Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 4 febbraio 2019, n. 857.
La massima estrapolata:
La disciplina del condono edilizio, per il suo carattere eccezionale e derogatorio, non è suscettibile di interpretazioni estensive.
Sentenza 4 febbraio 2019, n. 857
Data udienza 29 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1745 del 2013, proposto da
Vi. St., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Pa., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Dell’U. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. De Ti., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 00529/2012, resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 29 gennaio 2019 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Ma. Pa.;
Rilevato in fatto che:
– la presente controversia ha ad oggetto l’appello proposto nei confronti della sentenza n. 529\2012 con cui il Tar Latina ha respinto l’originario ricorso, proposto dall’odierna parte appellante avverso gli atti recanti diniego di condono e ordine di demolizione di una parte delle opere abusive realizzate nell’immobile di proprietà, una villetta bifamiliare ubicata in (omissis), alla via (…);
– tali opere, nella parte concernente la sentenza in questione, risultavano consistenti nell’ampliamento di mq. 8,82, con realizzazione, mediante chiusura parziale di un terrazzo, di un vano cucina e bagno, e con modifiche prospettiche;
– con diversa sentenza, il cui appello è parimenti fissato per la stessa udienza dinanzi a questo Collegio, veniva parimenti respinto il ricorso proposto avverso analoghi atti negativi concernente il diverso intervento consistente nel mutamento della copertura della veranda;
– con il presente appello l’originario ricorrente contestava le argomentazioni del Tar riproponendo le censure di primo grado;
– il Comune odierno appellato non si costituiva in giudizio;
– alla pubblica udienza del 29\1\2019 la causa passava in decisione.
Considerato in diritto che:
– l’appello proposto avverso la sentenza n. 529\2012 è infondato;
– se in linea di fatto appare pacifica, la consistenza delle opere in contestazione (oggetto della sentenza 529 cit., distinte dalla mera copertura oggetto del diverso appello parimenti pendente dinanzi al Collegio) ed il relativo carattere abusivo, in linea di diritto la sentenza appellata appare pienamente condivisibile ed i vizi di appello dedotti si scontrano con la giurisprudenza già espressa anche dalla sezione;
– in primo luogo, in relazione alle invocate carenze in merito alle comunicazioni di avvio del procedimento, in disparte l’effettiva ricezione delle note comunque inviate dal Comune, assume rilievo dirimente la coerenza delle affermazioni contenute nella sentenza appellata rispetto all’orientamento prevalente in giurisprudenza, secondo il quale non è necessaria alcuna preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento per i provvedimenti di diniego di sanatoria e condono edilizio, ciò in quanto tali procedimenti, finalizzati alla sanatoria degli abusi edilizi, sono avviati su istanza di parte (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 19 settembre 2018, n. 5465);
– in secondo luogo, rispetto al presunto difetto di motivazione sul diniego di condono, sia gli atti impugnati sia la sentenza appellata contengono una pluralità di ordini esplicativi delle ragioni sottese alla denegata sanatoria;
– in proposito risulta come l’immobile interessato dalle opere abusive sia inserito in area soggetta ad una pluralità di vincoli, paesaggistico ex d.lgs. n. 42/2004, ex dPR 4\4\2005 istitutivo del Parco Nazionale del Ci. in base ex l. n. 394/1991, per la vicinanza alle coste ed ai laghi ex l.r. 25 ottobre 1976, n. 25;
– risulta parimenti esplicato come l’area interessata sia ricompresa nella perimetrazione stabilita dalla Regione Lazio con deliberazione di Giunta 19 marzo 1996, che, in attuazione della direttiva n. 92/43/CEE (cd. habitat), ha definito le Zone di Protezione Speciale (ZPS), con la conseguente ostatività dell’art. 3, comma 1, lett. b), della l.r. n. 12/2004, il quale esclude dal condono le opere realizzate, anche prima dell’apposizione del vincolo, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, ed a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali;
– in linea generale va altresì ribadito il principio per cui la compatibilità dell’opera da condonare rispetto al regime di salvaguardia garantito dal vincolo, al fine di verificare l’effettiva tutela del bene protetto, deve essere valutata alla data dell’esame della domanda di sanatoria;
– costituisce orientamento consolidato, infatti, quello per cui l’esistenza del vincolo va valutata al momento dell’esame della domanda di condono, con il risultato che, se non sussistono le condizioni di rispetto della normativa vincolistica in quel momento, il titolo in sanatoria non può essere assentito, anche se in ipotesi l’edificazione rispettava tale normativa al momento della sua realizzazione senza autorizzazione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 6 settembre 2018, n. 5244);
– in terzo luogo, parimenti infondata appare l’invocazione delle dettagliate n. t.a. quale strumento avente analoga valenza rispetto alla salvezza prevista dalla legge regionale suddetta in favore dei piani urbanistici attuativi;
– al riguardo, se per un verso sarebbe dubbia la compatibilità costituzionale di una norma regionale in grado di esonerare dalla non condonabilità abusi in zona vincolata per finalità meramente urbanistiche, per un altro e dirimente verso nel caso de quo è evidente che, in coerenza con il carattere eccezionale della sanatoria speciale di cui al condono, le relative previsioni non possono essere estese in via analogica rispetto alle ipotesi strettamente previste dalla normativa, né possono costituire oggetto di interpretazione estensiva;
– in linea generale va ancora una volta ribadito il principio per cui la disciplina del condono edilizio, per il suo carattere eccezionale e derogatorio, non è suscettibile di interpretazioni estensive (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 14 aprile 2015, n. 1917 e sez. V, 3 giugno 2013, n. 3034);
– infine, anche la deduzione concernente la mancata acquisizione dei pareri non è suscettibile di accoglimento in quanto, a fronte del carattere ostativo riconosciuto al dato normativo, assume rilievo dirimente il principio per cui la mancanza del parere non è idonea a viziare l’adozione di atti repressivi di abusi edilizi, né ai fini del rigetto di istanze di condono o sanatoria, non essendone atto presupposto ai fini dell’adozione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703);
– sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
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