Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 5 maggio 2020, n. 2851.
La massima estrapolata:
La valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione valutatrice rientrano nell’ampia discrezionalità di cui essa gode, per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica – qui non rilevabile – sono inammissibili le censure che impingono nel merito di valutazioni per loro natura opinabili, e sollecitano il giudice amministrativo a esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 Cod. proc. amm.
Sentenza 5 maggio 2020, n. 2851
Data udienza 27 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Procedura aperta – Artt. 60 e 54, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016 – Conclusione di accordo quadro – Per affidamento servizi di ingegneria e architettura – Impugnazione degli atti di gara – Rigetto – Relazione tecnica prescritta a pena di esclusione – Presentazione – Certificazioni attestanti avvenuta esecuzione lavori di progettazione dichiarati – DGUE – Carenze formali emendabili con soccorso istruttorio – Rigetto contestazioni attribuzione punteggi offerta tecnica
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 7697 del 2019, proposto da
Te. s.p.a. ed altri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, in proprio e quali componenti del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con mandataria Te., rappresentate e difese dall’avvocato Lu. Tr., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Giunta regionale della Campania – Ufficio speciale centrale acquisti UOD1, non costituito in giudizio;
nei confronti
Ic. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con le mandanti Qu. In. s.r.l. e Lo. In. s.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato An. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
ed altri, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (sezione prima) n. 2584/2019, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ic. s.r.l.;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ar. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 27 febbraio 2020 il Cons. Anna Bottiglieri; nessuno comparso per le parti;
Ritenuto in fatto e considerato e diritto quanto segue.
FATTO
La Regione Campania indiceva una procedura aperta ex artt. 60 e 54, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), finalizzata alla conclusione di un accordo quadro triennale per “l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura quali studi di fattibilità tecnica ed economica e/o la progettazione definitiva e/o esecutiva per la realizzazione e/o trasformazione e/o ampliamento di impianti per il trattamento della frazione organica in Regione Campania”. La procedura, fondata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, era suddivisa in tre lotti a base geografica (Provincia di Napoli; Provincia di Caserta; Provincia di Avellino) di valore di base pari a Euro 1.300.000 ciascuno.
Te. s.p.a., Bi. En. s.r.l. e S.I. Se. pe. In. e Am. s.r.l., collocatesi in raggruppamento temporaneo al secondo posto della graduatoria del lotto 1, dopo l’aggiudicatario RTI Ic. s.r.l., Qu. In. s.r.l. e Lo. In. s.p.a., impugnavano gli atti di gara a mezzo di ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania. Domandavano in via principale l’annullamento dell’aggiudicazione e degli atti connessi, la declaratoria di nullità o inefficacia del contratto eventualmente stipulato nelle more, e in via incidentale, ex art. 116 Cod. proc. amm., l’accesso agli atti della procedura, denegato in via di silenzio – rifiuto dalla stazione appaltante. Nelle more del giudizio la Regione assentiva spontaneamente l’accesso; seguiva quindi la proposizione di un secondo atto di motivi aggiunti.
Nel giudizio così instaurato si costituivano in resistenza, con eccezioni di rito e di merito, la Regione Campania e le contro-interessate Ic., Qu. In. e Lo. In.; queste ultime interponevano ricorso incidentale.
L’adito Tribunale ordinava alle ricorrenti l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle società aggiudicatarie dei lotti nn. 2 e 3; ciò a fronte dell’eccezione dell’Amministrazione che dette società sarebbero state incise dall’eventuale accoglimento del ricorso, in quanto il RTI Ic., primo classificato in tutti i lotti, era soggetto al limite di una sola aggiudicazione, ai sensi dell’art. 3 del disciplinare. Dato atto dell’assolvimento dell’incombente, definiva l’impugnativa con sentenza della prima sezione n. 2584/2019, che: assorbiva le eccezioni preliminari svolte dalle parti resistenti; respingeva, perché infondate, le censure formulate nell’atto introduttivo del giudizio e nei secondi motivi aggiunti; rilevava l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei primi motivi aggiunti, aventi a oggetto la richiesta di accesso ad atti ormai ostesi; dichiarava inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale; condannava la parte ricorrente alle spese del giudizio in favore delle parti resistenti.
Con l’odierno appello le predette ricorrenti principali hanno gravato la sentenza, deducendo: 1) Error in iudicando e in procedendo; violazione della lex specialis, del d.lgs. n. 50 del 2016, della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 97 Cost.; violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere; illogicità manifesta; contraddittorietà ; carenza dei presupposti e di istruttoria; difetto di motivazione; travisamento; 2) Error in iudicando e in procedendo; violazione della lex specialis, del d.lgs. n. 50 del 2016, della l. n. 190 del 2012, della l. n. 241 del 1990, dell’art. 97 Cost.; violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere; illogicità manifesta; contraddittorietà ; carenza dei presupposti e di istruttoria; difetto di motivazione; travisamento; 3) Error in iudicando e in procedendo; violazione della lex specialis, del d.lgs. n. 50 del 2016, della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 97 Cost.; violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere; illogicità manifesta, contraddittorietà ; carenza dei presupposti e di istruttoria; difetto di motivazione, travisamento; 4) Error in iudicando e in procedendo; violazione della lex specialis, del d.lgs. n. 50 del 2016, della l. n. 241 del 1990, dell’art. 97 Cost.; violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere; illogicità manifesta; contraddittorietà ; carenza dei presupposti e di istruttoria; difetto di motivazione; travisamento; 5) Error in iudicando e in procedendo; violazione della lex specialis, del d.lgs. n. 50 del 2016, della l. n. 241 del 1990, della delibera Anac n. 157 del 17 febbraio 2016, dell’art. 97 Cost.; violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere; illogicità manifesta; contraddittorietà ; carenza dei presupposti e di istruttoria; difetto di motivazione; travisamento; 6) Riproposizione delle censure formulate in prime cure (effetto devolutivo). Hanno concluso per la riforma della sentenza di primo grado e l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti.
La Regione Campania si è costituita in resistenza; ha ribadito la tardività del ricorso introduttivo del giudizio già eccepita in primo grado in riferimento alle censure dirette contro la lex specialis e l’ammissione alla procedura del RTI Ic., e ha sostenuto la legittimità del proprio operato e l’infondatezza dei motivi di appello, di cui ha domandato la reiezione.
Si è costituita in resistenza, con memoria di stile, la contro-interessata Ar. s.r.l., in proprio e nelle qualità di mandante del costituendo RTI composto come in epigrafe.
Si è costituita in resistenza Ic. s.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria del RTI aggiudicatario del lotto 1, direttamente investito dalle censure dell’appellante, sostenendo l’inammissibilità, l’irricevibilità e l’infondatezza dell’appello.
La parte appellante e il RTI Ic. hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive e la confutazione di quelle avverse.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 27 febbraio 2020, anche preso atto della conforme richiesta congiunta formulata da tutte le parti costituite, depositata il 26 febbraio 2020 a fronte dell’Avviso del Presidente del Consiglio di Stato n. 5430 del 24 febbraio 2020, relativo alla situazione determinatasi a seguito della situazione epidemiologica da COVID-19 e della conseguente normativa emergenziale e alle sue ricadute sul processo amministrativo.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
Le questioni preliminari spiegate dalle parti resistenti possono pertanto essere assorbite.
2. Le appellanti Te., Bi. En. e S.I.A. hanno sostenuto in primo grado che il RTI Ic. andava escluso dalla gara per violazione dell’art. 16 del disciplinare, che ha previsto che i concorrenti provassero mediante la certificazione del committente l’avvenuta esecuzione dei servizi di progettazione dichiarati nella relazione, oggetto di valutazione, da allegare a pena di esclusione all’offerta tecnica. La violazione si sarebbe perpetrata in quanto il certificato prodotto da Ic. in relazione a un incarico pubblico di progettazione (“rewamping e valorizzazione delle sezioni di trattamento meccanico biologico del complesso impiantistico di Cà de. Bu.”) è stato rilasciato da P.& W. Pr. pe. lo Sv. s.r.l., soggetto che non potrebbe definirsi committente del servizio.
Il primo giudice ha respinto la censura; in estrema sintesi, ha osservato che: Ic. aveva correttamente adempiuto alla prescrizione di cui all’art. 16 del disciplinare, che non distingueva tra committenti pubblici e privati; non vi era ragione di dubitare dell’effettivo svolgimento del servizio da questa dichiarato; l’asserita illegittimità del presupposto incarico di progettazione esulava dall’oggetto del giudizio.
Il primo motivo di appello si dirige avverso tali conclusioni.
2.2. Con una prima linea argomentativa l’appellante premette che il certificato di cui all’art. 16 del disciplinare non è fine a sé stesso, bensì costituisce dimostrazione dell’effettiva esecuzione del servizio dichiarato, elemento essenziale dell’offerta e oggetto di valutazione in gara, ai sensi del successivo art. 18, con la conseguenza che la mera produzione del certificato, senza l’apprezzamento della sua valenza, non è sufficiente ad attestare il rispetto della prescrizione. Su tale presupposto rileva che la società P.& W., che ha rilasciato il certificato di cui sopra, come attestato dal dispositivo del Tar Veneto n. 75/2011 e dalla relativa sentenza n. 1460/2011, nonché dalla stessa documentazione versata in giudizio dalla contro-interessata, non è né la committente né l’esecutrice del servizio, qualifiche rivestite, rispettivamente, dall’Azienda Generale Servizi Municipali di Verona s.p.a. e dall’ATI Urbaser SA, ma ha solo stipulato un contratto di progettazione con Urbaser. Conclude che per ritenere che il servizio di progettazione in parola sia stato svolto da Ic. va ipotizzata la presenza di un ulteriore sub-appalto tra P.& W. e Ic., ciò che per un verso violerebbe l’art. 105, comma 19, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e la corrispondente norma del previgente Codice dei contratti pubblici, per altro verso confermerebbe che alla P.& W. non può attribuirsi la qualifica di “committente” ai fini richiesti dalla legge di gara.
Tali argomentazioni non possono essere favorevolmente valutate.
2.2.1. L’art. 16 del disciplinare della gara per cui è causa, titolato “Contenuto della busta B – Offerta tecnico organizzativa”, ha prescritto l’allegazione da parte dei concorrenti, a pena di esclusione, di una relazione tecnica illustrativa “con riferimento ai criteri e subcriteri di valutazione indicati al successivo punto 18”, di “n. 2 servizi di progettazione definitiva e n. 2 servizi di progettazione esecutiva indicati nei criteri di cui al successivo punto 18.1 eseguiti negli ultimi 10 anni”, quali “esempi di progettazione espletati, significativi della propria capacità tecnica di realizzare la prestazione sotto il profilo tecnico, architettonico, strutturale, impiantistico e ambientale”, tra cui “almeno 1 esempio di progetto di Impianto di trattamento della frazione organica”. Ha inoltre prescritto che “Ciascun servizio presentato dovrà essere corredato di relativo certificato di esecuzione del servizio da parte del committente”.
A sua volta, il richiamato art. 18.1 del disciplinare, recante “Professionalità e adeguatezza dell’offerta – Punti da 0 a 30” ha stabilito che “La Commissione valuterà i 2 servizi di progettazione definitiva e i 2 servizi di progettazione esecutiva effettivamente realizzati dal concorrente e presentati secondo le modalità esposte al punto 16 n. 1. Attraverso una valutazione sull’insieme degli esempi presentati, saranno ritenuti più adeguati quelli caratterizzati dai seguenti aspetti: completezza dell’elenco elaborati per descrivere il progetto dell’opera; presenza delle tipologie di servizi richiesti dalla Regione Campania; evidenza e completezza di studi e indagini eseguiti per operare le scelte progettuali degli esempi riportati; capacità di rappresentare in modo esaustivo, attraverso gli elaborati prodotti, tutti gli aspetti progettuali affrontati; descrizione delle scelte tecniche adottate per la ottimizzazione dei costi di costruzione, manutenzione e gestione dell’opera; utilizzazione di moderne tecnologie costruttive ed impiantistiche; soluzioni di architettura naturalistica e di valore ambientale; utilizzo di materiali ecosostenibili”.
Alla luce del chiaro tenore delle predette disposizioni, la relazione tecnica di cui si discute – e non le relative allegazioni, la cui produzione in gara non è assistita da una specifica previsione espulsiva – non è un requisito di partecipazione, ambito che la legge di gara regola con altre puntuali previsioni, bensì costituisce un elemento essenziale per la valutazione dell’offerta tecnica: l’esclusione comminata per la sua eventuale carenza riflette quindi la ritenuta impossibilità della stazione appaltante di graduare una offerta non supportata dalla dimostrazione, anche mediante i previsti allegati, di quel grado di capacità tecnica dell’offerente stimato indispensabile per la realizzazione della prestazione richiesta.
Nell’esame di dette previsioni deve pertanto applicazione il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il principio di tassatività delle cause di esclusione esige che le offerte tecniche debbano essere escluse solo quando siano a tal punto carenti degli elementi essenziali da ingenerare una situazione di incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta, ovvero in presenza di specifiche clausole della legge di gara che tipizzino una siffatta situazione di incertezza assoluta (Cons. Stato, V, 6 ottobre 2018, n. 5744; 27 marzo 2015, n. 1601; Ad. plen., 30 luglio 2014, n. 16; 25 febbraio 2014, n. 9; 30 gennaio 2014, n. 7; V, 7 luglio 2014, n. 3449; III, 16 aprile 2014, n. 1928; V, 26 novembre 2013, n. 5604; III, 31 luglio 2013, n. 4038; V, 27 marzo 2013, n. 1813; V, 14 maggio 2018, n. 2853). Tale incompletezza è sindacabile in sede giurisdizionale quando il relativo giudizio prescinda dall’esame di profili tecnico-discrezionali intrinseci al contenuto progettuale e riguardi invece difetti palesi che rendano la scelta tecnica abnorme o gravemente inadeguata, ovvero riguardi elementi specifici componenti l’offerta, autonomamente valutabili (Cons. Stato, V, n. 5744/2018, cit.).
La sussistenza di una siffatta condizione a carico di Ic. non emerge nel caso di specie: la società ha presentato la relazione tecnica prescritta a pena di esclusione dall’art. 16 del disciplinare di gara, corredata dalle certificazioni attestanti l’avvenuta esecuzione dei lavori di progettazione ivi dichiarati, come pure previsto dallo stesso art. 16, e l’adempimento non può essere messo in dubbio evocando, da un lato, la non conformità a legge dell’affidamento attestato da una di tali certificazioni e, dall’altro, l’obbligo della stazione appaltante di rilevare tale asserita condizione patologica.
In primo luogo, nessuna clausola della lex specialis ha prescritto che la stazione appaltante dovesse compiere l’accertamento sulla “valenza” delle certificazioni in parola cui si riferisce l’appellante: l’art. 16 del disciplinare non lo prevede, né l’appellante ha indicato quale altra parte della legge di gara ne abbia stabilito l’effettuazione o regolato le relative conseguenze. E’ appena il caso di rammentare che la gravità della sanzione ipotizzata nell’appello per l’eventuale esito negativo di un siffatto accertamento avrebbe imposto, sia ex se, sia per l’afferenza alla materia dei bandi pubblici, ove domina l’esigenza della certezza della regolazione, la sua espressa predeterminazione.
Dal disciplinare si traggono anzi elementi che fanno escludere che la stazione appaltante avesse un siffatto obbligo.
L’art. 16 ha stabilito che la scheda a corredo dei servizi di progettazione illustrati nella relazione tecnica dovesse contenere l’indicazione del committente, del nominativo del progettista e dell’anno di approvazione del progetto, nonché una breve descrizione delle opere e delle problematiche affrontate nella progettazione. Non è stata quindi prevista l’allegazione dell’incarico, atto che nella prospettazione dell’appellante costituirebbe un documento essenziale per la verifica da parte della stazione appaltante, e in seconda battuta da parte del giudice amministrativo, della sua conformità o meno a legge.
Ancora, sia l’art. 16 che l’art. 18 del disciplinare, che fanno riferimento, rispettivamente, agli incarichi di progettazione “espletati” ed “effettivamente realizzati”, sono improntati alla finalità di consentire l’apprezzamento in concreto del corredo esperenziale specifico delle partecipanti, condizione fattuale cui è estraneo l’accertamento invocato dall’appellante.
A fronte e nella coerenza degli elementi negativi e positivi sopra evidenziati, deve quindi concludersi che, secondo la legge di gara, la dimostrazione del possesso da parte delle concorrenti del richiesto grado di capacità tecnica null’altro esigeva che la prova, tramite il certificato di esecuzione, dell’effettivo svolgimento delle attività di progettazione dichiarate; la pretesa avanzata dall’appellante si rivela dunque frutto di una personale lettura e interpretazione degli artt. 16 e 18 del disciplinare, priva, in quanto tale, di fondamento giuridico.
Può aggiungersi, per mera completezza argomentativa, che la verifica cui si riferisce l’appellante – oltre a non corrispondere, per quanto sopra, a uno specifico interesse della stazione appaltante, in quanto attinente a profili ultronei rispetto a quello dell’esecuzione in concreto dei servizi di cui trattasi, e a non essere stata prevista dalla legge di gara, né direttamente, né indirettamente, mediante la previsione dell’allegazione di documenti idonei a consentirne l’effettuazione – presenterebbe non trascurabili aspetti problematici: in linea generale, imporrebbe un’attività istruttoria che esorbita dalla sfera giuridica dei concorrenti, per riguardare, senza alcun titolo, accordi negoziali di soggetti estranei alla gara, quali sono i committenti degli incarichi di progettazione; per la specifica ipotesi di incarichi provenienti da un committente privato, spendibili nella procedura de qua, come riconosce la stessa appellante e come pure sottolineato dal giudice amministrativo, e che pertanto, in tesi, non potrebbero sfuggire alla verifica in esame, pena la violazione della par condicio, implicherebbe ulteriormente l’apprezzamento della fonte di rapporti che, in quanto astrattamente suscettibili di essere improntati alle libertà di forma consentite dal codice civile, potrebbe non offrire tutti quegli elementi che il compimento dell’attività esige.
In definitiva, non è predicabile che la procedura in parola, come anche in questa sede affermato dall’appellante, abbia prescritto o presupposto indagini relative alla corrispondenza della figura del “committente” delle attività di progettazione da spendere in gara a quella tipizzata dalla normativa speciale sui contratti pubblici.
2.3. L’appellante, a sostegno della tesi che la stessa Ic. fosse consapevole della irregolarità del certificato di esecuzione di cui trattasi, evidenzia che la società non ha incluso il relativo servizio di progettazione tra quelli, soggetti a comprova, di cui alla voce 1b del DGUE, afferente agli “appalti pubblici di forniture e di servizi”; sostiene che l’omissione, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non si giustifica alla luce della delimitazione contenuta nel titolo della voce, in quanto esso, secondo la nota 34, comprendeva anche i committenti privati.
Il rilievo non è conducente. Una volta acclarata, come sopra, la conformità della produzione del certificato a quanto richiesto dalla legge di gara, è irrilevante qualsiasi questione relativa a come la concorrente abbia ritenuto di spendere il sottostante requisito. In particolare, ben poteva Ic. valutare, come afferma di aver fatto, una ragionata esposizione delle attestazioni inerenti la sua variegata capacità tecnico professionale nell’ambito delle varie voci della domanda di partecipazione, volta alla sua complessiva valorizzazione.
2.4. L’appellante afferma in ogni caso che Ic. non ha dimostrato in sede di gara di aver espletato l’incarico di cui si discute.
La censura è completamente destituita di fondamento.
Il primo giudice ha ritenuto che l’espletamento del servizio fosse stato comprovato: a) sotto il profilo della sua riferibilità a Ic., dalla documentazione progettuale a corredo della relativa richiesta di autorizzazione ambientale integrata-AIA, che reca in calce il timbro della società ; b) sotto il profilo della sua avvenuta esecuzione, dalla deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1143 del 12 luglio 2016, recante approvazione del progetto ai fini AIA, ex d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale.
La validità di tale ricostruzione va qui confermata, mentre, di contro, i vari e minuti profili con i quali l’appellante tenta di dimostrarne l’erroneità possono essere respinti, essendo al riguardo dirimenti le fatture emesse da Ic. per tale attività (nn. 102 e 103 del 2012), e restando solo da precisare sul punto che l’affermazione dell’appellante che dette fatture non sarebbero temporalmente coerenti con il servizio dichiarato in gara resta asserzione indimostrata.
Consegue l’irrilevanza delle considerazioni pure svolte dall’appellante sul controllo che Ic. eserciterebbe su P.& W..
2.5. Il primo mezzo va pertanto respinto, sia laddove, nella sua principale direzione, pretende di individuare una inesistente causa di esclusione dalla gara in capo al RTI Ic., sia laddove, più limitatamente, sostiene, per le stesse ragioni rivelatesi infondate, l’erroneità del punteggio attribuito dalla commissione valutatrice alla relazione tecnica dal medesimo presentata in gara.
3. Il secondo motivo di appello si dirige avverso il capo della sentenza impugnata che ha respinto la tesi svolta in primo grado dall’odierna appellante secondo cui il RTI contro-interessato avrebbe dovuto essere escluso dalla gara ai sensi degli artt. 5 e 6 del disciplinare, attuativi della l. 6 novembre 2012, n. 190, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, art. 1, comma 17, che prevede che “Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”. Ciò in quanto la dichiarazione di accettazione del protocollo di legalità sarebbe stata resa in data successiva (24 febbraio 2018) al termine previsto per la presentazione delle domande di partecipazione (6 febbraio 2018).
Il primo giudice ha osservato al riguardo che il predetto RTI aveva reso tempestivamente, il 24 gennaio 2018, l’espressa dichiarazione di accettazione del protocollo di legalità recepito nella procedura, tant’è che essa era stata inserita nella busta “A” della domanda di partecipazione, prodotta entro il termine ultimativo previsto dalla disciplina di gara; ha ritenuto irrilevante la diversa data apposta in calce al modulo considerato dalla deducente, perchè frutto, come prospettato dalla contro-interessata, di un mero errore materiale nella indicazione del mese (24 febbraio 2018 anziché 24 gennaio 2018).
Al fine di dimostrare l’erroneità di tale conclusione, l’appellante insiste sulla oggettiva diversità delle due date, e cioè : quella, che riconosce tempestiva, di sottoscrizione della dichiarazione di accettazione da parte del RTI contro-interessato del protocollo di legalità, da allegarsi a corredo della domanda di partecipazione, ai sensi dell’ultimo alinea della lett. b) dell’art. 15.3.1 del disciplinare, “Dichiarazioni integrative”; quella, tardiva, di sottoscrizione dell’Allegato n. 5, “Protocollo di legalità “, di cui a pag. 31 del disciplinare. In particolare, lamenta che non vi è prova che nella compilazione del secondo documento il RTI contro-interessato sia incorso in un errore materiale; pone pertanto la questione del perché dovrebbe prevalere la data risultante sul primo documento anziché quella che figura nel secondo.
3.1. Entrambi i rilievi sono completamente destituiti di fondamento.
La contro-interessata ha reso il 24 gennaio 2018 dichiarazione ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di accettazione del protocollo in questione, e ha inserito tale dichiarazione nella Busta A della domanda di partecipazione, presentata entro i termini previsti dal bando, conformemente alle disposizioni di questo. Ha poi sottoscritto e parimenti inserito nella stessa busta A copia del protocollo allegato al bando, adempimento non richiesto dalla lex specialis.
Tanto chiarito, osserva il Collegio che il mero errore materiale è fatto che, per sua natura, non può essere provato mediante una dimostrazione puntuale. Per la sua individuazione, la giurisprudenza richiede la sua agevole percezione dal contesto complessivo dell’atto cui afferisce, specificando che deve trattarsi di una divergenza del tutto fortuita, causata da una mera svista o da una disattenzione e che, come tale, può essere rilevata ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva della volontà e il cui contenuto resti individuabile e individuato senza incertezza (Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 854).
Applicando tali coordinate al caso di specie, la tempestiva presentazione della domanda di partecipazione, integrata da entrambi i documenti di cui sopra, permette di riferire le relative sottoscrizioni a una data sicuramente anteriore alla presentazione dei documenti stessi; consegue sia la riconoscibilità ictu oculi dell’errore da cui è affetta l’indicazione della data della seconda sottoscrizione, in quanto successiva alla data della presentazione in gara del documento che la contiene, sia l’irrilevanza di ogni questione riguardante il documento stesso, che non era essenziale ai fini della regolarità della partecipazione alla gara e che comunque giammai potrebbe ritenersi tardivo.
3.2. Nulla muta considerando che il primo giudice, richiamando il principio generale di auto-responsabilità dei concorrenti, secondo cui ogni operatore economico sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione dell’offerta, non abbia ritenuto mero errore materiale un refuso asseritamente presente nell’offerta tecnica dell’appellante.
La circostanza non refluisce nell’applicazione di un diverso criterio di giudizio rispetto a quello riservato a Ic., come pure lamenta, conclusivamente, la censura in esame.
La deducente non ha infatti dimostrato che il refuso cui si riferisce la censura sia effettivamente tale, ovvero presenti le predette caratteristiche di riconoscibilità, che, anche in materia di gare pubbliche, sono decisive ai fini della possibilità della regolarizzazione postuma dell’offerta affetta da errore materiale (Cons. Stato, III, 3 agosto 2018, n. 4809; V, 13 ottobre 2016, n. 4237; III, 14 giugno 2011, n. 3614).
3.3. Il secondo mezzo va pertanto respinto.
4. Il terzo motivo si dirige avverso il capo della sentenza impugnata che, contrariamente a quanto opinato da Te., ha ritenuto che il DGUE della contro-interessata Quantica non fosse affetto da carenze inficianti la sua partecipazione alla procedura, trattandosi di profili formali emendabili mediante soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 13 del disciplinare di gara e dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016.
4.1. Il mezzo è innanzitutto inammissibile, in quanto la conclusione del primo giudice è rimasta sostanzialmente incontestata, non avendo l’appellante mosso alcun reale rilievo critico alla relativa motivazione.
Tale non è, infatti, l’osservazione, che apre il motivo, che, non avendo la stazione appaltante attivato il soccorso istruttorio, le carenze in parola sono rimaste inemendate: questo è mero fatto che non pone in dubbio il presupposto, di carattere giuridico, della reiezione della censura di primo grado, ovvero il carattere meramente formale delle carenze; non integra, in particolare, quelle “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata” che, ai sensi dell’art. 101, comma 1, Cod. proc. amm., devono connotare l’appello al Consiglio di Stato, che non può limitarsi a una generica riproposizione dei motivi di ricorso disattesi dal giudice di primo grado, ma deve contenere una critica obiettiva ai capi di sentenza appellati (tra tante, di recente, Cons. Stato, V, 11 dicembre 2019, n. 8415; IV, 10 settembre 2018, n. 5294; III, 26 gennaio 2018, n. 570).
Per poter radicare un nuovo scrutinio di merito da parte del giudice appello sulla natura escludente delle carenze dichiarative affermata in primo grado, l’appellante aveva quindi l’onere di dimostrare che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, esse riguardavano profili sostanziali della partecipazione alla gara. Tale onere non è stato invece soddisfatto, in quanto il motivo in esame, oltre che nell’osservazione inconferente di cui sopra, si esaurisce nella pedissequa riedizione delle originarie censure.
4.2. Le censure in parola sono comunque infondate.
L’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, recepito dall’art. 13 del disciplinare della gara de qua, stabilisce che le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma, e che “In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica”.
Le carenze lamentate dall’appellante, riguardando tutte dichiarazioni del DGUE di Quantica, si collocano perfettamente nell’ambito dell’appena detta previsione.
4.3. Inoltre, a ben vedere, non si tratta neanche di carenze: si giustifica quindi il mancato ricorso da parte della stazione appaltante al soccorso istruttorio.
In particolare, l’appellante osserva che Quantica nel proprio DGUE: a) ha reso le informazioni riferite alle “capacità tecniche e professionali”, per uno solo dei due amministratori della società ; b) non ha indicato le classi e le categorie degli incarichi espletati; c) non ha esposto le ragioni per cui si è dichiarata non in possesso di certificati relativi a sistemi di garanzia della qualità e del rispetto delle norme di gestione ambientale.
Vale di contro osservare:
– quanto al rilievo sub a), che il modello di DGUE richiedeva di indicare le persone “abilitate ad agire come rappresentanti […] dell’operatore economico ai fini della procedura di appalto in oggetto”. Sicchè la locuzione immediatamente successiva “se intervengono più legali rappresentanti ripetere tante volte quanto necessario” va necessariamente intesa sempre in riferimento alla capacità rappresentativa dell’indicato nell’ambito dell’appalto. Ben poteva quindi Quantica riferire tale capacità a un solo dei suoi amministratori;
– quanto al rilievo sub b), che Quantica ha indicato gli incarichi espletati mediante descrizione, data, importo e destinatario. Il combinato disposto degli artt. 7 e 7.3 del disciplinare non fa emergere che la mancata indicazione delle classi e delle categorie degli stessi fosse sanzionabile con l’espulsione: si tratta, del resto, di dati che è possibile ricavare dagli elementi dichiarati;
– quanto al rilievo sub c), che il modello di DGUE richiedeva la specificazione delle ragioni del mancato possesso delle predette certificazioni di qualità ambientale solo laddove la stazione appaltante avesse prescritto “programmi di garanzia della qualità ” e “norme di gestione ambiente”. L’appellante non dimostra la sussistenza di tale presupposto. Sicchè ben poteva Quantica aggiungere nel relativo riquadro, come ha fatto, la dicitura “non richiesto”.
4.4. Anche il terzo mezzo deve quindi essere respinto.
5. Tutte le censure di cui al quarto motivo sono parimenti infondate e vanno respinte.
5.1. L’appellante ha sostenuto in primo grado l’erroneità, per eccesso, del punteggio attribuito all’offerta tecnica della contro-interessata e, al contempo, la sottovalutazione della sua offerta.
Il primo giudice ha respinto i relativi rilievi ai capi 6 e 6.1. della sentenza impugnata. Nel giungere a tale conclusione, in sintesi:
– ha richiamato il consolidato principio giurisprudenziale in tema di insindacabilità giudiziale del merito delle valutazioni discrezionali e dei punteggi attribuiti dalle commissioni giudicatrici delle gare pubbliche in difetto di palesi illogicità, irragionevolezze ed errori;
– ha osservato in linea generale che le deducenti affidavano i rilievi in esame “a confronti operati su griglie parametrate alla propria offerta che, pur richiamando i profili previsti dal disciplinare, sono state poi ulteriormente disaggregate e liberamente scelte, senza alcun aggancio a sub-parametri contenuti nella lex specialis”;
– ha infine ritenuto l’infondatezza delle specifiche censure rivolte avverso i punteggi assegnati per i criteri A.2 (Relazione tecnica di offerta), A.3 (Qualifica del personale), per il sottocriterio A.3, terzo alinea (Curricula vitae dei singoli professionisti responsabili delle varie discipline), per i criteri A.4 (Partecipazione di giovani professionisti) e A.5 (Modalità di interazione/integrazione con la committenza).
5.2. Con la prima censura del mezzo in esame l’appellante sostiene che la tabella da lui proposta e considerata dal primo giudice come avulsa dai parametri della legge di gara è una mera esemplificazione in perfetta linea con la lex specialis, artt. 16 e 18, che consente un facile raffronto tra l’offerta tecnica della deducente e della contro-interessata e dimostra l’irragionevolezza e l’illogicità dei punteggi alle stesse assegnati dalla commissione valutatrice.
L’argomentazione non può essere accolta.
Il primo giudice ha offerto uno spaccato del disallineamento rilevato tra i criteri emergenti dalla legge di gara e quelli considerati nella tabella prodotta in primo grado dall’appellante.
Ha rilevato, in particolare, che “riguardo alla relazione tecnica di offerta, il disciplinare chiariva a pag. 23 che occorreva esplicare le modalità con cui sarebbero state svolte le prestazioni (le modalità di esecuzione della progettazione per le diverse categorie indicate, diagrammi di flusso e cronoprogrammi, metodologia di approccio alle diverse tematiche progettuali in riferimento agli esempi sopra riportati, identificazione di studi e indagini necessari alla redazione dello studio di fattibilità tecnico – economica, di un progetto definitivo, di un esecutivo, modalità di utilizzo di nuove tecnologie per l’espletamento del servizio e loro possibile interoperabilità con i sistemi tradizionali) ma non recava esplicito riferimento agli argomenti indicati dalla ricorrente nella seconda colonna del riquadro a pag. 16 del ricorso che, secondo la medesima, sarebbero stati meglio sviluppati rispetto all’a.t.i. controinteressata”.
L’osservazione coglie nel segno, rendendo piena evidenza delle ragioni per cui è impossibile conferire alla tabella di cui trattasi la valenza meramente esemplificativa opposta dall’appellante, con ogni conseguenza che ne deriva.
Valga un esempio.
L’art. 16, punto 2.a, ha previsto in linea generale che la relazione tecnica di offerta dovesse esplicare le “modalità con cui saranno svolte le prestazioni” in riferimento, tra altro, alla “metodologia di approccio alle diverse tematiche progettuali”.
La tabella predisposta dall’appellante ha “scomposto” tale voce nelle sotto-voci: “Inquadramento urbanistico e programmatico delle aree di interesse”; “Inquadramento geologico e idrogeologico delle aree di interesse”; “Inquadramento rischio sismico e vulcanico delle aree di interesse”; “Aspetti relativi a presidi ambientali, paesaggistici, idraulici”; “Aspetti relativi al processo autorizzativo”; “Ulteriori aspetti – Rischio guasto”; “Ulteriori aspetti – Impatti sulla mobilità ”
Dette sotto-voci, contrariamente a quanto afferma la deducente con le articolate argomentazioni contenute nell’atto di appello, non riproducono i criteri per l’attribuzione dei punteggi indicati nel successivo art. 18: non vi è infatti corrispondenza tra le stesse e gli elementi che il punto A.2 di detto articolo prevedeva di valutare quanto alla “Relazione tecnica di offerta – Punti da 0 a 10”, che erano: “Descrizione della metodologia di approccio progettuale in presenza di situazioni di difformità alle destinazioni e degli indici urbanistici per i lotti individuati e alla predisposizione di piani di esproprio; Descrizione della metodologia di approccio progettuale in contesti territoriali ad elevato rischio geologico e idrogeologico; Descrizione della metodologia di approccio progettuale per la realizzazione di opere in contesti territoriali ad elevato rischio sismico; Descrizione della metodologia di approccio progettuale in contesti territoriali di particolare pregio ambientale e soggetti a vincolo; Descrizione della metodologia di approccio progettuale in relazione a prescrizioni ed indicazioni provenienti da enti in fase autorizzativa e in fase di condivisione; Eventuale utilizzo di nuove tecnologie e le ricadute in termini di qualità del prodotto con evidenza delle problematiche legate alle interazioni con i sistemi tradizionali”.
La tabella in parola contiene quindi una arbitraria disaggregazione e un conseguente riassemblamento di elementi di valutazione scaturenti non dalla legge di gara bensì dalla personale interpretazione che ne ha fatto la deducente, e ciò al fine di evidenziare aspetti presenti nella sua offerta e asseritamente assenti in quella della contro-interessata.
Si tratta di una operazione del tutto inammissibile, perchè stravolge il principale connotato del meccanismo della gara pubblica, che affida la trasparenza, la par condicio e la concorrenzialità della selezione alla precostituzione da parte della stazione appaltante degli elementi di giudizio delle offerte dei concorrenti e alla loro vincolatività e immutabilità nel corso della procedura: pertanto anche in questa sede, come già in primo grado, alla predetta tabella, costituente una sorta di auto-giudizio conseguente alla non consentita rielaborazione dei parametri valutativi predeterminati, non è possibile attribuire alcun valore probatorio.
5.3. Consegue a quanto sopra la reiezione della seconda linea argomentativa del mezzo in esame, che, per contrastare il giudizio reso dalla commissione sull’offerta tecnica del RTI Ic., rileva presunte carenze desunte dalle sotto-voci di cui sopra, o, per affermarne la minore qualità, “mescola” elementi liberamente desunti dall’art. 16 del disciplinare con i puntuali criteri di attribuzione del punteggio previsti dal successivo art. 18, ovvero ancora provvede direttamente all’attribuzione dei punteggi alle due offerte di cui trattasi.
Al cospetto di siffatte doglianze, non può non rammentarsi il principio, ripetuto in giurisprudenza, per cui la valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione valutatrice rientrano nell’ampia discrezionalità di cui essa gode, per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica – qui non rilevabile – sono inammissibili le censure che impingono nel merito di valutazioni per loro natura opinabili, e sollecitano il giudice amministrativo a esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 Cod. proc. amm. (tra tante, Cons Stato, V, 17 gennaio 2019, n. 433; 22 marzo 2016, n. 1168; 26 marzo 2014, n. 1468; 11 dicembre 2015, n. 5655; III, 17 dicembre 2018, n. 7102; 24 maggio 2017, n. 2452; IV, 31 agosto 2018, n. 5129; 9 luglio 2018 n. 4153).
Per tali ragioni, vanno respinte le censure che si appuntano in via generale sull’attribuzione del punteggio di cui ai criteri A.2 (Relazione tecnica di offerta) e A.3 (Qualifica del personale).
5.4. Con riferimento invece ad alcune più specifiche contestazioni, vanno confermate le motivazioni con cui il primo giudice ha respinto:
– il rilievo fondato sul maggior numero di professionisti offerti dalla deducente. Il criterio A.3, terzo alinea, dell’art. 18 del disciplinare prende in considerazione solo il curriculum dei professionisti, ovvero non conferisce al numero degli stessi il rango di elemento di valutazione. L’elemento quantitativo non può farsi neanche rientrare nelle “diverse professionalità ” richieste dal disciplinare come pretende l’appellante, locuzione che afferisce a un aspetto qualitativo dell’offerta dei professionisti;
– il rilievo fondato sul maggior numero di giovani professionisti offerti dalla deducente. Alla luce del criterio A.4, che prevede di valutarne non solo il numero, ma anche le modalità di inserimento, la pretesa dell’appellante alla superiorità sul punto della sua offerta impinge nel merito della scelta tecnica della commissione;
– la rivendica di un maggior punteggio per il criterio A.5, afferente al punteggio (da 0 a 10) da attribuire “in funzione della proposta di dedicare, nel corso dello svolgimento dei singoli contratti attuativi affidati, la presenza di figure specialistiche competenti per i singoli aspetti di progettazione, per un numero minimo di giornate/mese presso la sede della committenza per consultazioni e/o revisioni del materiale prodotto”, e i relativi sub-criteri: 2 punti “per un numero di giornate/mese offerte da 1 a 4”; 7 punti “per un numero di giornate/mese offerte da 5 a 8”; 10 punti “per un numero di giornate/mese offerte > di 8”. Essa fonda su un preteso refuso dell’offerta tecnica della deducente che, per le ragioni già indicate al precedente capo 3.2., non può essere qui riconosciuto come tale.
La sentenza impugnata è parimenti condivisibile laddove ha escluso che l’attribuzione dei punteggi numerici fosse viziata da carenza di motivazione e da contraddittorietà tra i giudizi formulati da alcuni commissari di gara e i corrispondenti coefficienti numerici assegnati. Quanto alla prima censura, si osserva che l’art. 18.1 del disciplinare di gara reca puntuali criteri di valutazione delle offerte, taluni corredati da sub-criteri, cui sono ricollegati punteggi ricompresi in una soglia delineata da un minimo e da un massimo; la circostanza che i sub-criteri non siano a loro volta sempre graduati non determina ex se l’impossibilità di rapportare il punteggio conseguito per il criterio ai previsti elementi che lo stesso impone di valutare, come attestato anche dalla disamina dei rilievi critici appena sopra effettuata, che consente di escludere quanto ai punteggi specificamente contestati dall’appellante la denunziata arbitrarietà della commissione valutatrice. Non è inoltre mancato un sintetico giudizio letterale, espresso nei consueti termini ruotanti intorno al concetto di sufficienza, e alle valutazioni che si collocano a livelli inferiori e superiori a esso. Quanto alla seconda censura, il punteggio finale, in quanto frutto di una valutazione proveniente da un organo collegiale, non può che costituire la sintesi dei giudizi dei suoi componenti. I termini della relativa operazione sono stati predeterminati dall’art. 18.2 del disciplinare, recante il metodo di attribuzione del coefficiente per il calcolo del punteggio complessivo dell’offerta tecnica, che stabilisce che “la commissione procederà con l’attribuzione discrezionale di un coefficiente variabile tra zero e uno da parte di ciascun commissario di gara; successivamente verrà calcolata la media dei coefficienti che sarà moltiplicata per il punteggio massimo attribuibile in relazione al singolo criterio”. Ciò posto, gli atti di causa fanno emergere la congruenza, per ciascun criterio, del rapporto tra i giudizi letterali e i punteggi assegnati, ciò che rileva ai fini della la loro validità . Né i punteggi numerici assegnati possono ritenersi illogici perché le aggettivazioni utilizzate nel giudizio letterale non risultano rapportate per tutti i criteri allo stesso coefficiente numerico, potendo l’evenienza essere ricollegata al diverso peso specifico che i diversi criteri hanno assunto nell’ambito della valutazione complessiva.
6. E’ infondato e va respinto il quinto motivo.
L’appellante torna a lamentare con articolate argomentazioni che il RTI Ic. andava escluso dalla gara per aver trasmesso gli atti a comprova dei requisiti di partecipazione a mezzo PEC e non mediante il sistema AVCpass come prescritto dall’art. 7 del disciplinare di gara, in conformità all’art. 81, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Sul punto, il Collegio può limitarsi a ribadire quanto osservato dal primo giudice che, nel respingere la corrispondente censura svolta in primo grado, ha rilevato che il contro-interessato si è legittimamente avvalso di una facoltà concessa dalla stazione appaltante con nota del 4 settembre 2018 per l’ipotesi di eventuali problemi nel funzionamento del sistema AVCpass. La conclusione è conforme al principio affermato da questa Sezione del Consiglio di Stato con sentenza 23 novembre 2016, n. 4908. Può aggiungersi, quanto all’affermazione dell’insussistenza di tali problemi nel periodo di interesse, che Ic. ne ha fatto constare l’esistenza con comunicazioni del 6 e 7 settembre 2018, agli atti del fascicolo di primo grado, e che, come pure osservato dal primo giudice, non risulta che la diversa modalità di trasmissione abbia impedito alla stazione appaltante di procedere alle verifiche di competenza.
L’appellante torna a lamentare la mancata comprova dell’avvenuta esecuzione del servizio speso in gara da Quantica, relativo alla “Realizzazione di un impianto di compostaggio per il trattamento della FORSU prodotta dai Comuni soci della Ecolan Spa”. Rileva al riguardo che, contrariamente a quanto osservato dal primo giudice, il firmatario del relativo certificato di esecuzione non rivestiva all’epoca la qualità di direttore tecnico della committente, e pertanto non poteva avere “cognizione diretta della circostanza affermata”, come ritenuto dalla sentenza appellata sulla base dell’avvenuta attribuzione allo stesso della predetta qualifica. Sul punto basti osservare che, a prescindere dalla veste formale da attribuirsi al sottoscrittore del certificato, la predetta osservazione sostanziale resta valida, avendo la contro-interessata chiarito nelle proprie difese che il soggetto in parola, nell’ambito della committente, società con capitale interamente pubblico, era responsabile del relativo procedimento e direttore dell’esecuzione del contratto. La stessa esposizione dell’appellante conferma che il soggetto in parola era un “quadro” di Ecolan.
Quanto all’analoga censura svolta in relazione all’incarico di direzione lavori dell’impianto di termovalorizzazione di Acerra conferito da Fibe s.p.a., si rileva che il primo giudice ha puntualmente indicato le risultanze documentali in atti che ne hanno comprovato lo svolgimento; può aggiungersi che si tratta di un impianto di proprietà della stessa stazione appaltante, sicchè, come correttamente rilevato nelle difese della contro-interessata, questa era in possesso di tutti i documenti e le informazioni per verificare il requisito di capacità tecnica investito dalla doglianza.
Parimenti è a dirsi per le ulteriori censure, dello stesso tenore, relative ad altri servizi di progettazione dei quali il primo giudice, a fronte delle contestazioni avanzate dalle deducenti, ha riconosciuto l’effettivo svolgimento sulla base della documentazione proveniente dalla Regione Campania o dal relativo certificato di esecuzione.
Può aggiungersi che molte delle censure come sopra ritenute infondate dal primo giudice e qui minutamente ribadite dall’appellante, fondano su un presupposto, quello della necessità di una verifica istruttoria da parte della stazione appaltante sugli attestati di esecuzione, di cui il Collegio ha rilevato l’erroneità al precedente capo 2.
Le predette conclusioni, e le osservazioni dell’appellante, che principiano con il rilievo che “anche a prescindere dalla corrispondenza tra le quote di partecipazione al raggruppamento e le quote di esecuzione”, per approdare all’affermazione che sussiste la “necessità che il singolo concorrente sia qualificato a eseguire la quota che ha dichiarato di voler assumere in sede di partecipazione alla gara”, confermano la correttezza dell’osservazione del primo giudice in ordine alla genericità della censura, qui pure ribadita, che imputa al RTI contro-interessato la mancata corrispondenza tra i requisiti delle imprese partecipanti e le quote di lavori assunte nell’ambito del raggruppamento.
Infine, il primo giudice ha ritenuto che le carenze evidenziate dalle ricorrenti in ordine alla mancata allegazione da parte del RTI Ic. dei contratti stipulati con alcuni professionisti non avessero efficacia invalidante, non risultando specificate le disposizioni di legge e di disciplinare asseritamente violate. Anche tale osservazione va confermata: la deducente non ha chiarito neanche in questa sede quale puntuale norma di disciplinare prevedesse a pena di esclusione la comprova di cui trattasi, limitandosi genericamente a far discendere il relativo obbligo dal “combinato disposto” di varie previsioni del disciplinare relative ai requisiti generali e speciali.
7. Con l’ultimo mezzo l’appellante, invocando l’effetto devolutivo dell’appello e l’art. 101 Cod. proc. amm., rimette all’esame del Collegio “le eccezioni sollevate in primo grado (con il ricorso introduttivo, i motivi aggiunti del 1/2/19, le memorie del 1/4/19 e del 5/4/19) che qui si intendano per integralmente riportate e trascritte”, assorbite o non esaminate dalla sentenza impugnata, ritenendo di poter illustrare le relative censure, “che si chiede vengano esaminate e accolte”, mediante il rimando ai punti dei predetti atti di primo grado ove esse sono collocate, rimando effettuato esclusivamente tramite l’indicazione del numero dei corrispondenti motivi, delle pagine in cui essi sono contenuti, dei capoversi delle connesse argomentazioni.
Il mezzo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso di appello.
Costituisce jus receptum l’orientamento per cui, ai sensi dell’art. 101, Cod. proc. amm., l’appellante non può limitarsi a un generico richiamo delle ragioni già fatte valere dinanzi al giudice di primo grado, ma ha l’onere di specificare i motivi di appello, contestando specificamente la sentenza impugnata; il fatto che l’appello sia un mezzo di gravame a effetto devolutivo non esclude tale onere (tra tante, di recente, VI, 14 ottobre 2019, n. 6977; IV, 26 aprile 2019, n. 2678; 30 agosto 2018, n. 5100).
Il principio è valido anche per i motivi non esaminati dal primo giudice: il rinvio indeterminato alle censure assorbite e agli atti di primo grado in cui esse sono contemplate, privo della precisazione del loro contenuto, non è idoneo a introdurre nel giudizio di appello i motivi in tal modo solo genericamente richiamati (Cons. Stato, VI, 14 febbraio 2020, n. 1186; 28 marzo 2019, n. 2044; V, 26 ottobre 2016, n. 4471; C.G.A.R.S., 30 maggio 2017, n. 258).
8. Nulla aggiungono alle questioni come sopra trattate le difese svolte dalla parte appellante nelle memorie depositate in corso di giudizio.
9. Per tutto quanto precede l’appello va respinto.
Le spese di giudizio del grado seguono la soccombenza nei confronti di Ic. s.r.l. e sono liquidate come in dispositivo, mentre sono compensate nei confronti delle altre parti resistenti costituite, sussistendone giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna le appellanti alla refusione in favore di Ic. s.r.l. delle spese di giudizio del grado, liquidate nella misura pari a Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00) oltre oneri di legge.
Compensate le altre.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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