Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 gennaio 2023| n. 195.
La prova della “participatio fraudis” (rectius: scientia damni) del terzo
La prova della “participatio fraudis” (rectius: scientia damni) del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente.
Ordinanza|5 gennaio 2023| n. 195. La prova della “participatio fraudis” (rectius: scientia damni) del terzo
Data udienza 8 novembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Banca – Articolo 2393 cc – Azione sociale di responsabilità – Risarcimento danni – Presupposti – Determinazione del quantum – Parametri – Eventus damni – Consilium fraudis – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Criteri
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27991-2021 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in (OMISSIS) presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del procuratore speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2491/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 2/08/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’8/11/2022 dal Presidente Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
La prova della “participatio fraudis” (rectius: scientia damni) del terzo
FATTI DI CAUSA
In data 9 giugno 2007 l’assemblea dei soci dell’allora (OMISSIS) Soc. Coop. (poi (OMISSIS) S.p.a. a seguito di fusione di (OMISSIS) Soc. Coop. e della (OMISSIS) s.c.a r.l., avvenuta con atto notarile datato 13 dicembre 2016), di seguito indicata, per brevita’, come Banca, delibero’ di proporre un’azione sociale di responsabilita’ ex articolo 2393 c.c. nei confronti degli ex membri del Consiglio di Amministrazione e dell’organo di controllo della medesima Banca in ragione di alcune condotte illecite poste in essere dagli stessi ai danni della Banca Popolare Italiana e delle sue controllate.
Con atto di citazione del 23 marzo 2008, la predetta Banca propose quindi l’azione di responsabilita’ innanzi al Tribunale di Lodi nei confronti, tra gli altri, di (OMISSIS).
Con pronuncia n. 270 del 18 marzo 2015, il Tribunale di Lodi rigetto’ le domande della Banca, in quanto non avrebbero tenuto conto, nella definizione del quantum, delle transazioni intervenute medio tempore con i convenuti.
Avverso tale sentenza interpose gravame la Banca con atto datato 25 maggio 2015 e, con sentenza n. 845 del 2020, la Corte territoriale di appello di Milano condanno’ (OMISSIS), in via solidale con altre persone, al risarcimento del danno liquidato in favore della Banca nella complessiva somma di Euro 120.330.415,55, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla domanda al saldo.
Nel frattempo, con atto di citazione ex articolo 2901 c.c., notificato il 13 marzo 2015, la Banca convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lodi, (OMISSIS) ed il di lui figlio (OMISSIS) al fine di ottenere la dichiarazione di inefficacia della donazione intercorsa il 18 novembre 2013 con la quale il padre aveva donato al figlio, riservandosi il diritto di usufrutto, la nuda proprieta’ del 25% del capitale della (OMISSIS) S.r.l. nonche’, limitatamente alla quota del 50% dei beni immobili che ne sono oggetto, dell’atto di compravendita datato 16 ottobre 2012 con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano venduto a (OMISSIS) la piena proprieta’ dei detti immobili.
Dedusse la Banca che i predetti atti dispositivi erano stati posti in essere da (OMISSIS) per depauperare il proprio patrimonio in favore del figlio, (OMISSIS), nella consapevolezza del pregiudizio che tali atti avrebbero arrecato alle ragioni di credito del (OMISSIS) scaturite dalla responsabilita’ per le gia’ indicate condotte illecite.
Si costituirono in giudizio i (OMISSIS) e contestarono le pretese di controparte deducendo l’insussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per l’azione ex articolo 2901 c.c..
Con sentenza n. 929 del 2019, il Tribunale di Lodi dichiaro’ inefficaci nei confronti della Banca gli atti dispositivi oggetto del contenzioso.
Avverso tale decisione proposero appello (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo la mancata indicazione, nella pronuncia impugnata, della quantificazione del danno che, se operata, avrebbe condotto ad una esclusione dell’eventus damni, e lamentando al riguardo l’assenza di motivazione. Dedussero gli appellanti, inoltre, il difetto del pregiudizio delle ragioni creditorie della Banca, sulla scorta della “irrisorieta’” dell’importo dovuto alla stessa da (OMISSIS) e della garanzia gia’ ottenuta dalla creditrice con il sequestro avvenuto in Svizzera. Sostennero, infine, gli appellanti l’assenza del consilium fraudis in capo a (OMISSIS) e il difetto della partecipatio fraudis in capo a (OMISSIS), poiche’ la notorieta’ dei fatti riguardanti l’azione di responsabilita’ sociale posta dal giudice di primo grado a fondamento della ritenuta partecipatio sarebbe stata meramente affermata dal (OMISSIS), non essendo il figlio a conoscenza dei procedimenti penali del padre.
La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2491 del 2021, pubblicata il 2 agosto 2021, rigetto’ l’appello, confermando integralmente la decisione n. 929/2019, resa dal Tribunale di Lodi.
Avverso la sentenza della Corte territoriale (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione basato su due motivi e illustrato da memoria.
Il (OMISSIS) S.p.a. ha resistito con controricorso, pure illustrato da memoria.
La proposta del relatore e’ stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c..
La prova della “participatio fraudis” (rectius: scientia damni) del terzo
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la “violazione dell’articolo 111 Cost., comma 6, dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 1 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, per aver la Corte di merito “fornito una motivazione del tutto apparente” in merito alla sussistenza del presupposto soggettivo in capo a (OMISSIS).
La Corte avrebbe riproposto, secondo la tesi ricorrente, apoditticamente la motivazione formulata dal Tribunale di Lodi circa la sussistenza del scientia damni in capo a (OMISSIS), limitandosi ad affermarla sulla base della concomitanza temporale tra gli atti in esame con le fasi processuali dell’azione di responsabilita’.
Non sarebbero invece state considerate, argomentano i ricorrenti, le loro deduzioni tese a dimostrare la posteriorita’ degli atti dispositivi contestati rispetto agli accordi transattivi tra la Banca e gli ex amministratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e, quindi, alla completa presa di coscienza da parte dei soggetti coinvolti nell’azione di responsabilita’ delle conseguenze che da tali accordi sarebbero derivate nella liquidazione del danno, anche nel caso di accertamento di responsabilita’ a carico di uno o piu’ degli ex amministratori della Banca.
1.1. Il motivo e’ infondato.
Va anzitutto evidenziato che la Corte di appello di Milano ha correttamente accertato la posteriorita’ degli atti oggetto di causa, rispetto all’insorgenza del debito. Nel caso di credito litigioso, comunque idoneo a determinare l’insorgere della qualita’ di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, infatti, per stabilire se esso sia o meno sorto anteriormente all’atto di disposizione del patrimonio e’ necessario fare riferimento alla data del contratto, ove sia un credito di fonte contrattuale, o a quella dell’illecito, qualora si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito e, quindi, nella specie occorre far riferimento alla data dell’illecito produttivo del danno di cui all’azione di responsabilita’ sociale (v. Cass. n. 11121 del 10/06/2020).
Logica conseguenza di tale statuizione e’ l’applicabilita’ del principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, con riferimento all’elemento soggettivo, condizione per il suo esercizio e’ la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonche’, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore, con la precisazione che la prova relativa alla conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio alle ragioni creditorie puo’ essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento e’ devoluto al giudice di merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ ove congruamente motivato (Cass., ord., n. 16221 del 18/06/2019; Cass. n. 5618 del 22/03/2016; Cass. n. 27546 del 30/12/2014).
La prova della “participatio fraudis” (rectius: scientia damni) del terzo
E nella specie la Corte territoriale ha, sia pur sinteticamente, motivato in relazione alla consapevolezza del pregiudizio che gli atti dispositivi in questione posti in essere da (OMISSIS) avrebbero recato alla Banca, evidenziando – in base ad un accertamento in fatto incensurabile in sede di legittimita’ – la concomitanza degli atti dispositivi con l’azione di responsabilita’ gia’ richiamata e l’anteriorita’ rispetto a tali atti degli illeciti produttivi del danno lamentato e preteso con l’azione appena richiamata, illeciti cui solo occorre far riferimento ai fini che qui interessano. Ne’ rilevano mutui e finanziamenti eventualmente concessi dalla Banca in favore di societa’ che sono comunque soggetti diversi da (OMISSIS), pur se asseritamente riconducibili allo stesso, evidenziandosi, peraltro che a tali circostanze non si fa alcun cenno nella sentenza impugnata e che il ricorrente che proponga una questione in sede di legittimita’ ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 28 settembre 2008, n. 20518; Cass. 18/10/2013, n. 23675) e a tanto non hanno provveduto i ricorrenti nel caso all’esame.
Pertanto la sentenza impugnata e’ motivata sul punto cui si riferisce il mezzo in scrutinio e la motivazione non e’ – contrariamente all’assunto dei ricorrenti – meramente apparente.
2. Con il secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti denunciano la “violazione dell’articolo 2901 c.c., comma 1, articolo 115 c.p.c. e articolo 97 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360, comma 10, n. 3 (c.p.c.)”, per aver la Corte di appello posto a fondamento della ritenuta sussistenza della partecipatio fraudis in capo a (OMISSIS) esclusivamente un’unica presunzione semplice.
Tale presunzione consterebbe nell’aver la Corte giudicante ritenuto che (OMISSIS), stante lo stretto rapporto di parentela con il padre (OMISSIS), fosse necessariamente consapevole del pregiudizio che l’atto dispositivo oneroso posto in essere dal padre avrebbe recato al Banco.
Il ricorrente argomenta che, per sostenere la gravita’ e precisione della presunzione cui avrebbe fatto ricorso, la Corte di merito avrebbe richiamato fatti notori (la “vasta eco” che avrebbe avuto l’instaurazione del giudizio di responsabilita’ sociale da parte della Banca nei confronti dei propri ex amministratori e sindaci), considerando impossibile che di essi non fosse a conoscenza (OMISSIS).
Ad avviso dei ricorrenti la Banca non avrebbe mai fornito prova della notorieta’ del coinvolgimento di (OMISSIS) nel ricordato giudizio.
Parte ricorrente richiama in tal proposito i principi di questa Corte, secondo i quali il fatto notorio deve essere inteso come fatto acquisito dalla collettivita’, dalla cui nozione restano estranei le acquisizioni specifiche di natura tecnica (Cass. n. 25218 del 2018) e sostiene che il suo coinvolgimento nelle vicende giudiziali de quibus non avrebbe potuto essere conoscibile da un uomo di media cultura, richiedendo invece una conoscenza di natura tecnica degli atti processuali, stante il suo ruolo di amministratore privo di deleghe.
La Corte territoriale avrebbe quindi, secondo la tesi ricorrente, fatto utilizzo non di un fatto notorio, ma di una scienza privata (il coinvolgimento di (OMISSIS) nelle vicende giudiziali derivanti dall’azione di responsabilita’) al fine di ritenere sussistenti i requisiti di gravita’ e precisione, e quindi poter utilizzare, in asserita assenza dei presupposti, la presunzione semplice per affermare la partecipatio fraudis di (OMISSIS).
2.1. Il motivo va complessivamente rigettato.
Va posto in rilievo che gli stessi ricorrenti rappresentano (v. ricorso p. 10 e 11) che il convincimento della Corte di merito circa la sussistenza della partecipatio fraudis (rectius: scientia damni) in capo a (OMISSIS) si fonda su un’unica circostanza e cioe’ che “in considerazione del mero rapporto di parentela tra gli odierni ricorrenti, il Dott. (OMISSIS) doveva necessariamente essere consapevole del pregiudizio che l’atto dispositivo oneroso posto in essere dal Dott. cav. (OMISSIS) avrebbe arrecato al Banco” e che solo “per giustificare la precisione e la gravita’ della presunzione relativa al rapporto parentale, la Corte richiama quelli che, a suo dire, sarebbero fatti notori, che, in quanto tali, non potevano non essere a conoscenza del Dott. (OMISSIS), in quanto figlio del Dott. cav. (OMISSIS)”.
Va ricordato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, la prova della “participatio fraudis” (rectius: scientia damni) del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, puo’ essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass., ord., n. 1286 del 18/01/2019; Cass. n. 5359 del 5/03/2009). Di tale principio la Corte di merito ha fatto corretta applicazione, nella parte della sentenza impugnata in cui, dopo aver esattamente precisato che e’ irrilevante l’elemento psicologico del terzo negli atti a titolo gratuito, ha affermato che, con riguardo all’unico atto a titolo oneroso di cui pure si discute in questa sede, la consapevolezza in capo al terzo ben puo’ ricavarsi da presunzioni semplici, quali lo stretto rapporto di parentela e che non e’ plausibile “che il figlio, destinatario degli atti dispositivi in parola, posti comunque in essere successivamente all’instaurazione di un giudizio di responsabilita’ sociale che ha avuto una vasta eco sia a livello nazionale sia a livello locale, non fosse a conoscenza dei procedimenti penali a carico del padre”. Risulta di tutta evidenza che, come peraltro colto – come gia’ sopra rimarcato – dagli stessi ricorrenti, la presunzione su cui si fonda il convincimento del giudice e’ lo stretto rapporto di parentela (padre figlio) che costituisce certamente presunzione grave e precisa, rendendo tale vincolo estremamente inverosimile che il terzo (figlio) non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (padre). L’apprezzamento della presunzione e’ peraltro devoluto al giudice di merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ ove congruamente – seppur sinteticamente, come nella specie – motivato (Cass., ord., n. 16221 del 18/06/2019 Cass. n. 27546 del 30/12/2014; Cass. n. 17327 del 17/08/2011). Va, inoltre, evidenziato che la Corte territoriale non ha fondato il suo convincimento sull’esistenza di fatti notori, quindi non ha fatto riferimento alla nozione di notorio in senso tecnico giuridico, ma ha solo ad abundantiam precisato che non fosse verosimile che il figlio non fosse a conoscenza dei procedimenti penali a carico del padre anche tenuto conto della vasta eco che, sia a livello nazionale che locale, aveva avuto l’instaurazione del giudizio di responsabilita’ sociale di cui si e’ piu’ volte detto.
3. Alla luce di quanto precede il ricorso deve essere rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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