Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 9 dicembre 2019, n. 8395
La massima estrapolata:
La violazione del giudicato è configurabile quando il nuovo atto riproduca gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale o quando si ponga in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla statuizione del giudice; mentre si ha elusione del giudicato allorquando l’amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni della sentenza, persegue l’obiettivo di aggirarle dal punto di vista sostanziale, giungendo surrettiziamente allo stesso esito già ritenuto illegittimo.
Sentenza 9 dicembre 2019, n. 8395
Data udienza 29 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2900 del 2019, proposto da
La. Mo., rappresentata e difesa dall’avvocato Se. Dal Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Unione Montana Centro Cadore – Sirap Servizio Intercomunale per il Rilascio delle Autorizzazioni Paesaggistiche, Comune di (omissis) non costituiti in giudizio;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per L’Area Metropolitana di Venezia e le Province, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per l’ottemperanza, ex artt. 112 e ss. C.p.a.
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. VI n. 05320/2018 dell’11-9-2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero e della Soprintendenza intimati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 il Cons. Francesco Mele e uditi, per le parti, l’avvocato Se. dal Pr. ;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 5320/2018 dell’11-9-2018 la Sezione accoglieva l’appello proposto dalla signora La. Mo. avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione II n. 1430/2016.
In riforma della decisione gravata, quindi, accoglieva il ricorso di primo grado e pronunciava l’annullamento del provvedimento del SIRAP dell’Unione Montana Centro Cadore prot. 0003899 del 17-11-2015, recante rigetto dell’autorizzazione paesaggistica richiesta, nonché delle note della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia Belluno, Padova e Treviso prot. n. 0020951 del 10-9-2015 e n. 0027161 con le quali era stato espresso parere negativo in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento.
La signora Montella, invero, con atto prot. n. 0002960 del 4-8-2015, aveva richiesto il suddetto titolo per la realizzazione dei lavori così descritti: “Il presente progetto intende trasformare i due vani posti a piano terra, attualmente aperti verso l’esterno, in accessori funzionali all’abitazione quali ripostigli e lavanderia. Nella parte retrostante del fabbricato sarà realizzata un’intercapedine aperta per eliminare i ristagni d’acqua dal muro a monte dell’abitazione e, per un miglior convogliamento, si realizzeranno anche delle caditorie per la raccolta delle acque. Sul prospetto nord saranno anche realizzati due nuovi fori finestra per la migliore areazione dei vani a piano terra”.
A seguito della decisione di appello il SIRAP avviava nuovamente il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, confermando il proprio originario parere favorevole.
La Soprintendenza, invece, comunicava dapprima i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza con nota prot. n. 0000546 del 9-1-2019 e, successivamente, con nota prot. n. 001596 del 22-1-2019 esprimeva il proprio parere negativo.
Di conseguenza, il SIRAP, con atto prot. n. 0000635 del 15-3-2019, rigettava l’istanza.
La signora Montella ha proposto, pertanto, ricorso dinanzi a questo Consiglio di Stato per ottenere l’ottemperanza alla richiamata sentenza n. 5320/2018 dell’11-9-2018, deducendo la nullità dei sopra richiamati atti per violazione o elusione del giudicato.
Ha, in particolare, chiesto “che venga dichiarata la nullità dei provvedimenti impugnati, quali descritti in epigrafe, […] per violazione ed elusione della sentenza n. 5320/2018, anche in accoglimento dei motivi di ricorso, nonché che vengano condannate le Amministrazioni convenute all’ottemperanza, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento autorizzativo, ovvero nominando fin d’ora un commissario ad acta perché provveda, in luogo dell’Amministrazione, al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e sovrintenda a tutte le operazioni all’uopo necessarie”.
Ella ha dedotto i seguenti motivi: 1) Violazione ed elusione del giudicato in relazione all’accoglimento del primo motivo di ricorso “Violazione ed errata applicazione degli artt. 142, comma 1, lett. g), e 146 del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42, e dell’art. 4 del DPR 9-7-2010, n. 139 – eccesso di potere per insussistenza dei presupposti e travisamento di fatto – eccesso di potere per difetto e insufficienza di motivazione – eccesso di potere per sviamento e manifesta irragionevolezza, illogicità ed incongruenza”; 2) Violazione ed elusione del giudicato in relazione all’accoglimento del secondo motivo di ricorso “Eccesso di potere per sviamento e per manifesta irragionevolezza, illogicità ed incongruenza, nonché per disparità di trattamento – eccesso di potere per insussistenza dei presupposti e per travisamento di fatto – eccesso di potere per difetto e insufficienza di motivazione; 3) Riproposizione del terzo motivo di ricorso “Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 – difetto di motivazione – eccesso di potere per insussistenza ed errata valutazione dei presupposti – disparità di trattamento sotto diverso profilo.
Si sono costituiti il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Le parti hanno depositato memorie.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione alla camera di consiglio del 29 ottobre 2019.
DIRITTO
Con il primo motivo la signora La. Mo. lamenta: Violazione ed elusione del giudicato in relazione all’accoglimento del primo motivo di ricorso “Violazione ed errata applicazione degli artt. 142, comma 1, lett. g), e 146 del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42, e dell’art. 4 del DPR 9-7-2010, n. 139 – eccesso di potere per insussistenza dei presupposti e travisamento di fatto – eccesso di potere per difetto e insufficienza di motivazione – eccesso di potere per sviamento e manifesta irragionevolezza, illogicità ed incongruenza”.
Deduce che la sentenza ottemperanda, n. 5320/2018 aveva chiarito che l’oggetto della tutela era costituito dal bosco, onde la verifica di compatibilità paesaggistica doveva avere come riferimento quest’ultimo e non anche le costruzioni in esso presenti, mentre la Soprintendenza illegittimamente aveva stigmatizzato la non conformità dell’intervento alla tipologia costruttiva delle villette progettate dall’architetto Ge..
Evidenzia, dunque, che l’organo ministeriale con gli atti dei quali si deduce la nullità nuovamente avrebbe inteso tutelare soltanto il profilo estetico della villetta.
Il richiamo all’integrazione delle villette con il paesaggio circostante finisce per salvaguardare il carattere estetico dell’architettura della costruzione in sé, senza alcuna considerazione del contesto paesaggistico boschivo.
Deduce che in tal modo si perviene ad applicare il vincolo paesaggistico ex lege ex art. 142, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 42/2004 ai manufatti e a tutto ciò che non è collegato all’entità “bosco”.
La signora Montella deduce ancora che sarebbero state travisate la portata e la finalità del vincolo, in quanto, trattandosi di vincolo ex lege, il legislatore ha inteso tutelare l’area boschiva genericamente intesa, senza alcun riferimento alle caratteristiche specifiche del bosco di (omissis); con conseguente incongruità della scelta di tutelare il bosco mediante la salvaguardia delle villette, quasi fossero tutt’uno con il medesimo bosco.
Risulterebbe, altresì, direttamente tutelata l’architettura dell’abitazione (la quale non è oggetto di vincolo alcuno, né paesaggistico né culturale), laddove la Soprintendenza afferma che “la chiusura dei vani a piano terra della villetta comporterebbe un’alterazione del contesto tutelato, in ragione dei criteri progettuali adottati nella costruzione di tale paesaggio boschivo”.
Il motivo non merita accoglimento, non ravvisandosi nelle nuove determinazioni assunte dalla Soprintendenza violazione ovvero elusione del giudicato di cui alla sentenza della Sezione n. 5320/2018.
Va premesso che, per costante orientamento giurisprudenziale (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 4-6-2019, n. 3747) la violazione del giudicato è configurabile quando il nuovo atto riproduca gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale o quando si ponga in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla statuizione del giudice; mentre si ha elusione del giudicato allorquando l’amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni della sentenza, persegue l’obiettivo di aggirarle dal punto di vista sostanziale, giungendo surrettiziamente allo stesso esito già ritenuto illegittimo.
Va, poi, evidenziato che, costituendo la valutazione di compatibilità paesaggistica esercizio di attività tecnico- discrezionale dell’amministrazione, l’accoglimento del ricorso non può determinare automaticamente l’accoglimento della domanda del privato, ma impone unicamente alla stessa il riesame dell’istanza, il quale dovrà essere effettuato nel rispetto degli effetti conformativi nascenti dal giudicato medesimo, costituenti la regola di condotta nel cui rispetto deve essere esercitata la futura azione della p.a.
Ciò posto, deve rilevarsi che il parere negativo della Soprintendenza – espresso nelle note n. 0020951 del 10-9-2015 e n. 0027161 del 12-11-2015, annullate dalla sentenza n. 5220/2018 divenuta cosa giudicata – motivava la valutazione negativa di compatibilità con riferimento alla circostanza che “il progetto di sistemazione esterna dell’edificio con la chiusura dei due vani, ora aperti, al PT (e di una scala esterna) costituisce un’alterazione notevole delle caratteristiche dell’immobile, così come previsto dall’arch. Ge. nel progetto delle villette dell’insediamento dell’ENI. Le caratteristiche degli immobili consistono, infatti in una tipologia costruttiva tipica degli edifici, ed in una finitura delle pareti esterne, comuni a tutte le villette, salvo varianti già stabilite all’epoca di costruzione […]”.
La Sezione, con la richiamata sentenza n. 5320/2018, ha censurato tale valutazione negativa di compatibilità, nella considerazione che, rinvenendosi nella specie il vincolo di cui all’articolo 142, lett. g) del d.lgs. n. 42/2004, l’oggetto della tutela era il territorio in quanto coperto da bosco e, pertanto, la verifica di compatibilità paesaggistica doveva avere come riferimento il bosco e non anche le costruzioni in esso presenti.
Ha affermato, dunque, che “emerge chiaramente dalla lettura del parere negativo della Soprintendenza che essa non ha operato una verifica di compatibilità dell’intervento edilizio, comprendente la chiusura dei due vani a PT (ma non la realizzazione della scala esterna), con il valore tutelato “bosco”, ma ha inteso piuttosto assumere la non conformità dell’intervento alla tipologia costruttiva delle villette progettate dall’architetto Ge.”.
Dunque, l’illegittimità è stata riscontrata nella circostanza che non vi era stata una valutazione di compatibilità con l’oggetto del vincolo, ossia, nella configurazione letterale del richiamato articolo 142, con i “territori coperti…da boschi”, affermandosi che “Il parere soprintendentizio, pertanto, non intende tutelare il bosco, ma piuttosto lo stato e la conformazione originari delle villette”.
Tale essendo la ragione di illegittimità riscontrata negli atti gravati, la regola di futura condotta dell’amministrazione (da osservarsi nella riedizione del potere) si palesa chiaramente in termini di divieto di considerare, nella verifica di compatibilità, quale unico ed isolato termine di riferimento l’estetica delle villette, come configurata dalla progettazione Ge., dovendosi, invece, assumere, quale parametro di valutazione, il valore tutelato “bosco”.
La suddetta regola di condotta, peraltro, non esclude la possibilità di verificare la compatibilità dell’intervento operando una valutazione complessiva del territorio boscato, caratterizzato, cioè, anche dalla immanente presenza in esso delle suddette costruzioni.
Invero, il provvedimento soprintendentizio oggetto di annullamento non indicava affatto le costruzioni quali componenti essenziali e identitarie del territorio boscato oggetto di tutela, essendosi limitato, nella parte censurata dalla sentenza, a riferire che la chiusura dei vani a piano terra costituiva una alterazione notevole delle caratteristiche dell’immobile così come previsto in progetto dall’architetto Ge., modulando in tal modo l’esigenza di tutela (e la operata verifica di incompatibilità ) non sul bosco ma sull’estetica delle costruzioni.
Sicchè, la pronuncia aveva evidenziato che tali valori estetici avrebbero potuto essere presi in considerazione solo ove gli immobili fossero stati oggetto di vincolo culturale.
Ciò posto, rileva il Collegio che i nuovi atti emessi dalla Soprintendenza non si pongono in contrasto con la regola di condotta nascente dal giudicato, come sopra delineata.
Ed, invero, le nuove determinazioni assunte esprimono il giudizio di “incompatibilità con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento”, avendo riguardo al valore tutelato “bosco”, i cui contenuti vengono delineati, in relazione alle evidenziate vicende proprie del contesto territoriale di riferimento, anche con riferimento alle costruzioni, le quali vengono a costituirne parte integrante ed inscindibile.
Valga in proposito il riferimento alle motivazioni espresse nei suddetti atti.
In essi si legge: “L’interesse paesaggistico di tale bosco, infatti, non può essere disgiunto dalla presenza e dalla conformazione delle villette ivi inserite, in ragione della genesi comune ai suddetti elementi antropici e naturali, ascrivibile a quell’azione progettuale “integrale” operata da Ge. nel riqualificare un’area di frana alle pendici dell’A.. In particolare, si sottolinea quanto bosco e villette siano inscindibilmente integrati, rappresentando i due aspetti costitutivi di un particolare paesaggio alpino umanizzato […]. Venendo al caso in esame, il bosco umanizzato di Borca è in tal senso un esempio di interrelazione tra fattori umani e naturali in funzione della costruzione di un paesaggio che sin dall’inizio trova le sue qualità percettive sul fatto che si tratta di un bosco disegnato, artificiale, antropizzato; la presenza di elementi arborei dialoga con quella dei volumi edificati, in una attenta ricerca di equilibri volumetrici, articolazione dei pieni e dei vuoti, disegno del suolo che si relaziona costantemente con l’eterogeneità morfologica del contesto naturale di riferimento. Pertanto, la chiusura dei vani a piano terra della villetta comporterebbe una alterazione del contesto tutelato, in ragione dei criteri progettuali adottati nella costruzione di tale paesaggio boschivo”.
Si afferma ancora: “[…] Tale edificio, facente parte di un insediamento più ampio, non può essere disgiunto in termini di percezione dal bosco circostante – origine del vincolo – in ragione delle specificità di quest’ultima area. Ville e bosco presentano, infatti, la medesima genesi, poiché espressione di un’unica volontà e di una azione progettuale “integrale”, quella dell’architetto Ed. Ge., il quale…riqualifica un’area di frana alle pendici dell’A., essenzialmente priva di vegetazione a seguito di massicci disboscamenti operati durante la seconda guerra mondiale, realizzando così un nuovo paesaggio […]. Nel caso di specie, la casa (e le case che compongono il villaggio) si inserisce all’interno del bosco, che mantiene la propria qualità di vegetazione forestale arborea pur in presenza dell’abitazione: quest’ultima, nella sua forma, tipologia, modalità di attacco a terra, disposizione dei pieni e dei vuoti, è parte integrante del suddetto bene vincolato, determinando un paesaggio alpino, definito umanizzato […]”.
In base a quanto sopra, pertanto, deve ritenersi che i nuovi atti non violano né eludono il giudicato, atteso che essi esprimono non più una valutazione isolata e parcellizzata della costruzione tutelandone l’estetica in quanto tale (modalità di azione censurata dalla sentenza della Sezione, con conseguente individuazione di una regola di condotta conformativa che ne escluda la rinnovazione), ma effettuano la valutazione di compatibilità paesaggistica con riferimento al territorio boschivo, considerato nelle sue peculiarità necessariamente comprendenti, quali parte identitarie, le costruzioni del villaggio ENI, edificate contestualmente alla riconfigurazione degli elementi arborei ivi presenti.
Neppure può dirsi eluso il giudicato, laddove si censura che la Soprintendenza viene ad “identificare la villetta con il bosco ed a rendere in definitiva oggetto di tutela la stessa villetta”, affermandosi che “risulta sviato l’ambito di applicazione del vincolo e tutelato sempre e soltanto il profilo estetico della villetta”.
Va, invero, evidenziato, per come si evince dagli stralci motivazionali sopra riportati, che non vi è una esclusiva considerazione della villetta e della sua estetica (valutazione illegittima sulla base del prefato giudicato), ma una considerazione del vincolo boschivo quale riferito ad un “paesaggio boscato” del quale le costruzioni presenti costituiscono elementi rilevanti, sicchè le loro modificazioni vengono ad incidere sul contesto tutelato ed, in particolare, sulle caratteristiche del bosco e sulla percezione paesaggistica dello stesso.
Vi è, pertanto, una verifica di compatibilità dell’intervento con il valore “bosco”, questo inteso in una accezione più ampia, la quale non era stata palesata nei provvedimenti originari annullati e che, pertanto, non può dirsi preclusa dal giudicato; restando, peraltro, impregiudicata ogni valutazione sulla sua illegittimità, non rientrando questa nel perimetro di valutazione proprio del giudizio di ottemperanza.
Ritiene, pertanto, la Sezione che nella specie non siano configurabili i vizi di nullità della violazione o elusione del giudicato, azionabili nella presente sede di ottemperanza e dedotti con il motivo di appello in trattazione.
Con il secondo motivo la signora Montella lamenta: Violazione ed elusione del giudicato in relazione all’accoglimento del secondo motivo di ricorso “Eccesso di potere per sviamento e per manifesta irragionevolezza, illogicità ed incongruenza, nonché per disparità di trattamento – eccesso di potere per insussistenza dei presupposti e per travisamento di fatto – eccesso di potere per difetto e insufficienza di motivazione.
Rammenta che l’intervento per il quale è stata chiesta l’autorizzazione paesaggistica consiste nella mera chiusura di due dei tre vani a piano terra e che, pertanto, esteticamente la variazione del complesso dell’immobile è minima e non comporta comunque alcun impatto significativo sull’estetica del paesaggio boschivo circostante.
La nuova determinazione assunta dall’amministrazione sarebbe violativa o elusiva del giudicato, in quanto la richiamata sentenza n. 5329/2018 dell’11-9-2018 ha stabilito che la chiusura dei due vani a PT presenta una non rilevante incidenza sul valore bosco, giacchè trattasi della mera chiusura di vani esistenti, la quale non altera l’aspetto boschivo, atteso che l’intervento si mantiene nella sagoma originaria dell’edificio, senza incrementi o alterazioni che vadano ad incidere sul bosco.
Parte ricorrente sottolinea un ulteriore aspetto di violazione del giudicato, in quanto la sentenza di appello aveva stigmatizzato l’operato della Soprintendenza, affermando che non vi era un orientamento univoco della stessa in ordine alla conservazione della estetica tradizionale delle villette del villaggio ENI, in considerazione di due interventi simili che erano stati in precedenza autorizzati.
Essendo già stata censurata l’irragionevolezza per disparità di trattamento del diniego opposto, la nuova determinazione si palesava, anche sotto tale profilo, violativa del giudicato.
Il motivo non è meritevole di favorevole considerazione.
Deve, in proposito, essere rilevato che la sentenza della Sezione n. 5320/2018 ha effettivamente affermato che “la chiusura dei due vani a PT presenta una non rilevante incidenza sul valore “bosco” oggetto di tutela. Si tratta, infatti, della mera chiusura di vani esistenti, la quale non altera l’assetto boschivo, atteso che l’intervento si mantiene nella sagoma originaria dell’edificio, senza incrementi o alterazioni che vadano ad incidere sul bosco”.
Tale statuizione, peraltro, al fine di individuarne l’effettiva portata di vincolo conformativo alla futura azione dell’amministrazione, deve essere rapportata ai contenuti dei provvedimenti a suo tempo impugnati, i quali, come sopra visto, hanno assunto, quale parametro di riferimento della valutazione negativa (censurata dal giudicato in questione), la mera tipologia costruttiva delle villette progettate dall’architetto Ge., in tal modo tutelando lo stato e la conformazione originari delle stesse.
Come sopra evidenziato, infatti, i provvedimenti della Soprintendenza non recavano alcuna indicazione delle concrete caratteristiche del bosco di (omissis), come connotato da una inscindibile interazione tra la vegetazione e le costruzioni ivi effettuate.
A tanto consegue che l’affermazione, contenuta in sentenza, in ordine alla non rilevante incidenza delle opere sul “bosco” viene esplicitata avendo riguardo ad una considerazione generale della nozione di bosco, non calata nella realtà particolare del paesaggio boschivo, come solo successivamente rappresentata in sede provvedimentale dall’organo statale.
Essa, pertanto, risultando assunta su presupposti attizi (in termini contenutistici) diversi rispetto agli attuali, poteva valere come vincolo conformativo stringente esclusivamente se la nuova determinazione negativa fosse stata assunta senza il supporto motivazionale relativo alla configurazione unitaria del territorio boschivo (non palesata negli originari provvedimenti annullati), connotata dallo stringente, identitario ed ineludibile legame tra componente vegetazionale e componente edificata del territorio boscato.
D’altra parte, la considerazione che l’affermazione contenuta in sentenza, circa una non rilevante incidenza sul valore bosco, non possa costituire vincolo conformativo in termini assoluti – e ciò quando nel nuovo provvedimento si dia atto (in termini nuovi ed originali rispetto alla precedente statuizione) delle concrete caratteristiche del paesaggio boscato e della rilevanza in proposito delle costruzioni – discende pure dai limiti che il giudice amministrativo incontra nello scrutinio di legittimità del giudizio di compatibilità reso dalla Soprintendenza.
Trattandosi di attività discrezionale, è evidente che il giudice non possa sostituirsi all’amministrazione nella concreta valutazione della compatibilità paesaggistica; con la conseguenza che il rilievo in ordine ad una “non rilevante incidenza sul valore bosco oggetto di tutela” non può valere in termini di affermazione giurisdizionale della compatibilità paesaggistica (come tale escludente la possibilità in futuro per l’amministrazione di negarla), ma quale indice di incongruenza, illogicità e carenza motivazionale della determinazione originariamente assunta.
Sotto tale profilo, dunque, esso non impone, quale regola di condotta futura, il rilascio senz’altro dell’autorizzazione richiesta, ma unicamente una motivazione che valga adeguatamente a giustificare la nuova determinazione, con esaustiva considerazione, valutazione ed esternazione delle concrete circostanze fattuali che connotano la fattispecie, superando i profili di incongruenza in precedenza rilevati.
Per le ragioni sopra esposte, dunque, non risulta configurabile il denunciato vizio di violazione o elusione del giudicato.
Parimenti non vi è violazione o elusione del giudicato con riferimento alla affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui “non vi è un orientamento univoco della Soprintendenza in ordine alla conservazione della estetica tradizionale delle villette del villaggio ENI”.
Tale affermazione va, invero, letta, per assumerne l’effettivo significato, nel più ampio contesto motivazionale della decisione della Sezione n. 5320/2018.
Nell’accogliere il secondo motivo di appello, essa evidenzia che “Non priva di rilievo, ai fini dell’accoglimento dell’appello, è, inoltre, la constatazione della esistenza di altre chiusure dei vani a PT in altre villette, come comprovato dalla documentazione fotografica prodotta da parte appellante, nonché l’attenzione anche al profilo estetico, essendo intenzione dell’interessata utilizzare rifiniture e materiali uguali a quelli in essere, uniformando il tutto alle costruzioni esistenti e di progetto”.
Dunque, la favorevole considerazione del mezzo di gravame si coglie, più che sul riconoscimento del vizio di disparità di trattamento (va rammentato che la giurisprudenza ritiene che in materia paesaggistica tale vizio sussista solo ove vi sia perfetta identità delle fattispecie, mentre la sentenza riferisce di interventi di ricavo di spazi accessori “simili” a quello proposto dalla ricorrente), sulla illogicità ed incongruenza della determinazione assunta.
Anche in tal caso, pertanto, la statuizione giurisdizionale non impone, quale regola di condotta futura, il rilascio senz’altro dell’autorizzazione richiesta, ma unicamente una motivazione che valga adeguatamente a giustificare la nuova determinazione, con esaustiva considerazione, valutazione ed esternazione delle concrete circostanze fattuali che connotano la fattispecie, superando i profili di incongruenza in precedenza rilevati.
Orbene, avendo la Soprintendenza offerto diversa e più ampia motivazione rispetto ai precedenti pareri negativi, introducendo nuove e più diffuse argomentazioni a supporto della propria valutazione, la regola di condotta nascente dal giudicato risulta rispettata.
Non si vuole, pertanto, dire che i nuovi provvedimenti siano legittimi (dovendo tale accertamento essere effettuato nella sede propria del giudizio di cognizione ed esulando dalla presente sede di ottemperanza), ma unicamente affermare l’insussistenza del denunciato vizio di violazione ed elusione del giudicato.
Con il terzo motivo la signora Montella deduce: Riproposizione del terzo motivo di ricorso “Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 – difetto di motivazione – eccesso di potere per insussistenza ed errata valutazione dei presupposti – disparità di trattamento sotto diverso profilo”.
Stante l’assorbimento dello stesso da parte della sentenza n. 5320/2018 a cagione dell’accoglimento dei primi due motivi di appello, la ricorrente ripropone, in sede di ottemperanza, la doglianza relativa alla violazione della regola del dissenso costruttivo, lamentando che i provvedimenti contestati non recano alcuna indicazione in ordine a eventuali soluzioni progettuali alternative, pur in presenza di autorizzazione per altri due interventi simili.
Il motivo non può essere accolto da questo giudice dell’ottemperanza, rilevandosi che il vizio prospettato non è idoneo a concretare violazione o elusione del giudicato, non rinvenendosi sul punto alcuna statuizione nella sentenza della Sezione n. 5320/2018 dell’11-9-2018, della quale possa in questa sede richiedersi l’esecuzione.
Trattasi, invero, di vizio di legittimità – dichiaratamente censurato come tale – che trova la sede elettiva di trattazione nel giudizio di cognizione, dinanzi al giudice all’uopo competente.
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, il ricorso per ottemperanza e l’azione di nullità con esso proposta devono essere respinti.
La particolarità della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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