Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 28 aprile 2020, n. 2718.
La massima estrapolata:
L’istanza ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 comporta un mero arresto di efficacia dell’ordine di demolizione; tale efficacia, spirato il termine legale di definizione dell’istanza, che opera in termini sospensivi, viene riacquistata successivamente all’eventuale rigetto, espresso o tacito, della suddetta domanda, cosicché non occorre l’emanazione di alcun ulteriore atto sanzionatorio.
Sentenza 28 aprile 2020, n. 2718
Data udienza 16 aprile 2020
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Sanzioni – Ordinanza di demolizione – Accertamento inottemperanza – Legittimità – Mera sospensione ingiunzione di demolizione per presentazione istanza di sanatoria
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2119 del 2014, proposto da
Cr. Ro., rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Romano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Caliendo in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 4992 del 2013;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2020 il Cons. Dario Simeoli;
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;
Rilevato in fatto che:
– con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la signora Cr. Ro. impugnava l’atto dell’Amministrazione comunale di Volla del 10 maggio 2013 n. 7, recante l’accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 92 del 30 novembre 1995 di un manufatto abusivo di m. 12,00 x 8,00;
– l’istante sosteneva l’illegittimità del predetto atto sul presupposto che, avendo ella successivamente presentato un’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, ed essendosi la Commissione edilizia competente pronunciatasi negativamente, l’ingiunzione di demolizione ? su cui si fondava l’accertamento dell’inottemperanza ? aveva perso efficacia, dovendo l’Amministrazione procedere all’emanazione di un nuovo provvedimento sanzionatorio;
– il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con sentenza n. 4992 del 2013, respingeva il ricorso, rilevando quanto segue: “Considerato che, anche a prescindere dalla circostanza che la ricorrente non ha adeguatamente provato di avere presentato istanza di sanatoria per l’abuso in questione (poiché il parere della commissione edilizia prodotto agli atti si riferisce genericamente ad una pratica dell’anno 2000 di “sanatoria di locali a piano terra”), il motivo di gravame si presenta palesemente infondato, poiché l’indirizzo del Consiglio di Stato (sez. V, 19.4.2013, n. 2221) invocato dalla ricorrente attiene al differente caso della presentazione di domande ai sensi della legislazione speciale in materia di condono edilizio, mentre l’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/01, per consolidata giurisprudenza da cui non vi è ragione di discostarsi, produce unicamente effetti sospensivi dell’ordinanza di demolizione, la quale riprende efficacia col suo rigetto (cfr., ex multis, TAR Campania Napoli, sez. II, 3 maggio 2013, n. 2289; 26 giugno 2012, n. 3017; C.d.S., sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1885)”;
– avverso la predetta sentenza ha proposto appello la signora Cr. Ro., chiedendone l’integrale riforma sulla base dei seguenti due motivi di gravame:
i) la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità di una costruzione abusiva dopo l’adozione dell’ordinanza di demolizione avrebbe automatico effetto caducante sull’ordine di demolizione; la perdita di efficacia dell’ordinanza di demolizione impedirebbe che la stessa possa essere utilizzata, quale atto presupposto rispetto all’impugnato provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale dell’opera abusiva; l’ordinanza di demolizione, risalendo ad otto anni addietro, non potrebbe costituire titolo per l’immissione in possesso;
ii) il giudice di primo grado avrebbe omesso di considerare che il diniego adottato dal Comune di (omissis) sarebbe fondato su una motivazione insufficiente e palesemente ambigua;
Ritenuto in diritto che:
– la sentenza di primo grado deve essere confermata;
– il primo motivo di appello postula che la proposizione dell’istanza di accertamento di conformità urbanistica determini la definitiva cessazione d’efficacia del provvedimento demolitorio a suo tempo adottato;
– la tesi è destituita di fondamento;
– secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale ? dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi ? l’istanza ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 comporta un mero arresto di efficacia dell’ordine di demolizione;
– tale efficacia, spirato il termine legale di definizione dell’istanza, che opera in termini sospensivi, viene riacquistata successivamente all’eventuale rigetto, espresso o tacito, della suddetta domanda, cosicché non occorre l’emanazione di alcun ulteriore atto sanzionatorio (Consiglio di Stato sez. VI, 25 settembre 2017, n. 4469; sez. VI, 8 aprile 2016, n. 1393);
– se si sostenesse che l’amministrazione, nell’ipotesi in cui debba operare un rigetto esplicito o implicito dell’istanza di accertamento di conformità, avesse l’obbligo di riadottare l’ordinanza di demolizione, ciò equivarrebbe a riconoscere in capo a un soggetto privato, destinatario di un provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare quel medesimo provvedimento (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 2018, n. 1171);
– salvo sopravvenienze di fatto o di diritto (che, nel caso di specie, non sono state dedotte), l’ordine di demolizione non cessa di essere eseguibile per il semplice decorso del tempo;
– anche il secondo motivo di appello va respinto;
– in via pregiudiziale, è dirimente osservare che tale censura non è stata proposta in primo grado e che, in ogni caso, il presente giudizio non ha ad oggetto il diniego adottato dal Comune di (omissis) sull’istanza di sanatoria;
– va comunque rimarcato che l’atto di accertamento, oggetto del presente giudizio, è congruamente motivato con riguardo all’abuso contestato, all’identificazione dell’immobile e all’inottemperanza del precedente ordine di demolizione;
– l’appello va dunque integralmente respinto;
– nulla per le spese di lite del secondo grado di giudizio, in quanto l’Amministrazione appellata non si è costituita in giudizio;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 2119 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa interamente tra le parti le spese di lite del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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