Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 7 gennaio 2019, n. 133.

La massima estrapolata:

L’applicazione di un determinato contratto collettivo rientra nelle prerogative dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, così che la legge di gara non può imporre ai concorrenti l’applicazione di un C.C.N.L. il quale deve solamente rispettare la coerenza del contratto nazionale con l’oggetto dell’appalto posto in gara.

Sentenza 7 gennaio 2019, n. 133

Data udienza 6 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7288 del 2018, proposto da
To. Au. Se. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ca. Co. La Gr. e Pa. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avvocato Pa. Pi., Lungotevere (…)
contro
Au. Po. S.r.l. ed altri, in persona dei legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Fr. Co., Gi. Sq., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avvocato Fr. Co. in Roma, piazza (…)
nei confronti
Am. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Er., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avvocato Ro. Ni. in Roma, via (…)
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 7766/2018, resa tra le parti, concernente affidamento di servizio di manutenzione su autotelai cabinati e complessi meccanici Me. tramite manodopera specializzata e fornitura di ricambi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Am. S.p.A e del R.T.I. capeggiato da Au. Po. S.r.l. e l’appello incidentale proposto da quest’ultimo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti l’avvocato Bi. per delega dell’avvocato Co. La Gr. e l’avvocato Na. per delega di Co. ed Er.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO e DIRITTO

Am. S.p.A aveva bandito una procedura di appalto per l’affidamento del servizio di manutenzione per 36 mesi su autotelai cabinati e complessivi meccanici Me. in parco aziendale da prestarsi tramite manodopera specializzata e fornitura dei ricambi, con importo a base di gara pari ad Euro 660.000 da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mediante attribuzione del punteggio massimo di 60/100 all’offerta tecnica e di 40/100 all’offerta economica.
La procedura prevedeva tra l’altro all’art. 7 del disciplinare di gara, a pena di esclusione, l’obbligo per le partecipanti di produrre i cataloghi del costruttore in vigore alla data di pubblicazione del bando di Gara sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, su supporto informatico, privi di qualsiasi riferimento economico, prescrizione ulteriormente ribadita e da fornirsi entro termine perentorio.
Partecipavano alla selezione due concorrenti, il R.T.I. Au. Po. e la società To. Au. Se. S.r.l. che risultava aggiudicataria con il punteggio finale di 94/100 a fronte dei 77,46/100 punti della prima, una volta superate le verifiche di anomalia e del possesso dei requisiti di capacità tecnica e professionale.
L’Au. Po. impugnava l’aggiudicazione dinanzi al Tribunale amministrativo del Lazio e lamentava in sintesi l’illegittimità dell’omessa esclusione della concorrente, classificatasi prima come tale dichiarata aggiudicataria dell’incanto; e che invece avrebbe dovuto essere esclusa per non avere allegato all’offerta tecnica il listino dei pezzi della Me. che era previsto a pena di esclusione dal bando e sul quale, nell’offerta economica, avrebbe dovuto essere applicato il ribasso, prezzo per prezzo; per anomalia dell’offerta, attesa l’inattendibilità delle giustificazioni offerte al ribasso elevato sul costo orario della manodopera; e per omessa dimostrazione del possesso dei requisiti di fatturato.
Si costituivano in giudizio la controinteressata e l’Am. S.p.A. che chiedevano il rigetto del ricorso per inammissibilità ed infondatezza.
Con la sentenza n. 7766 dell’11 luglio 2018 il Tribunale amministrativo esaminava dapprima l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla controinteressata, secondo la quale la piena conoscenza dei vizi lamentati era già possibile all’indomani della celebrazione delle sedute di gara, in particolare per la mancata presentazione dei cataloghi del costruttore.
Il giudice di primo grado riteneva fondata l’eccezione con riguardo alla mancanza allegazione dei cataloghi, immediatamente riscontrabile all’atto dell’apertura delle relative buste avvenuta nella seduta del 12 luglio 2017 alla quale era presente un rappresentante della parte ricorrente, con la garanzia per i concorrenti di un controllo totale e la pian documentazione di quanto avvenuto.
Non erano invece fondate le eccezioni sugli altri due motivi di doglianza, giustificazioni dell’anomalia e di comprova dei requisiti, la cui conoscenza non poteva che derivare dalla piena conoscenza dei documenti di gara.
Con il secondo motivo la ricorrente si duole dell’anomalia dell’offerta in quanto sarebbe insostenibile il costo orario di 18 Euro e del ribasso del 60% sui listini per la non ammissibile applicazione del C.C.N.L. metalmeccanico artigiano, comunque non coerente con le forze dell’aggiudicataria rilevato in un primo momento dallo stesso seggio di gara.
A sostegno delle proprie difese l’aggiudicataria produceva una tabella riepilogativa dei prezzi dei pezzi di ricambio del subfornitore DIERRE datata 13 giugno 2017, un prospetto analitico dei costi del personale redatto da un consulente del lavoro, datato 15 settembre 2017, ed altro materiale documentale ana.
Il Tribunale amministrativo osservava quanto al tema del costo dei ricambi che, come visto, incideva sul 30% della base d’asta, appariva evidente che nessuna censura era dedotta in ordine al merito dei prezzi documentati dal preventivo del subfornitore e dato che la lex specialis aveva ammesso forniture di prodotti “equivalenti”, non era illogica o irragionevole la scelta della S.A. di aderire alle giustificazioni presentate dalla controinteressata in ordine ai prezzi praticati dal subfornitore, rimanendo ascritta al piano delle scelte di merito la valutazione della idoneità dei relativi prodotti.
Il ricorso era quindi infondato sul punto.
In ordine al profilo di maggior rilievo, il costo del lavoro relativo al 70% del prezzo a base d’asta, andava rilevato che il C.C.N.L. Me. Ar. risulta effettivamente coerente con l’oggetto dell’appalto posto in gara, posto che quest’ultima si riferiva ad interventi di manutenzione specializzata per il parco automezzi dell’AMA e l’art. 1 del CCNL Metalmeccanici Artigianato si riferisce ai “settori dell’assistenza, manutenzione e riparazione dei veicoli di cui alla legge 122 del 1992, come ad esempio carrozzeria, meccanica, motoristica, elettrauto, gommista centri di revisione(…)” e dunque, stante la definizione contenuta nell’art. 1, comma 2, della legge citata, include “tutti gli interventi di sostituzione, modificazione e ripristino di qualsiasi componente, anche particolare, dei veicoli e dei complessi di veicoli a motore di cui al comma 1, nonché l’installazione, sugli stessi veicoli e complessi di veicoli a motore, di impianti e componenti fissi”.
Attesa tale circostanza, va riconosciuto che la scelta del C.C.N.L. da applicare alla propria organizzazione aziendale non è affatto incompatibile con l’oggetto della gara.
Anche in relazione a tale aspetto, il ricorso era infondato.
Al contrario era fondata la doglianza della ricorrente laddove lamentava la non attendibilità ai fini della giustificazione dell’anomalia delle indicazioni relative all’applicazione del C.C.N.L. Metalmeccanici Artigianato in quanto l’appellante TAS non sarebbe stata qualificabile come impresa artigiana.
La To. Au. Se. non risulta dalla visura della CCIAA di Roma come iscritta all’Albo degli Artigiani, ma svolge attività meccatronica, classificata come riparazione meccaniche di autoveicoli e come riparazione di impianti elettrici e di alimentazione per autoveicoli; non sussistono neppure i requisiti di cui all’art. 2 della legge quadro n. 443 del 1985, secondo la quale l’imprenditore artigiano è colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e i rischi che si riferiscono alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo.
Lo status soggettivo della concorrente va verificato ai fini del giudizio sull’anomalia dell’offerta e quindi, allorché si invoca a fondamento delle giustificazioni dell’anomalia dell’offerta norme di favore derivanti da un C.C.N.L. pertinente all’oggetto della gara ma applicabile solo ai dipendenti di determinate categorie di imprese, il possesso della relativa qualità diviene condizione presupposta alle giustificazioni che la concorrente deve dimostrare e nel la qualità di impresa artigiana era essenziale affinché potesse trovare applicazione ai costi del personale il C.C.N.L. di riferimento; oltretutto per tale qualificazione occorreva anche l’ulteriore presupposto di cui all’art. 3 della l. 443 del 1985, in base al quale deve sussistere l’obbligo dei “soci artigiani” di una società a responsabilità limitata di detenere la maggioranza del capitale sociale e comunque salvi i limiti dimensionali previsti dall’art. 4 in termini di numero massimo di dipendenti a seconda di come sono organizzati i processi produttivi.
Nessuna di queste condizioni era dimostrata o allegata dall’interessata ed era inoltre argomento dirimente, la mancata iscrizione della controinteressata all’Albo di cui all’art. 5 della l. 443 del 1985 che ha effetto costitutivo della natura artigiana dell’impresa.
La fondatezza di questo punto non lasciava margine di valutazione che potessero giustificare una ripetizione del procedimento di gara ai fini di una nuovo esame dell’anomalia dell’offerta, la quale rimaneva quindi tale con la conseguente dovuta aggiudicazione alla ricorrente ed il pieno ristoro della posizione giuridica di questa rendendo irrilevante la domanda di risarcimento.
Per completezza il giudice di primo grado si pronunciava per l’infondatezza del terzo ed ultimo motivo concernente attestazioni che la To. Au. Se. avrebbe dovuto fornire, ma provenienti queste dal Cotral, andavano acquisite dall’AMA in quanto documenti in possesso di un’amministrazione
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 18 settembre 2018 la To. Au. Se. impugnava la sentenza in questione e sosteneva che il C.C.N.L. Me. Ar. era del tutto pertinente al contratto da affidare come riconosciuto anche dal primo giudice e che in ogni caso l’essenza artigianale dell’impresa andava individuata in concreto e non tramite l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, iscrizione ritenuta dalla Corte di Cassazione come meramente indiziaria ed ancora il C.C.N.L. doveva considerarsi un fatto avente natura negoziale e privatistica con effetti solo tra gli stipulanti ed il diritto del lavoratore a contestarne l’applicazione al suo rapporto e collocato al di fuori del sindacato di legittimità del giudice amministrativo e comunque l’impresa poteva essere qualificata come artigiana anche se diretta dall’imprenditore artigiano e dai soci avendo un massimo di 22 dipendenti di cui almeno quattro apprendisti.
L’appellante insisteva poi per l’inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancata dimostrazione di un’effettiva anomalia dell’offerta, non avendo nemmeno indicato il C.C.N.L. da applicare, per eccesso di potere giurisdizionale del primo giudice, il quale doveva lasciare alla stazione appaltante l’accertamento dell’anomalia anche una volta rilevata l’inapplicabilità di quel C.C.N.L. ed in ogni caso veniva fatta presente l’efficacia del contratto stipulato prima della sentenza e non direttamente oggetto di ricorso e concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.
Con appello incidentale notificato il 1° ottobre 2018 il R.T.I. Au. Po. si costituiva in giudizio, contestando analiticamente le censure contenute nell’appello principale, sostenendo la tardività del deposito dei documenti relativi all’accordo integrativo del 19 febbraio 2017 tra l’appellante principale e l’UGL Roma Terziario e contestava la ritenuta tardività dell’eccezione sulla mancata presentazione dei cataloghi del costruttore oppure di chiavi di accesso per la loro consultazione on line da parte di To. Au. Se., perché nella seduta pubblica la commissione aveva dato atto della presenza nei plichi di tutti i documenti prescritti dal disciplinare e delle mancanze di Total si era dato atto in una seduta riservata, escludendo così la possibilità di impugnazione immediata, per cui l’appellante principale andava sicuramente escluso; veniva poi riproposta nel dettaglio la censura sulla produzione di ricambi equivalenti e non originali Me. e quindi anche la domanda di inefficacia del contratto non esaminata dal Tribunale amministrativo e reiterata la domanda di risarcimento dei danni per il periodo successivo all’aggiudicazione a To. Au. Se..
L’AMA si costituiva in giudizio, insistendo per l’accoglimento dell’appello principale.
All’udienza del 6 dicembre 2018 la causa è passata in decisione.
Deve essere dapprima esaminato l’appello incidentale proposto dal raggruppamento temporaneo appellato e quindi a cominciare dalla censura concernente la presunta tardività del motivo riguardante la violazione da parte dell’aggiudicataria del punto 7 del disciplinare di prescriveva che venissero prodotti unitamente all’offerta i cataloghi del costruttore oppure le chiavi di accesso per la loro consultazione on-line. Quanto affermato dal giudice di primo grado secondo cui la censura era stata proposta fuori termine e non al momento della presa in considerazione delle offerte da parte della stessa commissione giudicatrice è erroneo.
La lettura del verbale di gara n. 4 relativo alla seduta pubblica del 12 luglio 2017 dimostra senza dubbio le asserzioni dell’attuale appellante incidentale, secondo la commissione ha proceduto in seduta pubblica ad aprire le buste B – relativa all’offerta tecnica – e a dare atto della presenza all’interno dei plichi di tutti i documenti prescritti nel disciplinare di gara; di seguito la seduta è stata proseguita in sede riservata dopo l’allontanamento dei rappresentanti delle due concorrenti ed in quel momento la commissione ha riscontrato che la To. Au. Se. non aveva prodotto né i cataloghi di cui al disciplinare, né le eventuali chiavi di accesso per la consultazione on-line, ma solo una dichiarazione d’impegno a fornire in caso di aggiudicazione di tali chiavi di accesso.
Dunque la censura è fondata e in conseguenza dovrebbe ritenersi fondato il motivo concernente l’illegittimità della mancata esclusione dell’aggiudicataria.
Ma il Collegio ritiene che la clausola di disciplinare sulla delegazione al momento della proposizione dell’offerta dei cataloghi della casa produttrice oppure di forme on-line per la loro conoscenza sia una clausola nulla, ricadendo nelle previsioni di cui al comma 8 dell’art. 83 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50.
E’ noto che ai sensi di tale comma, avente portata generale, le stazioni appaltanti possono indicare nella legge di gara le condizioni di partecipazione necessarie da ritenersi livelli minimi di capacità congiuntamente ai loro idonei mezzi di prova ed unitamente a ciò, dispone ogni altra prescrizione a pena di esclusione necessaria inserita nello stesso d.lgs. n. 50 del 2016 o comunque in altre norme di legge. La previsione di chiusura di detta norma generale è che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice o da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.
Ora la clausola in questione, come del resto sostenuto dall’appellante principale, laddove impone la produzione dei cataloghi o la loro conoscibilità immediata on-line non trova copertura in norme specifiche oppure di principi che regolano la legislazione concorsuale e il suo carattere è invece naturalmente attinente alla fase di esecuzione della prestazione una volta affidata.
Quindi il motivo sollevato non ha fondamento, perché non è sorretto da un riconoscimento normativo e per maggior completezza si deve anche rilevare che la sua previsione, soprattutto perché contemporanea al momento delle offerte e quindi preliminare all’esame di esse, investe anche un tono di peculiare gravosità che non corrisponde al principio generale di massima concorrenza che deve governare, tra gli altri, le pubbliche gare.
Quanto alla censura inerente l’incongruità degli sconti sui prezzi dei ricambi, si deve rilevare che in primo luogo si trattava di ricambi equivalenti e non originali Me., ammessi dalla legge di gara, e già per questo lo sconto era in parte giustificato; in secondo luogo la giurisprudenza di questa Sezione ha affermato in numerose occasioni che una pretesa incongruità di una singola voce dell’offerta economica non è rilevante per dimostrare un’inammissibile anomalia dell’intera offerta e dunque il motivo così come rappresentato, non può trovare una positiva rispondenza.
L’appello incidentale è dunque infondato.
Si può passare ora all’esame dell’appello principale.
Questa Sezione ha avuto modo di affermare (sentenza 17 gennaio 2018 n. 176) che la proposta dell’applicazione al personale dipendente di un contratto collettivo nazionale di lavoro non appropriato e non pertinente alle prestazioni oggetto del servizio da affidare determina inevitabilmente squilibri all’offerta economica formulata.
Ma si sono rammentati anche i principi di una giurisprudenza ormai consolidata, secondo cui l’applicazione di un determinato contratto collettivo rientra nelle prerogative dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, così che la legge di gara non può imporre ai concorrenti l’applicazione di un C.C.N.L. determinato, per il quale deve essere solamente rispettata la coerenza del contratto nazionale con l’oggetto dell’appalto posto in gara: ora lo stesso giudice di primo grado ha affermato, né poteva fare altrimenti, che nel caso il C.C.N.L. Me. Ar. era del tutto coerente con l’oggetto dell’appalto in gara, visto che questo si riferiva ad interventi comunemente riconosciuti come interventi di manutenzione specializzata afferente la gestione automobilistica, investendo settori dei veicoli come la carrozzeria, la meccanica, la motoristica, l’elettrauto, la gommistica, quindi un’attività che non ha carattere industriale oppure seriale, ma viene svolta secondo le necessità tramite interventi singoli da parte di personale del settore necessario.
Il Tribunale amministrativo, pur nel riconoscimento di tutto questo per quanto attiene le prestazioni, ha ritenuto fondate le doglianze secondo cui il C.C.N.L. Me. Ar. non poteva essere applicato alla To. Au. Se., perché questa non sarebbe stata qualificabile come impresa artigiana come emergerebbe dalla visura estratta dalla CCIA di Roma, secondo la quale la stessa non è iscritta all’Albo degli Artigiani, ma svolge attività meccatronica, classificata come attività di riparazioni meccaniche, elettriche e di alimentazione degli autoveicoli e non sussisterebbero i requisiti soggettivi di cui alla l. quadro sull’artigianato n. 443 del 1985, secondo cui l’imprenditore artigiano esercita professionalmente e personalmente l’attività lavorativa, assumendone la piena responsabilità .
A prescindere dal fatto di per sé rilevante che il C.C.N.L. in controversia precisa all’art. 1 punto 4 la sua applicabilità alle imprese attive nel campo della manutenzione dei veicoli, si deve rilevare che se tali assunti possono ad un primo sommario esame avere un fondamento, il Collegio ritiene non dirimente l’inquadramento della Total Automotive come impresa artigiana e dunque non necessario nel caso di specie aderire o meno all’insegnamento insito nella sentenza della Corte di Cassazione, Sezione lavoro, 1 dicembre 2016 n. 24555 richiamata dalla Total Automotive, sul possesso della qualità soggettiva necessaria per l’applicazione di quel determinato C.C.N.L. quale contratto di riferimento delle imprese artigiane, così come definite dalla legislazione vigente, e sul valore costitutivo o meno della classificazione secondo l’art. 5 della l. n. 443 del 1985, giusta l’art. 2751 bis c.c., n. 5, che impone di definire l’impresa artigiana in base alle “disposizioni legislative vigenti”.
Del resto, l’elemento dell’iscrizione si configura come coelemento della fattispecie acquisitiva della qualifica soggettiva, necessario, ma non sufficiente per definire l’impresa come artigiana.
Per mera completezza va rilevato che quanto stabilito dalla lettera a) del comma 1 dall’art. 4 della l. 443 del 1985 secondo cui l’impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione d’opera di personale dipendente diretto personalmente dall’imprenditore artigiano o dai soci e per la lettera a) per l’impresa che non lavora in serie nei limiti di un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 9; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti
E su tale fatto non vi è alcuna contestazione.
Quindi il fondamento delle ragioni dell’appellante si deve rinvenire, secondo quanto già affermato nella prima citata sentenza n. 176 del 2018 di questa Sezione, nel carattere privatistico del C.C.N.L. che è un accordo negoziale tra le parti, non ha valore di legge, né norme o bandi possono imporre l’utilizzo di un contratto nazionale al posto di un altro, vista sia la libertà di impresa ed il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del proprio lavoro.
Né tali precetti costituzionali interferiscono sulla forma della regolamentazione che le parti si danno in ordine alla prestazione di lavoro. Fondamentale – e pacifica nel caso di specie – è e deve essere l’attinenza delle prestazioni lavorative regolate dal contratto collettivo nazionale con quelle poste in gara e tale fatto non può essere, come si è visto, oggetto di discussione, né tantomeno regola posta dalla stazione appaltante per un’inammissibile fine di regolare secondo una propria intenzione i rapporti di lavoro dei dipendenti del soggetto appaltatore.
Per considerazioni suesposte l’appello deve dunque essere accolto e vanno assorbite le residue censure ed eccezioni.
La particolare complessità della causa giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie l’appello principale e, per l’effetto in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso introduttivo e respinge inoltre l’appello incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente FF
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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