La responsabilità dell’Amministrazione

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 26 febbraio 2020, n. 1419.

La massima estrapolata:

La responsabilità dell’Amministrazione deve essere negata quando l’indagine conduce al riconoscimento dell’errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto o di diritto, determinatasi anche a seguito di pronunce intervenute sulla vicenda contenziosa.

Sentenza 26 febbraio 2020, n. 1419

Data udienza 23 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4728 del 2019, proposto dalla Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Na., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
la dottoressa Fr. Lo., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ge. e Fr. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tar Calabria, sede di Catanzaro, sez. II, n. 1059 del 28 maggio 2019, non notificata, con la quale è stato accolto il ricorso concernente il risarcimento danni da atto illegittimo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione della dottoressa Fr. Lo. del 4 settembre 2019;
Vista la memoria difensiva della Regione Calabria del 16 dicembre 2019;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La dottoressa Fr. Lo. ha partecipato all’avviso pubblico ai fini dell’inserimento nella graduatoria unica regionale dei medici aspiranti al convenzionamento per la medicina di base, valevole per l’anno 2006.
In detta graduatoria, pubblicata sul BURC Calabria il 18 maggio 2007, la dottoressa Lo. ha riportato un punteggio di 17,25 mentre alle colleghe, dottoresse Gi. Ni. e An. Pa. è stato illegittimamente computato il punteggio aggiuntivo di 7,20 previsto per la frequenza ed il relativo esame finale del corso di medicina generale “Bo.” – attribuito alle medesime anche per la graduatoria di medicina generale valevole per l’anno 2002 – che ha impedito alla Lo. di ottenere l’incarico a cui aspirava.
Nei riguardi delle dottoresse Ni. e Pa. erano stati adottati provvedimenti di diniego di ammissione alla frequenza del corso che sono stati impugnati dalle interessate dinanzi al Tar Catanzaro che, in sede cautelare, li ha sospesi (ordinanze nn. 240 e 241 del 2001), ammettendo con riserva le ricorrenti alla partecipazione al corso. Effettuato l’esame finale e conseguito il relativo attestato, la difesa delle dottoresse Ni. e Pa. ha chiesto la dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei ricorsi pendenti, dichiarata con le sentenze nn. 1922 e 1924 del 25 febbraio 2002. La Regione Calabria, non essendo intervenuta una pronuncia di merito sul punto, rilevata la reviviscenza dell’originario provvedimento di diniego di ammissione alla frequenza del corso “Bo.”, ha proceduto all’esclusione definitiva dalla graduatoria del 2002 delle dottoresse Ni. e Pa..
Quest’ultime hanno impugnato le relative esclusioni dinanzi al Tar Catanzaro, ottenendone la sospensione in sede cautelare (ordinanze nn. 120 e 122 del 20 febbraio 2003).
La collocazione in graduatoria con il punteggio aggiuntivo è stata riportata nella graduatoria valevole per l’anno 2006. La dottoressa Lo., la quale non si è vista assegnare l’incarico di medicina di base, ha impugnato tale nuova graduatoria. Il Tar Catanzaro, ritendendo che il superamento della prova finale da parte delle due dottoresse avesse assorbito i provvedimenti con le quali le interessate non erano state ammesse al corso “Bo.”, ha rigettato il ricorso della dottoressa Lo. con sentenza n. 2819 del 29 novembre 2010. Avverso tale sentenza, la dottoressa Lo. ha proposto appello al Consiglio di Stato che, con sentenza n. 3018 del 14 maggio 2015, lo ha accolto, rilevando che l’ammissione con riserva, anche quando il concorrente risulti vincitore del concorso, è un provvedimento cautelare che non fa venir meno l’interesse alla definizione del merito del ricorso, sicché la declaratoria di improcedibilità dei ricorsi, costituenti rei iudicatae, ha determinato il definitivo consolidamento dei provvedimenti impugnati e ha fatto venir meno anche l’efficacia delle ordinanze cautelari nn. 240 e 241 del 2001, con la conseguenza che le dottoresse Ni. e Pa. non avrebbero potuto opporre alla Lo. il punteggio superiore derivante dal corso di formazione. Il Consiglio di Stato ha così provveduto ad annullare in parte qua la graduatoria valevole per l’anno 2006.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Calabria, sede di Catanzaro, la dottoressa Lo. ha chiesto il risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittima attività amministrativa della Regione Calabria nella formazione della graduatoria valevole per l’anno 2006. La misura interinale ottenuta dalle dottoresse Ni. e Pa. con le ordinanze nn. 120 e 122 del 20 febbraio 2003 avrebbe dovuto valere solo riguardo alla graduatoria pregressa relativa all’anno 2002 e non anche rispetto alla distinta ed autonoma graduatoria del 2006. Per effetto di tale graduatoria, la ricorrente avrebbe ottenuto l’incarico di convenzionamento a tempo indeterminato solo con decorrenza primo gennaio 2016.
3. Con sentenza n. 1059 del 28 maggio 2019, il Tar Catanzaro ha accolto il ricorso. In particolare il Tar, disattesa la censura di parte resistente in ordine alla tardività della domanda risarcitoria, ha ritenuto dimostrato in atti la circostanza secondo cui, in assenza dell’errore della Regione Calabria nell’assegnazione del punteggio alle dottoresse Ni. e Pa., la ricorrente avrebbe ottenuto il bene della vita richiesto. Il primo giudice ha ritenuto sussistenti gli elementi di imputabilità del danno alla Regione, della colpa di apparato della medesima e del nesso causale tra la condotta illegittima e il danno. Il Tar ha, infine, liquidato il danno in base all’art. 34, comma 4, c.p.a., facendo onere alla resistente di proporre alla dottoressa Lo. un risarcimento equitativamente commisurato al 50% dei compensi lordi che sarebbero spettati per il mancato convenzionamento.
3. La citata sentenza n. 1059 del 28 maggio 2019 è stata impugnata dalla Regione Calabria con appello notificato e depositato il 4 giugno 2019.
In particolare, il Tar avrebbe errato:
a) nel respingere l’eccezione preliminare di decadenza dall’azione risarcitoria.
Al contrario, secondo la giurisprudenza costituzionale, lo spartiacque tra l’applicazione del regime decadenziale codicistico, in luogo di quello prescrizionale ordinario, sarebbe da rinvenire nel momento della proposizione della domanda risarcitoria. Seguendo tale impostazione, nel caso concreto sarebbe da applicare l’art. 30, comma 5, c.p.a. ma, qualora tale tesi non fosse condivisa, sarebbe in ogni caso ampiamente prescritto il diritto della dottoressa Lo. a marzo 2018 (data di notifica del ricorso di prima grado), decorrendo il termine di prescrizione dalla pubblicazione sul BURC dell’atto illegittimo;
b) nel ravvisare l’elemento soggettivo della colpa addebitale alla Regione.
Al contrario, l’appellante sarebbe stata costretta, dalla efficacia esecutiva di pronunce cautelari e di merito, ad adeguarsi ad una interpretazione che non condivideva, ma che lo stesso Tar le avrebbe imposto. Lo stesso Consiglio di Stato, avrebbe rilevato nella sentenza n. 3018 del 2015 l’evidente error in iudicando nel quale è incorso il primo giudice;
c) nel travisare le prove e nel determinare in dettaglio ed in via equitativa la somma asseritamente dovuta.
Al contrario, l’appellata non avrebbe dimostrato che la posizione delle dottoresse Ni. e Pa. le avrebbe impedito di conseguire il bene della vita richiesto, sicché mancherebbe il nesso di causalità tra la condotta della Regione e il danno lamentato dalla dottoressa Lo.;
d) nel non pronunciarsi sulla dedotta mancata impugnazione, da parte della dottoressa Lo., delle graduatorie del 2004 e del 2005 con conseguente applicazione dell’art. 1227 c.c. in punto di esclusione del danno o, in via equitativa, di riduzione dello stesso.
4. Si è costituita in giudizio la dottoressa Lo., sostenendo l’infondatezza dell’appello.
5. Con ordinanza cautelare n. 3577 del 12 luglio 2019, è stata accolta l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar Calabria, sede di Catanzaro, sez. II, n. 1059 del 28 maggio 2019.
6. Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato, e ciò consente al Collegio di prescindere dall’esame dell’eccezione, sollevata dalla Regione Calabria, di tardività della costituzione scritta dell’appellata e delle conseguenti domande ed eccezioni reiterate con l’atto di costituzione.
Va preliminarmente respinta l’eccezione di decadenza dall’azione risarcitoria sollevata dalla Regione Calabria. Infatti, secondo un orientamento ormai consolidato (Cons. St., A.P., 6 luglio 2015, n. 6; id., sez. III, n. 2913 del 7 maggio 2019), qualora la fonte di responsabilità aquiliana della Pubblica amministrazione si sia perfezionata prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice del processo amministrativo, deve trovare applicazione la disciplina previgente, con la conseguenza che all’azione risarcitoria da illegittimo esercizio della funzione amministrativa proposta in via autonoma dopo l’annullamento degli atti amministrativi si applica il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947, primo comma, c.c.; in dette ipotesi il momento iniziale del decorso del termine quinquennale dell’azione di risarcimento va individuato nella data del passaggio in giudicato della decisione di annullamento del giudice amministrativo (Cons. St. n. 4874 del 2018; n. 4752 del 2017; n. 361 del 2017; n. 190 del 2017), rappresentata, nel caso all’esame del Collegio, dalla sentenza n. 3018 del 14 maggio 2015, passata in giudicato il 17 settembre 2016. Ne consegue che alla data (marzo 2018) di proposizione dell’azione risarcitoria autonoma dinanzi al Tar Catanzaro il termine quinquennale di prescrizione dell’azione di risarcimento non era ancora decorso.
2. Passando al merito, giova ricordare che presupposti per la liquidazione del risarcimento dei danni sono: a) la colpa (o il dolo) dell’Amministrazione; b) l’effettiva sussistenza del danno; c) il nesso di causalità fra il provvedimento ed il danno (Cons. St., sez. III, 9 giugno 2014, n. 2896). Tale presupposti devono coesistere, con la conseguenza che è sufficiente la mancanza di uno di essi per escludere il diritto al risarcimento del danno.
Nella specie ciò che, ad avviso del Collegio, non è configurabile è l’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo alla Regione Calabria.
A riprova della correttezza di tale conclusione si impone la ricostruzione della complessa vicenda giudiziaria, connotata dall’intervento negli anni di diversi pronunce, soprattutto di primo grado, che hanno segnato l’attività della Regione.
La Regione Calabria, infatti, non essendo intervenuta sull’ammissione delle dottoresse Ni. e Pa. alla frequenza del corso “Bo.” una pronuncia di merito ma una mera ammissione con riserva disposta in sede cautelare ed una successiva declaratoria di improcedibilità (sentenze nn. 1922 e 1924 del 25 febbraio 2002, queste addirittura relative al diniego di ammissione al corso di formazione specifica in medicina generale per l’anno 1999), conseguente al superamento del corso stesso, rilevata la reviviscenza dell’originario provvedimento di diniego di ammissione, aveva proceduto all’esclusione definitiva dalla graduatoria del 2002.
Con ordinanze nn. 120 e 122 del 20 febbraio 2003 il Tar Catanzaro ha sospeso l’esclusione, con la conseguenza che con il punteggio aggiuntivo è stato considerato ai fini della collocazione nella graduatoria valevole per l’anno 2006. Tali ordinanze non sono state seguite da sentenze di merito.
Con successiva sentenza n. 2819 del 29 novembre 2010 il Tar Catanzaro ha pronunciato sul ricorso proposto dalla dottoressa Lo. per l’annullamento della graduatoria regionale dei medici aspiranti al convenzionamento per la medicina generale di base valevole per l’anno 2006, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria del 18 maggio 2007, nella parte in cui ha riconosciuto alle dottoresse Gi. Ni. e St. Pa. il punteggio di 7,20, a suo discapito, per la frequenza del corso di medicina generale “Bo.” dalla stesse effettuato. Il Tar ha respinto il ricorso sul rilievo che l’avvenuto superamento della prova finale ha assorbito i provvedimenti con i quali le interessate non erano state ammesse per aver iniziato in ritardo a frequentare il corso di formazione. Ha aggiunto che l’esame finale superato dalle dottoresse Gi. Ni. e St. Pa. costituisce un fatto nuovo, sopravvenuto ai provvedimenti di esclusione ed assorbente, che ha decretato la definitiva perdita di efficacia dei provvedimenti di mancata ammissione, con conseguente impossibilità di una loro reviviscenza. Ne consegue, sempre ad avviso del giudice di primo grado, la legittima attribuzione alle predette due dottoresse, del punteggio di 7,2 in virtù del possesso dell’attestato di formazione di medicina generale, avendo le stesse superato l’esame finale.
La sentenza n. 2819 del 29 novembre 2010 è stata riformata dal giudice di appello (sez. III, n. 3018 del 14 maggio 2015), che ha definito “evidente” l’errore in iudicando nel quale è incorso il primo giudice nel non considerare che in realtà l’ammissione con riserva, anche quando il concorrente abbia superato le prove e risulti vincitore del concorso, è un provvedimento cautelare che non fa venir meno l’interesse alla definizione del ricorso nel merito, poiché tale ammissione è, appunto, subordinata alla verifica della fondatezza delle sue ragioni e, cioè, “con riserva” di accertarne la definitiva fondatezza nel merito, senza, però, pregiudicare nel frattempo la sua legittima aspirazione a sostenere le prove, aspirazione che sarebbe irrimediabilmente frustrata se la sentenza a lui favorevole sopraggiungesse all’esaurimento della procedura concorsuale e fosse quindi, a quel punto, inutiliter data, vanificando l’effettività della tutela giurisdizionale. Ne consegue che il superamento delle prove concorsuali da parte del concorrente ammesso con riserva non rende, dunque, improcedibile l’originario ricorso avverso la sua esclusione, perché un provvedimento cautelare, per definizione, non può soddisfare stabilmente e interamente le ragioni del ricorrente nel processo amministrativo, ove ad esso non segua l’accertamento definitivo delle sue ragioni.
Sempre ad avviso del giudice di appello, le dottoresse Gi. Ni. e St. Pa. non possono opporre alla dottoressa Lo. il punteggio di 7,20 derivante dal possesso dell’attestato del corso di formazione di medicina generale, per avere le stesse superato l’esame finale, in quanto esse, venuta meno l’efficacia del provvedimento cautelare della loro ammissione con riserva al corso per loro stessa dichiarazione di difetto di interesse, non potevano essere utilmente incluse nella graduatoria, essendosi definitivamente consolidato, con l’autorità del giudicato formatosi sul punto, il provvedimento di esclusione, dalle stesse impugnato, in seguito alla declaratoria di improcedibilità del loro ricorso.
Da tale complesso quadro si rileva come la Regione abbia agito sulla base delle pronunce del Tar Catanzaro, che avevano sospeso il provvedimento di esclusione dall’ammissione delle dottoresse Ni. e Pa. alla frequenza del corso “Bo.”, e dei principi dallo stesso Tar enunciati.
Lo stesso giudice di appello ha rilevato “l’error in iudicando” in cui è incorso il Tar, al quale ha poi fatto seguito la successiva, doverosa azione amministrativa. E’ infatti utile ricordare l’efficacia immediata che hanno sia le pronunce cautelari che le sentenza del giudice di primo grado, anche se appellate, ove non siano state sospese.
Non è dunque configurabile l’elemento soggettivo della colpa – né tantomeno del dolo – necessario per riconoscere il diritto al risarcimento dei danni, elemento soggettivo di cui il giudice di primo grado ha, con l’impugnata sentenza, ammesso l’esistenza ma senza per nulla motivare.
Il Tar si è infatti limitato ad affermare “di riscontrare, nella fattispecie concreta, anche gli elementi dell’imputabilità del danno alla Regione Calabria, della colpa di apparato della medesima – per violazione delle regole d’imparzialità, correttezza e buona fede, cui l’esercizio della funzione pubblica si deve costantemente attenere (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1356 del 2016) – e del nesso causale tra condotta illegittima e danno”, senza però chiarire sotto quale profilo in questa complessa vicenda giudiziaria la Regione abbia sbagliato, a fronte delle tante pronunce cautelari e di merito dello stesso Tar, che avevano indirizzato l’operator della Regione. Di fatto, ove l’esclusione dall’ammissione delle dottoresse Ni. e Pa. alla frequenza del corso “Bo.” non fosse stata sospesa, l’appellata non avrebbe dovuto attendere il 2016 per ottenere l’incarico di convenzionamento a tempo indeterminato.
E se è vero che l'”error in iudicando” – come è stata definita dalla sentenza del Consiglio di Stato la decisione del Tar Catanzaro relativa alla graduatoria del 2006 – è iniziato in realtà già con riferimento alle pronunce intervenute per la graduatoria del 2002, certo è che esso è stato replicato con riferimento alle successive graduatorie incorrendo in errore sicuramente giustificabile, indotto dalle decisioni del giudice di primo grado che avevano inizialmente dichiarato viziato l’operato della stessa Amministrazione.
La Regione, dunque, che aveva inizialmente ben individuato il corretto agere, a fronte delle pronunce del Tar Catanzaro – che avevano imposto all’Amministrazione di considerare, per la graduatoria relativa all’anno 2002, il punteggio aggiuntivo di 7,2 – e del valore attribuito dallo stesso Tar all’ammissione con riserva delle dottoresse Ni. e Pa. alla frequenza del corso “Bo.”, ha rimodulato le proprie determinazioni sulla base di tali decisioni, con la conseguenza che se il proprio operato non è stato corretto, certamente l’errore in cui è incorsa è scusabile. Solo la sentenza di questa Sezione n. 3018 del 16 giugno 2015, in riforma della sentenza del Tar Catanzaro, ha fatto chiarezza su come la Regione avrebbe dovuto operare.
Trovano pertanto applicazione i principi giurisprudenziali (Cons. St., sez. IV, 7 gennaio 2013, n. 23; sez. V, 31 luglio 2012, n. 4337) secondo cui la responsabilità dell’Amministrazione deve essere negata quando l’indagine conduce al riconoscimento dell’errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto o di diritto, determinatasi anche a seguito di pronunce intervenute sulla vicenda contenziosa. La responsabilità dell’Amministrazione può essere affermata nei soli casi in cui l’azione amministrativa ha disatteso, in maniera macroscopica ed evidente, i criteri della buona fede e dell’imparzialità, restando ogni altra violazione assorbita nel perimetro dell’errore scusabile (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, 31 marzo 2015, n. 1683; 28 luglio 2015, n. 3707). La riconoscibilità dell’errore scusabile deve scaturire dalla non “rimproverabilità ” del vizio riscontrato (Cons. St., sez. III, n. 1500 del 4 marzo 2019).
3. In conclusione, poiché i tre presupposti necessari per l’accoglimento dell’istanza risarcitoria (id est, elemento soggettivo, elemento oggettivo e nesso di causalità ) devono coesistere, la mancanza dell’elemento della colpa avrebbe dovuto comportare la reiezione della domanda di risarcimento da parte del Tar Catanzaro, la cui sentenza n. 1059 del 28 maggio 2019, che ha invece accolto la relativa istanza presentata dalla dottoressa Lo., deve dunque essere annullata.
La complessità della vicenda contenziosa comporta la compensazione tra le parti delle spese e degli onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tar Catanzaro, sez. II, n. 1059 del 28 maggio 2019, che annulla, respinge il ricorso proposto dalla dottoressa Fr. Lo. per ottenere il risarcimento danni da atto illegittimo.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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