Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 11655.
La clausola con la quale il promissario acquirente assuma il rischio della riduzione della capacità edificatoria del terreno
La clausola con la quale il promissario acquirente, nell’esercizio del potere di autonomia contrattuale, assuma il rischio della riduzione della capacità edificatoria del terreno oggetto del preliminare di compravendita, non stravolge la natura c.d. commutativa del contratto, trasformandolo in aleatorio, in quanto si limita a modulare l’interesse dell’acquirente al conseguimento dell’utilità contrattuale a prescindere dalla variazione puramente quantitativa della qualità promessa o sperata, senza condizionare l’esecuzione della prestazione di una delle parti al verificarsi di un evento futuro e incerto, sicché essa non incide sulla domanda di esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c..
Ordinanza|| n. 11655. La clausola con la quale il promissario acquirente assuma il rischio della riduzione della capacità edificatoria del terreno
Data udienza 22 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Vendita – Contrato preliminare di un terreno – Diffida ad adempiere – Reiterazione di censure già vagliate nel giudizio di merito – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso per procura alle liti allegata al ricorso dall’Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso il Dott. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentate e difese per procura alle liti in calce al controricorso dall’Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliate presso il Dott. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente –
e
(OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l.; (OMISSIS); (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 864/2018 della Corte di appello di Lecce, depositata il 10.9.2018;
Udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Mario Bertuzzi nella Camera di consiglio del 22.2.2023.
La clausola con la quale il promissario acquirente assuma il rischio della riduzione della capacità edificatoria del terreno
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 864 del 10.9.2018 la Corte di appello di Lecce confermo’ la decisione di primo grado nella parte in cui, accogliendo le domande proposte, in giudizi successivamente riuniti, da s.r.l. (OMISSIS), (OMISSIS), s.r.l. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), aveva dichiarato risolto di diritto, a seguito di diffida ad adempiere rimasta senza effetto, il contratto preliminare di un terreno stipulato in data 25.5.2005 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), quali promittenti venditrici, e (OMISSIS) e (OMISSIS), quali promissari acquirenti, per inadempimento di questi ultimi, ed aveva dichiarato altresi’ risolti, sempre per inadempimento degli stessi, i contratti preliminari con cui, con distinti negozi, essi avevano promesso di vendere singole porzioni del terreno compromesso alle societa’ (OMISSIS) ed (OMISSIS) ed a (OMISSIS), condannando i convenuti alla restituzione delle caparre ricevute.
A sostegno della conclusione accolta la Corte distrettuale affermo’, per quanto qui ancora rileva, che la risoluzione del primo contratto preliminare, intervenuto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altra, trovava causa nel fatto che i promissari acquirenti non avevano adempiuto all’obbligo di stipulare il contratto definitivo nel termine essenziale previsto nel compromesso ne’ avevano dato corso alla diffida ad adempiere intimata dalle controparti; che il loro rifiuto alla stipulazione del rogito non era giustificato dalla circostanza che, in pendenza del termine per la stipula, con Delib. 30 novembre 2005, pubblicata il 2.2.2006, fosse stato approvato, dalle competenti autorita’ amministrative, un Piano per l’Assetto idrogeologico che aveva ridotto la capacita’ edificatoria del terreno compromesso, indicato nel preliminare come edificatorio e per il quale era stato acquisito il certificato di destinazione urbanistica, dal momento che sia in sede di preliminare che successivamente, con scrittura privata del 28.12.2005, confermativa del precedente contratto, i promissari acquirenti si erano espressamente assunti il rischio di qualsiasi variazione peggiorativa della destinazione urbanistica del terreno, rinunciando espressamente a qualsiasi azione o eccezione.
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 23.9.2018, con atto notificato il 23.11.2018, ha proposto ricorso (OMISSIS), affidandosi ad un unico motivo.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno notificato controricorso, mentre le altre parti intimate non hanno svolto attivita’ difensiva.
La causa e’ stata avviata in decisione in Camera di consiglio.
Le parti controricorrenti hanno depositato memoria.
L’unico, articolato motivo di ricorso, denunziando violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1453, 1454 e 1375 c.c., censura la sentenza impugnata per avere affermato, reputando per tale ragione ingiustificata la mancata stipulazione del contratto definitivo, che le parti promissarie acquirenti, sia nel preliminare che nella scrittura privata del 28.12.2005, si erano assunte il rischio di qualunque variazione peggiorativa della capacita’ edificatoria del terreno compromesso, cosi’ trasformando in maniera inammissibile ed ingiustificata il contratto preliminare di compravendita in un contratto aleatorio. Tale conclusione e’ inoltre errata in quanto, si sostiene, il procedimento di approvazione del piano idrogeologico era iniziato nel 2004 ed era stato approvato con deliberazione del 30.11.2005, sicche’ esso non poteva definirsi un evento incerto, ma avrebbe dovuto essere considerato ai fini della risoluzione per eccessiva onerosita’ sopravvenuta della prestazione.
Proprio la circostanza che il procedimento di approvazione del piano idrogeologico fosse iniziato nel 2004 avrebbe dovuto indurre la Corte di appello, si aggiunge, ad accertare che il comportamento dei promittenti venditori aveva trasgredito all’obbligo della buona fede contrattuale, avendo essi taciuto, in sede di preliminare, tale circostanza, che pure, deve presumersi, conoscessero, ed avendo essi in mala fede intimato la diffida alla stipulazione del contratto definitivo.
Il motivo non merita accoglimento.
In particolare e’ infondata la critica secondo cui l’affermazione della Corte di appello che i promissari acquirenti avessero accettato il rischio di una riduzione della capacita’ edificatoria del terreno oggetto di compromesso avrebbe trasformato il contratto di compravendita in contratto aleatorio, con conseguente sua nullita’ per difetto di causa.
L’argomento non ha pregio, atteso che la relativa clausola contrattuale, richiamata dalla sentenza impugnata, non stravolge la natura commutativa del contratto stipulato dalle parti, dal momento che non condiziona l’esecuzione della prestazione di una di esse al verificarsi di un evento futuro ed incerto, ma si limita a modulare l’interesse dell’acquirente al conseguimento dell’utilita’ contrattuale, rappresentando la sua intenzione di ottenere la res anche in caso di variazione puramente quantitativa della qualita’ promessa o sperata. L’apposizione di una tale clausola e’ senz’altro compatibile con le caratteristiche dei contratti cosiddetti commutativi. Il potere di autonomia negoziale che la legge riconosce alle parti porta ad ammettere che, anche per tali negozi, i contraenti possano prefigurarsi la possibilita’ di sopravvenienze che incidano o possano incidere sull’equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, escludendo in tal modo che il loro verificarsi possa condizionare i loro obblighi ovvero l’applicabilita’ dei meccanismi riequilibratori previsti nell’ordinaria disciplina del contratto (Cass. n. 17485 del 2012; Cass. n. 948 del 1993). Sotto tale profilo appare altresi’ privo di pregio il richiamo fatto in ricorso al rimedio previsto dalla legge nel caso di sopravvenuta eccessiva onerosita’ della prestazione, atteso che non risulta dedotto, ne’ risulta dagli atti, che l’odierno ricorrente abbia agito per risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1463 c.c..
La seconda censura, che lamenta che la Corte di appello non abbia ravvisato nel comportamento tenuto dai promittenti venditori la violazione dell’obbligo di buona fede contrattuale, per avere taciuto l’esistenza di un procedimento in corso per la predisposizione di un piano idrogeologico che interessava anche il terreno compromesso, appare invece inammissibile. La doglianza muove infatti da premesse di fatto, vale a dire la conoscenza o conoscibilita’ del procedimento amministrativo in corso da parte delle promissarie acquirenti, la cui esistenza risulta esclusa dalla sentenza impugnata. Nella specie, la Corte territoriale ha rilevato, respingendo i primi due motivi di appello, che il relativo procedimento si era perfezionato solo con la deliberazione amministrativa del 30.11.2005, oggetto di pubblicazione in data 2.2.2006, e quindi successivamente agli accordi scritti tra le parti, aggiungendo che i promissari acquirenti erano professionisti nel campo immobiliare ed avevano personalmente acquisito il certificato di destinazione urbanistica del terreno, in tal modo escludendo che l’esistenza del procedimento di cui si discute fosse conosciuta o comunque conoscibile da parte dei promittenti venditori con l’ordinaria diligenza. Il convincimento cosi’ espresso, basandosi su una ricostruzione dei fatti di causa, non e’ sindacabile in sede di giudizio di legittimita’ e tale rilievo di per se’ e’ sufficiente ad escludere la violazione di legge denunziata.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo in favore delle controparti costituite, seguono la soccombenza.
Si da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti, delle spese di giudizio, che liquida in Euro 4.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
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