Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 9 settembre 2020, n. 5418.
La massima estrapolata:
La mancata possibilità della facoltà di godimento, connaturale al diritto di proprietà spettante, oltre ad integrare la lesione della situazione giuridica soggettiva, che si assume violata, rileva anche per i pregiudizi economici che da quella lesione scaturiscono, da valutarsi secondo il principio dell’id quod plerumque accidit ed applicando l’istituto delle presunzioni semplici (art. 2729 c.c.). Qualora infatti risulti provata la privazione del godimento di un bene del quale si aveva diritto di godere come proprietario, è rinvenibile sempre una lesione del diritto soggettivo dal quale scaturisce, di regola, un danno risarcibile, ferma restando la possibilità di provare ulteriori danni sofferti in relazione al mancato uso profittevole del bene medesimo.(Fattispecie relativa al diritto al risarcimento del danno ad un comune che avendo ceduto a titolo gratuito dei terreni a una società risultata poi inadempiente circa l’obbligo di creare un parco pubblico ritardando la riconsegna del terreno impedendo al comune di tornare tempestivamente titolare del diritto di proprietà e quindi programmare un utilizzo dei beni per trarne benefici economici nel rispetto della contabilità pubblica)
Sentenza 9 settembre 2020, n. 5418
Data udienza 2 luglio 2020
Tag – parola chiave: Pianificazione urbanistica – Attuazione Piano Regolatore Particolareggiato Comunale di iniziativa privata – Convenzione di lottizzazione – Inadempimento obblighi verso il Comune – Domanda di accertamento – Ricorso ex art. 2932 c.c. per cessione e risarcimento del danno
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 459 del 2017, proposto dalla signora El. So., rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Si. e Al. Sc., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, piazza (…); nonché dalla Fa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Si. e Al. Sc., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, piazza (…), indi dagli avvocati Cl. Vi. e Fe. Te., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fe. Te. in Roma, largo (…);
contro
il Comune di (omissis), anche appellante incidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Co. e Ma. Ma., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Co. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima n. 215 del 2016, resa tra le parti, concernente ricorso ex art. 2932 c.c. e risarcimento del danno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), contenente appello incidentale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020, il Cons. Giuseppa Carluccio.
FATTO e DIRITTO
1. Oggetto della causa è l’appello principale proposto, con unico atto, dalla signora El. So. e dalla Fa. s.r.l., avverso la sentenza del T.a.r. n. 215 del 2016, che ha accolto il ricorso ex art. 2932 c.c. proposto dal Comune di (omissis) nei loro confronti ed ha respinto la domanda risarcitoria.
2. Il Comune aveva agito, in riferimento “all’attuazione del Piano Regolatore Particolareggiato Comunale di iniziativa privata relativo all’ambito di urbanizzazione sito nel Comune di (omissis), località (omissis), individuato nel PRGC come “zona C16a – C16b” ampliata entro i limiti di flessibilità previsti dalla variante al PRGC in adeguamento alla l.r. n. 52/91″, nei confronti di alcuni lottizzanti.
Aveva chiesto: – l’accertamento, in sede di giurisdizione esclusiva, dell’inadempimento degli obblighi urbanistici assunti a favore del Comune con la stipula della convenzione di lottizzazione per atto Notaio Ro. Ju. di Pordenone del 07/05/2001 al n. rep. 80435/13703 e dell’atto integrativo Notaio Ro. Ju. di Pordenone del 28/06/2004 al n. rep. 106086; – la condanna al relativo adempimento, con pronuncia di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. per la cessione di tutte le aree, le opere, gli impianti e manufatti relativi all’urbanizzazione primaria; – la condanna al risarcimento dei danni causati al Comune per l’inadempimento.
In corso di causa aveva limitato la domanda di danno nei soli confronti della società Fa. s.r.l.
2.1. Ai fini che ancora rilevano nel presente giudizio, il T.a.r.: a) ha ritenuto pacifico ed ha, pertanto, accertato l’inadempimento della signora So. e della società, rispetto alla mancata cessione gratuita delle aree – mappale n. (omissis) per la prima, mappali nn. (omissis) per la seconda; b) ha condannato al relativo adempimento con pronuncia di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.., disponendo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2932 c.c., il trasferimento in favore del Comune di (omissis) e a loro danno della proprietà dei mappali di cui i predetti sono proprietari, così come descritti ed identificati catastalmente nella relazione del Notaio dott. Lu. Si. in data 9 ottobre 2015, che costituisce parte integrante e sostanziale della sentenza, nonché di tutte le opere, gli impianti e manufatti relativi all’urbanizzazione primaria, ordinando, al contempo, alla società Fa. s.r.l. di provvedere, a propria cura e spese, alla immediata cancellazione dell’ipoteca volontaria iscritta a peso dei mappali (omissis) del fg. (omissis) meglio descritta nella relazione notarile citata; c) ha rigettato la domanda di risarcimento del danno, come rettificata nel corso del giudizio a partire dal 1° gennaio 2011 e nei soli confronti della società Fa. s.r.l.
3. L’appello proposto avverso la suddetta sentenza è affidato ad un unico motivo.
3.1. Il Comune si è costituito, instando in via principale per l’inammissibilità e in subordine per il rigetto; ha proposto appello incidentale avverso il rigetto della domanda di risarcimento del danno e chiesto anche la riforma del capo di sentenza che ha disposto la integrale compensazione delle spese legali fra le parti.
3.2. Entrambe le parti hanno depositato memorie, anche di replica.
4. 3. All’udienza pubblica del 2 luglio 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
5. Per rendere più chiare le argomentazioni del primo giudice a sostegno della decisione, è opportuno dare conto delle difese delle parti, quali emergono dagli atti del giudizio di primo grado.
5.1. La società, nel costituirsi dinanzi al T.a.r. non ha contestato l’inadempimento rispetto alla cessione gratuita delle aree richieste, destinate alla realizzazione di un parco urbano, ma ha richiamato, chiedendone la riunione, un altro processo pendente concernente l’azione di nullità, promossa dalla stessa società, avverso una clausola della convenzione relativa alla qualificazione come opera di urbanizzazione primaria di un asse viario. Come la stessa società ha sostenuto, “il rifiuto di trasferire aree ed opere di urbanizzazione,…, trova… ragione e giustificazione nell’eccezione di inadempimento contestata all’Amministrazione comunale per le ragioni suddette”. Quindi, ha contestato nelle successive memorie l’azione di risarcimento del danno proposta nei suoi confronti, anche facendo riferimento alla circostanza che il Comune, mediante una variante, aveva provveduto a ridurre la zona da adibire a parco dai 27.000 mq del PRPC oggetto della lottizzazione a mq 13.500.
5.2. La signora So., costituitasi in giudizio – dopo che il Collegio aveva disposto, con ordinanza n. 355 del 23 luglio 2015 – consulenza tecnica d’ufficio atta a “confermare l’identificazione catastale delle aree già fornita da parte ricorrente e in una loro migliore precisazione, eventualmente sotto il profilo dell’intestazione soggettiva, ai fini dell’esatta formulazione della richiesta sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.” – ha sostenuto che la ricomprensione del mappale n. (omissis) di sua proprietà, per averlo acquistato dalla lottizzante Bo., e destinato pure all’area parco, aveva in realtà destinazione residenziale perché era frutto di un errore progettuale materiale, già segnalato all’Amministrazione, del quale ha chiesto l’accertamento con la disposta consulenza tecnica.
5.2.1. Nelle successive memorie, la signora So. ha dato atto che il Comune, con nota del 13 settembre 2012, aveva respinto la richiesta di rettifica; ha argomentato sulla ricomprensione in zona residenziale delle aree di proprietà della propria dante causa, evidenziando il rilascio di autorizzazioni per edifici artigianali e commerciali, nonché l’esistenza di un parere di massima favorevole per un centro commerciale sulla base di un Piano del Commercio in fieri, proprio nell’area destinata a parco urbano; ha chiesto l’accertamento di tale preteso errore grafico del progettista rispetto all’area di sua proprietà anche mediante la consulenza tecnica.
6. Inoltre, sempre per rendere più chiare le argomentazioni del primo giudice a sostegno della decisione è opportuno dare brevemente conto dell’altro processo proposto dalla società, per sentire dichiarare nulla la clausola che qualificava un asse viario come opera di urbanizzazione primaria, anziché secondaria, con domanda di restituzione di quanto non dovuto per oneri di urbanizzazione da calcolarsi diversamente per le opere di urbanizzazione secondaria.
6.1. Il primo giudice, nel processo per l’adempimento ex art. 2932 c.c. ha disatteso la richiesta di riunione ed ha deciso la controversia con sentenza n. 354 del 2015, di rigetto. L’appello proposto avverso la stessa dalla società, oltre che dal Fallimento di altra società lottizzante, è stato trattato nella stessa udienza e deciso nella stessa camera di consiglio del 2 luglio 2020, ed è stato rigettato con la sentenza n. 5353 del 2020.
7. La sentenza gravata, oggetto dell’appello principale, ha così espressamente statuito:
“17.4. E’… pacifico e va, pertanto, accertato che tutti i soggetti dianzi indicati (ndr la società, la signora So. e il signor Zoppolat) hanno disatteso gli obblighi urbanistici assunti a favore del Comune con la stipula della convenzione di lottizzazione per atto Notaio Ro. Ju. di Pordenone del 19.04.2001, rep. 80435/13703 e atto integrativo del 28/6/2004, rep. 106086 o cui sono subentrati in forza di acquisto delle aree interessate perfezionato in data successiva a dette convenzioni, dato che risultano ancora titolari in tutto o in parte dei mappali che, in forza ed entro i termini stabiliti dalla convenzioni di lottizzazione medesime, avrebbero dovuto cedere gratuitamente all’ente civico.”.
La richiesta di accertamento avanzata dal Comune – nei confronti della società Fa. s.r.l., della signora So. El….- dell’inadempimento degli obblighi urbanistici assunti a suo favore con la convenzione è fondata e va accolta.
” 17.1) Con specifico riguardo alla intimata società Fa., va, invero, evidenziato che le eccezioni che la società medesima ha opposto all’invocata esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto di cessione dei mappali di sua pertinenza sono quelle afferenti alle questioni oggetto del separato ricorso n. R.G. 181/2014, che questo Tribunale ha già definito con sentenza di rigetto n. 354/2015 in data 23 luglio 2015, cui, pertanto, non può che farsi rinvio.
Nei suoi ulteriori scritti si è soffermata, infatti, pressoché esclusivamente ad evidenziare i profili d’infondatezza da cui, a suo avviso, sarebbe afflitta l’istanza risarcitoria, che il Comune ha, da ultimo, precisato di voler coltivare solo nei suoi confronti, ma nulla ha ulteriormente controdedotto con riferimento alle prime due domande ex adverso azionate.
17.2) Con riguardo all’intimata So. El., va, invece, rilevato che gli assunti della medesima paiono smentiti dai riscontri documentali in atti.
Al di là del fatto che dalla relazione in data 29/12/2015 del CTP del Comune,…emerge una costante destinazione a “verde pubblico” del mappale n. (omissis) del foglio (omissis), è comunque evidente che la medesima ha cercato di riproporre in questa sede un’istanza di modifica della lottizzazione per la parte di suo interesse, che, oltre ad essere stata avanzata, anche in origine, dopo il collaudo delle opere di urbanizzazione avvenuto nel 2009, era già stata, in ogni caso, denegata dal Comune con atto in data 18.10.2012, prot. n. 29867, non opposto.
Paiono, pertanto, condivisibili le controdeduzioni svolte al riguardo dalla difesa del Comune nelle memorie in data 22 gennaio 2016 e 3 febbraio 2016, cui, per esigenze di sinteticità, si fa rinvio.”
7.1. Per rendere intellegibile il rinvio effettuato dal primo giudice, è opportuno precisare che il Comune aveva messo in rilievo che la richiesta di variante/correzione dell’errore progettale, avanzata dalla signora So., si sostanziava in una richiesta di variante e che, preceduta da un preavviso di diniego del 13 settembre 2012, era stata rigettata con provvedimento del 18 ottobre 2012, rimasto non impugnato.
In particolare, il Comune in tale provvedimento di diniego, ricordato che già dal 2009 erano state individuate le aree da cedere al Comune, aveva escluso ogni rilevanza all’errore progettuale materiale e aveva ritenuto l’assenza di ragioni di interesse pubblico per accordare la variante richiesta in area residenziale, rispetto ad un’area destinata a verde pubblico che costituiva fascia di rispetto verso un tratto di viabilità pubblica.
8. Con l’unico motivo, gli appellanti hanno dedotto “Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere per contraddittorietà e per sviamento”.
Il contenuto del motivo, che non è ripartito in paragrafi, è così articolato (nel formato digitale risultante dal sistema informatico):
a) dapprima si riproduce testualmente (da pag. 4 a pag. 8) la memoria depositata, in data 23 gennaio 2016 nel processo di primo grado, dalla signora So., dove si sostiene la tesi di un errore grafico progettuale relativo all’area oggetto della domanda del Comune (cfr. § 5.2. che precede), segue un periodo di raccordo del seguente tenore testuale: “Così non è avvenuto ed il TAR ha pronunciato la sentenza oggi impugnata che ha disposto il trasferimento dei terreni a favore della amministrazione comunale, ivi compresi quelli dei ricorrenti che non dovevano essere trasferiti.”;
b) poi, dal secondo periodo di pag. 9, con l’attacco testuale che segue: “Va poi precisato che la sentenza impugnata non tiene conto che”, si riproduce la tesi, sostenuta dalla società nel processo di primo grado (cfr. memorie dell’11 novembre 2015 e del 3 febbraio 2016), dove, nell’ambito della difesa avverso l’azione di risarcimento, si deduce che, dopo il collaudo delle opere di urbanizzazione, il Comune aveva avviato una variante al piano del commercio con conseguente variante urbanistica per ridurre l’area del parco urbano previsto nella convenzione, come integrata, da 27.000 mq a 13.500 mq, con la conseguenza che la volontà del Comune sull’utilizzo dell’area da acquisire non era quello dichiarato nella causa.
Nell’atto di appello, all’esito di tale richiamo, si sostiene che il Comune non ha più interesse ad ottenere una sentenza costitutiva per l’acquisizione delle aree destinate all’area parco perché per sua stessa volontà ha ridotto le aree da destinare a parco.
9. L’appello principale è inammissibile e, comunque, infondato e va rigettato.
Dal semplice confronto tra le statuizioni della sentenza e l’articolazione dell’unico motivo di appello appare evidente che gli appellanti non muovono censure critiche alle argomentazioni del giudice poste a fondamento del rigetto delle loro tesi e, quindi, dell’accoglimento della domanda del Comune.
9.1. Il T.a.r. ha ritenuto:
a) pacifico che tutti i soggetti (compresa la signora So. e la società ) hanno disatteso gli obblighi urbanistici assunti a favore del Comune con la stipula della convenzione di lottizzazione;
b) quanto alla società, che non sono fondate le eccezioni che ha opposto all’invocata esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto di cessione dei mappali di sua pertinenza perché relative al processo, deciso con la sentenza di rigetto n. 354 del 2015;
c) quanto alla signora So., che la tesi è smentita dai riscontri documentali in atti: da un lato la costante destinazione a verde pubblico del mappale (omissis); dall’altro, la riproposizione della propria tesi dell’errore progettuale e materiale, mentre è evidente che ha cercato di riproporre in giudizio una istanza di modifica della lottizzazione per la parte di suo interesse, che, oltre ad essere stata avanzata, anche in origine, dopo il collaudo delle opere di urbanizzazione avvenuto nel 2009, era già stata, in ogni caso, denegata dal Comune con atto in data 18 ottobre 2012, non impugnato, come aveva rilevato il Comune.
9.2. Mentre, con l’appello, la società non ha censurato la sentenza argomentando sul perché il primo giudice aveva errato a non ritenere rilevante l’azione proposta nell’altro processo; ma, facendo operare diversamente un profilo dedotto dinanzi al T.a.r. in riferimento alla domanda di risarcimento, ha sostenuto una tesi nuova, e cioè che il Comune avrebbe perduto interesse ad ottenere il trasferimento in proprio favore delle aree.
9.2.1. Sotto tale profilo l’appello è inammissibile, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., che pone un divieto di allegazione di fatti che vadano a prospettare, per la prima volta, in appello, una censura non articolata in precedenza e che costituirebbe, dunque, un nuovo tema di indagine da esaminare in un unico grado di giudizio, con violazione della regola del doppio grado del giudizio amministrativo, sancita dall’art. 125 Cost. e dal c.p.a. (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, n. 714 del 2020).
9.2.2. Anche a voler considerare che quest’ultimo profilo di censura non era stato dedotto in primo grado solo in riferimento alla domanda di risarcimento e che, quindi, non sarebbe del tutto nuovo, è indubbio che lo stesso, attinendo a successive scelte del Comune, non sarebbe comunque idoneo a paralizzare il sicuro inadempimento impedendo una pronuncia costitutiva sui diritti in capo al Comune discendenti direttamente dalla convenzione stipulata.
9.3. Mentre, con l’appello, la signora So. non ha censurato la sentenza nella parte in cui afferma l’indiscutibile destinazione a verde dell’area di interesse, né ha contestato che il Comune aveva già valutato la propria tesi, considerandola una illegittima richiesta di variante urbanistica e che il diniego non era stato impugnato; ma si è limitata a riproporre testualmente la tesi perorata in primo grado.
10. Sulla base di tutte le argomentazioni suddette, l’appello principale è rigettato.
11. Il T.a.r. ha rigettato la domanda di risarcimento nei confronti della società sulla base delle essenziali argomentazioni che seguono:
a) non sono ravvisabili i presupposti di legge per accogliere la domanda di risarcimento nei confronti della società, in assenza di adeguata e concreta prova circa il danno subito;
b) come rileva la società, il mancato tempestivo trasferimento ha comportato un vantaggio, anche e soprattutto di carattere economico per il Comune, dato che la società ha continuato a garantire la costante manutenzione delle opere, accollandosi integralmente le relative e onerose spese;
c) è dirimente la considerazione che il Comune ricorrente non abbia mai avuto la disponibilità delle somme necessarie alla creazione del parco urbano e che abbia, anzi, avanzato richiesta di un finanziamento pubblico per la realizzazione dell’infrastruttura solo nel 2014, poco prima di proporre il ricorso ora in esame; richiesta che è stata respinta;
c1) infatti, l’effettiva e concreta progettazione e realizzazione del parco è presupposto imprescindibile per la concessione delle aree a terzi prospettata dal Comune, sicché, allo stato, non può riconoscersi la sussistenza di un danno in re ipsa per mancato godimento dei frutti ritraibili dallo sfruttamento di attività accessorie;
c2) va anche evidenziato che il cronoprogramma dei lavori prodotto dal Comune, a seguito dei rilevi formulati d’ufficio da questo giudice (ndr il primo) circa la ritenuta parziale inammissibilità della domanda risarcitoria, non appare idoneo a supplire alle carenze probatorie evidenziate, atteso che si appalesa avulso da qualsiasi concreto riferimento a precisi tempi di legge per lo svolgimento dei procedimenti descritti; non è dato sapere, infatti, quali siano i costi dei vari interventi e, in ragione di essi, i tempi tecnici stimati nel caso specifico sulla scorta di quelli fissati dalle norme di riferimento per le varie fasi della procedura;
c3) soprattutto, il Comune nulla dice sulla sussistenza di effettiva previsione dei lavori in questione nel piano triennale delle opere pubbliche e nei documenti di bilancio, né, tanto meno, su quella delle risorse economiche per darvi corso, le quali, per corroborare la fondatezza della pretesa avanzata, avrebbero dovuto risultare iscritte ai competenti capitoli di bilancio per lo meno a far tempo dal nuovo termine (2011) da cui l’ente ha precisato doversi riconoscere a suo favore il risarcimento del danno figurativo lamentato.
12. Con l’appello incidentale, il Comune ha dedotto:
a) che gli elementi ostativi all’accoglimento della domanda individuati dal T.a.r., non risultano convincenti sia in linea di fatto che in linea di diritto;
b) che, quanto alla ritenuta mancanza della effettiva previsione dei lavori, è sufficiente considerare la identificazione di tutte le aree di urbanizzazione primaria oggetto dell’obbligo di trasferimento a titolo gratuito al Comune che era contenuta nella deliberazione della Giunta Comunale n. 145 del 25 maggio 2009, seguita da contestazioni plurime da parte delle Società del Gruppo Rossit, che hanno condotto ad una paralisi pluriennale della fase attuativa, e che si configura come una sorta di anomalo e illegittimo “diritto di ritenzione”, esercitato in particolare dalla società ;
b1) che, pertanto, l’inserimento di una previsione di spesa nel documento triennale avrebbe significato soltanto la rinuncia alla esecuzione di altri interventi di pubblico interesse, in considerazione dell’esistenza di precisi limiti di contabilità pubblica nella gestione delle risorse di bilancio, in applicazione dei limiti legislativi del cd. patto di stabilità, che caratterizza la fase istituzionale successiva alla riforma dell’art. 81 della Costituzione, con il riconoscimento di vincoli derivanti al sistema della P.A. dalle prescrizioni dell’Unione Europea;
b2) che, quindi, la considerazione del complesso dei principi che oggi caratterizzano la spesa pubblica dei Comuni è totalmente assente nella motivazione della sentenza gravata;
c) che il risarcimento va riconosciuto sulla base di elementi presuntivi, che il Comune ha fornito come base per consentire una stima dell’uso produttivo dei beni comunali, mediante la documentazione dell’uso produttivo di altro punto di ristoro situato nel territorio comunale, con un abbattimento del relativo valore, in relazione alla pacifica circostanza che tale fonte di reddito per il Comune è ragionevolmente superiore nel centro urbano, rispetto alla area di nuova edificazione residenziale;
c1) che la richiesta di risarcimento del danno è stata in particolare documentata e modulata sulla base della relazione del RUP del Comune dd. 10 gennaio 2016 (“cronoprogramma per la realizzazione di un punto di ristoro nell’area verde della lottizzazione C16-C17).
12.1. L’appellante incidentale ha aggiunto che l’accoglimento della domanda risarcitoria sembra corrispondere ad esigenze di giustizia, a fronte di una perdurante inattività della società nel trasferimento delle aree da destinare a parco urbano; con la precisazione che la riformulazione della domanda nella somma di euro diecimila annui, a decorrere dal 1 gennaio 2011, è stata comunque temperata dalla richiesta di liquidazione anche con criteri equitativi, considerata la particolarità della presente fattispecie.
13. Ritiene il Collegio che l’appello incidentale vada accolto, nei termini precisati, e sulla base delle argomentazioni che seguono.
13.1. La particolarità della fattispecie è costituita: – dal diritto del Comune di acquisire, sulla base della convenzione di lottizzazione, la piena proprietà e, quindi, il godimento e la conseguente possibilità di disporre delle aree, ed in particolare rispetto alla società, il diritto di acquisire la proprietà di aree da destinarsi a parco pubblico; – dall’inadempimento della società per lunghi anni attraverso azioni giudiziarie risultate infondate.
13.2. In tale contesto giuridico e fattuale, ritiene il Collegio che l’an del danno patrimoniale possa ritenersi sufficientemente provato per il solo fatto che il soggetto che avrebbe avuto diritto a disporre del bene come proprietario non sia divenuto titolare di quel diritto per fatto imputabile a chi aveva l’obbligo di trasferire la proprietà del bene.
13.2.1. Tale semplificazione degli oneri probatori gravanti, secondo le regole generali della responsabilità civile, su chi si assume danneggiato, al fine di dare piena attuazione al principio di effettività della tutela giurisdizionale (art. 1 c.p.a.), trova fondamento su un sistema normativo articolato e composito, sovranazionale e nazionale, scandito da norme di rango diverso, che attribuisce una consistente e multiforme tutela al diritto di proprietà, mediante la previsioni di differenti rimedi. E, quindi, può valere – oltre che a favore di chi, essendo proprietario, abbia perduto illegittimamente il godimento del bene – anche a favore di chi abbia diritto a diventare proprietario, ma non lo diventi per fatto imputabile all’obbligato al trasferimento del diritto.
13.2.2. La mancata possibilità della facoltà di godimento, connaturale al diritto di proprietà spettante, oltre ad integrare la lesione della situazione giuridica soggettiva, che si assume violata, rileva anche per i pregiudizi economici che da quella lesione scaturiscono, da valutarsi secondo il principio dell’id quod plerumque accidit ed applicando l’istituto delle presunzioni semplici (art. 2729 c.c.).
In questa ottica, l’assenza del godimento del bene connaturale al diritto di proprietà si traduce nella perdita del valore d’uso di quel bene o, anche, della sua mera “disponibilità statica”; di quella che, con locuzione descrittiva, può essere definita come una “posta attiva potenziale” della sfera giuridica dell’interessato, cioè dei molteplici impieghi profittevoli, che si traggono dall’essere nella disponibilità del bene.
In definitiva, qualora risulti allegata e provata la privazione del godimento di un bene del quale si aveva diritto di godere come proprietario, è rinvenibile sempre una lesione del diritto soggettivo dal quale scaturisce, di regola, un danno risarcibile, ferma restando la possibilità di provare le ulteriori poste di danno sofferto in relazione al mancato uso profittevole del bene medesimo.
13.3. Nella fattispecie, se il Comune fosse divenuto tempestivamente titolare del diritto di proprietà, avrebbe potuto programmare e finanziare un utilizzo dei beni per trarne benefici economici nel rispetto dei principi della contabilità pubblica, che il primo giudice ha del tutto omesso di considerare. Quantomeno, avrebbe potuto fare un uso proficuo del bene, traendo benefici, per così dire di “immagine” rispetto ad una efficiente amministrazione della cosa pubblica, mediante la tempestiva realizzazione di un parco pubblico destinato alla comunità cittadina.
13.4. Per la quantificazione del danno può farsi ricorso al criterio equitativo, sostanzialmente richiesto dallo stesso Comune in via subordinata, determinandolo in euro 10.000 sulla base di elementi presuntivi.
Tale quantificazione trova giustificazione:
– nella natura del pregiudizio lamentato, consistente nella mancanza della disponibilità delle aree ai fini dell’utilizzo pubblico delle stesse nel rispetto delle regole della contabilità pubblica;
– nella circostanza che la domanda di risarcimento è diretta unicamente nei confronti della società ed è, pertanto, riferibile solo alle aree ad essa intestate e non ancora trasferite;
– nella circostanza che gli oneri di manutenzione, che la società rappresenta come molto onerosi, da un lato sono riferiti a tutte le aree e alle opere non trasferite al Comune, dall’altro si riconnettono alla persistenza del diritto di proprietà in capo alla stessa società .
13.5. Pertanto, il Collegio ritiene equo quantificare il danno subito dal Comune nella somma di euro diecimila, complessivamente determinata al momento di pubblicazione della presente sentenza.
13.6. L’importo risarcitorio così liquidato si deve intendere quantificato al valore attuale (ovvero al momento della pubblicazione della sentenza) – secondo il criterio della taxatio rei utilizzabile in tutti i casi di risarcimento del danno da illecito aquiliano, con l’utilizzo dell’equità integrativa di cui all’art. 1226 c.c. – e quindi comprensivo degli accessori quali gli interessi compensativi e la rivalutazione monetaria del debito di valore (Cons. Stato, sez. IV, n. 3105 del 2018; sez. IV, n. 2778 del 2018; sez. IV, n. 2765 del 2018; sez. IV, 5262 del 2017; sez. IV, n. 897 del 2017; sez. IV, n. 4636 del 2016): dalla data di pubblicazione della presente decisione decorreranno, sulla somma così individuata, gli interessi al tasso legale.
14. In conclusione, è rigettato l’appello principale ed è accolto l’appello incidentale, con conseguente parziale riforma della sentenza gravata nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento del danno.
15. Le spese processuali seguono la soccombenza per entrambi i gradi di giudizio e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello principale e sull’appello incidentale (come specificati in epigrafe), così provvede:
a) respinge l’appello principale;
b) accoglie l’appello incidentale, e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza gravata, condanna la società appellante al risarcimento del danno in favore del Comune, liquidato complessivamente nell’importo di euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre gli interessi legali decorrenti dalla data di pubblicazione della presente sentenza;
c) condanna gli appellanti, in solido, al pagamento, in favore del Comune, delle spese ed onorari, che liquida in complessivi euro 10.000,00 (diecimila/00) per entrambi i gradi di giudizio, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, con l’intervento dei magistrati
Giuseppe Castiglia – Presidente FF
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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