relativa censura, affermando che in generale la Regione ha il potere di individuare aree e siti non idonei.
Secondo il Comune, la pronuncia sul punto sarebbe errata, perché non avrebbe colto il senso della censura, volta a contestare non il potere in quanto tale, ma il suo cattivo esercizio.
Sotto il secondo profilo, il Comune afferma di avere impugnato la delibera 533/2016, contestando il fatto che essa individua in via generale tutta una serie di aree come inidonee; a suo avviso, infatti, la normativa nazionale richiederebbe di procedere in base ad un’analisi fatta caso per caso.
Il Giudice di primo grado ha respinto la censura, osservando in primo luogo che l’individuazione delle aree non idonee ben può essere fatta con atti generali; in secondo luogo, che in base alle norme nazionali la classificazione come area non idonea non significa preclusione assoluta a localizzare l’impianto.
Il Comune ritiene che questi argomenti non siano pertinenti, e che l’illegittimità rimanga.
– con il secondo motivo, corrispondente alla censura 4 a p. 22 dell’atto e a quanto dedotto alle pp. 35-36 di esso, deduce la violazione dell’art. 15, comma 1, della l.r. 6/2016 e in subordine la sua illegittimità costituzionale, invitando (alla p. 36 citata) a sollevare la relativa questione, per violazione delle norme sulla competenza statale.
Il Comune critica infatti la sentenza impugnata nella parte in cui ritiene legittimo che la Regione abbia introdotto il criterio della saturazione come tale per individuare le aree non idonee e sostiene che esso come criterio generale non risulterebbe dalla normativa statale né da quella regionale: a suo avviso, di saturazione si potrebbe parlare solo esaminando caso per caso le eventuali nuove istanze di autorizzazione relative ad una data area.
Per il caso in cui il criterio si debba invece ritenere previsto dall’art. 15, comma 1, della l.r. 6/2016, il Comune ne sostiene l’incostituzionalità, per violazione di un criterio che si desumerebbe dalla normativa statale, ed invita a sollevare la relativa questione, non presa in considerazione dal Giudice di primo grado;
– con il terzo motivo, corrispondente alla censura 5.1 a p. 23 dell’atto, deduce propriamente l’ulteriore violazione dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. 387/2003 e del D.M. 10 settembre 2010. Il Comune premette in fatto che la delibera 533/2016 considera per intero aree non idonee, alla tabella 5, le “Aree agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico culturale adibite a colture di pregio (indicate a livello particellare sui suoli agricoli -zona E- come attestati nel certificato di destinazione urbanistica e successivo accertamento sul portale SIAN di AGEA di presenza sulle particelle di colture viticole a marchio DOC/DOCG)”.
Il Comune ha censurato la norma, ritenendo che essa sia di per sé irragionevole, perché la valutazione di inidoneità in base alle norme statali dovrebbe esser data caso per caso.
Ciò posto, la sentenza impugnata ha respinto il relativo motivo di ricorso, osservando come si è detto che in base alle norme statali stesse, la valutazione di area inidonea non sarebbe in assoluto preclusiva per l’installazione degli impianti: il Comune critica questa valutazione come contraddittoria;
– con il quarto motivo, corrispondente alla censura 5.2 a p. 27 dell’atto, lamenta un’omissione di pronuncia da parte della sentenza impugnata quanto alla censura relativa alla fideiussione, che la delibera n. 533/2016 prevede debba essere prestata a garanzia dei costi di ‘dismissione a fine vita degli impiantà . Secondo il Comune, la norma sarebbe contraddittoria, perché non preciserebbe il momento in cui la fideiussione andrebbe presentata, se prima dell’inizio dei lavori o unitamente al progetto di dismissione;
– con il quinto motivo, corrispondente alla censura 6 a p. 28 dell’atto, l’appellante deduce ancora la violazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e del D.M. 10 settembre 2010 con riferimento a due disposizioni transitorie contenute nella deliberazione 533/2016, ovvero quella che prevede una durata massima di 25 anni dell’autorizzazione e quella che consente il repowering dei nuovi impianti a patto che si riduca del 30% il numero degli aerogeneratori esistenti. Il Comune sostiene che si tratterebbe di norme irrazionali e critica la sentenza impugnata per avere ritenuto il contrario. Preso atto poi che la norma sulla durata massima venticinquennale dell’autorizzazione è stata legificata, essendo riprodotta dal citato art. 15, comma 1 ter, della l.r. 6/2016, il Comune chiede di sollevare la questione di costituzionalità della norma, ritenuta manifestamente infondata dal Giudice di primo grado, per violazione del principio della ‘durata a tempo indeterminatò delle autorizzazioni in questione, che si desumerebbe dalla normativa statale;
– con il sesto motivo, corrispondente alla censura 7 a p. 33 dell’atto, il Comune deduce la violazione dell’art. 12, comma 4, del d.lgs. 387/2003 e del principio tempus regit actum con riferimento alla norma transitoria della delibera 533/2016, per cui i procedimenti in corso proseguono in base alle nuove norme di cui alla delibera 533/2016. Preso atto che la disposizione, anche in questo caso, è stata legificata perché riprodotta nell’art. 15, comma 1 bis, della l.r. 6/2016, il Comune invita a sollevare la relativa questione di costituzionalità, sempre per la dedotta violazione di un principio che si desumerebbe dalla normativa statale;
– con il settimo motivo, corrispondente alla censura 1 a p. 9 dell’atto, ma ultimo in ordine logico, il Comune deduce infine l’illegittimità derivata del decreto 442/2016 di individuazione dei “Comuni saturi”, la cui domanda di annullamento è stata respinta dal Giudice di primo grado. L’Amministrazione osserva infatti che il decreto stesso è stato comunque emanato in attuazione della delibera n. 533/2016, anche con riguardo a parti di essa comunque annullate dalla sentenza impugnata, che come si è detto ha censurato il criterio di individuazione dei Comuni stessi, e da ciò dovrebbe seguirne comunque l’illegittimità .
Inoltre, l’illegittimità derivata sussiste anche per tutti i profili di illegittimità ulteriori della delibera 533/2016 stessa che dovessero essere ritenuti in questa sede di appello.
6. La Regione ha resistito, con atto 5 agosto 2019 e memoria 3 febbraio 2021, ed ha chiesto che sia dichiarata la cessata materia del contendere, ovvero la sopravvenuta carenza di interesse, evidenziando che la delibera 533/2016 e il decreto 422/2016 sono stati annullati con le sentenze passate in giudicato pronunciate in altri giudizi, ovvero con le sentenze del TAR per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VII, 13 dicembre 2018, n. 7144, 7145, 7147, e 29 gennaio 2019, n. 445.
7. All’udienza del giorno 4 febbraio 2021, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
8. L’eccezione preliminare formulata dalla Regione, nei termini appena esposti, è fondata e va accolta.
8.1 Per principio pacifico, l’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo a carattere generale e inscindibile, che sia sostanzialmente e strutturalmente unitario, opera erga omnes, e quindi anche riguardo a soggetti estranei al processo in cui è stato disposto, perché come è evidente un atto di tal tipo non può esistere per alcuni soggetti dell’ordinamento soltanto, e non per altri (così per tutte C.d.S., sez. VI, 17 luglio 2019, n. 5028, e sez. IV, 4 maggio 2004, n. 2754).
8.2 Nel caso di specie, la natura di atto generale, unitario ed inscindibile, va riconosciuta anzitutto alla delibera 533/2016, che nel quadro normativo della materia sopra illustrato si inserisce come regolamento regionale attuativo, destinato a disciplinare gli spazi assegnatile dalla legge statale, ovvero dal d.lgs. 387/2003, e dal regolamento pure statale di essa attuativo, ovvero il decreto MISE 10 settembre 2010 con le linee guida.
La stessa natura di atto generale e inscindibile va riconosciuta poi anche al decreto 422/2016 di individuazione dei Comuni “saturi”, che rispetto al regolamento regionale è un atto consequenziale e da esso inscindibile, dato che all’evidenza non si potrebbe individuare alcun Comune “saturo” senza fare riferimento diretto ai criteri della delibera 533/2016.
8.3 Ciò posto, non è in alcun modo controverso che questi atti siano stati annullati in separati giudizi con le sentenze del TAR per la Campania, Sede di Napoli, sezione VII, passate in giudicato, che la difesa della Regione ha correttamente citato. Si deve quindi decidere così come in dispositivo.
9. La natura della causa, di contenzioso fra amministrazioni, e le ragioni della decisione sono giusto motivo per compensare le spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 4227/2019), dichiara cessata la materia del contendere.
Spese di questo grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 4 febbraio 2021 e 9 febbraio 2021, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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