Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 20 agosto 2020, n. 5158.
La massima estrapolata:
L’acquisizione gratuita rappresenta una sanzione avente come presupposto la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine fissato dalla legge, che l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione demolire e che il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale.
Sentenza 20 agosto 2020, n. 5158
Data udienza 16 luglio 2020
Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Abusi – Potere sanzionatorio – Acquisizione gratuita – Natura – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4755 del 2019, proposto da
Pe. Gi., Gi. Br., rappresentati e difesi dall’avvocato Da. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00924/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2020 il Cons. Giovanni Orsini.
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84 comma 5 del Dl. n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ai sensi dell’art. 4 del D.L.30 aprile 2020, n. 28 gli Avvocati Da. Gr. e Pi. Pi. hanno depositato istanza di passaggio in decisione.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Tar per la Liguria con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento del provvedimento n. 4778 emesso dal Comune di (omissis) in data 2 ottobre 2017 e degli atti connessi concernenti l’acquisizione al patrimonio dell’ente locale di una sbarra di chiusura della via in cui era stata collocata, nonché dell’area di sedime su cui il manufatto si estende e di quello necessario per la sua demolizione.
In data 19 novembre 2016 il Comune aveva emesso un’ordinanza di demolizione del manufatto. Con il verbale del 29 settembre 2017 redatto a seguito del sopralluogo effettuato dalla polizia locale il 10 marzo 2017 si dà conto del fatto che a tale data non era stata prestata ottemperanza a tale ordinanza.
2. Con la sentenza n. 3454 del 2018, questa Sezione ha definitivamente respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione. Precedentemente, con l’ordinanza n. 2286 del 2017, la Sezione aveva respinto anche in appello l’istanza cautelare per la sospensione di efficacia del provvedimento precisando in motivazione che, non avendo il Comune dato esecuzione all’ordinanza di ripristino, “è ragionevolmente presumibile che non vi provvederà prima della definizione del merito e che appare misura sufficiente a tutelare la posizione giuridica di parte appellante l’avvenuta fissazione dell’udienza di merito di primo grado alla data del 17 luglio 2017”.
Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso ritenendo che il comportamento del Comune sia stato corretto e consequenziale al non accoglimento dell’impugnazione dell’ordinanza di demolizione da parte del Tar e del Consiglio di Stato.
3. L’appello contesta la erroneità della sentenza appellata deducendo cinque motivi di gravame.
4. Con l’ordinanza n. 3446 del 2019 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare sottolineando l’esigenza di approfondire nel merito i motivi dedotti con particolare riguardo al terzo, che contesta il prodursi degli effetti dell’acquisizione gratuita.
5. Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio in data 20 giugno 2019 e ha depositato una memoria il 15 giugno 2020.
Memorie sono state presentate dagli appellanti il 15 giugno 2020 e il 25 giugno 2020.
6. Nell’udienza del 16 luglio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. L’appello è fondato nei termini seguenti.
7.1. Si deve precisare innanzitutto che non sono accoglibili i primi due motivi dedotti.
7.1.1. Con il primo motivo gli appellanti criticano la sentenza per aver respinto il ricorso facendo riferimento alla reiezione dell’appello contro l’ordinanza di demolizione e non tenendo conto del fatto che il provvedimento di acquisizione gratuita era stato impugnato per vizi propri.
Il primo giudice ha affermato che con la sentenza n. 3454 del 2018 “il Consiglio di Stato ha respinto in via definitiva il ricorso proposto dai ricorrenti per l’annullamento della ricordata ingiunzione a demolire, dal che può già affermarsi che l’effetto acquisitivo si è verificato”.
In realtà, l’effetto acquisitivo è condizionato alla verifica che nei termini previsti l’ordinanza di demolizione non sia stata eseguita. L’art. 31 del dpr n. 380 stabilisce infatti al comma 3 che “se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune”.
La sanzione dell’acquisizione ha quindi come presupposto un illecito diverso dall’abuso edilizio, che consiste nell’omessa ottemperanza all’ordine di demolizione in precedenza emesso dall’Amministrazione.
Presupposto essenziale affinché possa configurarsi l’acquisizione gratuita è la mancata ottemperanza all’ingiunzione demolitoria dell’immobile abusivo entro il termine di novanta giorni, fissato ex lege, dalla notifica della relativa ordinanza.
L’affermazione del Tar non deve però essere interpretata come preclusiva della possibilità di censurare gli atti compiuti dall’amministrazione successivamente all’ordinanza di demolizione e segnatamente quelli che attengono alla verifica della sua ottemperanza, come infatti precisa correttamente il giudice di primo grado rilevando che “non di meno vanno esaminate le censure dedotte, posto che la loro eventuale fondatezza potrebbe influire sulle modalità con cui l’ente locale ha ritenuto di dover prendere atto dell’intervenuta acquisizione del diritto reale sui beni citati”. I motivi dedotti sono stati poi oggetto di completa disamina da parte del Tar.
Il motivo non può quindi essere accolto.
7.1.2. Con il secondo motivo gli appellanti deducono la violazione dell’articolo 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 dato che, a loro dire, non sarebbe possibile estendere per un intervento soggetto a CILA l’applicazione delle norme sull’acquisizione gratuita. Gli appellanti ritengono che sulla base dell’articolo 37 del d.p.r. n. 380 del 2001 gli interventi assentiti con SCIA o CILA sono soggetti a sanzione pecuniaria e non demolitoria e che la sentenza n. 3454 del 2018 ha respinto la censura proposta contro l’ordinanza di demolizione solo in quanto l’intervento incideva in parte sul terreno di proprietà comunale. Da ciò dovrebbe conseguire la non estensibilità dell’ulteriore sanzione concernente l’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale.
Il motivo non è fondato. Come indicato nella sentenza n. 3454 è desumibile dal complesso delle disposizioni sanzionatorie di cui al d.p.r. n. 380 che la realizzazione di un intervento edilizio in tutto o in parte su terreno di proprietà altrui comporti l’ordine di rimozione di quanto costruito a prescindere dal fatto che sia stato utilizzato lo strumento della certificazione di inizio di attività . Da ciò consegue che a tali fattispecie, che per la loro intrinseca gravità sono associabili alle violazioni sanzionate dall’articolo 31, siano applicate le disposizioni ivi previste nella loro interezza. Deve peraltro essere sottolineata la peculiarità del caso in esame per ciò che si riferisce alla finalità dell’acquisizione gratuita, che non è una misura strumentale per consentire al Comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione demolitoria. Data l’esiguità dell’area da acquisire l’effetto sanzionatorio appare infatti ridotto e la misura, pur legittima, si presenta inadatta alla situazione di specie.
7.2. Con il terzo motivo viene dedotta l’ulteriore violazione dell’articolo 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 in quanto, dopo il deposito della sentenza n. 3454 del 2018, è stata accertata la demolizione della sbarra e, in base all’ordinanza cautelare n. 2286 del 2017, gli effetti dell’acquisizione gratuita non si sarebbero quindi prodotti. Gli appellanti lamentano inoltre che il Comune non abbia emesso un provvedimento di accertamento della inottemperanza all’ordinanza di demolizione e che si sia limitato a constatare con il verbale del marzo 2017 che a quella data l’opera non era stata rimossa.
Sul punto, il Collegio ritiene che – fermi restando i principi secondo cui l’acquisizione gratuita rappresenta una sanzione avente come presupposto la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine fissato dalla legge, che l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione demolire e che il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale (cfr. Cons St., sez. IV. n. 3415 del 2014) – sia condivisibile l’orientamento secondo cui “l’acquisizione dell’area risulta legittima unicamente nel caso in cui emerga la volontà di inottemperanza protrattasi ininterrottamente per 90 giorni dall’ingiunzione, ovvero l’inerzia dell’interessato in assenza di validi impedimenti di diritto o di fatto alla demolizione delle opere nell’anzidetto termine” e che conseguentemente i suddetti principi non implichino che “l’automaticità dell’effetto ablativo vada intesa in senso meccanicistico o formale…” (Cons. St., sez. VI. nn. 2100/2019 e 2813/2020).
Nel caso di specie, occorre considerare che con l’ordinanza n. 2286 del 2017 è stato respinto l’appello cautelare nel presupposto che il Comune, non avendo dato esecuzione all’ordinanza di ripristino, non avrebbe provveduto in tal senso prima della definizione del merito. La sentenza di primo grado, che ha respinto il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione, è stata pubblicata in data 4 settembre 2017 e quindi successivamente al sopralluogo compiuto dalla polizia comunale il 10 marzo 2017 e poco prima del nuovo sopralluogo avvenuto il 29 settembre 2017. Il sopralluogo del 13 giugno 2018, effettuato pochi giorni dopo la pubblicazione della sentenza di appello che ha confermato definitivamente la legittimità dell’ordinanza di demolizione, ha infine consentito di appurare l’avvenuta demolizione del manufatto.
Tenendo conto della peculiarità del caso di specie come evidenziata al precedente punto 7.1.2., considerato che entro la definizione del giudizio di merito il Comune ha ottenuto la rimozione dell’intervento abusivo e che il suo mantenimento oltre il termine di novanta giorni dall’ordinanza di demolizione è giustificato dalla motivazione dell’ordinanza cautelare e prescindendo dalla censura concernente l’omessa adozione di un provvedimento formale di accertamento dell’inottemperanza, il motivo è quindi meritevole di accoglimento.
7.3. Con il quarto motivo viene rilevata un’ulteriore violazione dell’articolo 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 in ragione della mancata individuazione nel provvedimento impugnato dell’area di sedime da acquisire. Con il quinto motivo viene dedotta l’incompetenza del segretario comunale ad adottare il provvedimento di acquisizione in luogo del dirigente di settore del Comune.
A seguito dell’accoglimento del terzo motivo di appello le suddette censure possono essere ritenute assorbite.
8. Alla luce delle considerazioni esposte l’appello deve essere accolto ai sensi e nei limiti di cui ai punti precedenti e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, è accolto il ricorso di primo grado.
Considerata la peculiarità della causa, sussistono i motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini indicati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento impugnato.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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