La “proposta” di apposizione di un vincolo paesaggistico

Consiglio di Stato, sezione seconda, Sentenza 18 luglio 2019, n. 5066.

La massima estrapolata:

La “proposta” di apposizione di un vincolo paesaggistico crea comunque un limite preventivo alla libera edificabilità del suolo in termini di salvaguardia dello stesso nell’ottica dell’anticipazione dell’interesse pubblico che intende tutelare.

Sentenza 18 luglio 2019, n. 5066

Data udienza 11 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4522 del 2008, proposto dai signori An. Ca. e Ma. Ca., rappresentati e difesi dall’avvocato Al. De. Fo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pl. in Roma, via (…);
contro
il Comune di Modena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. Vi., Ad. Gi. e St. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sez. I, n. 408/2007, resa tra le parti, concernente approvazione dell’adeguamento del P.R.G. confermativo di vincolo di tutela e conseguente diniego di concessione edilizia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Modena;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2019 il Consigliere Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato Al. De. Fo. e l’avvocato St. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Gli odierni appellanti sono proprietari di un terreno ubicato in Via (omissis), n. (omissis) nel Comune di Modena, distinto in catasto al foglio (omissis) mappali (omissis) e (omissis) in zona classificata “B1”, ovvero soggetta a politiche di intensificazione degli insediamenti, ai sensi degli strumenti urbanistici vigenti. Hanno impugnato innanzi al T.A.R. per l’Emilia Romagna il provvedimento in data 22 gennaio 2004, di diniego della loro istanza di permesso di costruire sette unità abitative in aggiunta ad altra, già esistente, nonché gli atti ad esso presupposti, ovvero le deliberazioni di adozione e di approvazione della variante al Piano regolatore generale (P.R.G.) in adeguamento alla L.R. n. 20/2000 (rispettivamente, n. 20 del 7 aprile 2003 e n. 93 del 22 dicembre 2003, pubblicata sul B.U.R. del 4 febbraio 2004).
2. Il T.A.R. adì to respingeva il ricorso facendo leva in particolare sull’avvenuta sottoscrizione, in data 9 ottobre 2003, di un accordo, siglato ai sensi dell’art. 46 della L.R. 25 novembre 2002, n. 31, per procedimentalizzare le apposizioni dei vincoli, tra Regione Emilia Romagna e Ministero per i beni e le attività culturali, con il quale si includevano nella prevista (nuova) verifica “anche i corsi d’acqua considerati paesaggisticamente irrilevanti dalla Regione nella attività di ricognizione già effettuata e per i quali sia stata eventualmente formulata proposta di conferma del vincolo da parte del Ministero, al fine di verificarne l’effettività del valore paesaggistico ” (art. 8, comma 2). Quanto detto ad avviso del giudice di prime cure “a prescindere dalle questioni relative agli effetti di salvaguardia eventualmente conseguenti alla proposta di conferma del vincolo formulata dalla Soprintendenza regionale il 27/2/2001”, al sostanziale scopo di non pregiudicare l’effettività dell’accordo medesimo.
3. Con l’odierno appello le parti contestano la motivazione della sentenza del giudice di prime cure, rilevando un duplice profilo di erroneità : da un lato, infatti, essa avrebbe indebitamente attribuito un effetto di salvaguardia ad un mero “accordo” procedurale; dall’altro, avrebbe altresì anticipato l’efficacia del vincolo alla mera “proposta” di istituzione dello stesso (rectius, alla proposta di “riapposizione” dello stesso, essendo stato quello preesistente eliminato dalla delibera della Giunta regionale n. 2531 del 29 dicembre 2000, che ha individuato i corsi d’acqua irrilevanti a fini paesaggistici ai sensi dell’art. 146, comma 3, del d.lgs. n. 490/1999, includendovi anche il torrente Cerca, nella vicinanza delle cui sponde si collocano gli interventi edilizi richiesti). Anche laddove, tuttavia, tale anticipata tutela fosse da considerare legittima, essa sarebbe venuta meno per decadenza, essendo infruttuosamente decorso il termine di 210 giorni fissato dallo stesso Ministero per i beni e le attività culturali per la conclusione del procedimento di integrazione degli elenchi dei beni tutelati di cui alla tabella A, quadro n. 1, del D.M. 13 giugno 1994, n. 495.
4. Si è costituito in giudizio il Comune di Modena, eccependo preliminarmente la sopravvenuta carenza di interesse per l’avvenuta alienazione del terreno oggetto dell’odierna controversia. Nel merito, oltre ad insistere per la reiezione dell’appello, ha comunque sottolineato la doverosità degli atti adottati dall’Ente in coerenza con il ridetto accordo e con la precedente richiesta della Soprintendenza di ripristino della tutela paesaggistica. Gli appellanti a loro volta insistono nella propria prospettazione. Con memoria di replica in data 21 maggio 2019 hanno altresì evidenziato l’infondatezza della tesi avversa, laddove mira ad escludere l’attualità nell’interesse alla decisione, specificando come le alienazioni intervenute non hanno riguardato le porzioni di terreno interessate dalle avversate istanze edificatorie, rimaste nella loro disponibilità .
5. All’udienza dell’11 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Il Collegio non ritiene fondata l’eccepita mancanza di attualità dell’interesse alla decisione dell’odierno ricorso, peraltro ribadita dagli appellanti anche in relazione al permanente legame con il terreno di cui è controversia. Nel merito, tuttavia, il ricorso è infondato.
7. Il T.A.R. per l’Emilia Romagna ha incentrato la propria decisione essenzialmente sull’avvenuta sottoscrizione, in data successiva alla presentazione dell’istanza, dell'”accordo” (9 ottobre 2003) intercorso tra la Regione Emilia Romagna ed il Ministero per i beni e le attività culturali, con il quale, pur senza porre immediatamente nel nulla la precedente scelta di escludere le aree limitrofe alle sponde di taluni corsi d’acqua, in quanto ritenuti di scarsa rilevanza, dalla tutela paesaggistica, se ne è avviato il procedimento di rivisitazione, nel contempo “congelandone” gli effetti allo scopo di non vanificare auspicate soluzioni condivise su questioni comunque da considerare “ancora aperte”.
8. Rileva tuttavia il Collegio come la valenza sospensiva di tale “accordo” non possa non trovare la propria ratio e fondamento nella richiesta da parte della competente Soprintendenza, avanzata in data 27 febbraio 2001, di apposizione del vincolo paesaggistico ex art. 144 del d.lgs. n. 490/1999, evocandone anche gli effetti di preservazione immediata dello stato dei luoghi e le conseguenze di eventuali condotte lesive, con richiamo, a tale ultimo proposito, all’art. 151 del medesimo decreto. Alla base di tale proposta, peraltro, l’Amministrazione pone la valutata necessità di distinguere due diversi tratti del torrente de quo, evidenziando il persistente interesse paesaggistico solo in relazione a quello “comunale”, ove esso continua a caratterizzarsi come “uno dei corsi d’acqua più singolari dell’intero territorio modenese” che “si insinua nella campagna con andamento curioso e caratteristico”.
9. Come reiteratamente affermato da questo Consiglio di Stato, la “proposta” di apposizione di un vincolo paesaggistico crea comunque un limite preventivo alla libera edificabilità del suolo in termini di salvaguardia dello stesso nell’ottica dell’anticipazione dell’interesse pubblico che intende tutelare (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 novembre 2016, n. 4746; nonché Sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3663). Quanto detto a maggior ragione in relazione alla disciplina vigente ratione temporis, connotata dalla mancanza di indicazioni cronologiche circa la durata del relativo procedimento e l’eventuale decadenza di suddetta salvaguardia.
A conferma di ciò, infatti, la Sezione ritiene di poter richiamare i principi da ultimo affermati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, seppur in relazione alla specifica problematica di diritto intertemporale conseguita alla novella del -sopravvenuto- d.lgs. n. 42/2004, che tale termine di efficacia ha espressamente introdotto. Si legge infatti nella ridetta decisione che anche “nel quadro normativo anteriore al d.lgs. n. 42 del 2004 la tutela paesaggistica si esplicava fin dal momento in cui la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico era pubblicata nell’albo del Comune interessato e perdurava sine die, non essendo previsto un termine di efficacia della misura ovvero di consumazione del potere vincolistico, per cui l’adozione del provvedimento finale poteva intervenire anche a notevole distanza di tempo, senza che venisse meno l’effetto preliminare di vincolo”(Cons. Stato, A.P. 22 dicembre 2017, n. 13). Gli artt. 140, commi 5 e 6 e 151, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 490 del 1999, costituiscono infatti la sostanziale trasfusione dell’originaria disciplina contenuta nella l. n. 1497 del 1939, la quale prevedeva che una commissione istituita in ciascuna provincia compilasse un elenco di località valevole come “proposta” di dichiarazione di notevole interesse pubblico. “L’elenco delle località, così compilato, e ogni variante, di mano in mano che vi s’introduca sono pubblicati per un periodo di tre mesi all’albo di tutti i Comuni interessati della Provincia, e depositati oltreché nelle segreterie dei Comuni stessi…” (art. 2) con la conseguenza che “I proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell’immobile, il quale sia stato oggetto nei pubblicati elenchi delle località, non possono distruggerlo né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che è protetto dalla presente legge. Essi, pertanto, debbono presentare i progetti dei lavori che vogliano intraprendere alla competente regia Soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione” (art. 7). Già all’epoca, pertanto, ancorché non fosse espressamente previsto che la proposta generasse gli effetti di cui all’art. 7, il riferimento ivi operato agli elenchi “pubblicati” faceva ritenere che tale fosse il momento di decorrenza delle prescrizioni cui l’area veniva assoggettata in ragione della sussistenza del vincolo.
11. La nuova disciplina, introdotta nel d.lgs. n. 42/2004 con il d.lgs. n. 157/2006 e con il d.lgs. n. 63/2008, laddove prevede che in caso di inerzia protrattasi per oltre 180 giorni l’effetto inibitorio delle proposte (ivi comprese quelle di cui all’art. 157, c. 2), che sono e rimangono efficaci, venga meno, pur senza esaurire l’esercizio del relativo potere di apposizione del vincolo, ha introdotto un collegamento funzionale in passato inesistente. In sintesi “vi è semplicemente un potere dell’amministrazione, che, dopo la novella è diversamente conformato in relazione al suo esercizio nel tempo, con conseguenze in ordine agli effetti di salvaguardia. E’ quindi la diversa conformazione del potere a rendere, a far data dell’entrata in vigore delle nuove norme, temporanea quell’efficacia di salvaguardia che in passato (a fronte di una conformazione del potere come privo di conseguenze in relazione al tempo di esercizio) appariva permanente”.
Allo scopo, tuttavia, di armonizzare (ormai) inaccettabili proposte dotate di un’efficacia vincolante sostanzialmente sine die, inconciliabili con la nuova disciplina di quelle (successive alla novella) a regime di salvaguardia temporalmente limitato, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto di dovere preoccuparsi anche di modulare la portata temporale della propria decisione, sulla base di un principio affermato dalla Corte di Giustizia UE (ed anche, sebbene meno incisivamente, dalla giurisprudenza costituzionale), che trova terreno fertile nel processo amministrativo.
In tale logica ha pertanto affermato che “Il combinato disposto – nell’ordine logico – dell’art. 157, comma 2, dell’art. 141, comma 5, dell’art. 140, comma 1 e dell’art. 139, comma 5 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, deve interpretarsi nel senso che il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo – come modificato con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 – cessa qualora il relativo procedimento non si sia concluso entro 180 giorni”; e ancora, per quanto qui di specifico interesse: “Il termine di efficacia di 180 giorni del vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 decorre dalla pubblicazione della presente sentenza” (principio 1 e 3 di cui ad A.P. n. 13/2017, cit. supra).
Da quanto sopra consegue l’infondatezza anche dell’ulteriore motivo di appello, non potendosi ipotizzare una previgente decadenza del vincolo derivante dalla proposta una volta decorso il termine di 210 giorni per la conclusione del procedimento di individuazione dei beni tutelati di cui alla tabella A, quadro 1, del D.M. 13 giugno 1994, n. 495.
12. In conclusione, pertanto, il Collegio ritiene esente da mende il provvedimento con il quale il Comune di Modena ha ritenuto ostative al rilascio del richiesto permesso di costruire il combinato disposto dell’art. 52.2 delle norme di attuazione del P.R.G. con la perimetrazione delle aree di tutela dei caratteri ambientali (FF1), tra i quali ha legittimamente incluso la fascia a ridosso delle sponde del Cerca, già oggetto di “proposta” di vincolo da parte della competente Soprintendenza, recepita nella delibera di adozione della corrispondente variante adottata in data 7 aprile 2003.
Conseguentemente va confermata la sentenza del T.A.R. per l’Emilia Romagna n. 404/2004, con le precisazioni sopra esplicitate, e respinto il ricorso di primo grado.
13. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza del T.A.R. per l’Emilia Romagna n. 404/2004, con le precisazioni di cui in motivazione.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fulvio Rocco – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere, Estensore
Cecilia Altavista – Consigliere

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