La «mera sistemazione interna degli spazi» non determina aumento di superficie o volumi, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, l’intervento è suscettibile di sanatoria anche sul piano paesaggistico.
Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 13 maggio 2016, n. 1940
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1147 del 2013, proposto da:
Ro. Ru., rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Sa. Es., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. La. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Pa., con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…)
nei confronti di
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici di Napoli e Provincia, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza 7 giugno 2012, n. 2712, del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, Sezione VII.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Es. e l’avvocato dello Stato Pa..
FATTO e DIRITTO
1.- La sig. Ro. Ru., proprietaria di un immobile sito in (omissis), località (omissis), nel 2004 ha presentato denuncia di inizio attività per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
A seguito di accertamenti, il Comune ha verificato che la stessa aveva realizzato i seguenti lavori:
a) il rifacimento del tetto di copertura ad unica falda con incremento di circa 25 cm. della quota di estradosso;
b) la demolizione delle volte costituenti l’impalcato intermedio tra piano sottotetto e piano primo e la sostituzione delle stesse con solaio piano in putrelle e tavelloni, messo in opera a una quota inferiore rispetto a quella delle volte in modo da incrementare l’altezza del piano sottotetto, come dimostra l’altezza di mt. 2.30 del nuovo solaio all’intradosso;
c) la realizzazione al piano sottotetto di tramezzatura per la definizione di due stanze, di un piccolo disimpegno e di un w.c., con creazione di una nuova finestra delle dimensioni di mt. 0,50 x h. 0.40 in corrispondenza di tale ultimo locale e l’ampliamento dell’apertura già esistente sul prospetto principale (nord ovest), attualmente delle dimensioni di mt. 0.70 x h 0.70;
d) la creazione di una cucina e di un’adiacente anticamera al primo piano, in luogo del locale w.c. indicato nella D.I.A., e l’ampliamento dei due balconi esistenti al predetto piano, attualmente delle dimensioni di mt. 0.75 x 2.90 e di mt. 0.90 x 2.60 a fronte di mt. 0.35 x 1.90 e mt. 0.60 x 1.70;
e) la realizzazione di due scale interne consecutive in conglomerato cementizio armato per il collegamento funzionale dei tre livelli (piano terra, piano primo e piano sottotetto);
f) la realizzazione al piano terra nello spazio sottoscala di un w.c. delle dimensioni di mt. 1.25 x 3.30 con un’altezza variabile da mt. 1.40 a mt. 2.30 circa.
All’esito di tale accertamento con ordinanza 18 ottobre 2007, n. 670 ha ordinato la demolizione delle suddette opere.
2.- La sig. Ru. ha impugnato tale atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania.
Nel corso del giudizio l’interessata ha chiesto alla Soprintendenza il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria. La Soprintendenza, con atto n. 28516 del 2011, ha negato l’autorizzazione. Tale atto è stato impugnato con motivi aggiunti
3.- Il Tribunale amministrativo, con sentenza 7 giugno 2012, n. 2712, ha rigettato il ricorso.
4.- La ricorrente in primo grado ha proposto appello.
4.1.- Si è costituito in giudizio il Comune, chiedendo il rigetto dell’appello.
5.- La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 10 marzo 2016.
6.- L’appellante con un primo motivo ha dedotto che il Comune non avrebbe potuto adottare una ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), in quanto non verrebbe in rilievo un intervento di nuova costruzione eseguito in assenza di permesso di costruire ma un intervento di ristrutturazione edilizia che in quanto tale avrebbe dovuto essere sanzionato ai sensi dell’art. 34 dello stesso decreto.
Il motivo è in parte fondato.
L’art. 10, comma 1, lettera c), del d.p.r. n. 380 del 2001 qualifica come opere di ristrutturazione edilizia, tra l’altro, «gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti».
L’art. 31 del suddetto decreto prevede che, in caso di «interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali» la sanzione è quella della demolizione.
Il successivo art. 33, primo comma, dispone che «gli interventi e le opere di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 10, comma 1, eseguiti in assenza di permesso o in totale difformità da esso, sono rimossi ovvero demoliti e gli edifici sono resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi entro il congruo termine stabilito dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza, decorso il quale l’ordinanza stessa è eseguita a cura del comune e a spese dei responsabili dell’abuso». Il secondo comma dello stesso art. 33 dispone che: «qualora, sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori», nel rispetto dei criteri previsti dalla norma stessa.
Nel caso di specie, si è in presenza, come emerge dalla descrizione delle opere sopra svolte, di una attività che deve essere qualificata di «ristrutturazione edilizia», con la conseguenza che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, deve applicarsi l’art. 33 e non l’art. 31 del d.lgs. n. 380 del 2001.
Tale diversa qualificazione non comporta, però, l’illegittimità dell’ordine di demolizione.
Essa, infatti, incide, eventualmente sulla fase successiva, che qui non viene in rilievo, relativa all’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine, nonché alla verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive.
In definitiva, la corretta qualificazione dell’intervento lascia fermo il contenuto precettivo dell’ordine di demolizione, ma fa venire meno soltanto la parte del provvedimento in cui si rileva che, in caso di inottemperanza, il bene verrà acquisito al patrimonio pubblico.
7.- Con un secondo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto illegittimo l’atto della Soprintendenza n. 28516 del 2011, nel quale si afferma che non è possibile rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria perché l’intervento avrebbe comportato un aumento di superficie e di volume. L’appellante ha dedotto che non vi sarebbe stata alcuna modifica esteriore rilevante sul piano paesaggistico.
Il motivo è fondato.
L’art. 146, quarto comma, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) ha disposto che «fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi».
Il richiamato articolo 167 ha stabilito che tale divieto non opera nei casi in cui: a) i lavori eseguiti non hanno determinato la «creazione di superficie utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati»; b) sono stati impiegati «materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica»; c) gli interventi eseguiti sono qualificabili quali «interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria».
La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che la «mera sistemazione interna degli spazi» non determinata aumento di superficie o volumi (Cons. Stato, sez. VI, 31 luglio 2014, n. 4052).
Nella fattispecie in esame, dagli atti del processo nonché dalla perizia di parte dell’appellante e dalla relazione tecnica redatta da un consulente tecnico d’ufficio nominato, in un giudizio civile (n. 18385 del 2010, nominato dal Giudice unico del Tribunale di Torre Annunziata), avente ad oggetto lo stesso immobile consulenza tecnica d’ufficio, risulta che non vi è stata una rilevante modificazione della parte esterna del manufatto, con la conseguenza che lo stesso è suscettibile di sanatoria anche sul piano paesaggistico.
8.- L’accoglimento parziale dell’appello giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) in parte accoglie e in parte rigetta, nei sensi di cui in motivazione, l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Dante D’Alessio – Consigliere
Andrea Pannone – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 13 maggio 2016.
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