Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18906.
La mancata costituzione dell’appellante determina automaticamente l’improcedibilità dell’appello
La mancata costituzione dell’appellante nel termine di cui all’articolo 165 del codice di procedura civile (da intendersi richiamato dall’articolo 347 del codice di procedura civile), determina automaticamente l’improcedibilità dell’appello, restando esclusa sia, per il caso di mancata costituzione di entrambe le parti, l’applicazione del regime di cui all’articolo 171, primo comma, in relazione all’articolo 307, primo comma, del codice procedura civile – e, quindi, la possibilità di una riassunzione del processo entro l’anno dalla scadenza del termine di cui all’art. 166 per la costituzione dell’appellato – sia, in ipotesi di costituzione dell’appellato nel termine di cui all’articolo 166, l’applicazione dell’articolo 171, secondo comma, dello stesso codice e, quindi, la possibilità della costituzione dell’appellante fino alla prima udienza, sia infine, per il caso di ritardata costituzione di entrambe le parti, una trattazione dell’appello.
Ordinanza|| n. 18906. La mancata costituzione dell’appellante determina automaticamente l’improcedibilità dell’appello
Data udienza 27 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Appello – Mancata costituzione nel termine da parte dell’appellante – Improcedibilità dell’appello – Sussiste – Artt. 165, 166, 171, 307 e 347 cpc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 18515 del 2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS) SA, (OMISSIS), in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6434/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23 ottobre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/02/2023 dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIRILLO.
La mancata costituzione dell’appellante determina automaticamente l’improcedibilità dell’appello
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) convenne in giudizio il notaio Enzo Mario (OMISSIS), davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che venisse accertata in capo al convenuto la responsabilita’ per inadempimento, ai sensi dell’articolo 1218 c.c., per aver stipulato un atto di compravendita immobiliare in assenza di precedenti visure sull’immobile oggetto di compravendita, con condanna al risarcimento dei relativi danni.
A sostegno della domanda l’attore espose che in data 22 gennaio 2008 egli aveva acquistato dalla societa’ (OMISSIS) un immobile sito nel Comune di (OMISSIS) e che l’atto di compravendita, non preceduto da contratto preliminare in considerazione degli stretti rapporti tra lo stesso attore e l’amministratore della societa’ venditrice, era stato rogato dal notaio (OMISSIS) il quale non aveva eseguito le necessarie visure immobiliari. Aggiunse che soltanto in data 19 giugno 2008, a seguito della convocazione come testimone nell’ambito di una indagine penale relativa a una truffa, aveva appreso che l’immobile era stato oggetto di un precedente atto di compravendita tra la societa’ (OMISSIS) in qualita’ di venditrice e la (OMISSIS) s.r.l. in qualita’ di acquirente, per cui l’attore aveva sporto denuncia querela.
Si costitui’ in giudizio il notaio (OMISSIS), chiedendo il rigetto della domanda e deducendo, tra l’altro, di essere stato esonerato dallo stesso (OMISSIS) dall’obbligo di eseguire le visure sull’immobile. Chiese, poi, di essere autorizzato a chiamare in causa la (OMISSIS), quale sua societa’ assicuratrice per la responsabilita’ civile.
Si costitui’ in giudizio anche l’Assicurazione, rilevando l’assenza di un danno attuale nella sfera dell’attore ed eccependo nei confronti dell’assicurato il diritto di rivalsa in caso di accertata omissione delle visure, secondo quanto previsto dalla polizza.
Il Tribunale di Roma, avendo sottoposto a interrogatorio formale l’attore e avendo respinto le altre richieste istruttorie avanzate dalle parti, rigetto’ la domanda, compensando le spese di lite.
2. La pronuncia e’ stata impugnata da (OMISSIS) e nel giudizio si sono regolarmente costituiti il notaio (OMISSIS) e la (OMISSIS).
La Corte d’appello di Roma, dopo aver concesso alle parti un termine per dedurre in merito alla questione, con sentenza del 23 ottobre 2019 ha dichiarato improcedibile l’appello ai sensi dell’articolo 348 c.p.c., in quanto l’appellante non si era costituito in termini, condannando lo (OMISSIS) al pagamento delle spese del grado in favore di entrambi gli appellati.
Ha osservato la Corte territoriale che la mancata costituzione dell’appellante nel termine di dieci giorni dalla notifica dell’atto di appello (articolo 165 c.p.c.) determinava automaticamente l’improcedibilita’ dell’appello, restando esclusa, secondo la giurisprudenza di legittimita’ richiamata nella motivazione, l’applicazione in grado di appello dell’articolo 171 c.p.c., norma relativa alla ritardata costituzione delle parti nel giudizio di primo grado.
Nel caso specifico l’appellante, dopo aver notificato l’atto di appello in data 4 dicembre 2018, aveva depositato in via telematica la documentazione necessaria ai fini della costituzione, in data 11 dicembre 2018, indirizzando tale invio alla cancelleria del Tribunale di Roma anziche’ a quella della Corte d’appello di Roma. Soltanto in data 6 febbraio 2019 il Tribunale aveva trasmesso gli atti alla Corte e la causa era stata iscritta al ruolo della medesima; il tutto ben oltre il termine previsto dall’articolo 165 cit. ai fini della tempestivita’ della costituzione.
La corte di merito ha ritenuto irrilevante la circostanza della tempestiva costituzione dell’appellato, osservando che la costituzione effettuata dall’appellante per via telematica presso il Tribunale non poteva essere equiparata a una tempestiva costituzione in appello, in quanto la funzione dell’iscrizione a ruolo e’ quella di incardinare il rapporto innanzi al giudice adito; per cui, “a causa dell’erronea iscrizione a ruolo della causa presso il Tribunale nessun rapporto processuale si e’ potuto instaurare davanti al giudice di secondo grado, essendo per tale profilo irrilevante la trasmissione alla Corte del fascicolo dal Tribunale”.
La Corte d’appello ha poi ritenuto inconferente il richiamo compiuto dall’appellante alla giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di translatio iudicii.
Ha infine osservato che, ove anche si fosse considerata la costituzione effettuata presso la cancelleria del Tribunale, in luogo di quella del giudice del gravame, quale mera irregolarita’, aderendo alla prospettazione dell’appellante, non sarebbe stato possibile procedere alla sanatoria della pretesa nullita’, poiche’ (OMISSIS) aveva chiesto di essere rimesso in termini soltanto con le note autorizzate dal giudice per trattare la questione della procedibilita’ del giudizio di secondo grado, e dunque ben oltre l’udienza di cui all’articolo 350 c.p.c., considerata dalla consolidata giurisprudenza di legittimita’ (Sezioni Unite, sentenza 5 agosto 2016, n. 16598) il termine ultimo per la presentazione di un’istanza di rimessione in termini ai sensi dell’articolo 153 del codice di rito.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso (OMISSIS) con atto affidato a tre motivi.
Resistono il notaio (OMISSIS) e l’assicurazione (OMISSIS) con due separati controricorsi.
Il ricorrente ha depositato memoria.
La mancata costituzione dell’appellante determina automaticamente l’improcedibilità dell’appello
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione degli articoli 50 e 341 c.p.c..
Osserva il ricorrente che nel caso in esame l’iscrizione dell’atto di appello presso il Tribunale anziche’ presso la Corte d’appello di Roma avvenne per mero errore, che non dovrebbe comportare alcuna invalidita’. A suo avviso la sentenza impugnata avrebbe travisato il principio di diritto enunciato dalla sentenza 14 settembre 2016, n. 18121, delle Sezioni Unite di questa Corte, la quale, correttamente interpretata, “riconosce un effetto conservativo ad un’azione proposta ad un giudice funzionalmente incompetente”. A parere del ricorrente, quindi, seguendo l’interpretazione favorevole all’applicabilita’ della regola della translatio iudicii anche al giudizio di appello, si ravvisa in capo alla Corte d’appello una sorta di competenza funzionale, per cui non potrebbe essere esclusa l’applicazione dell’articolo 50 c.p.c. in tema di riassunzione. Ne consegue che la successiva trasmissione degli atti dal Tribunale alla Corte d’appello avrebbe realizzato un’ipotesi di translatio iudicii sui generis, con conseguente salvezza del giudizio di impugnazione.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione degli articoli 341 e 358 c.p.c. e dell’articolo 12 delle disp. gen..
Il ricorrente rileva che il giudice d’appello avrebbe errato nel non attribuire rilevanza alla costituzione da lui effettuata tempestivamente presso il Tribunale di Roma.
Dando per pacifica la circostanza per cui l’ordinamento vigente tende a sanare gli effetti degli atti commessi con errori, il ricorrente richiama due diverse disposizioni (l’articolo 568, comma 5, cod. proc. pen. e il Decreto del Presidente della Repubblica n. 29 settembre 1973, n. 602, articolo 38, comma 2) che consentono la sanatoria di errori anche piu’ gravi di quello in esame. Nel caso in esame, invece, il ricorrente ritiene che l’errore da lui commesso integrerebbe una mera irregolarita’, non cosi’ grave da comportare l’improcedibilita’ dell’appello. L’iscrizione a ruolo avviene nel processo telematico, infatti, con modalita’ diverse rispetto al processo cartaceo, sussistendo maggiori possibilita’ di errore. L’iscrizione si perfeziona con la ricezione del secondo messaggio PEC (ricevuta di avvenuta consegna), e il deposito e’ tempestivo se la ricevuta di avvenuta consegna viene generata entro la scadenza del termine. Ad avviso del ricorrente, pero’, e’ solo con la ricezione della quarta PEC che risulta il numero di ruolo, e questa puo’ essere inviata al difensore anche molto tempo dopo, per cui i margini di errore sarebbero piu’ elevati.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione degli articoli 341 e 358 c.p.c., nonche’ dell’articolo 6, commi secondo e terzo, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali e dell’articolo 6 del Trattato di Lisbona.
Il ricorrente, premettendo che il principio di effettivita’ della tutela giurisdizionale, sancito dalla Convenzione citata, fa parte del diritto dell’Unione “in quanto principio generale” recepito in sede comunitaria, e richiamando la relativa giurisprudenza di legittimita’, ritiene che la Corte territoriale abbia violato il suindicato principio nel dichiarare improcedibile l’appello da lui proposto. La Corte di merito, omettendo di interpretare le disposizioni processuali sulla improcedibilita’ secondo una lettura che desse priorita’ “alla sostanza e all’effettivo contenuto dell’atto”, avrebbe in concreto ingiustamente impedito di giungere a una decisione sul merito dell’appello.
4. I motivi di ricorso, benche’ tra loro differenti, devono essere trattati congiuntamente, in considerazione dell’evidente connessione che li unisce.
4.1. Giova innanzitutto ricordare che la giurisprudenza di questa Corte, correttamente richiamata dalla Corte romana, ha affermato che l’articolo 347, comma 1, c.p.c., nello stabilire che la costituzione in appello avviene secondo le forme ed i termini per i procedimenti davanti al tribunale, rende applicabili al giudizio d’appello le previsioni di cui agli articoli 165 e 166 c.p.c., ma non quella di cui all’articolo 171 c.p.c. (concernente la ritardata costituzione delle parti), la quale e’ incompatibile con la previsione di cui all’articolo 348 c.p.c., secondo cui l’appello e’ improcedibile se l’appellante non si costituisca nei termini. Ne consegue che il giudizio di gravame sara’ improcedibile in tutti i casi di ritardata o mancata costituzione dell’appellante, a nulla rilevando che l’appellato si sia costituito nel termine assegnatogli (Sezioni Unite, sentenza 18 maggio 2011, n. 10864, confermata, tra le altre, dalle ordinanze 13 marzo 2017, n. 6369, e 6 luglio 2020, n. 13887).
Deve essere parimenti ricordato l’orientamento, conforme a quello ora menzionato, secondo cui a norma dell’articolo 348, comma 1, cit., la mancata costituzione dell’appellante nel termine di cui all’articolo 165 c.p.c. (da intendersi richiamato dall’articolo 347 c.p.c.), determina automaticamente l’improcedibilita’ dell’appello, restando esclusa sia, per il caso di mancata costituzione di entrambe le parti, l’applicazione del regime di cui all’articolo 171, comma 1, in relazione all’articolo 307, comma 1, c.p.c. -e, quindi, la possibilita’ di una riassunzione del processo entro l’anno dalla scadenza del termine di cui all’articolo 166 per la costituzione dell’appellato- sia, in ipotesi di costituzione dell’appellato nel termine di cui all’articolo 166, l’applicazione dell’articolo 171, comma 2, dello stesso codice e, quindi, la possibilita’ della costituzione dell’appellante fino alla prima udienza, sia infine, per il caso di ritardata costituzione di entrambe le parti, una trattazione dell’appello (sentenza 24 gennaio 2006, n. 1322, pure ribadita in seguito).
4.2. La parte ricorrente, ben consapevole dell’esistenza di tale consolidato orientamento, richiama, a sostegno della sua tesi, l’istituto della translatio iudicii; e, in particolare, sostiene che la sentenza impugnata si sarebbe posta in contrasto con la pronuncia, pure emessa dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall’articolo 341 c.p.c. non determina l’inammissibilita’ dell’impugnazione, ma e’ idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii (sentenza 14 settembre 2016, n. 18121).
Ritiene il Collegio, pero’, che tale istituto non possa essere validamente invocato nel caso in esame.
La sentenza delle Sezioni Unite appena ricordata, infatti, aveva ad oggetto un caso nel quale una pronuncia del Tribunale di Milano era stata erroneamente impugnata davanti alla Corte d’appello di Brescia.
Nel caso odierno, invece, i fatti si sono svolti in una maniera completamente diversa.
L’appello, per inequivoca indicazione dell’articolo 342 c.p.c., “si propone con citazione”, non con l’iscrizione a ruolo.
L’odierno ricorrente non ha errato nell’individuazione del giudice d’appello, ma, dopo aver correttamente citato le controparti a comparire, per il giudizio di secondo grado, davanti alla Corte d’appello di Roma, si e’ costituito, per errore, davanti al Tribunale di Roma, cioe’ davanti allo stesso ufficio giudiziario che aveva celebrato il giudizio di primo grado. Ne consegue che non puo’ essere utilmente richiamato l’istituto della translatio iudicii, perche’ si e’ verificata, come correttamente affermato dalla Corte d’appello, la mancata tempestiva iscrizione a ruolo del giudizio di impugnazione.
Lo (OMISSIS), infatti, si e’ tempestivamente costituito davanti al giudice di primo grado, di modo che l’ipotesi di improcedibilita’ di cui all’articolo 348 c.p.c. e’ stata pienamente integrata. E cio’ e’ tanto piu’ significativo in quanto l’appellante non si e’ neppure accorto dell’errore commesso e la causa si e’ messa in moto, davanti al giudice di secondo grado, grazie alla solerzia del Tribunale di Roma che, come risulta dall’impugnata sentenza, ha trasmesso i relativi atti alla Corte d’appello, di sua iniziativa, in data 6 febbraio 2019, mentre l’atto di citazione in appello era stato notificato il 4 dicembre 2018.
Non c’e’ spazio, dunque, per l’applicazione dell’articolo 50 c.p.c. e per la translatio iudicii, cosi’ come appaiono evidentemente inconferenti i richiami, contenuti nel secondo motivo, alle norme relative al processo penale e al processo tributario, attesa l’evidente diversita’ degli istituti in questione.
E’ appena il caso di aggiungere che i motivi di ricorso non contestano affatto l’ultimo passaggio della motivazione della sentenza impugnata, la’ dove la Corte d’appello ha rilevato che la richiesta di rimessione in termini era avvenuta, da parte dell’appellante, dopo la prima udienza, e quindi comunque tardivamente rispetto al regime di preclusioni di cui all’articolo 350, comma 2, c.p.c. (secondo l’insegnamento della sentenza 5 agosto 2016, n. 16598, delle Sezioni Unite di questa Corte).
Cosi’ respinti i primi due motivi di ricorso, il terzo e’ inammissibile in quanto ininfluente, anche perche’ non contiene vere e proprie censure di violazione di legge, ma soltanto un insieme di considerazioni di politica legislativa e giudiziaria.
5. Il ricorso, pertanto, va rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascun controricorso in complessivi Euro 4.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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