Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 18 luglio 2019, n. 5053.
La massima estrapolata:
La collocazione di nomi o segni al di fuori degli spazi deputati all’espressione del voto conduce alla nullità dello stesso, quando risultano estranei al contenuto proprio della scheda e alle modalità con cui l’elettore esprime normalmente il suo voto, deve rilevarsi che, in base ad esso, non qualunque “sconfinamento” rispetto agli spazi destinati nella scheda alla espressione della volontà elettorale conduce all’annullamento del voto, ma solo quelli che assumano rilevanza ricognitiva o trasmodino nella inintelligibilità della volontà elettorale.
Sentenza 18 luglio 2019, n. 5053
Data udienza 27 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1311 del 2019, proposto da
Al. Sa., rappresentato e difeso dagli avvocati Se. Dr. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ma. Ca. in Roma, via (…);
contro
Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ni. Pe., Lu. Ma. e Gi. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lu. Ma. in Roma, via (…);
ed altri;
nei confronti
Ca. Gi., non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 3242 del 2019, proposto da
Al. Sa., rappresentato e difeso dagli avvocati Se. Dr. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ma. Ca. in Roma, via (…);
contro
Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ni. Pe., Lu. Ma. e Gi. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lu. Ma. in Roma, via (…);
ed altri;
nei confronti
Ca. Gi., non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 1311 del 2019:
della sentenza del T.R.G.A. della Provincia di Trento n. 00022/2019, resa tra le parti
quanto al ricorso n. 3242 del 2019:
della sentenza del T.R.G.A. della Provincia di Trento n. 00057/2019, resa tra le parti
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Trento, della Regione Autonoma Trentino Alto Adige e di Gi. Be.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. Ezio Fedullo e uditi gli Avvocati Ge. Te. su delega di Se. Dr., Ga. St. su delega di Lu. Ma., Lo. Ec., Be. Ca. di To. e l’Avvocato dello Stato Me. Ni.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza non definitiva n. 22 del 24 gennaio 2019, il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per la Provincia di Trento ha accolto il ricorso proposto da Gi. Be. e conseguentemente annullato l’impugnato atto di proclamazione degli eletti del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia autonoma di Trento, di cui al verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale della Provincia del 3 novembre 2018, formato all’esito delle consultazioni amministrative tenutesi in data 21 e 22 ottobre 2018 per il rinnovo del Consiglio provinciale e del Presidente della Provincia di Trento, nella parte in cui aveva riconosciuto un totale di 13 seggi alla lista n. 1 “Le. Sa. Tr.” in luogo dell’assegnazione di un seggio alla lista n. 19 “Un. Ce. co. Fu.”.
Deve premettersi che il ricorrente, sig. Gi. Be., era candidato alla carica di consigliere con la lista n. 19, “Un. Ce. co. Fu.”, collegata al candidato Presidente Ma. Fu., la quale, all’esito dello scrutinio dei seggi e delle valutazioni dell’Ufficio centrale circoscrizionale, aveva ottenuto un totale di n. 5.315 voti: il ricorrente, a sua volta, aveva conseguito 785 voti, ovvero il maggior numero di voti di preferenza tra i candidati della sua lista.
La lista n. 1 “Le. Sa. Tr.”, invece, aveva ottenuto un totale di n. 69.117 voti, con la conseguente attribuzione a suo favore di 13 dei 20 seggi assegnati alla coalizione di appartenenza, collegata al candidato Presidente Ma. Fu.: alla medesima lista era stato assegnato, in particolare, il 19° seggio, con la conseguente nomina alla carica di consigliere del controinteressato Gi. Ca., con un quoziente di 5.316,6923, ossia con uno scarto di 1,69 voti rispetto ai voti ottenuti dalla lista n. 19, con la conseguenza che, per una differenza inferiore a due voti, il 19° seggio non era stato assegnato alla lista n. 19 ed il ricorrente Be. non era stato eletto.
Quindi, a seguito della rinuncia del consigliere Va. Ca., era stato nominato consigliere il primo dei non eletti della lista n. 1, ossia il controinteressato Al. Sa..
Il giudice di primo grado, respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, formulata dal controinteressato sig. Al. Sa. sulla scorta della sua omessa notifica alla Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol, ha, con la suindicata sentenza non definitiva, accolto il primo motivo del ricorso principale e, per l’effetto, attribuito due voti alla lista n. 19 nonché ordinato al Presidente della Provincia autonoma di Trento di eseguire gli incombenti istruttori in essa indicati, necessari ai fini dell’esame del quarto motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale.
Eseguiti i disposti incombenti istruttori, con la sentenza (definitiva) n. 57 del 4 aprile 2019, il Tribunale di Giustizia Amministrativa per la Provincia di Trento ha accolto altresì il quarto motivo del ricorso principale ed il primo, in parte qua, dei relativi motivi aggiunti, sancendo per l’effetto l’attribuzione di un voto alla lista n. 19, ulteriore rispetto a quelli già attribuiti con la sentenza n. 22/2019, con la conseguente attribuzione alla suddetta lista di un totale di 5.318 voti.
Quindi, conclusivamente, il Tribunale ha statuito l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti del Consiglio provinciale di Trento di cui al verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 3 novembre 2018, nella parte in cui ha riconosciuto un totale di tredici seggi alla lista n. 1, in luogo dell’assegnazione di un seggio alla lista n. 19, e, in accoglimento delle ulteriori domande proposte con il ricorso principale, ha disposto, ai sensi dell’art. 130, comma 9, c.p.a., la correzione del risultato delle elezioni per il rinnovo del Consiglio provinciale, attraverso la sostituzione del candidato Gi. Be. al candidato Al. Sa., proclamando Gi. Be. alla carica di consigliere provinciale.
Tanto premesso, deve preliminarmente disporsi la riunione degli appelli n. 1311/2019 e n. 3242/2019, rispettivamente proposti dal sig. Al. Sa. avverso la sentenza n. 22/2019 e la sentenza n. 57/2019, germinando essi dall’unico giudizio di primo grado (sebbene scisso, agli effetti decisori, dal giudice trentino).
Mediante i motivi di appello formulati con il ricorso n. 1311/2019, cui aderisce la Provincia autonoma di Trento e, da ultimo, la Regione Autonoma Trentino Alto Adige, l’appellante Al. Sa. contesta in primo luogo la statuizione di infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, deducendo, in estrema sintesi, che la duplice efficacia elettorale del voto espresso per il rinnovo dei Consigli provinciali di Trento e Bolzano – siccome suscettibile di determinare anche la composizione del Consiglio della Regione speciale Trentino-Alto-Adige – avrebbe imposto la notificazione del ricorso anche a quest’ultima, in forza del disposto dell’art. 130, comma 3, lett. a) c.p.a., a mente del quale “il ricorso è notificato….all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni”.
Deduce in proposito la parte appellante che l’oggetto del giudizio elettorale – inerente all’accertamento della ricostruzione del legittimo risultato elettorale, al fine di assicurare la corrispondenza tra rappresentanza politica e volontà degli elettori – coinvolge necessariamente, nella suddetta Regione speciale, la Regione e le due Province di Trento e Bolzano, le quali tutte concorrono alla configurazione di una autonomia regionale “tripolare”, nell’ambito della quale gli Enti autonomi che la compongono esercitano su un piano di equiordinazione la funzione legislativa, costituente la massima espressione di rappresentanza politica, secondo i criteri di riparto fissati a livello statutario.
Ne discende, ad avviso della parte appellante, che, attesa la natura elettiva del Consiglio regionale trentino (quale necessario corollario della titolarità in capo ad esso della funzione legislativa) e poiché “il Consiglio regionale è composto dai membri dei Consigli provinciali di Trento e di Bolzano” (art. 25 dello Statuto speciale), per cui i membri eletti assumono sia l’ufficio di consigliere provinciale che quello di consigliere regionale, la Regione è qualificabile, ai sensi della citata norma processuale speciale, come “Ente della cui elezione si tratta”, destinato a risentire in via diretta degli effetti dell’annullamento (o della conferma) del risultato elettorale.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
L’attuale assetto ordinamentale speciale della Regione Trentino-Alto-Adige configura il procedimento elettorale come rivolto alla costituzione dei (soli) Consigli provinciali, laddove il concorso dei consiglieri provinciali eletti alla composizione del Consiglio regionale rappresenta l’effetto solo indiretto del procedimento elettorale, discendendo da una norma (l’art. 25, comma 1, dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto-Adige, a mente del quale “il Consiglio regionale è composto dai membri dei Consigli provinciali di Trento e Bolzano”) non intesa a disciplinare il procedimento elettorale ed i suoi effetti, ma a ricollegare al già conseguito munus di consigliere provinciale quello (ulteriore e distinto) di consigliere regionale.
In altri termini, la distinzione – anche solo formale e procedimentale – tra attribuzione della carica di consigliere provinciale, conseguente al procedimento elettorale, ed investitura della carica di consigliere regionale, la quale presuppone la conclusione del procedimento elettorale e la consacrazione, attraverso la proclamazione degli eletti al Consiglio provinciale, dei relativi effetti, non consente di affermare, se non rinunciando ad un congruo livello di approssimazione nella ricostruzione e qualificazione della fattispecie, indispensabile in tema di definizione degli oneri processuali sanzionati da inammissibilità, che la Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol rappresenta, con riferimento alle elezioni per il rinnovo dei Consigli provinciali e dei Presidenti delle Province autonome, ed insieme a queste ultime, un Ente “della cui elezione si tratta”.
La tesi della parte appellante non può trovare fondamento nemmeno nel disposto di cui all’art. 48 dello Statuto speciale, a mente del quale le elezioni dei due consigli si svolgono nella medesima giornata (riferendosi la disposizione ai due Consigli provinciali), né in quello di cui all’art. 49 bis del medesimo Statuto, ai sensi del quale, in caso di scioglimento di un Consiglio provinciale, i consiglieri regionali continuano ad esercitare le loro funzioni fino a nuove elezioni, essendo tale disposizione indicativa dell’indipendenza funzionale, subentrante alla derivatività genetica (una volta che questa ha esaurito i suoi effetti con la costituzione degli organi), del Consiglio regionale rispetto a quelli provinciali.
Ad ulteriore riprova dell’esposta conclusione, concorre il rilievo secondo cui lo Statuto (art. 48) si occupa delle elezioni dei soli Consigli provinciali, né esiste una legge regionale che, al pari di quella provinciale (per la Provincia di Trento, la l. n. 2 del 5 marzo 2003) e congiuntamente ad essa, si occupi dell’elezione dei consiglieri regionali.
Del resto, trasponendo il discorso sul piano strettamente processuale, la diversa – quanto indubbia – dimensione rappresentativa dei consiglieri regionali rispetto a quelli provinciali, correlata alla distinta sfera di autonomia riconosciuta a livello statutario all’Ente regionale ed a quelli provinciali, pur nella integrazione istituzionale tra i due livelli di governo, e la conformazione del sistema elettorale secondo le istanze rappresentative del territorio provinciale (attestata dalla fonte provinciale della relativa legge disciplinatrice), non consentono di attribuire alla Regione, a livello processuale, la tutela dell’interesse (oggettivo) alla corrispondenza del risultato elettorale a quello che sarebbe derivato dalla corretta applicazione delle norme disciplinatrici del relativo procedimento, che fa da sfondo alla imputazione della legittimazione processuale passiva in subiecta materia: invero, le norme elettorali trentine, essendo ispirate alla garanzia della rappresentanza democratica della comunità provinciale, non possono che sottendere interessi imputabili, a livello esponenziale, al solo Ente provinciale (e non a quello regionale).
Deve solo osservarsi, in conclusione, che il rigetto dell’esaminata eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado non può non trascinare con sé quello dell’ulteriore e connessa eccezione, formulata, in via consequenziale alla prima, dalla Provincia autonoma di Trento, secondo cui, poiché i consiglieri regionali rappresentano l’intera Regione e la controversia tratta (recte, tratterebbe) anche della loro elezione, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato anche alla Provincia autonoma di Bolzano.
Sgombrato (correttamente) il campo dalle suddette questioni processuali, il Tribunale di primo grado ha proceduto all’esame del merito del giudizio: a tal fine, nel dichiarato rispetto della c.d. graduazione dei motivi operata dal ricorrente principale – che, a dire del Tribunale trentino, “impedisce al Giudice amministrativo di passare all’esame delle domande e dei motivi prospettati in via subordinata una volta accolto uno o più motivi proposti in via prioritaria” – esso ha esaminato, con esito favorevole alla parte ricorrente, la censura intesa a lamentare l’illegittimità della mancata assegnazione, da parte dell’Ufficio centrale circoscrizionale (in sede di riesame, ai sensi dell’art. 72, comma 1, lett. b), della legge provinciale n. 2/2003, delle schede contenenti voti contestati e non assegnati), di due voti alla lista n. 19, in relazione alla scheda indicata nel verbale del 22 ottobre 2018 come scheda n. 5 del Comune di (omissis), Sez. 1, ed alla scheda indicata nel verbale del 25 ottobre 2018 come scheda n. 5 del Comune di (omissis), Sez. 2.
In particolare, quanto alla prima, dato atto che l’Ufficio centrale circoscrizionale aveva rilevato che essa “riporta una croce sul simbolo della lista “Un. Ce. co. Fu.” e, accanto, due voti di preferenza per due persone entrambe di genere femminile rispondenti rispettivamente, ai nomi “Pa. Ma. Lu.” e “Si. Fr.” (il primo nome non corrispondente ad alcuna candidata, il secondo nome appartenente ad una candidata di altra lista), e che, in forza di tali rilievi, il medesimo Ufficio aveva ritenuto di non assegnare alcun voto, di lista o di preferenza, richiamando l’art. 68, comma 3, l.p. n. 2/2003, nella parte in cui dispone che “sono nulli i voti contenuti in schede: a) che presentino scritture o segni tali da far ritenere in modo inoppugnabile che l’elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto”, e l’art. 69, comma 2, l.p.cit., secondo cui “sono inefficaci, inoltre, tutti i voti di preferenza espressi per candidati appartenenti a una lista diversa da quella votata o per il candidato alla carica di presidente”, il Tribunale:
– ha ritenuto erronea la decisione assunta dall’Ufficio con riferimento al nominativo “Si. Fr.”, atteso che, come riconosciuto dallo stesso controinteressato nelle sue difese, la signora Si. Fr. era effettivamente candidata nella lista n. 19 (come risultava altresì dal manifesto elettorale) ed aveva ricevuto 150 voti di preferenza (come risultava dal verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 2 novembre 2018);
– ha ritenuto ugualmente erronea la decisione assunta dall’Ufficio con riferimento al nominativo “Pa. Ma. Lu.”:
1) da un primo punto di vista perché, secondo consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1327), “l’elemento della riconoscibilità deve essere valutato caso per caso, per stabilire se l’anomalia del voto possa giustificarsi ragionevolmente con cause diverse da quella della volontà di far identificare il consenso attribuito alla lista o al candidato, di modo che possono essere ritenuti segni di riconoscimento solo quelli eccedenti il modo normale di esprimere la volontà elettorale” (mentre, non essendo contestato che, nella fattispecie in esame, risultino due candidate al ruolo di consigliere con il cognome Pa., ossia le signore Er. Pa., candidata con la lista n. 15 “Au. Po.”, e la signora Ci. Pa., candidata con la lista n. 1 “Le. Sa. Tr.”, dovrebbe ritenersi che l’errore dell’elettore nell’indicare il cognome di una persona candidata alle elezioni, ma con altra lista, e nell’indicare il nome di battesimo del candidato prescelto, non sia sufficiente per ravvisare una sua volontà di far riconoscere il voto);
2) da un secondo punto di vista, perché, in forza del disposto dall’art. 69, comma 2, l.p. n. 2/2003, e del principio di prevalenza del voto di lista su quello di preferenza ai singoli candidati da esso espresso, nell’ipotesi di divergenza tra i candidati di cui è stato scritto il nome e la lista per la quale è stato espresso il voto, pur potendo la scheda di cui trattasi far emergere dubbi in merito al voto di preferenza da assegnare, l’Ufficio avrebbe comunque dovuto assegnare il voto di lista, perché la scheda riporta una croce sul simbolo della lista n. 19 e la preferenza per una candidata in tale lista (la signora Fr.), sicché dalla scheda stessa emerge chiaramente l’effettiva volontà dell’elettore in ordine al voto di lista.
Deduce la parte appellante, al fine di confutare il ragionamento sviluppato dal giudice di primo grado, come dianzi riassunto, che dall’esame della scheda così come descritta in verbale emerge che l’elettore conoscesse le modalità corrette di espressione del voto di lista e di preferenza al pari dei nomi dei candidati di lista, ma che, nel compilare la scheda, abbia volutamente, e per finalità riconoscitive, indicato come prima preferenza il nome (doppio) e il cognome di soggetto non candidato.
Lamenta altresì l’appellante che il Tribunale è incorso in un vizio logico di giudizio, poiché, presupposti due errori di indicazione della preferenza nella scheda (sul cognome e sul nome), ha fondato la sua decisione unicamente sulla pretesa giustificabilità dell’errore mnemonico sul nome di battesimo, omettendo di esaminare la rilevanza di quello sul cognome, non appartenente a nessun candidato della lista votata.
Infine, l’appellante osserva che sulla scheda risultano due preferenze per due persone entrambe di genere femminile, per cui la seconda preferenza “Si. Fr.” doveva essere annullata ai sensi art. 63, comma 3, secondo periodo, l.p. n. 2/2003.
Il motivo, nei limiti che si diranno, è meritevole di accoglimento.
Muovendo dall’ultimo profilo dedotto dall’appellante, connesso alla doppia indicazione di un nominativo di genere femminile, deve osservarsi in primo luogo che esso, attenendo ad un motivo di ipotetico annullamento della scheda elettorale estraneo al contenuto giustificativo del provvedimento impugnato principaliter, avrebbe dovuto costituire oggetto di un apposito ricorso incidentale.
In ogni caso, la deduzione non sarebbe idonea, ove accoglibile, alla tutela di alcun concreto interesse in capo all’appellante, atteso che il giudice di primo grado ha limitato la sua statuizione conservativa (della validità della scheda de qua) all’espressione del voto di lista (e non della preferenza).
Infine, quanto al merito dello specifico profilo di doglianza, non può non osservarsi che l’effetto “elidente” nei confronti della seconda preferenza, previsto dalla disposizione citata, presuppone che la prima preferenza dello stesso genere sia validamente espressa: non verificandosi, altrimenti, l’effetto di “aggravare” l’organo rappresentativo con componenti dello stesso sesso.
Quanto ai restanti profili dedotti dalla parte appellante, intesi essenzialmente a censurare la sentenza appellata laddove ha escluso la sussistenza nella scheda predetta di elementi di riconoscibilità dell’identità dell’elettore, deve osservarsi che il principio, ricavabile dagli indirizzi giurisprudenziali citati dalla sentenza impugnata, secondo cui l’indicazione della preferenza a favore di una persona il cui cognome corrisponda ad un candidato di lista diversa da quella votata, ma di cui sia errata l’indicazione del nome di battesimo, può trovare non implausibile spiegazione – alternativa a quella che riconduce la suddetta modalità compilativa ad una univoca volontà di riconoscimento – da un lato, nell’errore dell’elettore imperitus, ignaro cioè della norma che non consente di attribuire il voto di preferenza a favore di candidato non presente nella lista votata, dall’altro lato, nel ricordo fallace del nome di battesimo di quel medesimo candidato, sicché non può trovare applicazione alla presente fattispecie.
Ritiene invero la Sezione che deve attribuirsi una finalità riconoscitiva, ergo il pericolo di infrangimento del velo di anonimato che deve circondare l’espressione del voto ed il suo successivo “trattamento” nell’ambito del procedimento elettorale, a quelle forme o modalità di esternazione della volontà elettorale che non siano spiegabili con la mera scarsa dimestichezza dell’elettore (compresa la figura dell’elettore dotato di non particolare cultura e/o di età non giovanissima) con le norme elettorali ovvero che non costituiscano il frutto di una propria “personale”, quanto non del tutto inverosimile, interpretazione delle regole elettorali.
Applicando i principi esposti alla fattispecie oggetto di giudizio, deve osservarsi che la parte appellante ha depositato il certificato di residenza di Pa. Ma. Lu., nata il 18 agosto 1941, residente a Bleggio Superiore (ovvero nello stesso Comune della Sezione in cui è stata votata la scheda di cui si tratta): in proposito, a prescindere dalla utilizzabilità (in relazione ai tempi del deposito) del documento, la parte resistente, a fronte delle deduzioni di parte appellante, non contesta l’esistenza anagrafica della persona suindicata.
Ebbene, è quantomeno insolito che un elettore indichi una preferenza a favore di un soggetto, puntualmente designato mediante nome (peraltro non comune) e cognome, non presente tra i candidati (di alcuna lista), ma realmente esistente nella comunità degli aventi diritto al voto: un elettore che peraltro, avendo espresso (anche) una preferenza in modo rituale, ovvero indicando un candidato effettivamente presente nella lista contestualmente votata, dimostri di non essere ignaro della effettiva composizione delle liste (ovvero, quantomeno, del modo in cui sincerarsi di quella composizione).
Ne consegue che, anche a prescindere dall’ipotesi estrema che il voto provenga dalla stessa persona di cui è indicato il nominativo (ipotesi ad avvalorare la quale sarebbe necessario verificare se essa è presente nelle liste elettorali della sezione n. 1 e se ha votato), la suddetta manifestazione di voto, ponendosi al di là di un plausibile, sebbene irrituale, modo di esercizio del diritto di elettorato attivo e non potendo trovare spiegazione nelle peculiari condizioni psico-fisiche dell’ipotetico elettore, non può che trovare spiegazione nella sua volontà di conferire alla scheda un chiaro segno di personalizzazione e quindi, almeno potenzialmente, di riconoscimento.
Come acutamente osservato dall’Amministrazione provinciale costituitasi ad adiuvandum delle tesi dell’appellante, invero, la norma che sanziona con la nullità il voto caratterizzato da segni di riconoscimento ha natura di norma di pericolo, essendo finalizzata a prevenire gli attentati alla libera manifestazione del voto: la sua applicazione, quindi, prescinde dalla riscontrabilità in concreto di una volontà di riconoscimento (peraltro di difficile accertamento, inerendo alla valutazione di stati di carattere psicologico in capo, peraltro, ad un elettore ignoto, se non al soggetto cui quei “segni” di riconoscimento eventualmente si rivolgono), laddove sussistano seri e concreti elementi dimostrativi della direzione univoca delle peculiari modalità compilative della scheda verso una finalità identificativa.
Il motivo di appello quindi, come anticipato, deve essere accolto.
Il Tribunale ha altresì riconosciuto la fondatezza della censura avente ad oggetto la scheda n. 6 del seggio del Comune di (omissis), sez. 2.
Premesso che l’Ufficio centrale circoscrizionale, rilevato che la scheda “riporta il segno “+” sotto il nome del candidato Presidente Fu. Ma. e, nello spazio bianco sottostante lo stesso segno, la scritta “Pa. Ma. An.”, candidata della lista “Un. Ce. co. Fu.”, ha ritenuto di non assegnare alcun voto, di lista o di preferenza, all’uopo richiamando l’art. 68, comma 1, l.p. n. 2/2003, ai sensi del quale “la validità della scheda e dei voti in essa contenuti deve essere ammessa ogni qual volta se ne possa desumere la volontà effettiva dell’elettore”, e l’art. 68, comma 2, l.p. cit., ai sensi del quale “sono nulle le schede:… b) quando, pur non esprimendo il voto per alcuna delle liste o per alcuno dei candidati, contengano altre indicazioni”, il giudice di primo grado, richiamata la giurisprudenza secondo cui il voto – ancorché non espresso nelle forme previste dalla legge (nella specie, voto sul contrassegno) – può ritenersi valido ogniqualvolta, da un lato, risulti manifesta la volontà dell’elettore (univocità del voto) e, dall’altro, per le sue concrete modalità d’espressione, esso non sia riconoscibile, ha statuito che, nella specie, è chiara la volontà effettiva dell’elettore, atteso che il voto di preferenza a favore della predetta candidata, appartenente alla lista n. 19, è posto nello spazio bianco sottostante il nome del candidato Presidente Fu., e non sulle righe destinate alle preferenze, ma comunque nelle vicinanze del simbolo della lista n. 19, mentre dalla scheda non risultano “altre indicazioni” dalle quali si possa desumere una diversa volontà dell’elettore, non potendosi ritenere il segno di congiunzione “+”un’indicazione estranea all’espressione del voto, né tantomeno come un segno di riconoscimento (né, del resto, tale è stato ritenuto dall’Ufficio).
Deduce al riguardo la parte appellante che i richiami giurisprudenziali emergenti dalla sentenza appellata afferiscono ad una casistica caratterizzata dal fatto che l’espressione del voto era comunque collocata negli spazi destinati al voto di lista, laddove nella fattispecie in esame nessuna indicazione di voto è collocata nello spazio riservato alla lista n. 19, con la conseguenza che nessun elemento lascia desumere univocamente che l’elettore volesse votarla, non essendo utile a tal fine la sola preferenza posta al di fuori del riquadro della lista di appartenenza.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Secondo le allegazioni (non contestate) del ricorrente in primo grado, il voto di preferenza alla candidata della lista n. 19 (candidata di cui l’elettore ha riportato correttamente il cognome e i due nomi di battesimo) è posto nello spazio bianco sottostante al nome del candidato Presidente Fu. e non sulle righe destinate alle preferenze, ma comunque nelle vicinanze del simbolo della lista n. 19 (come risulta dal fac-simile della scheda elettorale, depositato agli atti del giudizio di primo grado, il simbolo di tale lista si trova nella parte inferiore dell’elenco delle liste collegate al candidato Presidente Fu.).
Ebbene, in primo luogo, la puntuale descrizione della scheda, non contestata dalla parte appellante nella sua effettiva rispondenza alla realtà documentale, consente di assumerla a fondamento fattuale della decisione, rendendo irrilevante la mancata acquisizione al giudizio della scheda medesima.
Inoltre, deve ritenersi che la preferenza a favore di un candidato incontestatamente appartenente alla lista n. 19, da un lato, e la collocazione della suddetta indicazione “nelle vicinanze del simbolo della lista n. 19”, affermata dalla sentenza appellata e non contestata – come si è detto – dalla parte appellante, costituiscano elementi sufficientemente univoci per affermare che la volontà dell’elettore fosse effettivamente orientata nel senso dell’attribuzione del voto di lista a favore della lista n. 19: ne consegue che sussistono le ragioni per “estendere” il citato orientamento giurisprudenziale, ispirato al principio di favor per la conservazione della manifestazione di voto, ad ipotesi non perfettamente assimilabili a quelle che ne hanno occasionato la formazione.
Quanto invece all’orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 luglio 2013, n. 3570; T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 14 novembre 2018, n. 1065) invocato dall’appellante, secondo cui la collocazione di nomi o segni al di fuori degli spazi deputati all’espressione del voto conduce alla nullità dello stesso, quando risultano estranei al contenuto proprio della scheda e alle modalità con cui l’elettore esprime normalmente il suo voto, deve rilevarsi che, in base ad esso, non qualunque “sconfinamento” rispetto agli spazi destinati nella scheda alla espressione della volontà elettorale conduce all’annullamento del voto, ma solo quelli che assumano rilevanza ricognitiva o trasmodino nella inintelligibilità della volontà elettorale.
Deve aggiungersi che la lettura della suddetta manifestazione di voto, nel senso di ascrivere alla stessa validità come voto a favore della lista predetta, discende de plano dal disposto dell’art. 69, comma 4, l.p. n. 2/2003, ai sensi del quale “se l’elettore non ha indicato alcun contrassegno di lista, ma ha espresso preferenze a fianco di un contrassegno per candidati compresi tutti in tale lista, si intende che abbia votato la lista alla quale appartiene il contrassegno”: è infatti evidente che non potrebbe essere tacciata di significato identificativo una modalità espressiva del voto prevista e legittimata da una disposizione espressa di legge, come quella appena richiamata.
Infine, l’appellante lamenta la mancata acquisizione delle schede elettorali oggetti di contestazione, sul rilievo che l’acquisizione del dato documentale è intrinseco alla natura di merito della giurisdizione esercitata in subiecta materia dal giudice amministrativo.
Il motivo, per le ragioni già accennate, è infondato, non essendo contestata la configurazione contenutistica e grafica delle schede, così come puntualmente descritte nel verbale impugnato: ciò che induce a ravvisare nell’incombente istruttorio, di cui viene predicata l’ingiusta omissione, un inutile aggravamento processuale.
Deve a questo punto evidenziarsi, sul piano ricostruttivo della vicenda processuale, che il giudice di primo grado, rilevato che l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale determinava l’attribuzione di due voti alla lista n. 19, con la conseguente necessità di procedere all’esame del ricorso incidentale, atteso che il 19° seggio era stato assegnato alla lista n. 1 con un quoziente di 5.316,6923, ossia con uno scarto di soli 1,69 voti rispetto ai voti di lista ottenuti dalla lista n. 19, ha disposto incombenti istruttori con riferimento al primo ed al secondo motivo del ricorso incidentale (formulati in via principale, rispetto al terzo articolato in via subordinata), il cui contestuale accoglimento avrebbe avuto capacità paralizzante rispetto agli effetti dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.
Il Tribunale in particolare ha preso le mosse dall’esame del secondo motivo del ricorso incidentale, incentrato sulla violazione dell’art. 72, comma 1, l.p. n. 2/2003, nella parte in cui dispone che “l’ufficio centrale circoscrizionale procede, entro ventiquattro ore dal ricevimento degli atti, alle seguenti operazioni:… b) procede, per ogni sezione, al riesame delle schede contenenti voti contestati e non assegnati e, tenendo presenti le annotazioni riportate a verbale e le proteste e i reclami presentati in proposito, decide, ai fini della proclamazione, sull’assegnazione o meno dei voti relativi”, deducendo il ricorrente incidentale che una pluralità di voti contestati e non assegnati alla lista n. 1 non erano stati sottoposti a riesame da parte dell’Ufficio centrale circoscrizionale.
Il giudice di primo grado ha ritenuto il motivo in esame “palesemente privo di fondamento” nelle parti in cui il controinteressato lamentava che – a fronte di fattispecie nelle quali risultavano voti contestati e non attribuiti alla lista n. 1 in tabella di verbale – non risultavano corrispondenti indicazioni in tabella di scrutinio: ciò sulla scorta della consolidata giurisprudenza secondo cui, nel caso di discordanza, è data prevalenza alle tabelle di scrutinio rispetto ai verbali di sezione, considerata la funzione meramente certificatoria che il verbale assolve rispetto alle operazioni effettive riportate nelle tabelle di scrutinio, che sono compilate contestualmente alle operazioni di spoglio, tanto più che lo stesso Ufficio centrale circoscrizionale, nel verbale del 29 ottobre 2018, aveva “correttamente precisato “che, a seguito dell’accertamento della rispondenza dei risultati indicati nella tabella di scrutinio in possesso dell’Ufficio centrale circoscrizionale con i risultati indicati nel secondo esemplare della tabella di scrutinio depositato presso la Giunta provinciale, sono stati considerati validi i risultati indicati nelle tabelle di scrutinio””.
Per le restanti parti del secondo motivo del ricorso incidentale, il Tribunale ha invece ordinato al Presidente della Provincia autonoma di Trento di produrre copia dei verbali delle operazioni elettorali e delle schede non attribuite alla lista n. 1, non riesaminate dall’Ufficio centrale circoscrizionale, relativamente ai seggi del Comune di (omissis), sez. 3 (quattro voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 1 (quattro voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis) SMC, sez. 4 (sette voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 2 (un voto contestato e non attribuito in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 3 (due voti contestati e non attribuiti alla lista n. 1 in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 1 (tre voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 7 (un voto contestato e non attribuito in tabella di scrutinio).
Nel prosieguo il Tribunale, rilevato che l’eventuale accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale avrebbe reso attuale l’interesse del ricorrente principale all’esame del quarto motivo dallo stesso dedotto – con il quale veniva similmente denunciata la violazione dell’art. 72, comma 1, l.p. n. 2/2003, lamentando che una pluralità di voti contestati e non assegnati non erano stati sottoposti a riesame da parte dell’Ufficio centrale circoscrizionale – lo ha dichiarato inammissibile relativamente alle censure che non riguardavano voti contestati e non attribuiti alla lista n. 19, non avendo il ricorrente principale alcun interesse al relativo esame, ed infondato in relazione alla censura relativa al Comune di (omissis) di Trento, sez. 4, in quanto dal verbale del 25 ottobre 2018 risultava che l’Ufficio centrale circoscrizionale aveva proceduto al riesame della scheda alla quale si riferiva il ricorrente principale.
Il Tribunale, per i restanti profili del quarto motivo del ricorso principale, ha invece ordinato al Presidente della Provincia autonoma di Trento di produrre copia del verbale delle operazioni elettorali e delle schede non attribuite alla lista n. 19, non riesaminate dall’Ufficio centrale circoscrizionale, relative al seggio del Comune di (omissis), sez. 3, nonché copia del verbale delle operazioni elettorali e delle schede attribuite provvisoriamente alla lista n. 1, non riesaminate dall’Ufficio centrale circoscrizionale, relative al seggio del Comune di (omissis), sez. 1.
In data 6 febbraio 2019 la Provincia di Trento ha dato esecuzione all’ordine istruttorio recato dalla sentenza n. 1311/2019.
Entrambi i ricorrenti – principale ed incidentale – all’esito dell’istruttoria disposta dal Tribunale ed alla luce delle relative risultanze, così come certificate dal magistrato delegato, ai sensi dell’art. 68, comma 2, c.p.a., con il verbale del 20 febbraio 2019, hanno proposto motivi aggiunti ai rispettivi gravami, intesi essenzialmente a contestare la mancata attribuzione di ulteriori voti alle liste di rispettiva appartenenza.
Con la sentenza (definitiva) n. 57 del 4 aprile 2019, il Tribunale di Giustizia Amministrativa per la Provincia di Trento, ritenuta l’insussistenza dei presupposti per disporre la sospensione del giudizio nelle more della definizione del giudizio di appello avente ad oggetto la sentenza non definitiva n. 22/2019, ha preliminarmente fissato l’ordine di trattazione delle questioni sollevate dalle parti con i rispettivi ricorsi (per le parti non definite con la sentenza n. 22/2019) ed i successivi motivi aggiunti.
A tal fine, premesso che le parti concordavano nel ritenere che, se alla lista n. 19 fosse stato riconosciuto, per effetto dell’accoglimento del quarto motivo del ricorso principale e del connesso primo motivo aggiunto al ricorso principale, anche solo un ulteriore voto, la lista stessa avrebbe ottenuto un totale di 5.318 voti (5.317 conseguenti alla sentenza n. 22/2019 + 1) e, quindi, il controinteressato Sa. Al. avrebbe potuto conservare il 19° seggio soltanto se, all’esito del giudizio, fossero stati assegnati alla lista n. 1 almeno diciassette ulteriori voti, necessari quantomeno a uguagliare il risultato raggiunto dal Be. (infatti, grazie a tali diciassette voti in più, la lista n. 1 avrebbe ottenuto un totale di 69.134 voti che, divisi per 13, in applicazione del metodo d’Hondt, corrispondevano ad un quoziente di 5.318), e rilevato altresì, come ammesso dallo stesso Sa., che, seppure fossero stati accolti il primo ed il secondo motivo del proprio ricorso incidentale (quest’ultimo come specificato con i motivi aggiunti), la lista n. 1 avrebbe potuto ottenere solo 11 voti in più, ha ritenuto di esaminare con priorità, appunto, il quarto motivo del ricorso principale ed il primo motivo aggiunto al ricorso principale, per il loro “effetto paralizzante nei confronti di tutte le domande formulate dal controinteressato”.
Fatta tale premessa, il Tribunale ha in primo luogo ravvisato la fondatezza del quarto motivo del ricorso principale, nella parte in cui il ricorrente deduceva che nel verbale delle operazioni elettorali del seggio del Comune di (omissis), sez. 3, e nella relativa tabella di scrutinio, risultavano voti contestati e non attribuiti alla lista n. 19, che non erano stati oggetto di riesame da parte dell’Ufficio centrale circoscrizionale, in violazione dell’art. 72, comma 1, lett. b), l.p. n. 2/2003, a mente del quale “l’ufficio centrale circoscrizionale procede, entro ventiquattro ore dal ricevimento degli atti, alle seguenti operazioni:… per ogni sezione, al riesame delle schede contenenti voti contestati e non assegnati e, tenendo presenti le annotazioni riportate a verbale e le proteste e i reclami presentati in proposito, decide, ai fini della proclamazione, sull’assegnazione o meno dei voti relativi”.
Il Tribunale ha in proposito disatteso la tesi difensiva della Provincia di Trento, secondo la quale, dopo la chiusura dello scrutinio da parte degli uffici elettorali di sezione, i Comuni avevano provveduto ad inserire nel sistema informativo SIE i dati elaborati all’esito delle operazioni di scrutinio presso i seggi, e l’Ufficio centrale circoscrizionale aveva “proceduto al riesame dei voti contestati inseriti nel sistema informativo”, ossia delle 27 schede relative ai Comune di (omissis), sez. 3, (omissis), sez. 1, (omissis), sez. 1, (omissis), sez. 3, (omissis), sez. 1, (omissis), sez. 6, (omissis), sez. 2, (omissis), sez. 13, (omissis), sez. 1,(omissis), sez. 1, (omissis), sez. 4, e Trento, sez. 24.
Al fine di pervenire alla suddetta conclusione, il Tribunale ha evidenziato che le istruzioni per gli uffici elettorali di sezione prevedevano, al paragrafo 38 (casi di nullità – schede bianche – schede voti contestati), che “le schede contenenti voti contestati devono essere immediatamente vidimate – sul retro – da almeno due componenti dell’ufficio” e, al paragrafo 39, che il plico numero 3 diretto all’Ufficio centrale circoscrizionale contiene “un esemplare del verbale, un esemplare delle tabelle di scrutinio, una busta contenente le schede nulle, le schede bianche, quelle contenenti voti nulli o contestati, che siano stati o no provvisoriamente attribuiti, e una seconda busta contenente le schede deteriorate e quelle consegnate dall’elettore o ritirate all’elettore allontanato dalla cabina o rifiutatosi di entrarvi…”.
Il Tribunale ha quindi osservato che nel verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 23 ottobre 2018 si leggeva che esso aveva preso atto delle comunicazioni pervenute dai Comuni, dalle quali “emergono voti contestati e non attribuiti in n. 27 schede”, ed evidenziato che, “sebbene dall’esame dei verbali dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 23, del 25 e del 29 ottobre 2018 non risulti che tra le predette 27 schede vi fossero schede relative al seggio del Comune di (omissis), sez. 3 – tuttavia dal verbale relativo alle operazioni svolte dal magistrato delegato in data 20 febbraio 2019 emerge che la Provincia – in esecuzione dell’ordine (contenuto nella sentenza n. 22/2019) di esibire “copia del verbale delle operazioni elettorali e delle schede non attribuite alla lista n. 19, non riesaminate dall’Ufficio centrale circoscrizionale, relative al seggio del Comune di (omissis), sez. 3” – ha depositato il plico n. 3, il verbale e la tabella di scrutinio relativi al predetto seggio, contenente una busta “contrassegnata con il numero 1/A”, all’interno della quale sono state rinvenute, tra le altre, “6 schede vidimate – sul retro – da almeno due componenti dell’ufficio, in adiacenza al timbro della sezione. Tali schede sono contrassegnate con i numeri 1/A/1, 1/A/2, 1/A/3, 1/A/4, 1/A/5, 1/A/6”.
Il giudice di primo grado ha quindi rilevato, in accoglimento del quarto motivo del ricorso principale, che, anche a voler ritenere che l’Ufficio centrale circoscrizionale abbia proceduto al riesame di tutte le schede relative ai voti contestati e non assegnati risultanti dal sistema informativo SIE, le suddette sei schede relative al Comune di (omissis), sez. 3, contenenti voti contestati e non assegnati, non erano state comunque oggetto di riesame da parte dell’Ufficio stesso, come prescritto dall’art. 72, comma 1 lett. b), l.p. n. 2/2003.
La statuizione di accoglimento è stata poi estesa dal Tribunale trentino al primo dei motivi aggiunti del ricorrente principale, nella parte in cui si lamentava che il seggio del Comune di (omissis), sez. 3, non aveva assegnato alla lista n. 19 il voto di lista espresso nella suddetta scheda classificata come 1/A/1, così violando l’art. 68, comma 1, della legge provinciale n. 2/2003 ed il principio del favor voti: censura che il Tribunale ha ritenuto ammissibile perché costituente “mero svolgimento di quella dedotta con il quarto motivo del ricorso principale, ove il Be. ha fatto espresso riferimento all’esistenza di voti ingiustamente contestati e non attribuiti alla lista n. 19 da parte del seggio del Comune di (omissis), sez. 3”.
Il Tribunale, al riguardo, ha dapprima evidenziato, anche sulla scorta del cd. principio di non contestazione di cui all’art. 64, comma 2, c.p.a., che il controinteressato Sa. non aveva “contestato che la predetta scheda 1/A/1 rechi un voto contestato e non attribuito al Be.” (recte, alla lista n. 19), quindi, in punto di fatto, ha rilevato che “dall’esame della suddetta scheda 1/A/1 risulta che l’elettore ha apposto una croce sul simbolo della lista n. 19 e, accanto ad esso, due voti di preferenza attribuiti ai nominativi “Za.” (candidato in lista diversa dalla lista n. 19) e “Fu.” (candidato Presidente nella coalizione di cui faceva parte anche la lista n. 19)”.
Fatta tale premessa di fatto, il Tribunale, richiamate le pertinenti disposizioni contenute nella l.p. n. 2/2003, ha osservato che “nel caso in esame risultino effettivamente violati l’art. 68 della legge provinciale n. 2/2003 ed il principio favor voti, essendo ininfluente il fatto che l’elettore – dopo aver apposto una croce sul simbolo della lista n. 19 – abbia indicato nei voti di preferenza il nominativo di un candidato di altra lista e quello del candidato Presidente sostenuto dalla stessa lista n. 19”: ciò perché “la circostanza che l’elettore abbia ritualmente apposto una croce sul simbolo della lista n. 19 ed abbia irritualmente assegnato la prima delle due preferenze al candidato Presidente sostenuto dalla stessa lista n. 19 costituiscono elementi dai quali è possibile desumere “la volontà effettiva dell’elettore” (consistente, per l’appunto, nell’attribuire il proprio voto alla lista n. 19)”, pur dovendosi ritenere nulli (recte, inefficaci, ex art. 69, commi 2 e 4, l.p. n. 2/2003) i voti di preferenza espressi nella scheda in questione, siccome divergenti rispetto al voto di lista.
Per effetto dell’accoglimento del quarto motivo del ricorso principale e del primo, in parte qua, dei relativi motivi aggiunti, il Tribunale ha quindi sancito l’attribuzione di un voto alla lista n. 19, ulteriore rispetto a quelli già attribuiti con la sentenza n. 22/2019, con la conseguente assegnazione alla suddetta lista di un totale di 5.318 voti.
Il Tribunale ha quindi ritenuto necessario procedere all’esame del terzo motivo del ricorso incidentale, sul rilievo che, seppure fossero accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, la lista n. 1, come già evidenziato, avrebbe potuto ottenere solo 11 voti in più, che sarebbero stati però insufficienti in quanto il controinteressato avrebbe potuto conservare il 19° seggio soltanto se alla lista di appartenenza fossero stati assegnati almeno 17 voti in più .
In particolare, ha evidenziato il Tribunale che, con il predetto terzo motivo del ricorso incidentale (ribadito dal controinteressato con i motivi aggiunti al ricorso incidentale), il controinteressato lamentava – con riferimento alle schede dichiarate nulle per la lista n. 1 – tre distinti ordini di discrepanze nel rapporto tra il numero delle schede dichiarate nulle, in quanto tali inserite nelle tabelle di scrutinio, ed il numero di schede nulle risultanti dai relativi verbali.
In particolare, secondo le allegazioni del controinteressato, si sarebbe trattato di 75 casi di assenza di registrazione di schede nulle nelle tabelle di scrutinio e presenza di schede nulle per lista nei verbali, di 48 casi di registrazione di schede nulle per lista nelle tabelle di scrutinio che non risultavano poi presenti in verbale, nonché di 16 casi di discrepanza numerica tra le schede conteggiate come nulle per la lista nelle tabelle di scrutinio e le schede successivamente verbalizzate come nulle: discrepanze che, ad avviso del controinteressato, sarebbero state sintomatiche della mancata attribuzione di voti validi alla lista n. 1 e avrebbero richiesto, quindi, una verificazione ai sensi dell’art. 66 c.p.a..
Il Tribunale ha tuttavia dichiarato l’inammissibilità del motivo predetto, all’uopo richiamando la giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Ad. plen., 20 novembre 2014, n. 32) secondo la quale, in materia elettorale, “un ricorso recante motivi specifici può ugualmente risultare esplorativo qualora emerga – ad una valutazione riservata al giudicante – che il ricorrente miri a conseguire il risultato di un complessivo riesame del voto in sede contenziosa, fermo restando che la finalità strumentale del gravame deve essere stabilita sulla base di elementi oggettivi, quali la dimensione quantitativa delle schede contestate o il numero delle sezioni elettorali interessate in rapporto al numero degli elettori coinvolti nella tornata sottoposta al vaglio giurisdizionale”.
Fatta tale premessa, il giudice di primo grado ha ritenuto che tale fosse il caso di specie, “nel quale il controinteressato solleva contestazioni relativamente alle operazioni elettorali svolte in ben 83 seggi: considerato l’alto numero di seggi oggetto della contestazione è palese l’intento esplorativo e strumentale del motivo. Inoltre le censure sono raggruppate in tre tabelle ove sono indicati solo il numero delle schede nulle riportate nelle tabelle di scrutinio e nei verbali delle operazioni elettorali, senza alcuna specifica descrizione dei vizi denunciati”.
In ogni caso, il motivo suindicato è stato anche dichiarato infondato, nel merito, dal Tribunale, richiamando la giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1484) secondo la quale, “nel caso di discordanza dei documenti, è data prevalenza alle tabelle di scrutinio rispetto ai verbali di sezione, considerata la funzione meramente certificatoria che il verbale assolve rispetto alle operazioni effettive riportate nelle tabelle di scrutinio, che sono compilate contestualmente alle operazioni di spoglio”.
In conclusione, quindi, per effetto della reiezione del terzo motivo del ricorso incidentale, i primi due motivi del medesimo ricorso ed i relativi motivi aggiunti sono stati dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che, come già rilevato, seppure tali motivi fossero stati integralmente fondati, la lista n. 1 avrebbe potuto ottenere solo 11 voti in più, i quali tuttavia non avrebbero consentito al controinteressato Sa. di conservare il 19° seggio perché – a fronte dei 5.318 voti complessivamente spettanti alla lista n. 19 (5315 + 3) – la lista n. 1, per superare la lista n. 19, avrebbe dovuto ottenere almeno 11 voti in più, ossia un totale di 69134 voti (69.117 + 17) che, divisi per 13, in applicazione del metodo d’Hondt, sarebbero corrisposti, per l’appunto, ad un quoziente di 5.318.
Invece, per effetto del già sancito accoglimento del primo motivo del ricorso principale, nonché dell’accoglimento parziale del quarto motivo del ricorso principale e del primo dei relativi motivi aggiunti, il Tribunale ha statuito l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti del Consiglio provinciale di Trento di cui al verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 3 novembre 2018, nella parte in cui ha riconosciuto un totale di tredici seggi alla lista n. 1, in luogo dell’assegnazione di un seggio alla lista n. 19, nonché, quali atti presupposti, del verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 23 ottobre 2018, nella parte in cui non è stato assegnato alcun voto di lista alla lista n. 19 quanto alla scheda n. 5 proveniente dal seggio del Comune di (omissis), sez. 1, del verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 25 ottobre 2018, nella parte in cui non è stato assegnato alcun voto di lista alla lista n. 19 quanto alla scheda n. 6 del seggio del Comune di (omissis), sez. 2, del verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 2 novembre 2018, nella parte in cui è stato assegnato un solo voto alla lista n. 19, ed infine del verbale delle operazioni elettorali del seggio del Comune di (omissis), sez. 3, nella parte relativa alla mancata attribuzione alla lista n. 19 del voto relativo alla scheda classificata dal magistrato delegato come 1/A/1, con assorbimento delle restanti censure.
Pertanto, in accoglimento delle ulteriori domande proposte con il ricorso principale, la sentenza (definitiva) appellata ha disposto, ai sensi dell’art. 130, comma 9, c.p.a., la correzione del risultato delle elezioni per il rinnovo del Consiglio provinciale, attraverso la sostituzione del candidato Gi. Be. al candidato Al. Sa., e proclamato Gi. Be. alla carica di consigliere provinciale.
Mediante i motivi di appello formulati avverso la sentenza n. 57/2019 – cui resiste, anche riproponendo i motivi assorbiti, l’originario ricorrente – l’appellante ribadisce la censura formulata avverso la sentenza n. 22/2019, incentrata sulla omessa notifica del ricorso alla Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol, evidenziando, ad ulteriore supporto della stessa, che egli, sebbene privato della carica di consigliere provinciale per effetto della sentenza appellata, è destinato a conservare quella di consigliere regionale, in quanto l’estromissione dal giudizio della Regione comporterebbe l’impossibilità di comunicazione di copia della sentenza appellata alla Giunta regionale per gli incombenti di cui all’art. 130, comma 8, c.p.a..
A fondamento della tesi (della insensibilità della composizione del Consiglio regionale agli effetti della sentenza di accoglimento del ricorso del sig. Be.), l’appellante deduce altresì che l’art. 49 bis, comma 6, dello Statuto Speciale di Autonomia per il Trentino Alto Adige dispone che “lo scioglimento del Consiglio provinciale non comporta lo scioglimento del Consiglio regionale. I componenti del Consiglio provinciale disciolto continuano ad esercitare le funzioni di consigliere regionale fino alla elezione del nuovo Consiglio provinciale”.
Sotto altro profilo, l’appellante deduce che il giudice di primo grado ha ingiustamente compresso i diritti di difesa della Regione, negando il richiesto rinvio dell’udienza, sebbene fosse costituita in giudizio e non fosse stata estromessa.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Deve preliminarmente rilevarsi, ad integrazione delle considerazioni già formulate in sede di esame dell’appello proposto avverso la sentenza n. 22/2019, che la disposizione statutaria non è citata in modo pertinente, considerando che essa regola una vicenda (inerente allo scioglimento del consiglio provinciale ed ai riflessi sul consiglio regionale) di carattere istituzionale e priva di incidenza su una fattispecie, come quella in esame, in cui la perdita del munus consiliare di livello regionale, di natura derivata, consegue automaticamente al venir meno, ope iudicis, del titolo “principale” (rappresentato dalla carica di consigliere provinciale).
Quanto invece alla predicata violazione del diritto di difesa spettante alla Regione, la censura è palesemente inammissibile, non promanando dal solo soggetto legittimato a proporla (la Regione, appunto, parte del giudizio di primo grado – avendo ricevuto la notifica (quantomeno) dei motivi aggiunti del Be. – e, come rilevato dall’appellante, non estromessa).
Deduce ancora l’appellante che il giudice di primo grado ha statuito “l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti del Consiglio provinciale di Trento di cui al verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale del 3 novembre 2018, nella parte in cui ha riconosciuto un totale di tredici seggi alla lista n. 1, in luogo dell’assegnazione di un seggio alla lista n. 19”: tuttavia, egli osserva, nell’atto di proclamazione degli eletti, per la lista n. 1, il 13° candidato era il signor Gi. Ca., non il signor Al. Sa., che per una differenza di 3 voti di preferenza era 14° ed il cui subentro nella qualità di consigliere si è verificato per fatti successivi alla proclamazione degli eletti, allorché cioè la candidata della lista n. 1, Va. Ca., già membro della Camera dei Deputati italiana e nona in lista per il numero di preferenze ottenute, ha rinunciato al mandato consiliare.
Deduce quindi l’appellante che il Tribunale, tenendo debitamente conto delle suddette circostanze, avrebbe dovuto “ripristinare la correttezza originaria dell’esito elettorale nei confronti del 13esimo candidato di lista, Gi. Ca., e, quindi, per effetto e preso atto della rinuncia al mandato di consigliere provinciale e regionale della candidata eletta Va. Ca. e della surrogazione nel seggio del signor Al. Sa., disporre la sostituzione di quest’ultimo con il candidato Be.” (…) il Giudice avrebbe dovuto dichiarare eletto il Be. al posto dell’originario ultimo degli eletti, lasciando poi al Consiglio comunale di svolgere ogni ulteriore attività ricognitiva e ripristinatoria attraverso la ricostruzione degli effetti della rinuncia della Ca. e della eventuale nomina del Ca. in luogo del Sa.”.
A sostegno della censura, l’appellante richiama “gli effetti distorsivi della pronuncia anche per aspetti sostanziali, giacché non può escludersi che la decisione della rinuncia della Ca. sia anche conseguente alla valutazione che gli effetti della rinuncia portavano all’elezione del Sa.”.
Infine, osserva l’appellante che, col ricorso di primo grado ed i conseguenti motivi aggiunti, non è stato impugnato l’atto con il quale il Consiglio provinciale ha disposto la nomina del medesimo e che comunque nulla dispongono al riguardo le sentenze appellate.
I motivi non sono meritevoli di accoglimento.
Deve preliminarmente osservarsi che il Tribunale, con la sentenza n. 57/2019, si è limitato a correggere il verbale dell’Ufficio centrale circoscrizionale, recante la proclamazione degli eletti, relativamente alla suddivisione dei seggi tra la lista n. 1 e la lista n. 19, mentre la statuizione dichiarativa conclusiva, formulata nel senso di disporre la “correzione del risultato delle elezioni per il rinnovo del Consiglio provinciale, attraverso la sostituzione del candidato Gi. Be. al candidato Al. Sa., e proclamato Gi. Be. alla carica di consigliere provinciale”, ha tenuto necessariamente conto delle evenienze successive all’atto di proclamazione degli eletti, le quali hanno portato alla sostituzione del Ca. con il Sa. quale ultimo degli eletti per la lista n. 1: in tale statuizione, del resto, riposa la garanzia dell’efficacia esecutiva della sentenza, contestata dalla parte appellante, ma del tutto conforme al disposto dell’art. 130, comma 9, c.p.a., ai sensi del quale “il tribunale amministrativo regionale, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo”.
Ne consegue che il T.R.G.A. non ha effettuato alcuna correzione “retrospettiva” (adeguata, cioè, ai suindicati eventi sopravvenuti) dell’atto di proclamazione degli eletti, come dedotto dalla parte appellante: ciò che determina il venir meno della stessa base fattuale della censura in esame.
Né rileva che possibilità che “la decisione della rinuncia della Ca. sia anche conseguente alla valutazione che gli effetti della rinuncia portavano all’elezione del Sa.”, in quanto, a tacer d’altro, la frustrazione di tale ipotetico presupposto si sarebbe verificata anche qualora il giudice di primo grado avesse statuito, come preteso dall’appellante, la mera sostituzione del ricorrente all’originario ultimo degli eletti per la lista n. 1, ovvero al sig. Ca..
Infondata è anche la deduzione intesa a lamentare che l’originario ricorrente non avrebbe impugnato l’atto con il quale il Consiglio provinciale ha disposto la nomina dell’appellante né il giudice di primo grado ha disposto alcunché al riguardo: basti osservare che “l’atto” di cui sarebbe stata omessa l’impugnazione, solo genericamente indicato, esula dal procedimento elettorale, ma semmai, assumendone le risultanze a mò di presupposto, non può che risentire degli effetti della statuizione giurisdizionale correttiva.
L’appellante lamenta quindi il “frazionamento” della controversia derivante dalla pronuncia della sentenza parziale n. 22/2019 e dal disposto prosieguo della fase istruttoria nei termini fissati con la sentenza n. 57/2019.
Deduce in particolare che il giudice di primo grado, in sede di definizione finale della controversia, avrebbe dovuto comunque decidere il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, “in modo da permettere l’integrale devoluzione di merito al giudice di appello già investito di una frazione del merito sulla domanda principale, garantendo in tal modo anche alla domanda incidentale il doppio grado di giudizio”.
Evidenzia inoltre che l’effetto lesivo immediato del diniego dell’esame della posizione processuale del Sa. si è prodotto anche all’interno della stessa sentenza appellata, laddove si assume che il ricorrente incidentale non avrebbe contestato che la scheda 1/A/1 del seggio del Comune di (omissis) sez. 3 recasse un voto contestato e non assegnato alla lista n. 19: ciò in quanto un esame unitario dell’esito istruttorio per tutti i voti contestati e non attribuiti alle due liste, e che presentavano forme di manifestazione del voto analoghe, avrebbe consentito una decisione piena da parte del giudice.
Allega ancora l’appellante che il Tribunale avrebbe dovuto esercitare il suo potere di correzione accertando l’esatta cifra elettorale delle due liste, applicando solo successivamente la cd. prova di resistenza.
L’appellante censura quindi la statuizione reiettiva dell’istanza di sospensione adottata dal giudice di primo grado, sostenendo l’inapplicabilità dell’art. 279, comma 4, c.p.c., e contesta la declaratoria di improcedibilità del ricorso incidentale, che – a suo dire – sarebbe stata evitata qualora non fosse stata rigettata l’istanza di sospensione.
Infine, contesta il mancato rinvio dell’udienza a salvaguardia delle istanze difensive della Provincia di Trento e della Regione.
I motivi, così complessivamente articolati, sono inammissibili.
Deve invero osservarsi che la contestazione del modus procedendi del giudice di primo grado – quanto alla censurata “segmentazione” del thema decidendum, derivante dalla pronuncia di una sentenza parziale, ed alla mancata sospensione del giudizio di primo grado nelle more della definizione di quello di appello introdotto avverso la predetta sentenza – non si accompagna alla esplicita indicazione delle conseguenze lesive derivanti a carico dell’appellante, quanto all’esito sostanziale della controversia: in particolare, non viene esplicitato in qual modo la definizione “unitaria” del giudizio avrebbe evitato la declaratoria di improcedibilità nei confronti del primo e del secondo motivo del suo ricorso incidentale.
Né è dato evincere, alla stregua delle allegazioni dell’appellante, l’interesse sostanziale che sarebbe stato soddisfatto qualora il giudice di primo grado, prima di applicare la cd. prova di resistenza (secondo il metodo d’Hondt), avesse disposto, sulla scorta dell’esito dell’esame nel merito del ricorso incidentale, la correzione dei risultati elettorali anche quanto alla cifra elettorale della lista n. 1: non senza osservare che anche l’esercizio da parte del giudice amministrativo del potere di correzione del risultato elettorale, che il codice di rito gli riconosce quale naturale corollario della giurisdizione di merito che ad esso spetta in subiecta materia, deve essere attuata coerentemente con i principi generali di economicità e celerità del giudizio.
Quanto infine alla (reiteratamente) dedotta violazione del termine a difesa a favore della Provincia di Trento e della Regione, non può non ribadirsi la statuizione di inammissibilità già adottata nei confronti di siffatta eccezione, alla cui proposizione l’appellante non è soggettivamente legittimato.
Con ulteriore motivo di appello, l’appellante contesta la declaratoria di inammissibilità /infondatezza recata dalla sentenza appellata con riferimento al terzo motivo del suo ricorso incidentale, evidenziando in primo luogo, da un lato, che il suo preteso carattere esplorativo non tiene conto del fatto che il motivo ha ad oggetto 83 seggi su complessivi 529 (all’esito del cui scrutinio la lista n. 1 “Le. Sa. Tr.” ha conseguito 69.117 voti dei 275.017 totali della Provincia di Trento), dall’altro lato, che le discrepanze nella registrazione dei voti nulli di lista tra tabelle di scrutinio e verbali di seggio, posta a fondamento del suddetto motivo incidentale, sono idonee a costituire quantomeno un principio di prova sulla scorretta imputazione di schede nulle alla lista n. 1.
Nel merito, ed a confutazione delle ragioni del rigetto del motivo suindicato, l’appellante osserva che il richiamo al principio della prevalenza delle tabelle di scrutinio sui verbali di sezione non è pertinente “in tutti i casi contestati nel motivo, in cui è evidente che il meccanismo della registrazione dello scrutinio è risultato alterato da errori di qualificazione delle schede e dei relativi voti”: ciò con particolare riguardo ai “seggi in cui i voti nulli sono stati indicati con cifra diversa in tabella di scrutinio e, quindi, in verbale”.
Infine, l’appellante lamenta che il Tribunale ha finito per non esaminare pressoché tutti i motivi di merito del ricorso incidentale ed i relativi motivi aggiunti, sulla base dell’assunto che l’accoglimento del quarto motivo di ricorso principale renderebbe improcedibili per carenza di interesse i motivi di ricorso incidentale.
Il motivo, nelle sue plurime sfaccettature, non è meritevole di accoglimento.
Indipendentemente dalle ragioni indicate dal giudice di primo grado a fondamento della statuizione di inammissibilità, la Sezione ritiene di individuarne ulteriori, e prevalenti rispetto a quelle, nel fatto che la parte appellante non ha colmato, nemmeno in sede di appello, la carenza inficiante la censura suindicata con particolare riguardo alla allegazione dell’interesse ad essa sotteso, in correlazione con la dichiarata finalità “paralizzante” del ricorso incidentale di cui è parte integrante: deve invero osservarsi che non è chiarita l’utilità che l’eventuale accoglimento del motivo in questione – con il conseguente mero accertamento, puramente numerico, degli effettivi voti nulli relativi alla lista n. 1 – produrrebbe ai fini dell’ipotetico incremento dei voti spettanti alla lista suindicata (da cui solamente potrebbe conseguire il predicato effetto “paralizzante”).
L’insufficienza deduttiva del motivo in esame (sotto il profilo della allegazione di un principio di prova in ordine al fatto che l’erronea determinazione numerica dei voti nulli ha comportato la mancata assegnazione di voti validi alla lista n. 1) si apprezza anche laddove si prefigge di contestare la statuizione di infondatezza della corrispondente censura incidentale di primo grado: l’appellante infatti, senza contestare la validità in generale del principio di prevalenza delle tabelle di scrutinio sulla risultanze, meramente certificatorie, dei verbali elettorali di sezione, deduce che esso non varrebbe nella fattispecie in esame, “in cui è evidente che il meccanismo della registrazione dello scrutinio è risultato alterato da errori di qualificazione delle schede e dei relativi voti”.
Trattasi, invero, di affermazione meramente tautologica ed assertiva, non indicando – nemmeno con riferimento a singole schede nulle – le ragioni per le quali la divergenza numerica tra le tabelle di scrutinio ed i verbali di sezione sottenderebbe, quantomeno a livello di “principio di prova”, l’omessa assegnazione alla lista n. 1 di voti validi.
Infine, quanto al rilievo concernente la declaratoria di improcedibilità che il Tribunale ha riservato agli ulteriori motivi del ricorso incidentale ed ai relativi motivi aggiunti, esso è privo di una effettiva ed autonoma valenza critica nei riguardi del suddetto capo della sentenza appellata, non essendo precisati i motivi della sua ipotetica erroneità, tenuto conto che esso si fonda sulla rilevata inidoneità delle censure incidentali, ove fondate, a neutralizzare la portata invalidante dei vizi riscontrati sulla scorta del primo e del quarto motivo del ricorso principale nonché del primo dei motivi aggiunti (al medesimo ricorso principale).
Con ulteriore motivo di appello, l’appellante contesta la (predicata) statuizione di inammissibilità del primo e del secondo motivo del ricorso incidentale, conseguente all’accertata fondatezza in parte qua del gravame principale, allegando da un lato la necessità di determinare il numero dei voti spettanti alle liste (indipendentemente dalla loro rilevanza ai fini applicativi della cd. prova di resistenza), dall’altro lato che la pendenza dell’appello avverso la sentenza parziale n. 22/2019 non consentiva di escludere ogni rilevanza agli 11 voti (astrattamente discendenti, a favore della lista n. 1, dall’accoglimenti dei suddetti motivi incidentali).
Il motivo non è meritevole di accoglimento: quanto alla dedotta necessità di accertamento della corretta ripartizione dei voti di lista, deve ribadirsi che il giudizio elettorale non si sottrae alle regole generali del processo amministrativo, in base alle quali la portata (e l’utilità ) caducatoria della sentenza di annullamento presuppone che, per il suo tramite, sia soddisfatto l’interesse sostanziale delle parti; quanto invece alla possibilità che la riforma della sentenza parziale ripristini l’interesse del controinteressato all’esame della sua domanda incidentale, essa è inidonea a dimostrare l’erroneità della declaratoria di improcedibilità (non di inammissibilità, come dedotto con il motivo in esame) del primo e del secondo motivo incidentale, dovendo il giudice decidere “allo stato degli atti” ed essendo devoluto al giudice di appello, grazie alla possibilità di decisione unitaria della controversia, di verificare l’eventuale fondatezza dell’appello avverso la sentenza parziale e trarne i conseguenti riflessi sulla ammissibilità delle censure incidentali (nei limiti in cui siano ritualmente riproposte in appello).
Con ulteriore motivo, di carattere meramente ripropositivo (delle doglianze articolate dall’appellante in primo grado – con il ricorso incidentale ed i relativi motivi aggiunti – e dichiarate inammissibili/improcedibili dal giudice di primo grado), l’appellante si prefigge di conseguire il rigetto del ricorso principale: il motivo deve essere dichiarato improcedibile, una volta acclarata, come si è visto, la correttezza delle statuizioni adottate in rito con la sentenza appellata.
L’appellante contesta quindi la statuizione di accoglimento, recata dalla sentenza appellata, del quarto motivo del ricorso principale – con il quale veniva lamentato che l’Ufficio centrale circoscrizionale non aveva proceduto al riesame di sei schede relative al Comune di (omissis), sez. 3, contenenti voti contestati e non assegnati, in violazione dell’art. 72, comma 1, lett. b), l.p. n. 2/2003 – e del primo dei motivi aggiunti del ricorrente principale – nella parte in cui si lamentava la mancata assegnazione alla lista n. 19, da parte del seggio del Comune di (omissis), sez. 3, di un voto di lista espresso con la suddetta scheda classificata, in sede istruttoria, come 1/A/1.
In particolare, deduce l’appellante che la censura articolata con il ricorso introduttivo avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, in ragione della sua genericità, al pari di quella formulata con i motivi aggiunti, perché inedita, del tutto sganciata dalla prima ed articolata sulla scorta delle risultanze dell’istruttoria disposta dal Tribunale.
La deduzione non è meritevole di accoglimento.
In primo luogo, l'(ipotizzata) inammissibilità del quarto motivo del ricorso principale avrebbe dovuto essere tempestivamente eccepita in sede di impugnazione (da parte del controinteressato) della sentenza parziale n. 22/2019: ciò perché la disposizione in relazione ad esso, nella parte per la quale il Tribunale non ne ha sancito l’inammissibilità (per carenza di interesse), di specifici incombenti istruttori implica, per la parte che il giudice di primo grado ha ritenuto meritevole di approfondimento istruttorio, una, seppur implicita, declaratoria di ammissibilità .
In secondo luogo, la medesima sentenza parziale già recava in sé le ragioni della ammissibilità (contestata nella presente sede tardivamente oltre che non specificamente, in relazione alle medesime ragioni, dall’appellante) dell’articolazione delle censure da parte dell’originario ricorrente: ciò laddove il Tribunale, in particolare, sottolineava il potere del giudice amministrativo, nella speciale materia elettorale, di riesaminare recta via l’operato degli organi elettorali “laddove sia chiesto al Giudice di sostituirsi tout court all’Amministrazione che abbia omesso attività di sua competenza”, compito che il giudice trentino non avrebbe potuto assolvere se non preliminarmente verificando, disponendo all’uopo coerenti adempimenti istruttori, l’esistenza, sulla scorta delle corrispondenti censure del ricorrente principale e di quello incidentale, dei casi contemplati dall’art. 72, comma 1, lett. b) l.p. n. 2/2003 e del mancato adempimento dell’obbligo di riesame da esso previsto.
Per finire, la proposizione dei motivi aggiunti da parte del ricorrente principale, alla luce degli esiti della verificazione disposta dal Tribunale, lungi dal risultare del tutto innovativa, rispetto alle doglienze originarie da quello formulate, si collega coerentemente alla disposizione di legge suindicata ed alla scansione processuale dettata dal giudice di primo grado: essendo evidente che essi scaturiscono dalla rilevata fondatezza della censura intesa a lamentare la violazione da parte dell’Amministrazione di un obbligo di carattere strumentale (quello, appunto, discendente dall’art. 72, comma 1, lett. b) l.p. n. 2/2003) e si innestano nel potere del giudice di verificare omissio medio la sussistenza di errori nella non assegnazione di voti contestati.
Né possono condividersi le deduzioni della Provincia di Trento, formulate con memoria dell’11 giugno 2019, laddove, al fine di “spezzare” il nesso di continuità tra il quarto motivo del ricorso principale ed il primo motivo aggiunto formulati dall’appellato Be., evidenziano che non sussiste alcuna prova in ordine al fatto che il voto oggetto del secondo fosse stato contestato né che fosse stato assegnato ovvero non assegnato o che il voto fosse stato dichiarato nullo.
In primo luogo, la deduzione è inammissibile, siccome volta a contestare, in mancanza di un apposito atto di impugnazione, la statuizione di ammissibilità recata dalla sentenza appellata (ai fini della cui riforma, a sostegno dell’appellante, si è appunto costituita la Provincia di Trento).
Né può sostenersi, come fa la Provincia di Trento, che il giudice di primo grado abbia omesso ogni verifica al riguardo, essendosi esso basato, per contro, sul cd. principio di non contestazione (da parte dell’appellante, il quale, anche con l’atto di appello, si è limitato ad osservare che “detta scheda era parte di quelle che la stessa sezione elettorale ha classificato come quelle con voti contestati e non attribuiti, con l’effetto che non si comprende perché mai il Sa. avrebbe dovuto contestare l’ovvio”).
Nel merito della censura di parte appellante, deve ricordarsi che il Tribunale ha accolto il motivo aggiunto (del ricorrente principale) concernente la scheda 1/A/1 (così contrassegnata, in occasione dell’apertura dei plichi acquisiti in sede istruttoria, dal magistrato delegato), dal cui esame risultava che “l’elettore ha apposto una croce sul simbolo della lista n. 19 e, accanto ad esso, due voti di preferenza attribuiti ai nominativi “Za.” (candidato in lista diversa dalla lista n. 19) e “Fu.” (candidato Presidente nella coalizione di cui faceva parte anche la lista n. 19)”, sul rilievo che “la circostanza che l’elettore abbia ritualmente apposto una croce sul simbolo della lista n. 19 ed abbia irritualmente assegnato la prima delle due preferenze al candidato Presidente sostenuto dalla stessa lista n. 19 costituiscono elementi dai quali è possibile desumere “la volontà effettiva dell’elettore” (consistente, per l’appunto, nell’attribuire il proprio voto alla lista n. 19)”, pur dovendosi ritenere nulli (recte, inefficaci, ex art. 69, commi 2 e 4, l.p. n. 2/2003) i voti di preferenza espressi nella scheda in questione, siccome divergenti rispetto al voto di lista.
Ebbene, lamenta l’appellante che l’apposizione da parte dell’elettore del nominativo del candidato Presidente, peraltro già “ben stampato sulla scheda”, unitamente a quella di un candidato di lista diversa dalla n. 19, sarebbero spiegabili unicamente in un’ottica ricognitiva, essendo plausibile che l’elettore, qualora voglia rimarcare la sua volontà di esprimere il voto a favore del Presidente prescelto, proceda a segnare con una croce il corrispondente nome.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
La peculiare modalità di espressione del voto, emergente dalla scheda in questione, trova una plausibile spiegazione, alternativa a quella che la riconduce ad una finalità univocamente riconoscitiva, nella volontà di rafforzare la destinazione del voto al candidato Presidente Fu.: la possibilità allegata dalla parte appellante, a tal fine, di contrassegnare con una croce il nome del Presidente, pur sussistente (e prevista dall’art. 63, comma 2, l.p. n. 2/2003, a mente del quale l’elettore ha la facoltà di esprimere il voto a favore del Presidente, già insito nell’apposizione di un segno sul contrassegno della lista ad esso collegata, mediante un segno sul nome del candidato Presidente), non consente da sola di ascrivere una finalità illecita (qual è quella di far riconoscere il voto) alla diversa modalità prescelta, al medesimo scopo, dall’elettore.
Con l’ultima parte dell’appello, l’appellante Sa. ripropone i “motivi assorbiti o non esaminati nel pregresso grado”.
Deve premettersi, al riguardo, che il redivivo interesse dell’appellante al loro accoglimento si correla all’accoglimento (parziale) dell’appello proposto avverso la sentenza n. 22/2019, e della conseguente riduzione a 2 (1 riconosciuto con la sentenza n. 22/2019 ed 1 con la sentenza n. 57/2019) dei voti illegittimamente non assegnati alla lista n. 19: ciò perché, in applicazione del metodo d’Hondt, all’appellante (recte, alla sua lista di appartenenza) sarebbero sufficienti n. 4 voti al fine di rintuzzare l’aspirazione del sig. Be. al conseguimento del seggio oggetto di contesa.
In particolare, riproponendo il primo motivo del ricorso incidentale, la parte appellante deduce che l’Ufficio circoscrizionale centrale, all’esito delle operazioni di riesame delle schede contenenti voti contestati e non assegnati, come si evince dal verbale della seduta del giorno 25 ottobre 2018, ha ritenuto recante segni di riconoscimento una scheda (contrassegnata dal magistrato delegato con il n. ro 2/B/2, Comune di (omissis), sez. 1) così descritta: “la scheda riporta, accanto al simbolo della lista “Le. Sa. Tr.”, due preferenze rispettivamente per “Sa.” e per un nominativo non decifrabile”.
L’appello è meritevole di accoglimento.
Basti osservare, come già evidenziato, che la plausibilità della finalità riconoscitiva presuppone l’utilizzazione di segni grafici che, da un lato, non possano trovare spiegazione nelle peculiari modalità di espressione da parte dell’elettore della sua opzione politico-amministrativa, dall’altro lato, siano idonee ad attribuire carattere individualizzante (e, come tale, riconoscibile) al voto medesimo.
Nella specie, in primo luogo, la scrittura del cognome “Sa.”, ovvero del principale esponente politico nazionale della formazione cui si ispira la lista n. 1, accanto al simbolo di quest’ultima, denota plausibilmente che l’elettore ha inteso attribuire il voto alla lista medesima attraverso il suo elemento identitario, sul piano politico, più caratterizzante; inoltre tale elemento è privo di alcuna valenza “personalizzante”, essendo plausibile ritenere (come del resto di fatto avvenuto, come si vedrà ) che lo stesso possa essere utilizzato nella compilazione della scheda, per la sua valenza espressiva, anche da altri elettori.
Quanto invece alla idoneità della scheda ad esprimere univocamente la “volontà effettiva” dell’elettore, ex art. 68, comma 1, l.p. n. 2/2003, con particolare riguardo alla manifestazione di voto a favore della lista n. 1, è sufficiente ribadire che proprio l’indicazione del nominativo del segretario del partito di cui la lista n. 1 è espressione induce univocamente ad attribuire ad essa il relativo voto.
Né è decisivo, sul piano processuale, osservare, come fa l’appellato con la sua memoria di costituzione, per di più in mancanza di un corrispondente motivo di ricorso, che l’Ufficio centrale circoscrizionale ha ritenuto di non assegnare alcun voto in tutti i casi analoghi a quelli rilevati dal controinteressato, come nel caso della scheda n. 1 del seggio del Comune di Trento di cui al verbale del 25 ottobre 2018, riportante, in corrispondenza del simbolo della lista “Fo. It. – Be. con Fu.”, sulla seconda riga, la preferenza per Be.: la deduzione, infatti, conferma semplicemente il criterio decisorio adottato, in via generale, dagli organi elettorali, senza tuttavia dimostrare la legittimità dello stesso.
Quanto al “nominativo non decifrabile” apposto sulla scheda in questione, lo stesso, come rilevato anche dall’odierno appellato, corrisponde a “Ba. Mi.”, chiaramente affine al candidato della lista n. 1 Bi. Mi.: ciò ad ulteriore riprova dell’assenza nella scheda di segni di riconoscimento.
Con riguardo poi alla scheda n. 2 – Comune di Trento – sezione 24, essa viene descritta nel verbale dell’Ufficio circoscrizionale centrale nel seguente modo: “la scheda riporta, in corrispondenza del simbolo della lista “Le. Sa. Tr.”, sulla seconda riga, la preferenza per Sa.”: ebbene, deve ritenersi fondato, per le stesse ragioni dianzi illustrate, la deduzione dell’appellante intesa a sostenere l’assenza nella stessa di segni di riconoscibilità, posti dall’Ufficio a fondamento della relativa declaratoria di nullità .
Con ulteriore motivo (incidentale) riproposto in appello, corrispondente al numero 2 della relativa numerazione, viene dedotto che l’Ufficio circoscrizionale centrale, in violazione dell’art. 72, comma 1, lett. b) l.p. n. 2/2003, ha omesso di riesaminare n. 42 voti contestati e non assegnati, relativi alla lista n. 1 “Le. Sa. Tr.”.
Come si è visto, in relazione alla suddetta censura, il Tribunale, con la sentenza n. 22/2019, ha adottato una statuizione parziale di infondatezza, relativamente ai casi in cui veniva dedotto che, a fronte di voti contestati e non attribuiti alla lista n. 1 in tabella di verbale, non risultavano corrispondenti indicazioni in tabella di scrutinio: ciò sulla scorta del principio giurisprudenziale di prevalenza delle tabelle di scrutinio rispetto ai verbali di sezione.
Per le restanti parti del secondo motivo del ricorso incidentale, il Tribunale ha disposto incombenti istruttori, ordinando al Presidente della Provincia autonoma di Trento di produrre copia dei verbali delle operazioni elettorali e delle schede non attribuite alla lista n. 1, non riesaminate dall’Ufficio centrale circoscrizionale, relativamente ai seggi del Comune di (omissis), sez. 3 (quattro voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 1 (quattro voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis) SMC, sez. 4 (sette voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 2 (un voto contestato e non attribuito in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 3 (due voti contestati e non attribuiti alla lista n. 1 in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 1 (tre voti contestati e non attribuiti in tabella di scrutinio), del Comune di (omissis), sez. 7 (un voto contestato e non attribuito in tabella di scrutinio).
Ebbene, in primo luogo, non può essere accolta l’eccezione di inammissibilità formulata dall’originario ricorrente, sulla scorta del preteso carattere esplorativo della predetta censura incidentale, atteso che l’ordine istruttorio del Tribunale reca implicito il riconoscimento della sua ammissibilità, che quindi avrebbe dovuto essere contestata (da parte del sig. Be.) mediante rituale impugnazione della sentenza n. 22/2019 (nelle forme di cui all’art. 103 c.p.a.)
Deve inoltre osservarsi che il secondo motivo del ricorso incidentale, al pari del primo, è stato dichiarato assorbito dal Tribunale, con la sentenza n. 57/2019, sul rilievo che, da soli, ed in mancanza dell’accoglimento del terzo motivo incidentale, non avrebbero consentito al ricorrente incidentale di superare la cd. prova di resistenza.
Deve altresì osservarsi che il giudice di primo grado, nel dichiarare l’assorbimento del motivo in esame, ha affermato che l’attribuzione di n. 11 voti, in sede di eventuale accoglimento dello stesso, sarebbe insufficiente al superamento della prova di resistenza da parte del Sa., senza tuttavia precisare il criterio seguito nel pervenire alla suddetta determinazione numerica (a fronte di una censura originaria concernente, per la parte non interessata dalla statuizione di inammissibilità recata dalla sentenza n. 22/2019, n. 22 schede): deve tuttavia ritenersi che il giudice abbia attinto, a tal fine, alla riformulazione della censura operata con i motivi aggiunti dall’odierno appellante, allorché, sulla scorta degli esiti dell’incombente istruttorio, ha concentrato le sue doglianze su 11 delle originarie 22 schede.
L’appellante invero, con i motivi aggiunti al ricorso incidentale, alla luce delle risultanze della disposta istruttoria, ha specificato (analogamente a quanto fatto dal ricorrente principale) il motivo di ricorso incentrato sulla (mera) violazione dell’art. 72, comma 1, lett. b) l.p. n. 2/2003: deve quindi ritenersi che l’esame della Sezione possa essere circoscritto ai motivi aggiunti, nei limiti in cui sono stati riproposti in appello, dovendo ritenersi che, per il resto, il secondo motivo del ricorso incidentale sia stato abbandonato e che, comunque, l’appellante non abbia interesse al suo accoglimento.
Ebbene, richiamato l’effetto ripristinatorio che, nei confronti dell’interesse all’esame del suddetto motivo, così come del primo motivo del ricorso incidentale, produce il parziale accoglimento dell’appello proposto dal Sa. avverso la sentenza n. 1311/2019, deduce in primo luogo l’appellante che, relativamente al seggio del Comune di (omissis), sez. 3, è stata rinvenuta una scheda vidimata classificata dal magistrato delegato come 1/A/6, recante il crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e una preferenza per “Ti. Be.”, candidato di altra lista (Au. Po.): l’appellante rivendica quindi l’attribuzione alla lista n. 1 della scheda suindicata.
In proposito, premesso che dalla tabella di scrutinio del seggio predetto risultano 4 voti contestati e non assegnati alla lista n. 1, può ritenersi fondata la censura (strumentale), formulata con il secondo motivo del ricorso incidentale, intesa a lamentare la mancata osservanza da parte dell’Ufficio circoscrizionale centrale del suindicato obbligo di riesame.
E’ fondata, poi, anche la censura (cd. integrativa) formulata con i motivi aggiunti, atteso che, ai sensi dell’art. 69, comma 2, l.p. n. 2/2003, “sono inefficaci, inoltre, tutti i voti di preferenza espressi per candidati appartenenti a una lista diversa da quella votata o per il candidato alla carica di presidente”: ciò a riprova della salvezza, nella suddetta ipotesi, del voto di lista correttamente espresso.
Peraltro, in ordine alla suddetta censura, deve rilevarsi l’espressa acquiescenza (recte, riconoscimento della sua fondatezza, in fatto ed in diritto) da parte dell’appellato.
Relativamente al seggio del Comune di (omissis), sez. 1, con i motivi aggiunti al ricorso incidentale veniva dedotto che presso la stessa è stata rinvenuta una scheda non vidimata classificata dal magistrato delegato come 2/B/2 senza crocesegno sul simbolo della lista n. 1, ma con indicazione di preferenza per Sa. e “Ba. Mi.”: relativamente ad essa, il ricorrente incidentale deduceva che il voto di lista doveva considerarsi valido essendo evidente l’errore mnemonico dell’elettore sul nome del candidato di lista Bi. Mi..
La censura è inammissibile, corrispondendo la scheda in questione a quella oggetto del primo motivo di appello, inteso a contestare l’annullamento della scheda in questione da parte dell’Ufficio circoscrizionale centrale nell’esercizio del suo potere di riesame.
Relativamente al seggio del Comune di (omissis) SMC, sez. 4, il ricorrente incidentale rivendicava n. 2 voti di lista validi, recati dalle schede vidimate classificate dal magistrato delegato come 3/A/4, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenza “Sa.”, e 3/A/5, senza crocesegno sul simbolo della lista n. 1, ma con indicazione di preferenza per Paolo Denis (corrispondente al cognome del candidato di lista “Pa. De.”) e Bi. Ma. (corrispondente al candidato di lista Bi. Mi.).
Ebbene, quanto alla configurazione grafica della scheda, l’appellato non la contesta, ma anzi riconosce espressamente che la descrizione della stessa, così come operata dall’appellante, corrisponde alla sua veste effettiva.
Anche a tale riguardo deve ribadirsi la fondatezza della censura strumentale, risultando dalla tabella di scrutinio n. 7 voti contestati e non assegnati per la lista n. 1.
Quanto al corrispondente motivo aggiunto (cd. integrativo), relativamente alla scheda 3/A/4 deve ribadirsi quanto innanzi osservato con riferimento ad analoga scheda, con il conseguente riconoscimento di un ulteriore voto alla lista n. 1.
Quanto invece alla scheda n. 3/A/5, deve osservarsi che, a dimostrazione della validità del voto di lista, sovviene l’art. 69, comma 4, l.p. n. 2/2003, a mente del quale “se l’elettore non ha indicato alcun contrassegno di lista, ma ha espresso preferenze a fianco di un contrassegno per candidati compresi tutti in tale lista, si intende che abbia votato la lista alla quale appartiene il contrassegno”: né rileva, in chiave invalidante, la non precisa trascrizione del nominativo del candidato Bi. Mi..
Con riguardo al seggio del Comune di (omissis), sez. 3, veniva dedotto dal ricorrente incidentale che in tabella di scrutinio risultavano n. 2 schede recanti voti contestati e non assegnati alla lista n. 1, ovvero le schede non vidimate classificate dal magistrato delegato come 5/A/2, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenze per Perin (candidato di lista) e Paccher (candidato di lista), e 5/A/4, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenze per Perin (candidato di lista) e Moranduzzo (candidato di lista).
Ebbene, deve in primo luogo rilevarsi la non decisività della deduzione dell’appellato, secondo cui le schede rinvenute nel plico n. 3 sono tutte senza la relativa vidimazione prevista dall’art. 67, comma 4, l.p. n. 2/2003 e dall’ultimo periodo del par. 38 delle istruzioni per gli uffici elettorali di sezione, secondo cui “le schede contenenti voti contestati devono essere immediatamente vidimate – sul retro – da almeno due componenti dell’ufficio”, per cui non sarebbe possibile distinguere con certezza la tipologia di schede rinvenute rispetto a tale seggio (se contestate, nulle o relative a voti assegnati erroneamente inseriti nel plico n. 3): basti evidenziare, a riprova della corrispondenza delle schede a quelle per le quali l’Ufficio centrale circoscrizionale avrebbe avuto l’obbligo di riesame, che nella tabella di scrutinio della sezione risultano appunto annotate n. 2 schede recanti voti contestati e non assegnati alla lista n. 1.
A fondamento della censura (integrativa) formulata con i motivi aggiunti al ricorso incidentale, invece, deve ugualmente richiamarsi il disposto dell’art. 69, comma 4, l.p. n. 2/2003, ai sensi del quale “se l’elettore non ha indicato alcun contrassegno di lista, ma ha espresso preferenze a fianco di un contrassegno per candidati compresi tutti in tale lista, si intende che abbia votato la lista alla quale appartiene il contrassegno”.
Relativamente al Comune di (omissis), sez. 1, il ricorrente incidentale deduceva il rinvenimento di tre schede vidimate classificate dal magistrato delegato come 6/A/2, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenze per Zanoni (candidato di altra lista) e Pa. (candidata di lista), 6/A/4, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenze per To. Ma. (candidato di altra lista) e Sordo Alessandro (candidato di lista), e 6/A/5, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenze per To. Ma. (candidato di altra lista).
Ebbene, deve in primo luogo rilevarsi che il motivo “strumentale” è fondato, atteso che, sebbene dal verbale dell’Ufficio circoscrizionale centrale del 23 ottobre 2018 si evinca che, nell’esercizio del potere di riesame contemplato dalla disposizione citata, esso ha proceduto al riesame di n. 5 schede, dalle tabelle di scrutinio si evincono n. 3 schede contestate e non assegnate alla lista n. 1, mentre nessuna delle schede esaminate con il suddetto verbale è riferibile alla lista n. 1 né comunque corrisponde descrittivamente alla censura in esame.
Quanto al corrispondente motivo aggiunto (integrativo), a conferma della sua fondatezza, per tutte e tre le schede predette, deve richiamarsi il disposto del già menzionato art. 69, comma 2, l.p. n. 2/2003, con la conseguente assegnazione alla lista n. 1 di ulteriori 3 voti, non inficiata dalla presenza, su alcune di quelle schede, di voti di preferenza per candidati non compresi nella lista votata.
Del resto, anche in ordine a tale censura, l’appellato ha manifestato la sua acquiescenza (recte, adesione).
Infine, relativamente al seggio del Comune di (omissis), sez. 1, in relazione alla quale il ricorrente incidentale deduceva, con i motivi aggiunti, l’esistenza di 3 schede classificate dal magistrato delegato come 8/A/1, senza crocesegno sul simbolo della lista n. 1, ma con preferenze per Bi. (candidato di lista) e “Sa.”, 8/A/2, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenza per “Sa.”, e 8/A/3, con crocesegno sul simbolo della lista n. 1 e preferenza per “Sa.” e “Monica” (nome di battesimo di due candidate di lista), chiedendo la conferma dei relativi voti provvisoriamente attribuiti alla lista n. 1, deve rilevarsi da un lato la sua inammissibilità, non corrispondendo ad alcuna censura del ricorso incidentale, non potendo quindi sostenersi, al fine di predicarne l’ammissibilità, che essa costituisca mero “svolgimento” di altra censura originaria tempestivamente formulata, dall’altro laro, la carenza di interesse al suo accoglimento in capo all’appellante, trattandosi di schede recanti voti assegnati alla sua lista, anche se provvisoriamente.
Il terzo motivo del ricorso incidentale, invece, è stato già dichiarato inammissibile in sede di esame dei motivi di appello proposti dall’appellante avverso l’espressa statuizione di inammissibilità /infondatezza recata dalla sentenza appellata, per cui non occorre nuovamente esaminarlo in questa sede, anche se riproposto dall’appellante.
In conclusione, sulla scorta dei rilievi che precedono, alla lista dell’appellante spettano ulteriori n. 8 voti.
Devono adesso esaminarsi, in virtù della idoneità dei suddetti voti a neutralizzare la prova di resistenza che il giudice di primo grado aveva ritenuto raggiunta da parte del ricorrente originario, i motivi riproposti dall’appellato, oggetto di assorbimento da parte del Tribunale.
Con il secondo motivo del ricorso principale, veniva dedotto che, per quanto riguarda il seggio del Comune di Trento, sez. 96, a pag. 37 del relativo verbale delle operazioni elettorali, nella tabella riportata al § 35, si riporta che per la lista n. 19 sono stati assegnati 3 voti nulli, mentre nelle tabelle di scrutinio di tale sezione si riporta che sono stati assegnati 5 voti nulli alla citata lista.
Analogamente, a pag. 37 del verbale delle operazioni elettorali relative al seggio del Comune di (omissis), sez. 1, nella tabella riportata a pag. 37 al § 35, si riporta che per la lista n. 19 “sono stati assegnati 2 voti nulli, mentre nelle tabelle di scrutinio di tale sezione si riporta che alla citata lista sono stati assegnati 3 voti nulli.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
In primo luogo, deve richiamarsi il principio, affermato con la sentenza appellata e non contestato dalle parti, della prevalenza delle risultanze delle tabelle di scrutinio rispetto al verbale elettorale.
Inoltre, va osservato, a spiegazione della lamentata discrasia numerica, che la tabella di scrutinio comprende tutti i voti di lista nulli, mentre il par. 35 del verbale comprende le sole schede recanti un voto di lista valido per il Presidente e nullo per la lista.
Infine, non è dimostrato l’interesse all’accoglimento della censura, atteso che la mera esatta determinazione del numero di voti nulli non incide di per sé sul risultato elettorale conseguito dalla lista n. 19, in mancanza di specifiche censure intese a sostenere che l’errore sottende un numero di voti validi spettanti alla lista medesima superiore a quelli assegnati.
Con il terzo motivo (riproposto) del ricorso principale viene dedotto che, per quanto riguarda il seggio del Comune di (omissis), sez. 1, alle pagg. 35-36 del verbale delle operazioni elettorali si riporta un totale di 19 schede nulle e un totale di 19 “schede, nelle quali tutti i voti espressi sono nulli”, mentre nella sottostante tabella, in cui dovevano essere indicati i motivi di nullità di tali voti, sono state compilate n. 22 caselle, riportando all’interno di ogni singola casella una numerazione da 1 a 11, che sommati danno un totale di 127 voti; inoltre, nelle tabelle di scrutinio, in particolare nella tabella “schede nulle” riportata nella pagina destinata al riepi di schede nulle, bianche, contenenti solo voti nulli e schede contestate e non assegnate, vengono indicate n. 19 schede, mentre nella tabella “schede contenenti solo voti nulli” non si riporta alcuna indicazione.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
In primo luogo, deve ancora una volta richiamarsi il principio, affermato con la sentenza appellata, della prevalenza delle risultanze delle tabelle di scrutinio rispetto al verbale elettorale.
Inoltre, come evidenziato con riferimento all’analoga censura prima esaminata, non è dimostrato l’interesse all’accoglimento del motivo, atteso che la mera esatta determinazione del numero di voti nulli non incide di per sé sul risultato elettorale conseguito dalla lista n. 19, in mancanza di specifiche censure intese a sostenere che l’errore sottende un numero di voti validi spettanti alla lista medesima superiore a quelli assegnati.
Analoghe considerazioni devono formularsi in relazione alla censura concernente il verbale delle operazioni elettorali del seggio del Comune di Folgaria, sez. 2, in relazione al quale veniva dedotto in primo grado che, alle pagg. 35-36 dello stesso, vengono indicate 4 schede nulle e 5 “schede contenenti solo voti nulli”, laddove nella sottostante tabella, in cui dovevano essere indicati i motivi di nullità di tali voti, risultano compilate n. 11 caselle riportando all’interno di ogni singola casella una numerazione da 1 a 4, che sommati danno un totale di 22 voti; inoltre, a pag. 2 nella tabella di scrutinio, in particolare nelle tabelle “schede nulle” e “schede contenenti solo voti nulli”, non si riporta alcuna indicazione.
Invero, deve osservarsi che l’assenza di indicazioni nella tabella di scrutinio non è sufficiente a dimostrare l’erroneità del dato indicato nel verbale elettorale.
Inoltre, come già detto, non è dimostrato l’interesse all’accoglimento della censura, atteso che la mera esatta determinazione del numero di voti nulli non incide di per sé sul risultato elettorale conseguito dalla lista n. 19, in mancanza di specifiche censure intese a sostenere che l’errore sottende un numero di voti validi spettanti alla lista medesima superiore a quelli assegnati.
Infine, tali rilievi valgono a dimostrare anche l’infondatezza della censura intesa ad evidenziare che anche alle pagg. 35-36 del verbale delle operazioni elettorali del seggio del Comune di Segonzano, sez. 1, si riporta un totale di 11 schede nulle e 4 “schede, nelle quali tutti i voti espressi sono nulli”, mentre nella sottostante tabella, in cui dovevano essere indicati i motivi di nullità di tali voti, venivano compilate n. 11 caselle riportando all’interno di ogni singola casella una numerazione da 2 a 4, che sommati danno un totale di 27 voti, e che inoltre, nella tabella di scrutinio, in particolare nelle tabelle “schede nulle” e “schede contenenti solo voti nulli”, non si riporta alcuna indicazione.
Con il quinto motivo (riproposto) del ricorso principale, viene dedotto che, per il seggio di Castelnuovo, sez. unica, a pag. 52 del verbale delle operazioni elettorali risulta che il numero complessivo dei votanti – derivante dalla differenza tra il totale del punto A (pari a 863, corrispondenti alla somma tra elettori iscritti nella sezione e altri elettori ammessi a votare) e il totale del punto B (pari a 285, corrispondente alla somma tra agli elettori iscritti che non si sono presentati a votare) – è pari a 578, mentre il numero complessivo delle schede scrutinate – derivante dalla differenza tra il totale del punto C (pari a 865, corrispondente alla somma delle schede autenticate all’inizio delle operazioni e schede aggiunte successivamente) e il totale del punto D (pari a 286, corrispondente alle schede autenticate ma non utilizzate e schede restituite perché deteriorate) – è pari a 579, per cui non vi è corrispondenza tra il numero complessivo delle schede votate e il numero delle schede scrutinate.
L’appellato deduce quindi che “illegittima risulta la motivazione di tale mancata simmetria riportata a pag. 41 del verbale delle operazioni elettorali di tale seggio in cui, nel § 40 in cui si ammette che un soggetto avrebbe votato senza essere previamente registrato”.
Il motivo è inammissibile, non essendo formulate specifiche censure al fine di confutare la surriportata motivazione, di cui viene apoditticamente quanto genericamente predicata l'”illegittimità “: essa, infatti, offre una plausibile spiegazione della lamentata discrasia, mentre non vengono indicati i profili in relazione ai quali l’ammissione al voto di un elettore non registrato sarebbe da considerare “illegittima” e nullo il voto da esso espresso.
Ad analoga conclusione deve pervenirsi in relazione alla censura concernente il seggio del Comune di (omissis), sez. 1, nel cui verbale, alla tabella riportata a pag. 30 del verbale nel § 26 al punto n. 3, si riporta che il totale dei votanti è pari a 749 e non 750, come invece indicato nel § 41, come risulta confermato da quanto riportato anche a pag. 51 del verbale, nel quale si legge: “Terminato lo scrutinio, il presidente conta tutte le schede scrutinate che risultano essere in numero di 750 corrispondente al numero dei votanti già accertato. Come indicato al paragrafo 26 n. 3, il numero dei votanti registrati nelle liste e nei registri inseriti nel plico n. 1 è di 749. Al termine
dello scrutinio risultano 750 schede nell’urna per cui si constata l’evidente mancata registrazione di n. 1 votante nelle liste e nei registri inseriti nel plico n. 1”.
In ogni caso, e con riferimento ad entrambe le censure, l’unico pregiudizio ipoteticamente derivante per l’appellato da tale (genericamente) dedotta illegittimità sarebbe ricollegabile alla eventuale assegnazione alla lista n. 1 di due voti di lista da qualificare invece nulli: nullità che tuttavia, per quanto si dirà in via riassuntiva (in ordine ai voti di lista illegittimamente non assegnati alla lista n. 1), non avrebbe comunque avuto riflessi decisivi sul risultato elettorale.
Con il primo dei motivi aggiunti proposti in primo grado dall’odierno appellato (parzialmente accolto, come si è detto, dalla sentenza impugnata), si lamentava invece che nel seggio del Comune di (omissis), sez. 1, nella scheda contestata rinvenuta nell’istruttoria svolta nel primo grado di giudizio, contrassegnata dal magistrato delegato con il numero 6/A/3, l’elettore aveva riportato una croce sul simbolo della lista n. 19 “Un. Ce. co. Fu.” e accanto un voto di preferenza al nominativo “To. Ma.” (candidato per altra lista): deduceva quindi l’appellato che tale scheda conteneva una chiara espressione del voto alla lista n. 19 e nessun segno di riconoscimento.
Tale censura, osserva l’appellato, costituisce lo sviluppo di quella articolata con il quarto motivo subordinato del ricorso principale, con il quale si contestava che l’Ufficio Centrale circoscrizionale non aveva vagliato tutti i voti contestati e non attribuiti.
Come eccepito dall’appellante, il motivo è inammissibile, non trovando alcun riscontro nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, relativamente alla suddetta sezione elettorale.
Con il secondo motivo aggiunto si menzionano le tre schede contestate presso il seggio del
Comune di (omissis), sez. 1, per effetto delle quali sono stati assegnati provvisoriamente tre voti alla lista n. 1.
In sede istruttoria, in particolare, sono state rinvenute, in relazione al suddetto seggio, le seguenti schede:
– una scheda elettorale – contrassegnata con il numero 8/A/3 – sulla quale, tra le preferenze, è stato indicato il nominativo “Sa.” (non corrispondente ad alcun nessun candidato);
– una scheda elettorale – contrassegnata con il numero 8/A/2 – sulla quale, tra le preferenze, è stato indicato il nominativo “Sa.” (non corrispondente ad alcun candidato);
– una scheda elettorale – contrassegnata con il numero 8/A/1 – sulla quale, senza indicare alcun voto di lista, tra le preferenze è stato indicato il nominativo “Sa.” (non corrispondente ad alcun candidato).
Deduce l’appellato che l’assegnazione di tre voti alla lista n. 1, in relazione alle suddette schede, è illegittima in quanto è palese l’intento degli elettori di rendere identificabile il proprio voto, avendo indicato nelle stesse dei nominativi che non corrispondono ad alcun candidato alle elezioni provinciali.
Il motivo è infondato, essendo già state illustrate le ragioni per le quali le schede così compilate non sono affette dal vizio predicato; in ogni caso, l’accoglimento del motivo non recherebbe alcun vantaggio sostanziale, come si vedrà, all’appellato.
In conclusione, a fronte dei n. 2 voti illegittimamente non attribuiti alla lista n. 19, alla lista n. 1, cui appartiene l’appellante, devono essere riconosciuti n. 10 voti, i quali sono sufficienti per neutralizzare l’effetto utile che all’originario ricorrente deriverebbe dall’accoglimento del ricorso, il quale non può quindi che essere dichiarato inammissibile.
La peculiare complessità della controversia giustifica la compensazione delle spese relative ai due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto, in riforma delle sentenze appellate, accoglie il ricorso incidentale ed i relativi motivi aggiunti di Sa. Al. e dichiara conseguentemente l’inammissibilità del ricorso principale e dei relativi motivi aggiunti di Be. Gi..
Spese dei due gradi di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere, Estensore
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