La mancata comunicazione del cambiamento di abituale domicilio

Consiglio di Stato, Sentenza|12 marzo 2021| n. 2114.

La mancata comunicazione del cambiamento di abituale domicilio non può sic et simpliciter determinare il diniego del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche se pacifico che lo straniero regolarmente presente sul territorio nazionale in virtù di un valido permesso di soggiorno sia “onerato ad effettuare le iscrizioni e le variazioni anagrafiche alla stessa stregua dei cittadini italiani”; con la conseguenza che la scarsa diligenza non può tradursi in legittimo motivo per il diniego o la revoca del permesso di soggiorno.

Sentenza|12 marzo 2021| n. 2114

Data udienza 21 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Stranieri – Permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo – Rinnovo – Diniego – Irreperibilità – Violazione artt. 10-bis, Legge n. 241/1990 e 5, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998 – Residenza dichiarata possibile frutto di atti fraudolenti – Procedimento penale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3761 del 2019, proposto da Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato Lu. Mi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, piazza (…);
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. -OMISSIS-, resa tra le parti concernente l’annullamento del diniego di permesso di soggiorno del Questore di Napoli del 28 maggio 2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2021, svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, D.L. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e presenti, ai sensi di legge, mediante deposito di note di udienza, gli Avvocati delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Il ricorrente in data 22.01.2018 presentava istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.
Egli dichiarava di avere residenza nel Comune di Napoli, presso l’indirizzo di -OMISSIS-(luogo corrispondente alla ex sede amministrativa e operativa della coperativa sociale -OMISSIS-e di essere titolare di impresa individuale, esercente attività “di commercio al dettaglio ambulante di chincaglieria e bigiotteria, con sede legale in Napoli, alla via -OMISSIS-“.
La richiesta di rinnovo veniva respinta dalla Questura di Napoli con decreto del 28 maggio 2018, notificato il successivo 9 ottobre.
Il provvedimento di diniego dava atto di una indagine concernente l’attività posta in essere da un cittadino extracomunitario, già collaboratore della cooperativa -OMISSIS-che in concorso con altri soggetti di nazionalità italiana e straniera, mediante l’improprio utilizzo di documentazione riportante il apparentemente riconducibile all’associazione stessa, ovvero riproducendo le marche, i timbri, i protocolli, nonché le firme, compilava false relazioni di assunzioni in carico alla cooperativa di centinaia di cittadini extracomunitari, attestando falsamente che i medesimi fossero alcolisti e/o tossicodipendenti, peraltro senza fissa dimora, bisognosi di assistenza da parte della stessa cooperativa.
Tale disegno criminoso avrebbe consentito a numerosi cittadini stranieri, tra cui il ricorrente, di poter certificare la sussistenza di una sistemazione abitativa, oltre che una sede amministrativa delle relative ditte individuali, ed attivare così presso il Comune di Napoli formale procedura volta a conseguire l’iscrizione anagrafica nel Comune.
2.- Il TAR ha accolto il ricorso, compensando le spese di giudizio.
Il TAR ha ritenuto che: “a) il provvedimento si fonda sulla irreperibilità del ricorrente presso l’indirizzo dichiarato, che è risultato corrispondere all’indirizzo di una cooperativa sociale attiva nel settore dell’assistenza, e sulla inoperatività della sua ditta individuale e assenza di risorse economiche da essa scaturenti; b) il ricorrente ha tuttavia documentato di essere residente in -OMISSIS-da epoca anteriore alla data del provvedimento impugnato; ciò comporta che – dato l’obbligo del comune di segnalare la variazione anagrafica alla questura in applicazione dell’articolo 6, comma 7, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286 – il ricorrente, alla data del provvedimento, non poteva più essere considerato “irreperibile” e privo di alloggio, con ogni conseguenza, prima tra tutte l’illegittimità della omissione della garanzie procedimentali (il cui assolvimento avrebbe consentito di attivare il contraddittorio procedimentale permettendo al ricorrente di fornire la documentazione attestante il possesso dei requisiti occorrenti all’ottenimento del titolo di soggiorno)”.
Il TAR ha, inoltre, ritenuto “fondata la dedotta violazione degli articoli 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’articolo 5, comma 5, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286 e che quindi il provvedimento impugnato debba essere annullato con salvezza delle ulteriori determinazioni dell’autorità (da assumere previo contraddittorio con il ricorrente eventualmente anche utilizzando allo scopo il suo indirizzo di posta elettronica certificata)”.
3.- Propone appello il Ministero, lamentando l’ingiustizia ed erroneità della sentenza in epigrafe, di cui chiede la riforma.
4.- All’udienza del 30 gennaio 2020, con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, questa Sezione ha disposto, in via istruttoria, l’acquisizione di notizie in ordine alle “indagini penali, e se esse siano o meno sfociate in una richiesta di rinvio a giudizio estesa anche al ricorrente, odierno appellato, sì da vagliare se questi abbia assunto nella vicenda il ruolo di correo, o piuttosto, come la sua difesa in giudizio afferma, di vittima di un raggiro, reso possibile dal suo temporaneo disagio economico e alloggiativo.”.
Tutto ciò, sulla premessa che il diniego di rinnovo non è tanto dipeso dalla provvisoria irreperibilità dell’istante presso l’indirizzo indicato in sede di domanda, quanto piuttosto dal sospetto che l’acquisizione della residenza dichiarata sia il frutto di atti fraudolenti tesi ad attestare falsamente la sussistenza di una sistemazione abitativa, oltre che una sede amministrativa della ditta individuale, in guisa da consentire, all’istante, così come di altri 131 immigrati, l’attivazione presso il Comune di Napoli (con il quale la Cooperativa-OMISSIS-ha stipulato un protocollo di collaborazione) di una formale procedura volta a conseguire l’iscrizione anagrafica.
5.- In data 13.11.2020, in adempimento all’ordine istruttorio, il Ministero ha trasmesso la comunicazione della Cancelleria del giudice penale attestante che il procedimento penale relativo alla vicenda è in fase di indagine e il ricorrente non risulta allo stato iscritto nel registro degli indagati.
6.- Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è infondato.
2.- L’appellante Ministero deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 8, del D. Lgs. 286/88., affermando che la falsa indicazione del luogo di residenza da parte dell’extracomunitario non costituisce mera irregolarità formale, ma è anzi da ritenersi circostanza assolutamente dirimente nel senso di imporre il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.
Il Ministero evidenzia che, nel caso di specie, è stato violato l’art. 6, comma 8, del testo unico n. 286/1998, a mente del quale “gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al Questore competente per territorio, entro i 15 giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale”.
Tale disposizione, applicabile nella specie, così come l’art. 9, comma 2, lett.b, del D.P.R. n. 394/1999 (sulla indicazione del luogo ove si “dichiara di voler soggiornare”), avrebbe la funzione di consentire all’Amministrazione, anche nell’ambito dello specifico procedimento riguardante l’istanza di rinnovo, il monitoraggio degli spostamenti, la conoscenza di tutte le circostanze rilevanti, nonché di essere agevolmente in grado di notificare i propri provvedimenti.
Sarebbe impensabile ipotizzare che, in assenza di comunicazioni da parte dei cittadini stranieri e nel silenzio generale dei Comuni presso i quali avvenga un cambio di residenza, detto onere ricada sulla P.A..
3.- Lo straniero appellato osserva che l’art. 6, comma 8, del testo unico n. 286/1998 non sarebbe applicabile, poiché trattandosi di soggiornante iscritto all’anagrafe dovrebbe trovare applicazione il comma 7 del medesimo articolo, il quale prevede che “le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione… Dell’avvenuta iscrizione o variazione l’ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente”.
In ogni caso, la violazione dell’obbligo dell’immigrato di comunicare ogni variazione del domicilio abituale di per sé sola non potrebbe, comunque, rappresentare idonea ragione ostativa al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno (C.d.S., sez. III, n. 4766/17 e n. 3030/2014).
L’appellato, infine, contesta qualsivoglia responsabilità penale in relazione ai fatti criminosi indicati dalla Questura nel provvedimento di rigetto, il quali sarebbero piuttosto ascrivibili al solo comportamento fraudolento dell’ex collaboratore della Cooperativa -OMISSIS-.
Chiede, quindi, la conferma della sentenza appellata.
4.- Il motivo di appello è destituito di fondamento.
La mancata comunicazione del cambiamento di abituale domicilio non può sic et simpliciter determinare il diniego del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche se pacifico che lo straniero regolarmente presente sul territorio nazionale in virtù di un valido permesso di soggiorno sia “onerato ad effettuare le iscrizioni e le variazioni anagrafiche alla stessa stregua dei cittadini italiani”; con la conseguenza che la scarsa diligenza non può tradursi in legittimo motivo per il diniego o la revoca del permesso di soggiorno.
La ratio della prescrizione di cui all’art. 6, comma 8, D.LGS. n. 286/1998, non assistita da sanzioni, va ricercata nella esigenza di assicurare che l’Amministrazione possa agevolmente effettuare le comunicazioni e notificazioni, oltre a svolgere nelle migliori condizioni l’attività di vigilanza e di tutela della sicurezza pubblica (Consiglio di Stato sez. III, 08/06/2018, n. 3463).
4.1.- D’altra parte, non potrebbe trovare applicazione neppure l’art. 9, comma 7, del T.U.I. concernente la doverosità di revoca del permesso di soggiorno (e del diniego di rinnovo) se è stato acquisito fraudolentemente.
Sulla falsità della dichiarazione resa circa il luogo di domicilio, come si è visto in esito all’istruttoria disposta, non vi è alcun accertamento in sede penale; sicchè non vi sarebbe certezza sul punto se all’epoca dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno l’effettiva sistemazione alloggiativa del ricorrente fosse o meno coincidente con la sede della cooperativa -OMISSIS-come dichiarato.
5.- Osserva, invece, il Collegio che la sentenza appellata va condivisa per aver accolto il ricorso introduttivo dello straniero sulla base dell’argomento decisivo della violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990.
Su questo punto, nessuna censura muove il Ministero appellante.
Invero, la partecipazione al procedimento dell’interessato, che non è stata consentita per l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della L. 241/1990, avrebbe potuto chiarire alcuni aspetti importanti sia relativi alla residenza che al requisito reddituale contestati al ricorrente dal provvedimento impugnato.
5.1.- E’ opportuno richiamare l’orientamento consolidato della giurisprudenza secondo cui è illegittimo il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, non preceduto dalla comunicazione dell’art. 10 bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, considerato che tale disposizione si applica a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi (tra i quali non rientra quello rivolto al rinnovo del permesso di soggiorno) al fine di consentire il contraddittorio tra privato e Amministrazione prima dell’adozione di un provvedimento negativo ed allo scopo, quindi, di far interloquire il privato sulle ragioni ritenute dall’Amministrazione ostative all’accoglimento dell’istanza (Consiglio di Stato sez. III, 05/12/2019, n. 8341; 26/6/2019 n. 4413; 07/08/2018, n. 4853; 10/05/2017, n. 2175).
Il Consiglio di Stato ha precisato che l’Amministrazione non può esimersi dall’applicare tale disposizione e che neppure l’art. 21 octies della L. 241/90 potrebbe esentare l’Amministrazione dal dare corso alle garanzie procedimentali, avendo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno natura discrezionale, quantomeno per quanto concerne la valutazione del requisito della pericolosità sociale dell’interessato e di altri fattori concernenti il suo inserimento sociale, la durata della sua presenza in Italia e l’eventuale esistenza di legami familiari di natura prevalente rispetto all’interesse alla sicurezza pubblica (Consiglio di Stato sez. III, 09/06/2016, n. 2459; )
L’art. 21 octies citato non degrada il vizio a mera irregolarità amministrativa, ma assolve all’unica funzione di evitare che il vizio di legittimità comporti l’annullabilità dell’atto sulla base di valutazioni, attinenti al contenuto del provvedimento, effettuate ex post dal giudice, circa il fatto che il provvedimento non poteva essere diverso (in generale, Consiglio di Stato sez. IV, 27/09/2016, n. 3948; sez. II, 18/05/2015, n. 933).
In tutti i casi, pertanto, in cui non sia certa ed evidente la totale inutilità della partecipazione al procedimento, l’Amministrazione è tenuta ad osservare la disposizione dell’art. 10 bis della L. 241/90.
Si rileva che, nel caso di specie, il diniego è motivato con riguardo a circostanze non definitivamente accertate e oggetto anzi di omissioni di aggiornamento, con responsabilità non unicamente ricadenti sul ricorrente.
Dalle notizie acquisite tramite l’istruttoria disposta è emerso che il ricorrente non è indagato per la vicenda delle false documentazioni e della fittizia residenza; anche dagli atti dell’Amministrazione non risultava con assoluta certezza che il ricorrente non fosse regolarmente integrato nel progetto assistenziale della Cooperativa -OMISSIS-; vi sarebbe stata inoltre una nuova residenza, in -OMISSIS-, da epoca anteriore alla data del provvedimento impugnato.
Pertanto, la partecipazione del ricorrente al procedimento, ove fosse stato preavvertito del diniego, ben avrebbe potuto fornire alla Questura utili elementi al fine di chiarire la sua posizione in ordine alla disponibilità di idonea sistemazione alloggiativa e del coinvolgimento nella vicenda penale.
5.- In conclusione l’appello va respinto.
6.- Le spese di giudizio si compensano tra le parti in considerazione della peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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