Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 1 ottobre 2020, n. 20975.

La massima estrapolata:

La rinuncia alla compensazione del deposito cauzionale rientra nell’autonomia negoziale delle parti contraenti.

Ordinanza 1 ottobre 2020, n. 20975

Data udienza 16 giugno 2020

Tag/parola chiave: Immobili – Locazioni commerciali – Contenzioso relativo ad un sublocazione – Clausola pattizia – Rinuncia espressa da parte del conduttore a far valere i diritti di ritenzione e compensazione che dovessero eventualmente competergli – Prassi di non pagare gli ultimi canoni di locazione – Compensazione con la cauzione versata dal conduttore – Rinuncia

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 27739-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1329/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 12/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI CHIARA.

RILEVATO

che:
Con ricorso depositato al Tribunale di Reggio Emilia il 26 settembre 2016 (OMISSIS) S.r.l. si opponeva a decreto ingiuntivo di pagamento di Euro 10.022,83, oltre interessi e spese, a favore di (OMISSIS) quali canoni di locazione e rimborso di imposta di registro relativamente un contratto di sublocazione di un capannone industriale, eccependo estinzione per compensazione del credito. Si costituiva l’opposta, insistendo nella sua pretesa e, in subordine, prospettando compensazione in relazione a un credito ulteriore relativo al risarcimento di danni.
Il Tribunale, con sentenza n. 484/2017, accogliendo l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo, dichiarando inammissibile la domanda di compensazione avanzata dalla opposta.
(OMISSIS) proponeva appello, cui resisteva controparte. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 22 giugno 2018, lo accoglieva, rigettando pertanto l’opposizione e confermando il decreto ingiuntivo, e condannava l’appellata a rifondere all’appellante le spese di entrambi i gradi.
(OMISSIS) ha proposto ricorso, basato su un unico motivo. Immobiliare Quadrifoglio si e’ difesa con controricorso.

CONSIDERATO

che:
1. Premesso che la parte del ricorso dedicata a quel che viene definito “Fatto e svolgimento del processo” include la completa trascrizione di entrambe le sentenze di merito (incorrendo cosi’ nel c.d. assemblaggio, censurato, per tutti, da S.U. 11 aprile 2012 n. 5698), si da’ atto comunque che l’unico motivo viene rubricato come violazione o falsa applicazione, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli articoli 1362-1371 c.c. in relazione all’articolo 15 del contratto di locazione e agli articoli 1341 e 1342 c.c.
Rileva la ricorrente che la corte territoriale ha totalmente riformato la sentenza del giudice di prime cure, per il quale, “vista l’eccezione di compensazione relativa alla restituzione del deposito cauzionale, il locatore non puo’ rifiutarsi di restituire il deposito cauzionale al conduttore sulla base di generiche contestazioni o semplicemente riservandosi di agire in un separato giudizio per il risarcimento di danni”, per nulla rilevando la rinuncia dell’articolo 15 del contratto di locazione “in ragione della sua genericita’, senza specifica indicazione dei diritti che si rinunciano (con formulazione peraltro ipotetica) che determina la nullita’ della clausola”. Invece, appunto, il giudice d’appello ha ritenuto che l’attuale ricorrente, tramite l’articolo 15 suddetto, “ha rinunciato espressamente alla compensazione”.
Tale decisione – osserva la ricorrente – non potrebbe essere condivisa, in quanto la clausola di rinuncia alla compensazione “deve essere dichiarata inammissibile”.
Si adduce che “la rinuncia alla compensazione e’ un negozio giuridico che puo’ avere struttura unilaterale o bilaterale” ed “essere effettuata prima che operi la compensazione o anche in un momento successivo”, ma comunque “dopo il sorgere del credito, altrimenti mancherebbe l’oggetto del negozio” (viene citata Cass. sez. 3, 13 giugno 2018 n. 15373: “La L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 79, il quale sancisce la nullita’ di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, non impedisce al conduttore di rinunciare all’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale, purche’ cio’ avvenga successivamente alla conclusione del contratto, quando puo’ escludersi che il conduttore si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina e’ preordinata.”: arresto, questo, che fin d’ora deve qualificarsi privo di pertinenza, vertendo sul ben diverso istituto dell’indennita’ di avviamento, debenza del locatore rispetto a un’entita’ pecuniaria che non sussiste al momento della stipula del contratto e si concretizza alla conclusione della sua fase esecutiva, laddove qui si tratta della restituzione di una garanzia subito prestata in diretta conseguenza della stipulazione negoziale).
Il locatore durante la vigenza del contratto – nota ancora la ricorrente – non puo’ disporre del deposito cauzionale, poiche’ questo ha funzione di garantirlo per l’adempimento di tutti gli obblighi del conduttore; e il conduttore, parimenti, durante la vigenza del contratto “non puo’ vantare alcun diritto di credito nei confronti del locatore, quale il diritto alla restituzione del deposito cauzionale”, restituzione che potra’ essere chiesta solo successivamente alla risoluzione del contratto, quando viene meno la sua funzione di garanzia (si richiama ulteriore giurisprudenza di legittimita’, tra cui Cass. sez. 3, 21 aprile 2010 n. 9442: “In materia di locazione, l’obbligazione del locatore di restituire al conduttore il deposito cauzionale dal medesimo versato in relazione gli obblighi contrattuali – tramite la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell’eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante – sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore puo’ esigerne la restituzione. Tuttavia, ove avvenga lo svincolo, volontario o coattivo, dei beni oggetto di deposito, in via di principio non puo’ riconoscersi a siffatta evenienza, proprio in ragione della anzidetta funzione tipica dell’istituto, un effetto diverso ed ulteriore rispetto a quello della perdita della garanzia liquida dal deposito stesso rappresentata, non potendosi, quindi, inferire, sempre e comunque, dalla sua dismissione l’insussistenza di obbligazioni inadempiute del conduttore o di danni da risarcire.”). E dunque, il diritto alla restituzione del deposito cauzionale “sorge e diviene esigibile solo al termine della locazione, come tale avente natura extracontrattuale”: da cio’ deriverebbe l’invalidita’ dell’articolo 15 del contratto di locazione in esame.
L’articolo 15, d’altronde, stabilisce che “il conduttore rinuncia espressamente a far valere diritti di ritenzione o compensazione che dovessero competergli”, e la corte territoriale vi avrebbe ravvisato la volonta’ delle parti “di evitare che il conduttore accumulasse debiti per canone di locazione pretendendo di portarli in compensazione con il deposito cauzionale versato”, affermando che la clausola e’ “consequenziale rispetto ad altre che pongono a carico del subconduttore l’obbligo di versare un deposito cauzionale (articolo 5), il ripristino alla fine del periodo di locazione (articolo 10) e il diritto della sublocatrice di trattenere tutte le somme versate (articolo 14)”. Cio’ non sarebbe condivisibile, perche’ la formulazione dell’articolo 15, come ben argomentato dal primo giudice, sarebbe “palesemente generica”, non individuando “quali siano i diritti di compensazione o di ritenzione” oggetto di rinuncia, e cosi’ non consentendo “al sottoscrittore la possibilita’ di una effettiva conoscenza prima della stipula del contratto”. Inoltre la consequenzialita’ delle clausole indicate dalla corte territoriale – “sforzo di interpretazione del contratto limitato all’articolo 1362 c.c., commi 2-3” (sic) – darebbe luogo ad una interpretazione “abnorme e non rispondente ai reali interessi delle parti”, non essendo ravvisabile nelle clausole 5, 10 e 14 “un qualche riferimento e/o collegamento con la generica clausola di rinuncia (articolo 15) che possa anche solo far ipotizzare una consapevole volonta’ del conduttore di rinunciare a compensare un chissa’ quale suo credito con chissa’ quali i debiti assunti con il locatore”.
2. Il motivo in esame, come si e’ appena visto, agita una pluralita’ di argomenti, talora ictu oculi inconsistenti (come l’affermazione che il diritto alla restituzione del deposito cauzionale versato in relazione a un contratto locatizio sia da qualificarsi extracontrattuale), per sostenere che avrebbe errato il giudice d’appello nell’interpretare l’articolo 15 del contratto che vincolava il resistente, nella vicenda sfociata in questa controversia, con Immobiliare II Quadrifoglio.
In primis, deve rilevarsi che il riferimento alle norme ermeneutiche viene espletato in modalita’ non corrette, in quanto, in realta’, la ricorrente propone una interpretazione dell’articolo 15 del contratto alternativa rispetto a quella adottata dal giudice d’appello, e precisamente tenta di ricondurre – con una valutazione direttamente fattuale che non individua realmente quale canone interpretativo sarebbe stato violato – alla lettura della clausola adottata dal giudice di prime cure. Sotto questo profilo, il motivo patisce una evidente inammissibilita’.
Peraltro, nella gia’ rimarcata pluralita’ di argomenti il motivo riferisce la sua critica anche alla natura della clausola di rinuncia, che sarebbe a suo avviso nulla. In particolare, essa sarebbe nulla perche’ la sua sottoscrizione ex articolo 1341 c.c. non varrebbe, dal momento che sarebbero state doppiamente sottoscritte tutte le clausole del contratto. Si tratta, in realta’, di una questione nuova proposta nel ricorso, non risultando dalla descrizione della vicenda processuale offerta dalla stessa ricorrente un suo precedente inserimento nel thema decidendum. La stessa corte territoriale, d’altronde, argomentando sul contenuto dell’articolo 15 del contratto, richiama le duplici sottoscrizioni ex articoli 1341 e 1342 c.c. in relazione, pero’, soltanto ad alcune specifiche clausole, e cioe’, oltre all’articolo 15, agli articoli 5, 10 e 14 del contratto (sentenza d’appello, pagina 4).
Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorso patisce inammissibilita’.
3. Infine, deve osservarsi che, tra le sue varie argomentazioni, la ricorrente affronta pure la natura giuridica della clausola di cui all’articolo 15 del contratto, che cosi’ recita:
“Rinuncia alla compensazione e ritenzione. Il conduttore rinuncia espressamente a far valere i diritti di ritenzione e compensazione che dovessero eventualmente competergli”.
Anzitutto, non e’ qualificabile “inammissibile” una clausola contrattuale, come invece prospetta la ricorrente (ricorso, pagina 18). Per il resto, deve darsi atto che si sostiene che la clausola dovrebbe valere “dopo il sorgere del credito, altrimenti mancherebbe l’oggetto del negozio”: non si comprende, tuttavia, la pregnanza di questa critica, dato che la clausola si rapporta ictu oculi alla fase esecutiva del contratto per configurare gli obblighi del conduttore nel senso, in sostanza, di un peculiare solve et repete con specifico riferimento, per quanto qui interessa, all’eccezione di compensazione come forma di estinzione del credito del locatore, estinzione che viene esclusa nell’ambito di un evidente equilibrio sinallagmatico che le parti hanno perseguito pure sotto il profilo della tutela del locatore. Il che non confligge con alcun principio di diritto, dal momento che ormai si e’ ben compreso che nel contratto di locazione ad uso non abitativo non sussiste una parte “debole” meritevole di peculiare salvaguardia nella conformazione, appunto, del concreto sinallagma (cfr., da ultimo, in ordine alla determinazione del canone, la quanto mai significativa Cass. sez. 3, 26 settembre 2019 n. 23896), essendo del tutto aperta anche in questo tipo di contratto la liberta’ negoziale laddove non trovi specifici freni normativi, il suo esito quale regolamento dovendosi poi interpretare alla luce dello scopo pratico ricercato dai contraenti (cfr., p. es., Cass. sez. 3, 19 marzo 2018 n. 6675).
Disponendo la rinuncia del conduttore all’eccezione di compensazione, in riferimento – per quanto qui interessa – al deposito cauzionale, e’ evidente che le parti hanno perseguito lo scopo di impedire un utilizzo del deposito cauzionale non conforme alla sua funzione di garanzia quanto alle condizioni in cui viene restituito l’immobile al momento del rilascio: funzione di garanzia relativa, quindi, all’obbligazione di risarcimento di danno effettuato dal cauzionante che e’ stata chiaramente riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (v. Cass. sez. 3, 21 aprile 2010 n. 9442, invocata proprio dalla ricorrente come sopra si e’ visto, nonche’, da ultimo, Cass. sez. 3, 5 luglio 2019 n. 18069), onde, nel tutelarla con la concreta conformazione del regolamento negoziale, le parti non sono entrate in una posizione di discrasia rispetto ai principi normativi attinenti al tipo di contratto, bensi’ li hanno potenziati e specificati, esercitando la loro autonomia negoziale.
Infondata manifestamente si appalesa, pertanto, anche questa parte del motivo, assorbendo quanto si e’ appena chiarito ogni altro rilievo.
4. In conclusione il ricorso risulta infondato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2500, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonche’ agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *