Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 dicembre 2022| n. 37532.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione, valendo solo a risolvere il problema dell’attribuzione del bene non comodamente divisibile – quale modalità esecutiva della divisione volta ad evitare la vendita del bene – non si riverbera sulla determinazione del valore di conguaglio, avendo quest’ultima la specifica finalità di riequilibrare la posizione delle parti perequando il valore delle quote assegnate.
Ordinanza|22 dicembre 2022| n. 37532. L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
Data udienza 8 novembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – COMUNIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. ROLFI Federico – rel. Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23088/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 491/2017 depositata il 02/03/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2022 dal Consigliere Dott. Federico Rolfi.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) convenne innanzi il Tribunale di Belluno (OMISSIS), chiedendo lo scioglimento della comunione di usufrutto gravante sulla quota di meta’ di un immobile in (OMISSIS), per la residua meta’ gia’ di piena proprieta’ del medesimo attore.
Costituitasi (OMISSIS) e rimasti invece contumaci i nudi proprietari (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), il Tribunale di Belluno, previo espletamento di una consulenza tecnica che accerto’ la non comoda divisibilita’ della comunione, assegno’ a (OMISSIS) la quota di usufrutto di (OMISSIS), avendo quest’ultima aderito in corso di giudizio alla domanda di assegnazione dell’attore, modificando le precedenti conclusioni.
Il Tribunale, inoltre, condanno’ la convenuta a rimborsare all’attore le spese di manutenzione dell’immobile sostenute sino al 2008 e determino’ il conguaglio dovuto dall’attore a (OMISSIS), compensando integralmente tra le parti le spese di lite.
2. Proposto appello da parte (OMISSIS) -e costituitasi la sola (OMISSIS)- la Corte d’appello di Venezia riformo’ la decisione di primo grado unicamente in punto spese, compensando le medesime nella sola misura di meta’, e gravando (OMISSIS) della residua meta’, mentre compenso’ integralmente le spese del grado di appello.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
Osservo’, infatti, la Corte territoriale che:
– doveva ritenersi tardiva, e quindi inammissibile ex articolo 345 c.p.c., la domanda dell’appellante di rimborso delle spese di manutenzione dell’immobile a far tempo dal 2009 e sino all’emissione della sentenza definitiva;
– non poteva essere accolta la domanda di pagamento delle ulteriori spese sostenute dall’appellante nel periodo intercorrente tra la notifica della citazione e la decisione in primo grado, non essendo state le medesime documentate nella prima memoria istruttoria;
– infondato era il motivo di appello con il quale (OMISSIS) contestava la valutazione del bene operata dal C.Testo Unico in quanto distonica rispetto ai valori desumibili dal Decreto Legislativo n. 131 del 1986 articoli 43 e 51, dal momento che tali previsioni concernevano i profili tributari, ma non potevano essere assunti come base di valore dell’immobile;
– parimenti non meritevole di accoglimento era il motivo di appello con il quale (OMISSIS) lamentava il mancato adeguamento del conguaglio sia all’incrementata eta’ della convenuta, sia alla maggiore vetusta’ dell’immobile sia alla variazione del tasso di interesse intervenuta dopo il deposito della C.T.U., in quanto, per effetto sia della sopravvenuta adesione di (OMISSIS) alla domanda di scioglimento della comunione sia della riproposizione da parte di (OMISSIS) delle medesime conclusioni di cui alla citazione, doveva tenersi conto del sopravvenire dell’incontro di volonta’ delle parti;
– fondata era invece la doglianza in punto spese in quanto (OMISSIS), inizialmente resistendo alla domanda di scioglimento della comunione, aveva dato causa al giudizio.
3. (OMISSIS) propone ora ricorso per la cassazione della
decisione della Corte d’appello di Venezia.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale (OMISSIS).
Sono rimasti intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
4. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma degli articoli 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso principale e’ affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione degli articoli 183, comma 6, e 345, primo e comma 3, c.p.c.
Il ricorso, dopo aver premesso che nell’originaria citazione era stata formulata domanda di condanna della controricorrente al pagamento delle spese per la manutenzione dell’immobile sino al momento di scioglimento della comunione, lamenta l’erroneita’ della decisione della corte territoriale:
– nella parte in cui ha escluso il riconoscimento delle spese sostenute dal ricorrente successivamente alla notifica della citazione e sino alla decisione in primo grado, in quanto la Corte ha ritenuto che le stesse non fossero state documentate nella prima memoria istruttoria;
– nella parte in cui ha escluso il riconoscimento delle spese a far tempo dal 2009 e sino all’emissione della sentenza definitiva, ritenendo la domanda tardiva, e quindi inammissibile ex articolo 345 c.p.c.
Quanto al primo profilo il ricorrente argomenta che la documentazione delle spese in questione non poteva essere fornita che successivamente alla scadenza dei termini istruttori, avendo, quindi, la Cote territoriale applicato non correttamente il disposto di cui all’articolo 345 c.p.c.
Quanto al secondo profilo, il ricorrente contesta la novita’ della domanda, ribadendo di aver chiesto sin dalla citazione il pagamento di tutte le spese di manutenzione sino al momento dello scioglimento della comunione.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e del Decreto Legislativo n. 131 del 1986 articoli 43 segg..
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
Il ricorso si duole del recepimento acritico della stima operata dal C.Testo Unico da parte della Corte territoriale, la quale, quindi, avrebbe omesso di motivare il percorso motivazionale alla base delle proprie conclusioni.
Lamenta il fatto che la stessa consulenza tecnica sia pervenuta alla stima del bene (recte della quota di diritto sul medesimo) sulla base di argomentazioni fallaci, e di fatto sulla scorta di scienza privata del medesimo consulente, in contrasto con documentazione reperita dallo stesso C.T.U.
Deduce, poi, l’erroneita’ della decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto non rilevanti i valori desumibili dal Decreto Legislativo n. 131 del 1986 articoli 43 e 51.
1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ della sentenza per difetto di motivazione in relazione all’articolo 132, n. 4), c.p.c. per non avere la decisione della Corte territoriale concretamente esaminato il motivo di appello con il quale veniva contestata l’attendibilita’ della C.T.U.
1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 2908 e 2909 c.c. e 282 c.p.c.
Il ricorso si duole dal fatto che la Corte territoriale abbia omesso radicalmente di operare l’aggiornamento dell’entita’ del conguaglio in considerazione del tempo trascorso rispetto alla decisione di primo grado.
Parimenti deduce la erroneita’ della decisione nella parte in cui essa, da un lato, ha affermato che l’adeguamento postulava una specifica domanda del ricorrente e, dall’altro lato, ha qualificato l’adesione di (OMISSIS) alla domanda di assegnazione di (OMISSIS) nei termini di un accordo tra le parti, escludendo la possibilita’ di modificare il conguaglio.
Argomenta, per contro, che tale adeguamento doveva essere automaticamente operato dalla Corte medesima, e che nessun accordo era stato raggiunto dalle parti, come dimostrato dall’esito negativo del tentativo di conciliazione esperito a ridosso della decisione di primo grado.
2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c.
La ricorrente incidentale impugna la decisione della Corte d’appello di Venezia nella parte in cui l’ha condannata alla rifusione di meta’ delle spese del giudizio di primo grado, contestando la sussistenza della responsabilita’ ritenuta invece sussistente dalla Corte d’appello.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
La ricorrente incidentale, per contro, lamenta il carattere apodittico delle conclusioni raggiunte sul punto dalla Corte territoriale e ribadisce la legittimita’ della propria scelta di aderire solo successivamente alla domanda di assegnazione della quota al ricorrente principale.
3. Il primo motivo di ricorso e’ fondato.
Fondata, in primo luogo, e’ la doglianza relativa alla declaratoria di inammissibilita’ della domanda di rimborso delle spese affrontate dal ricorrente per il periodo dal 2009 all’emissione della sentenza definitiva, in quanto tale domanda -che, come riconosciuto nella stessa decisione impugnata (cfr. esame secondo motivo di appello), risultava formulata sin dal giudizio di primo grado- non poteva ritenersi nuova per la sola circostanza della mancata quantificazione specifica delle spese medesime, essendo queste ultime “maturande” e non gia’ maturate, con la conseguenza che tale quantificazione risultava, per evidenza logica, preclusa alla parte al momento della instaurazione del giudizio, ben potendo essere effettuata successivamente, assolvendo il relativo onere probatorio.
Passando allora all’esame del secondo profilo di doglianza – concernente, appunto, la valutazione di tempestivita’ delle produzioni documentali relative alle spese affrontate nel corso del giudizio di primo grado- giova premettere che, essendo stata impugnata una sentenza di primo grado depositata il 26 maggio 2015, la Corte territoriale era chiamata a dare applicazione al disposto di cui all’articolo 345, comma 3, c.p.c. nella nuova formulazione introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. con modif. con l. n. 134 del 2012, la quale trova applicazione, in difetto di un’espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale tempus regit actum, quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012 (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21606 del 28/07/2021 – Rv. 661833 – 01).
Operata tale premessa, va rammentato che la nuova formulazione dell’articolo 345, comma 3, c.p.c. pone il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello, senza che assuma rilevanza l'”indispensabilita’” degli stessi, ma ferma per la parte la possibilita’ di dimostrare di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 26522 del 09/11/2017 – Rv. 646466 – 01).
Tale impossibilita’ di produzione per causa non imputabile deve essere indubbiamente ravvisata in relazione ai documenti che si siano formati a seguito della maturazione delle preclusioni processuali, essendo logicamente evidente l’impossibilita’ per la parte di produrre un documento non ancora formatosi al momento della maturazione medesima.
Appare, quindi, errata la valutazione di inammissibilita’ ex articolo 345 c.p.c. operata dalla Corte veneziana in relazione a documenti che, in quanto “a formazione progressiva”, potevano essere prodotti dalla parte man mano che gli esborsi dai documenti medesimi dimostrati venivano affrontati, e non prima, dovendosi conseguentemente ritenere che la loro mancata immediata produzione costituisse profilo non imputabile alla parte.
4. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente e sono, invece, infondati.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
Si deve, in primo luogo, escludere la sussistenza della dedotta violazione dell’articolo 115 c.p.c.
Per dedurre tale violazione, infatti, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c. (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20867 del 30/09/2020 – Rv. 659037 – 02).
Quanto alle doglianze che investono la stima del bene operata dal consulente tecnico d’ufficio nel corso del giudizio di primo grado, palesemente infondate sono le deduzioni concernenti l’impiego da parte del consulente medesimo, della propria “scienza privata”.
Il ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio, infatti, si rende necessario esattamente nei casi in cui risulti indispensabile, ai fini della definizione della controversia, l’ausilio di soggetti di portatori di conoscenze tecniche specifiche, e quindi della “scienza” di tali soggetti. Il ricorso, da parte dell’ausiliario, alle proprie nozioni, conoscenze, indagini risulta, quindi pienamente legittimo, alla sola condizione che le conclusioni raggiunte dal consulente medesimo siano sottoposte adeguatamente al contraddittorio processuale, consentendo l’interlocuzione delle parti, e fermo restando che il mancato rispetto di tale condizione si traduce in eventuale nullita’ dalla consulenza, da dedursi tempestivamente e, in caso di gravame, con uno specifico motivo di appello.
Tornando, allora, al caso in esame, si deve osservare che lo stesso motivo di ricorso non deduce alcuna violazione del contraddittorio in sede di operazioni peritali (del resto neppure oggetto di un motivo di appello) ma si duole genericamente del fatto che il consulente tecnico sia giunto alla quantificazione del valore del bene (e, quindi, della quota oggetto della domanda) sulla base anche di accertamenti effettuati sul mercato immobiliare locale, e cioe’ sulla scorta proprio di una delle verifiche che il consulente e’ tenuto a compiere nel diligente adempimento del proprio ufficio.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
Infondate, infine, sono le deduzioni che investono i criteri di valutazione del bene, ed in particolare del Decreto Legislativo n. 131 del 1986 articoli 43 segg.,.
Dette previsioni, infatti, concernono i profili della valutazione di congruita’ che l’Agenzia delle Entrate e’ chiamata a svolgere nelle dichiarazioni di valore contenute negli atti di trasferimento degli immobili ed investono, pertanto, il solo profilo degli accertamenti rimessi all’Agenzia delle Entrate medesima in ordine alla quantificazione del tributo dovuto per tali operazioni, ma non possono assumere valore vincolante ai fini della stima degli immobili in sede giurisdizionale, operando in tale sede il diverso principio per cui in tema di divisione giudiziale, la stima dei beni da dividere e la scelta del criterio da adottare per la determinazione del relativo valore -con riguardo a natura, ubicazione, consistenza, possibile utilizzazione e condizioni di mercato- rientrano nel potere discrezionale ed esclusivo del giudice del merito, le cui valutazioni in proposito sono insindacabili in sede di legittimita’, anche a seguito della modifica dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, se sostenute da adeguata e razionale motivazione (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18546 del 26/07/2017 – Rv. 645150 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7059 del 15/05/2002 – Rv. 554419 – 01).
Infondata, infine, e’ la doglianza -peraltro di anodina formulazione-in ordine al difetto di motivazione che affliggerebbe la decisione impugnata, per avere la stessa recepito le conclusioni rassegnate dal consulente tecnico nel giudizio di prime cure.
Invero, va preliminarmente rilevato che nel giudizio d’appello la Corte non ha l’obbligo di motivare il diniego alla rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio -potendo tale diniego essere anche implicito- essendo semmai tenuta a rispondere alle censure tecnico-valutative mosse dall’appellante avverso le valutazioni di ugual natura contenute nella sentenza impugnata, sicche’ l’omesso espresso rigetto dell’istanza di rinnovazione non integra un vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., ma, eventualmente, un vizio di motivazione in ordine alle ragioni addotte per rigettare le censure tecniche alla sentenza impugnata (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 26709 del 24/11/2020 – Rv. 659724 – 01).
Esclusa, quindi, la violazione dell’articolo 112 c.p.c., opera il principio per cui quando il giudice di merito ha aderito alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione ha tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, l’obbligo della motivazione e’ soddisfatto con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, senza che il giudice debba necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perche’ incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio gia’ valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’articolo 360, n. 5), c.p.c. (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 8584 del 16/03/2022 – Rv. 664367 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1815 del 02/02/2015 – Rv. 634182 – 01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 282 del 09/01/2009 – Rv. 606211 – 01).
Correttamente, quindi, la Corte territoriale, nel caso in esame, ha disatteso implicitamente le doglianze del ricorrente in tema di stima del bene, dal momento che le stesse -per come riproposte nella presente sede- apparivano del tutto inidonee ad infirmare in alcun modo la stima del bene operata dal consulente tecnico nel giudizio di prime cure.
5. Fondato e’, invece, il quarto motivo.
Nel respingere le doglianze in ordine al mancato aggiornamento del conguaglio alla luce del lasso temporale decorso dalla decisione di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto che tale adeguamento fosse precluso sia dalla mancata formulazione di specifica domanda in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado, sia dall’adesione della odierna ricorrente incidentale alla domanda di assegnazione del ricorrente, ritenendo che in tal modo il “corrispettivo” del valore della quota fosse stato “fissato” nella misura individuata nella consulenza tecnica d’ufficio.
Entrambe le affermazioni contenute nella decisione della Corte territoriali risultano non corrette.
L’adesione del condividente alla domanda di assegnazione
La prima, infatti, omette radicalmente di considerare il principio, piu’ volte espresso da questa Corte, per cui in sede di divisione, il valore dei beni si determina con riferimento ai prezzi di mercato correnti al tempo della decisione della causa e deve essere, conseguentemente, aggiornato d’ufficio anche in appello in ragione delle fluttuazioni dello specifico settore (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20383 del 26/07/2019 – Rv. 654887 – 02; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5993 del 04/03/2020 – Rv. 657271 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9207 del 04/05/2005 – Rv. 582642 – 01), da cio’ derivando che l’aggiornamento del valore del bene -e quindi del conguaglio- non necessita di specifica domanda e puo’ quindi essere operato anche in sede di appello, alla sola condizione che emergano concreti elementi che inducano a ritenere che il valore del bene abbia effettivamente subito una variazione.
La seconda affermazione, invece, propone di ricostruire l’adesione del condividente alla domanda di attribuzione dell’altra parte come una sorta di negozio processuale che verrebbe a determinare -sempre secondo tale ricostruzione- anche la cristallizzazione del valore di conguaglio, di fatto trasformando quest’ultimo in un “corrispettivo” (termine eloquentemente impiegato nella decisione impugnata) per l’assegnazione.
La tesi e’ fallace, dovendosi rilevare che nessun effetto negoziale puo’ ravvisarsi nell’adesione alla domanda di assegnazione, valendo quest’ultima solo a risolvere il problema dell’attribuzione del bene non comodamente divisibile -quale modalita’ esecutiva della divisione che vale ad evitare la vendita del bene- senza che tuttavia cio’ possa in alcun modo riverberarsi sulla determinazione del valore di conguaglio, avendo quest’ultima la specifica finalita’ di riequilibrare la posizione delle parti, perequando il valore delle quote assegnate (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 12779 del 23/05/2013 (Rv. 626472 – 01).
Si deve quindi concludere che la decisione della Corte territoriale in ordine al profilo dell’adeguamento si sia basata su una duplice ma erronea ratio decidendi, laddove la sollecitazione a procedere all’adeguamento avrebbe potuto essere, semmai, disattesa, ove la Corte avesse ragionevolmente escluso che gli elementi dedotti avessero concretamente inciso sul valore del conguaglio.
6. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo e quarto motivo, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale.
La decisione impugnata deve quindi essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, la quale, nel conformarsi ai principi qui enunciati, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e quarto motivo ricorso, respinti gli altri ed assorbito il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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